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Giurisprudenza 2001 Tar Abruzzo (Pescara) - sentenza 26 gennaio 2001 n. 86

Fatto. Il Consorzio intimato aveva indetto una gara per i lavori di potenziamento del sistema di acquedotti della Val Pescara da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economica più vantaggiosa.
Pervenivano quattro offerte e l'Amministrazione individuava l'offerta da privilegiare in quella dell'odierna controinteressata, cui affidava i lavori con deliberazione n. 21 del 28.10.1998. Nei confronti del provvedimento insorgeva la ditta Di Vincenzo che deduceva i seguenti vizi nel procedimento di aggiudicazione:
1) - Violazione del bando di gara e dell'art.16 della legge 11 febbraio 1994 n.109. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto di istruttoria.
Il progetto, secondo la ricorrente, era carente degli elementi prescritti dalla legge, e si presentava incompleto e lacunoso perché:
a) non era stato inserito il computo metrico nella busta dell'offerta tecnica ma in quella relativa all'offerta economica;
b) il serbatoio di compenso per Pescara non è rispondente all'ubicazione dell'opera, indicata nel bando;
c) non era prevista la portata massima di 1000 litri al secondo;
d) non è stato indicato lo spessore delle tubazioni;
e) nell'impianto di potabilizzazione è previsto un edificio di due piani privo delle scale;
f) manca qualsiasi indagine geologica in relazione alle opere speciali, il piano particellare di esproprio, il piano quotato, sezione e profili, il dimensionamento delle apparecchiature idrauliche è per 10 atmosfere contro le 25 prescritte dalla legge.
Tali carenze avrebbero dovuto portare all'esclusione della gara della società C.C.C.
2) - Violazione del bando di gara: Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto di istruttoria, per illogicità e per contraddittorietà manifesta e per difetto di motivazione.
La valutazione dell'offerta da parte della Commissione è infatti errata sotto i seguenti profili.
a) Alle offerte economiche è stato attribuito il medesimo punteggio pur avendo la ricorrente offerto un risparmio di 1493 milioni per le opere principali e 1019 milioni per le opere integrative;
b) È inaccettabile la preferenza accordata all'interessata vista l'ubicazione del serbatoio c) È illegittimo il punteggio attribuito per la voce b3 per le violazioni delle prescrizioni relative al dimensionamento del potabilizzatore.
3) - Eccesso di potere per difetto di motivazione, per illogicità e per contraddittorietà con precedenti determinazioni.
Il progetto presentato dall'ATI ricorrente non è stato adeguatamente valutato. In particolare non è stato considerato che la ricorrente aveva presentato una soluzione alternativa che non modificava il tracciato del progetto base e che non era stato proposto l'impiego di condotte di altro Ente.
A seguito del ricorso il TAR Pescara con decisione assunta l'11.3.1999 accoglieva il ricorso ed annullava l'aggiudicazione, rilevando carattere pregiudiziale ed assorbente alle censure proposte con il primo motivo del ricorso. In particolare il collegio rilevava che, come asseriva la società ricorrente, la società vincitrice non aveva inserito il computo metrico nella busta relativa all'offerta tecnica ma in quella relativa all'offerta economica. Ciò unitamente ad altre circostanze faceva propendere il Tribunale per un mancato esame da parte della Commissione di aspetti progettuali che avevano inficiato la valutazione della Commissione.
Annullava, quindi, gli atti di gara che venivano rimessi all'amministrazione con invito a procedere ad un nuovo esame delle offerte, previo accertamento della loro ammissibilità. La sentenza veniva appellata da entrambe le società interessate, dalla vincitrice della gara e con appello incidentale anche dalla ricorrente.
La prima, in sostanza, sostiene che la sentenza ha travisato ed integrato il primo motivo di ricorso ritenendo che l'inserimento del computo metrico nell'offerta economica abbia inciso sulla valutazione dell'offerta tecnica mentre la ditta Di Vincenzo trae conseguenze completamente diverse da tale omissione chiedendo la esclusione dalla gara. L'appellante afferma che ciò realizza un vizio di ultra petizione della sentenza impugnata. Deduce, altresì, il vizio di ultra petizione sotto altro aspetto e ulteriori profili di erroneità ed ingiustizia della sentenza appellata. Il ricorrente odierno che ha appellato in via incidentale la precedente sentenza ha invece posto l'accento nel suo gravame sull'impossibilità per il giudice di disporre che fosse l'amministrazione a decidere dell'ammissibilità dell'offerta C.C.C. che invece doveva essere esclusa, specie per la rilevata omissione del computo metrico dell'offerta tecnica.
