LA SCUOLA ITALIANA PER L'EDUCAZIONE AMBIENTALE Franco La Ferla Consigliere per l'Educazione Ambientale del Ministro della Pubblica Istruzione
2. LA STRATEGIA E LE AZIONI DA INTRAPRENDERE
Lo studio cerca di dare una prima indicazione per ricondurre ad unità le tante esperienze che la scuola italiana da almeno vent'anni a questa parte sta conducendo sul tema dell'educazione ambientale. E' senz'altro tempo infatti che si individui meglio che cosa la scuola, soltanto la scuola o la scuola meglio di altri possa promuovere in questo campo. Tale chiarimento porterebbe certamente ad una miglior valorizzazione delle risorse esistenti ed al reperimento di altre. Questo studio deriva dalla mia esperienza pregressa e dalle osservazioni "sul campo" fatte nei mesi scorsi in qualità di Consigliere; da incontri specifici con persone che da molto tempo lavorano alla definizione di finalità e metodologie appropriate per l'educazione ambientale e dalla lettura di una documentazione specialistica sullo stesso tema. Di queste due ultime fonti è riportata traccia nell'allegato allo studio. Per la stesura definitiva:
Il tutto nella speranza di aver fatto un lavoro utile .
In breve La sintesi delle pagine che seguono è presto fatta. L'umanità si trova oggi di fronte ad una sfida formidabile, quella dello sviluppo sostenibile, e anche alla scuola è richiesto di accettarla, promuovendo al meglio l'educazione ambientale in tutti i suoi livelli. Dopo una lunga fase "pioniera", sembrano oggi sufficientemente chiare e condivisibili quattro linee guida su come la scuola possa aiutare gli allievi ad educarsi in quella che può essere chiamata come una vera e propria "nuova cittadinanza":
Da queste linee guida discendono le caratteristiche dell'educazione ambientale
nella scuola:
Dalle linee guida e dalle caratteristiche ora elencate discende infine la strategia che informa le azioni da intraprendere. La strategia cerca di valorizzare la sinergia ambiente-educazione, cioè il fatto che scoprire quanto può fare "la scuola italiana per l'educazione ambientale" consente anche di esplorare la potenzialità inversa di che cosa può fare "l'educazione ambientale per la scuola italiana"; le azioni invece coinvolgono necessariamente tutti i soggetti della scuola, dagli studenti allo stesso Ministero della Pubblica Istruzione.
La sfida dello sviluppo sostenibile L'umanità si trova oggi di fronte ad una sfida formidabile: quella di garantire una migliore qualità del vivere agli abitanti del mondo intero, garantendo al tempo stesso la qualità del suo ambiente di vita. E' una sfida che coinvolge tutti i paesi della Terra, industrializzati o in via di sviluppo; tutti i cittadini, nei loro diversi ruoli variamente interdipendenti; le generazioni attuali divenute anche attente a quelle future; tutte le dimensioni della persona, con una rinnovata ed ineludibile tensione etica. Viene messa in discussione tutta la cultura dell'uomo della fine di questo millennio e viene quindi richiesto un salto culturale paragonabile probabilmente a quelli della rivoluzione neolitica e della rivoluzione industriale. E' la sfida dello sviluppo sostenibile, che richiede una "coniugazione fra ambiente e sviluppo" perché possano essere soddisfatti i nostri bisogni senza precludere alle generazioni future la possibilità di soddisfare i loro. Anche alla scuola è richiesto di accettare questa sfida. Perché non accettarla del resto? Essa si adatta perfettamente al tradizionale duplice impegno della scuola di trasmettere la cultura acquisita e di concorrere alla creazione di una nuova. Si tratta allora di valutare quanto si è in grado di fare con il bagaglio pedagogico e didattico che si possiede e di porsi obiettivi raggiungibili anche se leggermente al di là delle nostre attuali forze, pena il non ottenere nessun cambiamento. In questo cammino incerto verso una nuova cultura, si tratta anche di accettare che almeno all'inizio, per costruire strumenti nuovi si può contare solo su strumenti vecchi, talvolta drammaticamente inadeguati. Ma la storia dell'umanità ci testimonia che questa inadeguatezza è poi molto spesso superabile e quindi un cauto ottimismo, anche questa volta, è ragionevole.
