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Giurisprudenza 2001 TAR Veneto sez. II - sentenza 10 aprile 2001 n. 977

Fatto. Nei primi anni del 1980 l'odierno ricorrente chiedeva al Magistrato alle acque e alla Regione Veneto, per quanto di rispettiva competenza, la concessione della Valle Cà Zane, estesa su circa 150 ettari nella laguna nord, al fine di esercitarvi la piscicoltura estensiva.
La concessione, inizialmente assentita in via sperimentale per un periodo di due anni dall'1.9.1983, veniva successivamente rinnovata in via definitiva per la durata di dodici anni (dall'1.9.1985 al 31.8.1997) con atto 26.2.1986 n. 2465/85.
La concessione era accompagnata da un progetto per la vivificazione della valle esaminato ed approvato dalla Commissione per la Salvaguardia di Venezia in data 13.1.1982 con voto 7/4426 e in data 8.3.1985 con voto n. 27/6305.
La concessione, in particolare, obbligava il concessionario a "mantenere la destinazione della parte settentrionale della Valle di Cà Zane a pesca vagantiva..." (art. 2), e, a tal fine, "a mantenere i fondali d'acqua dei canali interni di vivificazione a quota m. 1,20 sotto il l.m.m. mediante periodici scavi manutentori, previa autorizzazione da richiedersi alla sezione di vigilanza lagunare del Magistrato alle Acque" (art. 3).
Dal canto suo, la Regione Veneto assentiva, con deliberazione giuntale 5.8.1986 n. 4219 e successivo decreto presidenziale 11.10.1991 n. 2188, la concessione e i diritti esclusivi di pesca a favore del Cesaro sino alla scadenza della concessione demaniale.
Orbene, al fine di ottemperare alle prescrizioni contenute nell'atto concessorio, in data 18.6.1992 il ricorrente inoltrava al Magistrato alle Acque-Ufficio per la salvaguardia di Venezia, apposita istanza per l'esecuzione dei lavori manutentori di scavo dei canali e dei ghebi della valle in questione.
Istruita la pratica, veniva rilasciata l'autorizzazione 23.7.1992 n. 5207 con la quale, richiamato il disciplinare di concessione, si autorizzavano i lavori di manutenzione ordinaria nella Valle Cà Zane "riguardanti la ricalibratura di ghebi e canali collettori per la manutenzione e la vivificazione della valle stessa". Si prescriveva, peraltro, che i materiali di risulta fossero "depositati all'interno del bacino vallivo stendendoli nelle aree barenose ovvero a ridosso degli argini per la loro ricalibratura".
Iniziati i lavori, il Sindaco di Venezia notificava all'interessato un'ordinanza di sospensione con riferimento all'asserita, abusiva esecuzione delle opere di scavo.
Tale provvedimento veniva tempestivamente avversato dall'odierno ricorrente (ricorso RG n. 2569/92) che lo censurava per incompetenza (in relazione al combinato disposto degli artt. 77, II comma della LR n. 61/85 ed 81 del DPR n. 616/77), violazione di legge (in particolare, degli artt 91 e 94 della LR n. 61/85 in relazione all'art. 78 della stessa legge: le contestate opere sono previste ed anzi imposte dallo stesso disciplinare della concessione e, peraltro, essendo connesse alla normale attività di coltivazione ittica, sono prive di rilevanza edilizio-urbanistica) ed illogicità e perplessità (nel testo della motivazione del provvedimento si esprimono dubbi sull'esistenza sia di una concessione demaniale, sia del nulla osta ai lavori, nonchè sulla stessa consistenza delle opere in corso).
Resisteva in giudizio il Comune di Venezia opponendo l'infondatezza del ricorso, del quale, conseguentemente, chiedeva la reiezione.
Successivamente veniva emanata l'ordinanza sindacale 24.10.1992 n. 92/9093/395 con cui, preso atto dei precedenti sopralluoghi e della deliberazione consiliare 18.10.1992 n. 189 che dichiarava le opere in questione contrastanti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali, veniva ordinata la demolizione delle opere stesse.
Tale provvedimento veniva ritualmente impugnato dal Cesaro (ric. RG 216/93) che ne rilevava l'illegittimità per i medesimi vizi di violazione di legge e di eccesso di potere già evidenziati nei confronti del pregresso e presupposto ordine di sospensione dei lavori.
Resistevano in giudizio sia il Comune di Venezia sia "Italia Nostra", quest'ultima intervenuta ad opponendum, osservando come il proposto gravame fosse infondato e concludendo, quindi, per la sua reiezione.
In prosieguo, in data 30.9.1999 il Comune di Venezia contestava al Cesaro la realizzazione di opere abusive consistenti in "movimenti di terra finalizzati all'arginatura circondariale della Valle Cà Zane e alle arginature delle peschiere, con alterazione significativa dello stato iniziale dei luoghi". Conseguentemente, con provvedimento 7.10.1999 n. 99/14737/345 veniva ordinata la sospensione dei lavori.
Anche tale ordinanza - a cui, però, non faceva seguito alcun provvedimento definitivo nei termini previsti dall'art. 91, penultimo comma della LR n. 61/85 - veniva tempestivamente impugnata dall'odierno ricorrente (ric. RG n. 2721/99), che ne evidenziava l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Nel giudizio si costituiva il Comune di Venezia ed interveniva ad opponendum Italia Nostra rilevando l'infondatezza del ricorso, che, conseguentemente, chiedevano fosse respinto.
Tutte le tre cause venivano chiamate all'udienza del 22.2.2001, ove venivano introitate per la decisione.

