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Giurisprudenza 2001 Consiglio di Stato sez. V - sentenza 15 febbraio 2001 n. 766

Fatto. Il Sig. Mario Orsina, titolare dell'omonimo allevamento di pollame di Torre Pellice, proponeva i seguenti ricorsi al TAR Piemonte Sez. II per l'annullamento dei provvedimenti appresso specificati:
A) con ricorso 614/92: dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Torre Pelice n. 2 del 13 febbraio 1992, con la quale era ordinato al ricorrente: 1) di presentare, entro il termine perentorio di 60 giorni, un progetto di impianto che eliminasse totalmente l'emissione di prodotti volatili e di polveri di allevamento; 2) di mettere in funzione l'impianto sopradetto entro un termine perentorio di giorni 90 dalla data di approvazione del progetto e del rilascio dell'eventuale autorizzazione amministrativa, come richiesto dal Servizio igiene pubblica della Comunità Montana - U.S.S.L. n. 43;
B) con ricorso 1303/92: dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Torre Pellice n. 16 del 3 luglio 1992, con la quale veniva revocato il nulla osta concesso con il provvedimento sindacale n. 479 del 23 febbraio 1968, per l'installazione di un allevamento avicolo in Via Pellice n. 8.
A sostegno della prima impugnativa, il ricorrente deduceva i vizi di violazione di legge con riferimento all'art. 216 T.U. leggi sanitarie R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicità, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta e sviamento.
In particolare, non poteva addebitarsi al ricorrente la presenza dell'allevamento in zona intensamente abitata, poiché l'allevamento è stato ubicato in zona, allorché la medesima era zona industriale e nelle vicinanze non vi era nessuna abitazione.
Il Comune aveva rilasciato concessioni edilizie, quantunque fosse stato sconsigliato dal medico provinciale in data 2 marzo 1979.
Inoltre, il Sig. Orsina contestava dal punto di vista tecnico-sanitario l'esistenza di un reale pericolo per gli abitanti e gli altri frequentatori della zona, in quanto sia il medico provinciale nel 1979, che l'U.S.L. e l'Istituto di Igiene dell'Università degli Studi di Torino nel 1983 avevano escluso che la presenza dell'allevamento potesse arrecare danno alla salute pubblica.
Peraltro, non esisteva allo stato del progresso tecnologico un impianto idoneo ad eliminare totalmente l'emissione di prodotti volatili e di polveri dall'allevamento in questione e né era individuabile il potere che il Sindaco intendeva esercitare.
Con il secondo ricorso il Sig. Orsina deduceva la violazione dell'art. 216 del T.U. 1265/1934 ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il Sindaco non aveva il potere per fissare termini perentori, non previsti dalla legge, per la presentazione del richiesto progetto, né vi era stata istruttoria. E neanche potevano essere considerate valide le affermazioni del Comune sulla asserita pericolosità dell'allevamento.
In ogni caso la revoca del nulla osta, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere giustificata da un'approfondita ed analitica valutazione in punto di pubblico interesse, tanto più che l'amministrazione comunque avrebbe tutt'al più dovuto contestare l'idoneità della soluzione proposta e diffidare il ricorrente ad adottare i diversi adempimenti, onde attrezzare il capannone al fine di evitare i lamentati inconvenienti.
Il Comune di Torre Pellice, costituitosi in giudizio, confutava le dedotte argomentazioni e chiedeva la reiezione del ricorso e, ottemperando all'ordinanza istruttoria n. 484/1992, depositava la richiesta documentazione.
Con la sentenza in epigrafe il TAR, previa riunione dei ricorsi, li respingeva, compensando tra le parti le spese del grado.
Il ricorrente originario propone ora appello contro la sentenza, ne chiede la riforma con la riproposizione dei motivi dedotti in primo grado.
L'amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, contesta in fatto e in diritto le censure mosse dall'appellante e ritiene che l'appello debba essere respinto e confermata la sentenza in epigrafe.
L'Unità Socio Sanitaria Locale n. 43, alla quale l'appello risulta debitamente notificato, non si è costituita in giudizio.
All'udienza del 31 ottobre 2000 la causa veniva trattenuta per la decisione.

