Ma non era ammattito. I più famosi medici del
regno constatarono veramente che il Reuccio Sansonetto ringiovaniva. Era una
malattia nuova e inesplicabile, contro la quale la scienza non aveva rimedio. Il
Reuccio ringiovaniva. Compì i diciassette, poi i sedici, poi i quindici anni.
Prese a decrescere di giorno in giorno, scomparvero i piccoli nascenti baffetti
biondi. Il suo volto riacquistava un aspetto sempre più fanciullesco.
Sansonetto era disperato.
Le nozze di Biancabella di Pameria erano state contramandate, poi rotte del
tutto. Il Re di Pameria aveva ritirato la mano della figlia.
- Ragazzo mio, come volete ch'io vi conceda Biancabella? Fra qualche anno sarete
un marito bambino, poi un marito lattante, poi nascerete; cioè morirete...
scomparirete nel nulla...
Biancabella fu costretta dal padre a rendere il suo anello di nozze; ma
congedandosi piangeva, e promise a Sansonetto eterna fedeltà.
- Vi aspetterò finché sarete guarito di questa malattia. Tenete intanto
l'anello e portatelo in dito; esso vi stringerà più forte, quando la mia
fedeltà sarà in pericolo...
Sansonetto era disperato. Correva a ritroso per
le stanze e pei giardini reali, piangendo, strappandosi le chiome bionde.
Bisognava rintracciare la vecchietta beffata, supplicarla di ritornarlo a
diciott'anni, di risanarlo da quella malìa. Il Re e la Regina avevano fatto un
bando con mezzo il regno di premio per chi desse notizie della vecchietta che
aveva incantato il figliuolo. Ma nessuno l'aveva più vista.
Sansonetto andava sovente a caccia, per distrarre la sua malinconia. Galoppava a
ritroso, perché la malìa gamberina s'appiccicava pure alla sua cavalcatura.
I contadini che vedevano passare, scomparire all'orizzonte quel cavaliere
piumato, sul cavallo che galoppava all'indietro, si faceva il segno della croce
temendo un'apparizione diabolica.
Un giorno il Reuccio giunse in un bosco, e vide tra gli abeti centenari una
casetta minuscola, con una sola porta e una sola finestra. E alla finestra
riconobbe il volto della vecchietta che lo guardava sorridendo. Sansonetto
s'inginocchio sulla soglia.
- Ah! vecchina, vecchina! restituitemi il giusto andazzo del tempo e del
camminare!
- Bisogna riportarmi il nocciolo di quel giorno...
- Se non è che questo, l'avrete...
Sansonetto ritornò a palazzo. Ma come ritrovare proprio il nocciolo di
quattr'anni prima?... Pensò di prenderne uno qualunque, lo portò nel bosco, lo
fece vedere sulla palma della mano. La vecchietta l'osservò dalla finestra.
- Figliuolo mio, non è quello! quello porta incise intorno certe parole che so
io...
Il Reuccio capì che non era caso di inganni, ritornò a palazzo, prese commiato
dal Re e dalla Regina e si pose in cammino, alla ricerca del nocciolo salvatore.
Si ricordava confusamente d'averlo visto rimbalzare nel rigagnolo della via.
Seguì il rigagnolo fin dove questo metteva foce nel torrente. Ma innanzi a
quelle spume turbinose si sentì prendere dallo sconforto. Una libellula passò,
librandosi su di lui con bagliori di smeraldo.
- Che c'è, bambino bello?
Lo chiamavano già bambino! Come ringiovaniva in fretta!... Sansonetto sospirò:
- C'è che divento sempre più giovane!
- Poco male, ragazzo mio!
- Molto male! Fra qualche anno sarò un bambino lattante, poi nascerò,
scomparirò del tutto. Mi può salvare soltanto il nocciolo della Fata Nasuta.
L'hai visto passare?
- Io no. Ma ne sentii parlare dai miei vecchi: un nocciolo strano, che portava
scritte intorno certe parole cabalistiche... Ha preso la via del mare.
Sansonetto si pose in cammino, seguì il torrente fino al fiume, il fiume fino
al mare. Dinanzi a quell'azzurro infinito la speranza gli cadde dal cuore e si
abbandonò sulla spiaggia. Piangeva e guardava le onde accartocciarsi
ribollendo; e le lacrime gli cadevano nell'acqua, ad una ad una.
- Che c'è, bambino bello?
Era un'asteria, una stella di mare che strisciava lentissima sulla sabbia d'oro.
- C'è che divento sempre più giovane.
- Poco male, figliuolo mio!
- Molto male. Nascerò, scomparirò del tutto se non trovo il nocciolo della
Fata Nasuta.
- Un nocciolo strano, inciso di parole che non ricordo... L'ho visto qualche
anno fa. L'ha inghiottito un fenicottero mio amico. Se attendi, te lo mando
qui...
Il Reuccio attese tre giorni. Apparve il fenicottero bianco e roseo, sulle due
gambe lunghissime.
- Sì, ho inghiottito il nocciolo; ma poi emigrai nel mezzogiorno e lo rimisi
nei giardini del gigante Marsilio, fra i monti della Soria... il gigante è
feroce ed invincibile; lo potrà vincere soltanto chi gli strapperà un capello
verde fra i folti capelli rossi.