Diritto. 1.- Va preliminarmente disposta la riunione degli epigrafati ricorsi, stante la loro evidente connessione.

2.- Nel merito, va anzitutto osservato che l'ordinanza sindacale 7.10.1999 n. 99/14737/345 di sospensione dei lavori, impugnata con il ricorso RG n. 2721/99, non essendo stato seguita da alcun provvedimento definitivo nel termine perentorio stabilito dall'art. 91, penultimo comma, della LR n. 61/85, è decaduta ai sensi della medesima disposizione. Il relativo ricorso, dunque, va dichiarato improcedibile, non sussistendo più alcun interesse alla sua decisione.

3.- I ricorsi n.i 2569/92 e 216/93, pur avendo ad oggetto provvedimenti formalmente diversi, contengono le medesime censure, in quanto impugnano atti (ordine di sospensione il primo, di demolizione il secondo) preordinati a contestare ed a reprimere le stesse opere: ciò stante, dunque, vanno trattati congiuntamente.
Con la prima, assorbente censura contenuta in entrambi i citati ricorsi l'interessato denuncia l'incompetenza del Sindaco, ai sensi del combinato disposto dall'art. 77, II comma, della LR n. 61/85 ed 81 del DPR n. 616/77, ad assentire e, comunque, ad intervenire nei confronti di opere da realizzare su aree appartenenti al demanio statale.
La censura è fondata.
Stabilisce, invero, l'art. 77, II comma, della LR n. 61/85 che, "per le opere...insistenti su aree del demanio statale si applicano le disposizioni dell'art. 81 del DPR 24.7.1977 n. 616".
Dispone, a sua volta, l'art. 81 richiamato, II comma (che costituisce norma di carattere speciale: è irrilevante, peraltro, ai fini del presente giudizio, che tale disposizione sia stata abrogata dall'art. 4 del DPR 18.4.1994 n. 383, in quanto pienamente vigente all'epoca dei fatti in questione) che "per le opere...insistenti su aree del demanio statale l'accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi...è fatto dallo Stato, d'intesa con la regione interessata".
Dal contesto delle citate norme, dunque, risulta in maniera chiara ed inequivoca che le opere eseguite, come quelle di specie, su aree appartenenti al demanio marittimo sono sottratte al normale procedimento concessorio/autorizzatorio di competenza del Comune: l'accertamento di conformità dell'opera agli strumenti urbanistici comunali, infatti, diviene qui, eccezionalmente, appannaggio dello Stato, che lo attua d'intesa con la Regione.
Correlativamente, non sussiste, in subiecta materia, alcun potere sanzionatorio del Sindaco, atteso che l'attività di vigilanza e di polizia sulle aree demaniali marittime spetta - unitamente alla regolamentazione dell'uso delle aree stesse - all'Amministrazione della marina mercantile (cfr. art. 30 del codice della navigazione).
Nè la diversa tesi sarebbe sostenibile alla luce dell'art. 14 della legge n. 47/75 che, ripreso dall'art. 95 della LR n. 61/85, prevede l'intervento del Sindaco nei confronti delle opere insistenti sul demanio che siano state realizzate in assenza o in difformità dalla concessione: tali disposizioni, invero, si riferiscono alle opere per le quali è necessaria la concessione edilizia, non già a quelle per le quali la concessione sia sostituita ex lege, come nella fattispecie, dall'intesa Stato-Regione.

4.- Per le considerazioni che precedono, dunque, i ricorsi vanno accolti, rimanendo assorbite le ulteriori censure.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, previa riunione dei ricorsi n.i 2569/92, 216/93 e 2721/99, accoglie i primi due e, per l'effetto, annulla gli atti ivi impugnati, e dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il terzo.
Spese rifuse in misura di £ 7.000.000 a carico del Comune di Venezia, compensate nei confronti di Italia Nostra intervenuta ad opponendum.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


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