L'impegno della scuola: fase "pioniera" In questi ultimi vent'anni anche la scuola ha cercato ripetutamente quale fosse il modo migliore per giocare un ruolo significativo in questa sfida dello sviluppo sostenibile. Si sono succedute varie esperienze, promosse da insegnanti intelligenti e dotati di grande passione civile per formare nuovi cittadini del mondo che fossero capaci di promuovere, in se stessi prima che in ambiti più allargati, un diverso modo di percepire l'ambiente e di giocare in esso un ruolo qualitativamente migliore. In questa fase, che con termine ecologico potrebbe essere definita "pioniera", sono state tentate varie strade che hanno toccato in modo più o meno marcato i diversi ambiti educativi interessabili dalla costruzione di una nuova cultura ambientale. E' stata promossa una migliore conoscenza dell'ambiente, finalizzata da un lato a praticare comportamenti responsabili e, dall'altro, a sviluppare un più adeguato adattamento al proprio ambiente di vita; è stato approfondito il tema della responsabilità dell'uomo nella gestione dei rapporti ambientali in cui egli è coinvolto; è stata sperimentata la partecipazione per il cambiamento, scoprendo in queste situazioni il legame stretto fra l'educazione ambientale e l'educazione civica per un concetto più ampio di "cittadinanza". Alcuni progetti didattici hanno toccato in modo organico tutti questi ambiti educativi, altri ne hanno privilegiati solo alcuni, talvolta con un approccio interdisciplinare, altre volte semplicemente allargando i confini di singole discipline. Spesso si è coltivata l'illusione che la complessità dell'ambiente e dunque dell'educazione ambientale potesse essere ridotta in agevoli linearità (presa di coscienza di un problema - acquisizione delle necessarie conoscenze - intervento sugli atteggiamenti e sui valori per creare le motivazioni ad agire concretamente intervenendo in prima persona - partecipazione ad iniziative più allargate); altre volte si sono invece sperimentati modelli di apprendimento più semplificati ma non lineari. Insomma si è esplorato con impegno ed entusiasmo e la documentazione di tutto ciò è ricca, multiforme, interessante. Se c'è un limite nell'applicabilità in modo generalizzato di queste esperienze alla scuola tutta, forse esso sta nel fatto di richiedere insegnanti quali quelli pionieri che le hanno condotte: persone particolarmente capaci nella loro disciplina, noncuranti di impegnarsi oltre il dovuto, tenaci nello scovare risorse anche extra-scolastiche. Lo sforzo sarà quindi quello di rendere invece praticabile l'educazione ambientale in una normalità didattica.
Il coinvolgimento della scuola in progetti esterni Molto utile in questa fase pioniera è anche stata l'offerta educativa che dall'esterno si è riversata nella scuola. Amministrazioni locali, movimenti ambientalisti, organizzazioni internazionali, mezzi di comunicazioni di massa, gruppi portatori di interessi diffusi ed altri soggetti ancora hanno elaborato e proposto alla scuola materiali e iniziative che hanno costituito per gli insegnanti stimoli e supporti didattici per l'educazione ambientale quasi sempre validi. Questa offerta educativa è del resto coerente con la tendenza sempre più marcata nel mondo extrascolastico di caricare sulla scuola compiti educativi. Talvolta ciò avviene perché la scuola è davvero l'ambito migliore per coltivare l'aspetto educativo ad essa demandato; altre volte ci si trova invece di fronte a fallimenti o disinteressi di altre agenzie educative e la scuola viene utilizzata quasi come "ultima spiaggia". Per quanto riguarda l'educazione ambientale, le attese del mondo esterno e i contributi offerti alla scuola rispondono certamente alla convinzione che la scuola sia un ambito essenziale, irrinunciabile per sviluppare nelle nuove generazioni una diversa cultura. Non si può quindi che continuare a favorire contributi esterni di qualità. Nel passaggio dalla fase pioniera ad una fase matura di educazione ambientale, la scuola dovrà tuttavia sempre più giocare un ruolo attivo: invece di potenziare l'offerta dall'esterno verso la scuola, si tratterà cioè di promuovere dalla scuola verso l'esterno una domanda di contributi che possano tradursi in veri progetti educativi. Promuovere questa domanda è un compito arduo, ma nessuno degli insegnati è in grado di farlo, dal momento che essi bene conoscono se stessi, i loro allievi, le potenzialità e le carenze del rapporto educativo in cui sono coinvolti e meglio di chiunque altro possono mettere al centro gli allievi stessi e non tanto, o non solo, la questione ambientale da risolvere. Probabilmente è anche bene che tutti gli aiuti esterni siano orientati più ad una formazione culturale degli insegnanti che non ad una attività diretta con gli allievi. Rivolgendosi agli insegnanti infatti, si possono avere più garanzie di evitare sia l'episodicità, entusiasmante ma che non può andare nel profondo, sia il rischio di fare proposte forzatamente uniformi su tutto il territorio nazionale, mentre sulle diverse problematiche, e in particolare per quelle ambientali, è sempre gradita e necessaria l'intelligenza "locale" delle questioni aperte.