Nelle more della decisione di appello, tuttavia, l'amministrazione ha ritenuto di dover eseguire la sentenza impugnata e, riesaminati gli atti di gara, con il provvedimento impugnato ha nuovamente disposto l'aggiudicazione in favore della ditta contro interessata.
Nei confronti del nuovo provvedimento la società Di Vincenzo deduce in pratica quanto segue: 1) - Violazione dell'art.21 co.5° della legge 109/94 e successive modificazioni in materia di composizione della Commissione demandata alla rinnovazione degli atti di gara dopo un precedente annullamento giurisdizionale.
In virtù di questa norma è inibito di ottenere ulteriori incarichi a coloro che abbiano concorso con dolo o colpa grave, accertata in sede giurisdizionale, all'approvazione di atti dichiarati conseguentemente illegittimi. L'incombente di eseguire le statuizioni del TAR Pescara sono state invece affidate agli stessi membri che avevano partecipato al primo provvedimento inciso dalla sentenza. 2) - Con i motivi dal secondo all'ottavo la società ripropone, sia pure formulandole come distinte censure, tutti i vizi che avevano formato oggetto del ricorso al TAR in prime cure e segnalati come profili di un'unica censura nel primo motivo del precedente gravame. In conseguenza di ciò la ricorrente non solo chiede che si pervenga all'annullamento di questa seconda aggiudicazione ma introduce come ulteriore pretesa l'accertamento, in sede di giurisdizione esclusiva, del proprio diritto all'aggiudicazione dell'appalto ed, in ogni caso, il risarcimento dei danni in proprio favore per l'illegittimo comportamento dell'amministrazione intimata.
Si costituiscono nuovamente il Consorzio, la Regione Abruzzo e la contro interessata che contestano le avverse pretese. La Regione rinnova la propria istanza di carenza di legittimazione passiva e in udienza il 21.10.1999, dopo che il collegio ha ravvisato in sede cautelare, la necessità di una sollecita pronuncia nel merito, la causa viene trattenuta per la decisione nella quale con una sentenza parziale il collegio ravvisa l'infondatezza della prima censura relativa alla composizione della Commissione e sospende il giudizio poiché, nelle more, la ditta aggiudicataria aveva impugnato la sentenza di questo Tribunale n. 325/99 e contro la stessa la ditta odierna ricorrente aveva proposto ricorso incidentale nei confronti della medesima sentenza.
Dopo la rinuncia ritualmente formulata ed acquisita agli atti di questo giudice di entrambi gli appelli sia principale che incidentale, la causa è stata nuovamente rimessa all'esame della sezione il 7.12.2000, nella quale tutte le parti hanno dettagliatamente ribadito le rispettive posizioni del resto illustrate ampiamente nel corso dei numerosi scritti difensivi.

Diritto. Preliminarmente, per le stesse ragioni di cui alla precedente sentenza di questo Tribunale n. 325/99 va estromessa dal giudizio la Regione Abruzzo, secondo le richieste dell'Avvocatura.
Nel merito il ricorso è fondato.
Può passarsi subito all'esame del secondo motivo del gravame, dato che il primo, come enunciato nelle premesse in fatto, è stato valutato e rigettato dal collegio in occasione della sentenza con la quale è stato sospeso il giudizio in attesa delle decisioni del giudice di appello. La censura attiene, peraltro, sostanzialmente, ad un profilo già esaminato nel primo giudizio in ordine alla necessità di includere nella busta relativa all'offerta tecnica il computo metrico estimativo.
In quell'occasione il TAR aveva osservato che il mancato inserimento del computo metrico estimativo nella busta dell'offerta tecnica aveva di certo inficiato la valutazione dell'offerta risultata vincitrice ed aveva rimesso gli atti all'amministrazione per una nuova valutazione delle offerte, "previo accertamento della loro ammissibilità".
Su questo punto va osservato che la decisione costituisce giudicato in senso tecnico e, pertanto, l'omissione del computo metrico ha realizzato una valutazione non corretta della Commissione che andava, pertanto, ripetuta.
L'amministrazione ha ritenuto di essersi adeguata ai rilievi del collegio in quanto ha ritenuto che la presenza del computo metrico estimativo non fosse determinante per la valutazione tecnica.