Il Reuccio s'imbarcò su una galea di mercanti e giunse dopo sette settimane in
Soria. Ma quando chiedeva del gigante Marsilio, la gente lo guardava stupita e
impallidiva.
- Il gigante non lascia passare nessuno nei suoi dominî. Ogni giorno fa strage
di cavalieri temerari che vogliono affrontarlo.
- Lo affronterò anch'io e vincerò, se questa è la mia sorte.
E il Reuccio Sansonetto proseguiva la via. Giunse al regno del gigante Marsilio.
A picco nella valle dominava il Castello dalle Cento Torri; si stendevano sotto
i giardini immensi circondati da alte mura, e attorno biancheggiavano le ossa
dei temerari che avevano sfidato il mostro.
Sansonetto suonò il corno di sfida, invitando il gigante a battaglia.
Una delle porte immense si aprì e apparve il gigante seminudo e senz'arme.
Come vide il reuccio sorrise di scherno.
Questi si scagliava a ritroso volteggiando la sua spada affilata; tagliava ora
un braccio, ora una mano, ora il naso, ora il mento del gigante, ma il gigante
si chinava tranquillo, raccattava il pezzo amputato rimettendolo a segno.
Sansonetto mirava alla testa, spiccando salti sul suo cavallo focoso. Già due
volte glie l'aveva fatta cadere, ma il mostro si chinava, la raccoglieva, la
riappiccicava all'istante sulle spallacce robuste. Una terza volta il reuccio
glie la troncò; e appena in terra fu pronto a spingerla con le due mani
sull'orlo d'un declivio, rotolandola a valle. Poi si mise a cercare in fretta il
capello verde nella folta chioma rossa. Sentiva alle spalle il mostro decapitato
che correva, brancolando qua e là; lo sentiva avvicinarsi, e cercava e non
trovava il capello micidiale. Allora trasse la spada, rasò in pochi colpi la
testaccia dalla fronte alla nuca; e il capello verde fu reciso con tutta la
chioma. La testa impallidì, gli occhi dettero un guizzo spaventoso e il gigante
che brancolava all'intorno, cadde con un tonfo sordo. Era morto.
Il reuccio Sansonetto ebbe
libero il passo nel regno di Marsilio. Cercò nei giardini; trovò il luogo
indicato dal fenicottero.
Ma in cinque anni il nocciolo era diventato un ciliegio altissimo, tutto carico
di frutti rossi e lucenti come rubini.
Sansonetto ne mangiò uno, poi un altro, e un altro ancora; e osservò i
noccioli, e ogni nocciolo portava inciso attorno: «grano dell'irriverenza»...
Ad un tratto il Reuccio ebbe come una specie di vertigine e socchiuse gli occhi.
Quando li riaprì si trovò dinanzi alla casetta della Fata Nasuta e la
vecchietta gli sorrideva.
Si guardò, si palpò, era ritornato come alla vigilia delle nozze, con la sua
alta statura diciottenne e i piccoli nascenti baffettini biondi. Provò a dare
qualche passo: era risanato dalla buffa andatura gamberina.
- Il tuo errore è espiato - disse la vecchietta - conserva i noccioli del
ciliegio salvatore, e seminali nei tuoi giardini.
- Grazie, vecchietta mia!
Il Reuccio baciò la buona fata, ma sentiva l'anello donatogli da Biancabella di
Pameria stringergli il dito.
- Ah! fata mia, la fedeltà della mia sposa corre pericolo.
- Forse. ma fa' cuore, mettiti in armi e corri alla Corte. Dal canto mio
t'aiuterò.
Sansonetto s'armò di tutto punto e partì di gran galoppo.
Sentiva l'anello stringergli, stringergli il dito sempre più...
- Si sarà stancata di questa lunga attesa! Purché arrivi in tempo ancora!
Giunse in Pameria e vide la capitale imbandierata e festante. Chiese perché.
- Da una settimana è aperto un torneo a Palazzo Reale. Il Re ha imposto alla
figlia la scelta d'uno sposo. E cento cavalieri si contendono la mano di
Biancabella. Ma v'è un cavaliere sconosciuto che li abbatte tutti; e si prevede
che pel tramonto di quest'oggi avrà sbaragliato i rivali.
Sansonetto accorse alla giostra, scese tra gli spettatori. Il cavaliere
misterioso, tutto rivestito di una corazza d'acciaio chermisi, stava sbalzando
di sella l'ultimo avversario e già il popolo lo proclamava di diritto sposo di
Biancabella. Ma Sansonetto calò la visiera e, fra lo stupore generale, scese in
lizza. Ed ecco che al primo colpo di Sansonetto l'invincibile campione chermisi
dà suono metallico e cupo e cade disteso.
Fu scosso, rialzato, aperto. Era vuoto.
Il cavaliere chermisi era una semplice corazza che la buona Fata Nasuta aveva
animata d'uno spirito benigno e inviata alla giostra per sopprimere gli altri
combattenti e dar modo al Reuccio di giungere in tempo. Il reuccio Sansonetto
alzò la visiera, e s'inchinò sugli arcioni, dinanzi alla loggia della sposa.
Biancabella quasi venne meno dalla gioia improvvisa; e il Re abbracciò come
figliuolo il giovinetto risanato.
Furono celebrate nozze splendidissime.
E i noccioli favolosi, seminati nei giardini reali, crebbero con gli anni e
formarono un boschetto detto dell'«irriverenza».