L'impegno della scuola: fase matura o "climax" Non è facile dire quale debba essere ora la fase matura della scuola nel campo dell'educazione ambientale ed usiamo un termine ecologico (climax) per sottolineare che si tratterà comunque di pervenire ad una situazione di equilibrio dinamico non definitivo. Intanto non è certo che la fase pioniera possa dirsi sicuramente conclusa. Per spingerci più avanti infatti, non possediamo inconfutabili certezze, ma solo ragionevoli convinzioni tratte da un dibattito scientifico negli ambiti più diversi (filosofia , pedagogia, tecnologia, economia, diritto ecc..) che fornisce risultati tutt'altro che univoci. Tuttavia, l'avventura di spingerci oltre non sembra sconsiderata e dunque ci proviamo, invitando tutti a muoversi con intelligenza, ma soprattutto con disponibilità a continue possibili correzioni di percorso. In questa avventura, manteniamo fisse quattro linee guida.
Alcune caratteristiche dell'educazione ambientale nella scuola Una difficile definizione di educazione ambientale Fra le molte definizioni che oggi la letteratura specialistica presenta scegliamo questa: "un'educazione che promuove atteggiamenti e comportamenti consapevoli e responsabili verso l'ambiente (A. Moroni)". Essa è probabilmente migliorabile, ma ha il grande pregio della concisione . Non deve peraltro stupire che ci siano definizioni disparate sull'educazione ambientale; si ricorda ancora una volta che stiamo parlando di una cultura nuova, implicante un'educazione nuova per uno sviluppo nuovo (sostenibile), verso il quale ci muoviamo con strumenti culturali inadeguati ma che sono i soli dei quali disponiamo. le definizioni precise arriveranno appena tutto ciò sarà raggiunto (e quando diventerà probabilmente meno interessante attestarle...) La definizione sopra riportata è però sufficiente per fare un paio di osservazioni operative.