Ha spiegato siffatta convinzione osservando che il computo metrico per sua natura non è altro che le individuazione della singole quantità di ciascuna lavorazione necessaria per realizzare l'opera; esso non può né deve contenere delle indicazioni integrative o in contraddizione con i contenuti degli elaborati tecnici gli unici vincolanti per la realizzazione dei lavori.
Per vero la convinzione della commissione contrasta sia con il più accreditato filone giurisprudenziale che con le stesse previsioni legislative le quali, come ha esattamente osservato la ricorrente nella propria censura, prevedono il computo metrico estimativo come uno degli elaborati del progetto.
D'altro canto la giurisprudenza ha sempre ritenuto che il progetto in un appalto concorso debba comprendere il computo metrico estimativo il quale è uno strumento decisivo tanto per la valutazione dell'offerta tecnica che per quella economica. (Cfr. Cons. Stato sez. V 6 dicembre 1999 n.812).
E' vero che l'amministrazione non ne ha escluso la necessità ma ha ritenuto soltanto che tale indispensabile elaborato fosse incluso tra i documenti riguardanti la sola offerta economica e, quindi, ha fornito spiegazione di tale scelta attraverso le motivazioni della commissione, tanto che, appunto, in sede di difesa sia l'amministrazione che la controinteressata hanno rilevato che il bando poneva prescrizioni difformi da quanto preteso dalla ricorrente che non lo ha neanche impugnato.
Ma in realtà le prescrizioni del bando non brillavano per chiarezza e, comunque, contenevano la possibilità di un offerta migliorativa che, guarda caso, era contenuta tra le valutazione tecniche delle offerte e della quale, al contrario, proprio per la mancanza del computo metrico estimativo, è stata possibile la valutazione con attribuzione del relativo punteggio, solo dopo l'apertura dell'offerta economica.
Vero è, invece, che le prescrizioni del bando dovevano essere correttamente intese e che la stima di cui è cenno nel numero 2 del punto 14 del bando, mentre non è assolutamente certo che possa essere identificata come il computo metrico dei lavori, sta a significare soltanto al più, che tale indispensabile corredo andava nuovamente riprodotto nella busta economica per la valutazione delle misure in relazione ai prezzi di ribasso praticati.
Invero, le prescrizioni del bando non erano un esempio di chiarezza tanto che appunto la Commissione non si è sentita di escludere nessuna delle ditte che avevano commesso questo errore; sotto quest'ottica, peraltro, va considerata la decisione del collegio che ha rimesso la decisione alla amministrazione che doveva individuare se le prescrizioni possedevano la dovuta chiarezza e, quindi, far valutare alla Commissione se e quali ditte andavano escluse.
Nella specie, invece, ha ritenuto di rimettere gli atti alla commissione per effettuare una nuova valutazione, anche ai fini dell'ammissibilità, partendo, in effetti da un unico possibile presupposto ovvero la scarsa chiarezza del bando.
E tale operazione, ad opinione del collegio, non è stata correttamente formulata dalla Commissione.
Infatti, ove si interpreti la sentenza n. 325 nella sua reale portata questa stava a significare che l'amministrazione aveva due possibili alternative, o ripetere ex novo la gara (e sarebbe stata forse una soluzione corretta) o valutare le ditte che dovevano essere ammesse ed effettuare dopo questa indispensabile operazione preliminare una nuova valutazione delle offerte. Premesso che, stante l'incertezza del bando anche la possibilità di ammettere tutte le offerte non deve ritenersi, in linea di massima, esclusa, appare invece viziata la nuova valutazione per una ragione che ictu oculi determina chiaramente una irregolarità nella procedura di valutazione, secondo le stesse prescrizioni del bando.
Infatti, come si è detto, nello svolgimento della gara il valore tecnico globale andava effettuato separatamente da quello economico e, anche per le opere integrative doveva essere effettuato prima di quello economico, mentre, proprio per la rilevata discrasia la Commissione non è stata in grado di effettuarlo se non dopo l'apertura della offerta economica, come risulta dal verbale n.4 del 23.7.1999.
Orbene, sotto siffatto aspetto, una considerazione si impone: posto che la Commissione abbia ritenuto correttamente di ammettere tutte le offerte, almeno per il progetto integrativo doveva effettuare la valutazione prima dell'apertura dell'offerta economica e, quindi, per ovvi motivi, attribuire il punteggio per tale elemento di valutazione solo alla ditta Di Vincenzo.
