ce="Arial">Non è affatto un mutamento para-digmatico limitato alla gestione delle terre asciutte e neppure alle dinamiche del sottosviluppo, quanto piuttosto un momento della più generale riscoperta dell’ambiente e delle sue dinamiche. Dopo decenni di determinismo (la natura condiziona l’uomo), seguiti dalla decade del-l’ecologismo (l’uomo condiziona la natura), si passa così alla concezione di un’interazione continua tra società umana e natura, intese come sottosistemi appartenenti allo stesso sistema, ciascuno dotato di dinamiche evolutive proprie ma in stretta connessione con quelle dell’altro. Secondo un’immagine estrema e ormai notissima ("Gaia") la terra intera viene definita come un sistema "quasi vivente", capace di autoregolarsi (omeostatico), di cui fanno parte le unita’ biologiche, i biotopi, l’uomo e tutti i suoi manufatti.
 
 

C’è dunque, nel corso degli anni ottanta, una forte ripresa degli interessi per i processi naturali. Esplode l’attenzione collettiva per problemi quali l’effetto serra, il buco nell’ozono, la nube transfrontaliera di Cher-nobyl, ecc.

Ma questa riscoperta dei processi naturali avviene secondo un approccio assai più complesso di quello che, durante gli anni settanta, li relegava a semplici "reattori" all’attività umana, perversa o illuminata che fosse. Infatti, come ben ricorda E. Morin, non si tratta solamente di cambiare l’oggetto della nostra attenzione scientifica, quanto piuttosto di rifiutare le concezioni semplificatrici che "isolavano gli esseri dal loro ambiente o che riducevanogli esseri al loro ambiente" e di vedere invece una realtà complessa, multidimensiona-le, irriducibile e soprattutto legata da meccanismi causali non determini-stici né unidirezionali. Proprio in tal senso, se possiamo parlare di un approccio "neoambientalista" per questa riscoperta della soggettività attiva della natura nei processi territoriali, esso si differenzia nettamente da ogni interpretazione precedente. Il fondamento, l’interesse e la novità di questa attenzione per quella che è stata definita "l’interazione dinamica uomo-società-natura" si collocano infatti non tanto nell’oggetto in sè, che risulta a titolo diverso già esplorato, quanto piuttosto nel modo di intendere le interazioni, cioè nel tipo di causalità che lega i diversi elementi considerati.

Da un lato, come si è visto, c’è la riconsiderazione della natura, la ri-valutazione del suo ruolo e la globa-lizzazione dei suoi problemi. Ci si rende conto, cioè, che la conservazione dell’ambiente rappresenta un’opzione strategica per i PVS (rapporto Brandt e rapporto Bruntland). Lo "sviluppo sostenibile" prospettato dal rapporto Bruntland tende a conciliare il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni periferiche con la conservazione delle risorse naturali dalle quali dipenderanno le generazioni future. A questo proposito, è da notare il volto nuovo della pianificazione ambientale. Essa abbandona sempre più la connotazione normativa e rigida per adottare criteri di flessibilità. Piuttosto che tentare di eliminare l’imprevisto, attraverso il potenziamento senza fine delle procedure di previsione e regolazione, si tende a creare strutture agili e capaci di adattarsi, autoregolandosi, alla novità delle condizioni che via via si presentano in seguito ad un intervento o a una fluttuazione naturale. Ciò si realizza, tecnicamente, con il passaggio da una pianificazione preventiva, basata sulla valutazione ex ante a una pianificazione iterativa, tendente a potenziare i protocolli di controllo e valutazione in corso d’opera (monitoring/on going evaluation), le cui risultanze devono servire ad aggiustare continuamente la progettazione.

Sul fronte opposto, la ricordata crisi finanziaria crea invece i presupposti per un attacco senza precedenti al patrimonio naturale. La necessità di espandere le esportazioni, la contrazione dell’attività dello stato sociale in regime di elevato incremento demografico, l’apertura di nuovi fronti di coloniz-zazione come valvola di sfogo per le tensioni maturate nell’ambito dei processi socio-economici, sono tutti percorsi che portano a caricare l’ambiente di nuove e accresciute funzioni. La "morte dell’A-mazzonia" non è che un caso (forse il più significativo, sicuramente il più delicato per connessioni tra entità del debito e rilievo planetario della risorsa ambientale in gioco) di questa esplosione.

Risultano pertanto poco più di pietosi auspici le finalità ufficiali del Terzo Decennio delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, nelle quali si legge che "lo sviluppo agricolo e rurale e l’eliminazione della fame e della malnutrizione sono tra gli obiettivi essenziali" da perseguire attraverso misure tecniche, ma soprattutto politiche e sociali.

Ciò cui si assiste è una corsa, a volte disp