Il compito specifico della scuola resta quello del sapere, inteso come conoscenza della realtà e dei modi di trasformarla, come coscienza dei valori della vita, come capacità di compiere scelte consapevoli e responsabili. Tenendo quindi ben presente questo sapere aperto a diverse dimensioni della persona umana e ricordando la finalità dell'educazione ambientale, si può affermare che il concorso della scuola nella promozione di uno sviluppo sostenibile si realizza soprattutto verso l'educazione della conoscenza. Non si vuole con questo dire che l'educazione ambientale nella scuola deve limitarsi ad un semplice "studio dell'ambiente": si vuole affermare che ci si adoprerà per sviluppare la conoscenza del sistema complesso che è l'ambiente in modo attivo e promuovendo anche atteggiamenti, comportamenti, partecipazione e cambiamenti sociali, ma tutto ciò sarà funzionale soprattutto alla sviluppo della conoscenza. Questa convinzione deriva da alcune valutazioni pratiche: la scuola è tradizionalmente attrezzata per questo compito ed è dove più facilmente si possono apportare innovazioni didattiche significative e non velleitarie; solo la scuola è in grado di mettere in atto processi di apprendimento personalizzati e che, oltre alla alfabetizzazione culturale, possano sollecitare le nuove generazioni al saper essere, saper fare, saper interagire; cambiamenti di comportamento che non richiedono veri cambiamenti culturali (es. praticare la raccolta differenziata, non disperdere rifiuti nell'ambiente, preferire i mezzi di trasporto pubblici, ecc.) sono raggiungibili attraverso rapide ed efficaci (anche se non facili) decisioni della Amministrazione Pubblica o del mondo delle imprese, attraverso campagne di comunicazione messe in atto dagli organi di informazione o da movimenti ambientalisti, senza bisogno di mettere in atto complesse attività didattiche, forse spropositate rispetto alla semplicità dell'obiettivo da raggiungere. Dare priorità alla conoscenza risponde in definitiva al concreto e realistico tentativo di valorizzare quello che si ha, di sviluppare una propria specificità, senza cullarsi nell'illusione di essere in grado di fare tutto quello che in teoria sarebbe giusto fare.
L'uomo, fin dalla sua comparsa nella biosfera, ha sviluppato un fattore nuovo, prima inesistente in natura: la cultura, cioè un sistema di conoscenze, di valori, di strumenti, di attitudini che identificano un individuo che fa parte di un gruppo ed il gruppo stesso e che gli consentono di interagire con successo con il suo ambiente di vita. Caratteristica importante della cultura è la sua trasmissibilità da una generazione all'altra attraverso l'educazione e quindi la sua continua evoluzione nel tempo e diversificazione nello spazio. Dal fatto che la cultura ha consentito all'uomo di adattarsi con successo alla natura e successivamente quasi di riuscire ad adattare la natura a sé, è derivato un sistema di relazioni fra natura e cultura ormai inestricabile, tanto che è oggi impossibile ipotizzare di interessarsi alla natura senza toccare la cultura e viceversa. Si impone pertanto il cosiddetto salto concettuale "dalla natura all'ambiente", intendendo per ambiente la realtà che emerge dalla interazione nello spazio e nel tempo tra i complessi fattori (uno dei quali è la cultura) che costituiscono la struttura di quella stessa realtà. Se fino a ieri si parlava dunque di "protezione o salvaguardia della natura" oggi si opera per la corretta "gestione dell'ambiente" e ci si sforza di coniugare, come si è detto, l'ambiente con lo sviluppo per promuovere uno sviluppo sostenibile. Da questo salto dalla natura all'ambiente discendono alcune considerazioni pedagogiche:
Sono considerazioni che occorre non ignorare se si vuol evitare un'educazione ambientale che si limita a vagheggiare, in un contesto culturale profondamente mutato, gli aspetti gradevoli del passato (nascondendo opportunamente quelli meno piacevoli). Su queste considerazioni andrà ulteriormente sviluppata la ricerca di pedagogisti che attingano ai diversi rami del sapere.
L'ecologia ha certamente apportato un contributo essenziale nel mettere in evidenza i problemi del nostro ambiente; quindi una maggior diffusione della sua metodologia e dei suoi strumenti è strategica per la promozione della conoscenza che abbiamo detto essere prioritario nel processo di educazione ambientale sviluppato a scuola. Non bisogna commettere però l'errore di immaginare che tutta la problematica ambientale sarà risolta con semplici vie d'uscita tecniche, messe in luce da una corretta analisi ecologica; o, peggio ancora, immaginare che dall'ecologia possano essere tratti tutti gli insegnamenti comportamentali più generali, in forza di un supposto "biocentrismo" da sostituire al, secondo alcuni, mai abbastanza vituperato "antropocentrismo". Se è vero che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio salto culturale, confrontabile con quello delle rivoluzioni neolitica ed industriale, e che in questa transizione verso lo sviluppo sostenibile sono coinvolte tutte le dimensione dell'uomo (razionalità, sentimenti, valori etici, senso estetico, legame delle tradizioni e desiderio del nuovo, percezioni, comportamenti, ecc.) allora non vi è dubbio che non basterà un semplice approccio scientifico, seppur sostenuto da una disciplina valida come l'ecologia, per intravedere i percorsi futuri da compiere. Tutte le discipline, e non solo quelle cosiddette scientifiche, debbono fornire il loro contributo di contenuti, metodologie e immaginazione per disegnare in modo più reale la storia e la geografia, attuali e future, della popolazione umana del pianeta Terra. Tutte le discipline andranno pazientemente rivisitate e modificate. Il rapporto interdisciplinare più volte ribadito consentirà tra l'altro di scoprire nelle singole discipline valenze finora non sfruttate. Nell'educazione ad una nuova cittadinanza, così come è ribadito dal ripensamento avvenuto sull'educazione civica e cultura costituzionale, una speciale valorizzazione andrebbe data al diritto e all'economia per farne scaturire le conoscenze necessarie e meglio comprendere la dinamica della biosfera di cui l'uomo è parte.