Sotto quest'ottica la censura è fondata perché concreta il vizio denunciato nel secondo motivo del gravame dato che, una volta che la Commissione ha deciso di ammettere tutte le ditte che erano incorse nell'errore, avrebbe quanto meno dovuto escluderle dalla valutazione di che trattasi. Il procedimento va, quindi, annullato, almeno limitatamente alla valutazione di questo elemento di gara, la quale, determinando l'annullamento del procedimento in parte qua, appare anche assorbente.
Infatti i 15 punti che potevano essere attribuiti soltanto in favore della Ditta ricorrente avrebbero determinato la decurtazione dei 15 punti assegnati alla aggiudicataria che avrebbe visto così ridimensionato il proprio punteggio a 77,50, collocandosi in tal modo dopo la ditta Di Vincenzo che sarebbe risultata pertanto l'aggiudicataria dell'appalto.
Vanno a questo punto valutate le richieste della ricorrente la quale, nel merito chiede l'accertamento del proprio diritto all'aggiudicazione e, in ogni caso, il risarcimento del danno. Per quanto riguarda la prima richiesta osserva il collegio come essa, allo stato, non sia ammissibile dato il tempo trascorso dall'aggiudicazione e la circostanza emersa in udienza che l'avanzamento dei lavori è ormai giunto quasi al 50%.
La difformità tra i due progetti, più volte rilevate da entrambe le parti e perciò anche dalle parte ricorrente, anche a sostegno dei rispettivi assunti, esclude che possa stabilirsi che la ricorrente esegua almeno i lavori restanti.
Resta pertanto solo la possibilità di pronuncia sul risarcimento danni che deve essere in linea di massima accolta posto che, ove l'amministrazione avesse correttamente interpretato l'insegnamento del TAR, anziché trincerarsi sull'assoluta convinzione di essere nel vero, avrebbe dovuto quanto meno rinnovare la gara con sufficienti giustificazioni, o aggiudicarla direttamente alla ditta Di Vincenzo che, in ognuno dei due casi comunque, avrebbe patito dei danni. In dipendenza di ciò, iuxta quanto previsto dal n.2 dell'art.35 del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, come novellato dall'art.7 della legge 21 luglio 2000 n.205 si invita l'amministrazione soccombente a proporre alla ditta ricorrente, entro il termine di gg.90, una somma da stabilirsi in virtù dei seguenti criteri:
a) - determinare i danni che, a seguito dell'illegittima procedura, la Ditta Di Vincenzo ha subito per la semplice partecipazione alla gara; individuare la somma che, eventualmente in base all'ammontare dei lavori dell'appalto, avrebbe costituito il compenso netto per l'impresa.
b) - In alternativa concordare un somma che, fermi i danni per la partecipazione alla gara, possa rifondere la ditta ricorrente dei danni subiti per la mancata possibile aggiudicazione, indennizzo determinato in una quota parte del compenso dell'impresa in caso di realizzazione dei lavori nella ragionevole previsione della possibilità di aggiudicarsi i lavori, mentre il comportamento dell'amministrazione ha comunque impedito alla Di Vincenzo di ottenere questa chance; in aggiunta a tale cifra andrà determinato il mancato danno subito dall'amministrazione nell'aver evitato il ricorso ad una nuova procedura e tale aspetto andrà anche considerato nella determinazione del risarcimento.
Per i suesposti motivi il ricorso va, quindi, accolto e l'atto annullato entro i limiti di cui in motivazione.
Va quindi, condannata l'amministrazione resistente al risarcimento dei danni da concordare secondo i criteri indicati, con l'avvertenza che, in caso negativo, potrà essere chiesta la determinazione della somma dovuta a questo giudice con il ricorso di cui all'art.27, 1°co. del T.U.26.6.1924 n. 1054.
Le spese del presente giudizio, per le norme che regolano la soccombenza, liquidate come in dispositivo, vanno poste in solido a carico dell'amministrazione intimata e della società controinteressata mentre possono essere compensate nei confronti della Regione.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo, sezione di Pescara, accoglie il ricorso e per l'effetto, annulla in parte qua il procedimento di cui all'appalto specificato in epigrafe e condanna l'amministrazione a risarcire i danni alla ricorrente effettuando una proposta secondo i criteri indicati in motivazione.
Condanna il Consorzio Val Pescara e la società C.C.C. controinteressata a rimborsare in parti eguali, con vincolo di solidarietà, alla società ricorrente, le spese e gli onorari del presente giudizio, liquidate in complessive lire cinque milioni di cui lire quattro milioni per onorario di avvocato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


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