Terminator è tornato.
Il progetto di ingegneria genetica per la produzione di semi sterili
non sarebbe mai stato sospeso. Lo denuncia la canadese Rural Advancement
Foundation International (Rafi). Stando a un recente rapporto dell'associazione,
il vice-presidente della Delta & Pine Land Seed Company avrebbe dichiarato:
"Abbiamo continuato a lavorare sul Technology Protection System (Terminator).
Non abbiamo mai rallentato. Ci stiamo muovendo verso la commercializzazione".
Secondo il documento, inoltre, le maggiori aziende biotecnologiche "possiedono
più di 30 brevetti per il Terminator". Inoltre pare sia in buona
salute anche il progetto Traitor, conosciuto come "tecnologia della restrizione
dell'uso genetico", grazie alla quale si possono attivare o inibire determinate
caratteristiche genetiche di una pianta mediante uno specifico prodotto
chimico: "lo stesso meccanismo usato per controllare la sterilità
dei semi nelle piante Terminator". A questo punto tutto è nella
mani delle multinazionali e dei governi. E proprio i governi, secondo l'associazione
canadese, sono i principali punti sui cui focalizzare "l'azione politica",
forti anche delle dichiarazioni contro Terminator di Panama, India, Ghana,
Uganda e della Fao. Per info: www.rafi.org
Organismi geneticamente modificati: l'informazione che non c'è
Adesso c'è la moda di scrivere "ogm free", tanto non costa nulla.
Chi controlla? E poi: dove sono le sanzioni se si dichiara il falso?
Ok, ho mentito, ma non sapevo che si trattava di ogm. Ho detto quello
che sapevo, quindi ho detto la verità. Questa è la paradossale
risposta di fronte a cui ci potremmo trovare.
La verità invece sarebbe dire che non si sa, o non si può
esser certi: non si sa se il mais che sto seminando è transgenico
(magari anche solo per sbaglio). E lo stesso vale per l'informazione: gli
esperti dicono tutto e il contrario di tutto.
Un esempio. Da alcune settimane Confagricoltura, Coldiretti, e Confederazione
italiana agricoltori hanno raggiunto un accordo con l'Ais (l'associazione
che raggruppa il 90 per cento delle aziende di mais e soia) per certificare
che le sementi usate sono ogm free. L'hanno chiamata operazione "semina
sicura". Si tratta di una autocertificazione e quindi ha scarso o nullo
valore. Ne parla il Corriere della sera del 16 aprile. Lo stesso articolo
riferisce l'opinione di due esperti: "Il problema non si pone perché
in Italia non circola seme biotech". Così anche Monsanto.
Ma allora perché gli agricoltori si preoccupano tanto?
Sentite quello che, più o meno negli stessi giorni, rilancia
invece un documento Greenpeace da Bruxelles: l'Italia è il maggior
importatore europeo di semi di mais e di soia dagli Stati Uniti. E fin
qui la notizia è nota.
Ebbene, l'associazione statunitense delle agenzie di certificazione
delle sementi scrive: "Allo stato attuale non esistono standard di riferimento
a cui conformarsi per certificare che le sementi non siano di origine transgenica;
non vi è pertanto possibilità da parte degli Stati Uniti
di fornire alcuna certificazione in tal senso".
Questo brano fa parte di una lettera (come riportato nella lista di
discussione nobiotech-it@egroups.com) inoltrata dalla Grecia dopo che Greeanpeace
aveva denunciato una contaminazione genetica su larga scala di semi di
cotone importati dagli Usa. Le sementi in questione, destinate a coltivazioni
commerciali in Grecia, contenevano tipi di semi manipolati geneticamente
la cui coltivazione non è consentita dall'Ue. Ma Greenpeace, si
sa, non è certo tra i sostenitori degli ogm.
Allora andiamo a vedere che cosa ognuno dice di sé: se io ammetto
un mio errore, o un mio limite, lo faccio perché ne ho la certezza.
Non c'è quindi ragione di dubitarne. Ecco allora un po' di notizie
di "fonte non sospetta": sono tratte infatti dal Forum Novartis del 19
gennaio 1999 (realizzato con il patrocinio del Corriere della sera, vedi:
www.corriere.it/100-domande/ricerca.htm, 100 domande e risposte che vale
proprio la pena leggere).
Riportiamo tre domande-risposte su punti delicati. (C'è anche
scritto, sia detto tra parentesi, quanti sono oggi i brevetti biotecnologici
su microorgnismi, piante e animali geneticamente modificati: circa 10 mila!).
Nei supermercati italiani sono già in vendita alimenti che contengono
componenti transgeniche? Sì. L'Ue ha ammesso la commercializzazione
e l'importazione di alcune varietà di mais e di soia geneticamente
modificati, sopratutto dall'America settentrionale, e che possono essere
mescolati con carichi di mais o di soia tradizionali. Queste miscele vengono
poi avviate alle aziende che le usano come ingrediente per molti prodotti
alimentari. Soprattutto la soia ha largo impiego in centinaia di alimenti
per l'uomo (oltre che per produrre farine proteiche per l'alimentazione
animale). Un'analisi su 42 prodotti sul mercato, pubblicata dalla rivista
Altroconsumo ha evidenziato la presenza di soia transgenica in 4 prodotti:
due tipi di bistecche di soia, una crema di legumi per bambini, una lecitina.
È vero che gli alimenti geneticamente modificati possono scatenare
allergie nei consumatori?
Questa possibilità esiste. L'ingegneria genetica può
trasferire negli alimenti modificati geni a loro estranei ma capaci di
scatenare allergie in chi è sensibile.
Quali sono i prodotti transgenici più coltivati?
Piante trasgeniche di colza, tabacco, soia, riso, cotone, patata, mais,
zucca, pomodoro sono autorizzzate in Canada, Usa, Giappone. La Cina coltiva
da un decennio pomodori, tabacco, riso, angurie. Anche Paesi africani e
Bulgaria hanno avviato colture transgeniche. Le piante più coltivate
sono quelle resistenti ai diserbanti, che coprono il 57% dei terreni dedicati
a colture transgeniche, seguite dalle piante resistenti agli insetti (31%)
e da quelle resistenti a virus (14%). Le piante transgeniche con caratterische
nutrizionali migliorate coprono oggi solo l'1% dei terreni.
Per finire va detto che non tutto procede in questa direzione: la diffidenza
dei consumatori cresce (e, di conseguenza anche quella degli agricoltori).
Secondo le statistiche pubblicate all'inizio di aprile dal dipartimento
americano dell'Agricoltura, negli Usa c'è stata, rispetto allo scorso
anno, una diminuzione del 16 per cento delle superfici di mais transgenico
piantate in questa stagione. Le superfici di mais trans scendono così
a circa il 33 per cento sul totale (erano arrivate al 40 lo scorso anno).
Dulcis in fundo. Avete gioito perché l'Ue dal 10 aprile etichetta
gli ogm (o siete comunque tra coloro che si sono stracciati le vesti perché
questa etichetta verrà messa solo sui prodotti che contengono più
dell'1% di transgenico)? Bene, tenete presente che i sette grandi gruppi
specializzati in agrogenetica (tra cui: Monsanto, Aventis, DuPont e Dow
Chemical) lanciano una campagna da 50 milioni di dollari per pubblicizzare
gli ogm. Ci faranno credere che ogm è naturale?
http://www.unimondo.org/altreconomia