L'aquila e la civetta

Jean de La Fontaine

La civetta, quando vide schiudersi nel suo nido le uova, si sentì il cuore pieno di felicità e d'orgoglio:

- Quanto sono belli i miei cinque civettini! - pensava, guardandoli commossa con i suoi tondi occhi gialli. Chiunque li vedesse, resterebbe conquistato dalla loro grazia. Ma, ahimè, non posso sentirmi tranquilla, perché troppi nemici li insidiano. Ho timore soprattutto dell'aquila, che avvista dall'alto qualsiasi preda con il suo sguardo acutissimo.

Decise perciò di recarsi lei stessa dall'aquila, per supplicarla di risparmiare il suo nido.

Distribuì equamente il cibo nei cinque beccuzzi spalancati dei suoi civettini, e, rivolto loro un ultimo sguardo affettuoso si diresse, con il cuore pieno d'inquietudine e di timore, al bosco di querce, in cui la superba aquila aveva il suo quartier generale.

Udita la preghiera della civetta, l'aquila squadrò altera la povera madre e le rispose:

- Le tue parole mi commuovono e perciò puoi stare tranquilla per tuoi civettini. Ma dimmi, come li riconoscerò?

- Oh, - disse la civetta - ciò ti sarà facilissimo. Sappi che non vi sono uccellini più belli di loro. Quando vedrai dei piccoli con gli occhioni dorati con meravigliose piume soffici, comprenderai subito che quelli sono i miei figli.

Un giorno l'aquila, volando in cerca di preda, giunse al nido della civetta, mentre questa era lontana.

Vi gettò uno sguardo e vide cinque uccellini grigiastri che giudicò assai brutti e sgraziati.

- Questi non sono certo i civettini - pensò - dei quali mi è stata decantata la famosa bellezza. Li ghermì tra gli artigli e li portò ai suoi aquilotti.

Con quanto strazio la povera civetta trovò al ritorno il suo nido devastato!