Diritto 1) In ordine alle questioni sollevate con il primo ricorso sub A2) sembra doveroso ricordare che rientrano nelle attribuzioni dei Sindaci i poteri di controllo e repressivi, previsti dagli artt. 216 e 217 del T.U.L.S. 1265/1934, sia perché nessuna modifica è stata apportata dalla legge 833/1978 (cfr. art. 32, 3° comma), sulla istituzione del Servizio sanitario nazionale, sia in relazione all'attuazione della delega di cui alla legge 22 luglio 1975, n. 382, avvenuta con il DPR 24 luglio 1977, n. 616 (art. 32).
Nell'ambito di tale attività il Sindaco opera per il corretto esercizio dei poteri attribuitigli con l'ausilio della locale Unità Sanitaria, il cui parere ha natura consultiva e endoprocedimentale e tuttavia, data la sua natura di carattere tecnico-sanitario, sollecita la promozione di tutti gli interventi tesi a tutelare la salute pubblica.
Questa Sezione (Cons. Stato Sez. V 5 febbraio 1985, n. 67) ha già avuto modo di rimarcare che il Sindaco è titolare di un'ampia potestà di valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie, classificate "insalubri", ed inserite nella prima e nella seconda delle categorie previste dall'art. 216 del richiamato testo unico delle leggi sanitarie, e l'esercizio di tale potestà può avvenire in qualsiasi tempo e, quindi, anche in epoca successiva all'attivazione dell'impianto industriale. Inoltre, può estrinsecarsi con l'adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per effetto, in particolare, delle esalazioni, scoli e rifiuti, specialmente riguardanti l'allevamento, come nel caso in esame, di tipo avicolo e ciò per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle pur rispettabili dell'attività produttiva.
Nella fattispecie, si evince dagli atti che l'ordinanza 2/92 del 13 febbraio 1992, emessa dal Sindaco del Comune di Torre Pellice nei confronti dell'appellante, da atto dell'avvenuto riscontro da parte del Servizio Igiene Pubblica U.S.S.L. 43 della Comunità Montana della Val Pellice, della insufficienza delle misure poste in essere dal titolare dell'allevamento, per cui si appalesava la necessità di provvedimenti urgenti a tutela della salute pubblica.
La contemporanea ingiunzione a presentare un progetto per l'eliminazione dei paventati pericoli e a mettere in funzione l'impianto progettato entro 90 giorni dalla data di approvazione del progetto, pertanto, si inquadra correttamente nell'ambito dei poteri spettanti al Sindaco e né sembra che possa parlarsi di eccesso di potere o difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto sono indicate le condizioni che hanno reso necessario ed urgente l'intervento ed è chiaro il riferimento alle sollecitazioni provenienti dall'organo tecnico-sanitario in parte anche per relationem.
Il parere acquisito in sede di produzione richiesta dal TAR faceva esplicito riferimento a quanto previsto dall'art. 216, 5° comma del TULS ed alle condizioni ambientali di intollerabilità e di pericolo esistenti che rendevano urgente l'intervento sindacale.
Inconferente appare, quindi, la censura proposta circa l'avvenuta espansione dell'abitato cittadino anche nella zona limitrofa allo stabilimento industriale, nel quale era stato ubicato l'allevamento, che quasi starebbe a significare l'impossibilità per l'amministrazione comunale di adeguare lo sviluppo urbanistico alle esigenze della comunità amministrata.
Nulla avrebbe vietato, eventualmente ed in linea di massima, all'appellante, di chiedere l'autorizzazione a trasferire la propria industria, classificata insalubre 1^ classe, al di fuori del centro abitato, come già avvenuto in casi analoghi, onde poter continuare la propria attività produttiva, una volta constata la continuità e intollerabilità delle esalazioni prodotte, anche sulla base dell'avvenuta constatazione da parte del Sig. Orsina che la soluzione meccanica consistente nella diversa collocazione dei ventilatori mobili e del diverso funzionamento degli aspiratori fissi e l'uso di integratori dietetici non potevano ridurre le emissioni.
Si soggiunge, infine, per quanto attiene ai pareri rilasciati sia dal medico provinciale nel 1979, che dall'Istituto di Igiene dell'Università degli Studi di Torino nel 1983 che la situazione presa in esame dall'U.S.S.L. 43 e dal Sindaco del Comune di Torre Pellice e di circa 9 ani distante (1992) dagli stessi pareri e che comunque in materia di igiene del suolo e dell'abitato era in vigore la normativa di cui alla legge 13 luglio 1966, n. 615 (anche se non espressamente citata nelle premesse del provvedimento impugnato) che agli artt. 1 e 20 dettava già precise disposizioni in materia di emissione di esalazioni, atte ad evitare alterazioni delle condizioni di salubrità dell'aria e di costituire, pertanto, un pregiudizio diretto ed indiretto alla salute dei cittadini.

2. Le denunziate censure sub B2) concernenti l'ordinanza del Sindaco del Comune di Torre Pellice n. 16 del 3 luglio 1992, con la quale veniva invocato il nulla osta all'esercizio dell'attività di allevamento già concesso al Sig. Orsina, appaiono non condivisibili in termini soprattutto di illegittimità derivata, che le suindicate considerazioni portano, invece, ad escludere nel caso in esame.
In secondo luogo, si osserva che l'autorizzazione amministrativa per l'esercizio di un'industria classificata insalubre, ai sensi del D.M. 2 marzo 1987 che classifica le industrie in argomento, è concessa e può essere mantenuta a condizione che l'esercizio non superi i limiti della più stretta tollerabilità e che siano adottate tutte le misure, secondo la specificità delle lavorazioni, per evitare esalazioni "moleste" (Cons. Stato Sez. V 19 febbraio 1996, n. 212).
A seguito dell'avvenuta constatazione dell'assenza di interventi per prevenire ed impedire il danno da esalazioni, il Sindaco può disporre, con la revoca del nulla osta, la cessazione dell'attività (Cons. Stato Sez. V 27 aprile 1988, n. 247).
Si soggiunge che la valutazione del pubblico interesse risulta effettuata dai numerosi contatti avuti dall'amministrazione con l'interessato, documenti e denunce contenute nel fascicolo di primo grado, per cui riesce difficile intravedere una illegittimità del comportamento dell'amministrazione comunale resistente che, come si è visto, si è mossa nell'ambito della normativa nella specifica materia, all'epoca vigente.
Sulla base delle indicate considerazioni, l'appello va respinto, perché infondato.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del grado.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) respinge l'appello. Spese del grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


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