Non bisogna spaventarsi di fronte alla complessità; occorre anzi rallegrarsi per averla scoperta. Meglio infatti annaspare di fronte a una cosa riconosciuta difficile che andare dritti e presuntuosamente sicuri di fronte a qualcosa erroneamente reputata semplice. Oggi i passi avanti compiuti soprattutto nello studio dei sistemi ci permettono di meglio renderci conto dei confini e della complessità strutturale delle dinamiche ambientali che siamo tenuti a gestire. Tutto ciò è meglio della precedente ipotesi "riduzionista" che indicava come metodo di studio della complessità il ridurla in parti da studiare separatamente, per poi sommare le conoscenze parziali e giungere alla conoscenza del tutto. Ci siamo invece avviati verso il cosiddetto "approccio sistemico", tutt'altro che ancora pienamente efficace, ma certamente sulla giusta strada per dominare la complessità. Anche la scuola, sia all'interno delle singole discipline, che nel rapporto fra le discipline ed anche nel suo stesso funzionamento (a tutti i livelli, Ministero Pubblica Istruzione compreso) dovrà orientarsi verso un approccio sistemico che, detto un po' grossolanamente, comincia con l'abbattimento delle paratie stagne fra docenti e allievi, discipline, Istituti scolastici, Direzioni Generali, ecc. e procede curando non solo gli elementi del sistema ma anche e soprattutto le relazioni fra di essi.
Decidere le condizioni di incertezza Le decisioni ambientali sono quasi sempre impegnative, perché coinvolgono interessi primari dell'uomo; sono difficili, sia in termini di comprensione specialistica e divulgativa dei problemi sia di applicazione delle necessarie soluzioni; sono complesse perché coinvolgono più variabili ambientali tra loro interagenti e tendono a complicarsi a seguito di una inarrestabile catena di retroazioni; sono "a geometria variabile", nel senso che l'area coinvolta può avere dimensioni che variano dalla locale alla planetaria e, per le differenti variabili in gioco, difficilmente quest'area coincide con una precisa unità politico-amministrativa; sono articolate, cioè difficilmente riportabili nella loro realizzazione pratica ad una azione centralizzata e richiedono invece caso per caso un approccio ad hoc e il contributo di tutti gli interessati; sono ambigue cioè non generatrici di sicurezza in quanto offrono soluzioni multiple, contrappongono piani temporali differenti (breve contro medio/lungo termine) e bilanciano probabilità contro incertezze; sono disomogenee, nel caso che vantaggi e svantaggi non si ripartiscono equamente né sulla popolazione né sul territorio (P.Schmidt, 1991). Tutte queste caratteristiche delle decisioni ambientali portano a concludere che quasi sempre siamo costretti a decidere in condizioni di incertezza: talvolta è incerta la diagnosi di un problema, talaltra la soluzione ricercata, altre volte ancora sono incerte le conseguenze delle soluzioni approntate. E' bene che la scuola prenda atto di queste condizioni della decisione ambientale e si attrezzi per l'approfondimento delle metodologie per agire in queste condizioni, evitando di diffondere l'idea semplicistica che in campo ambientale non esistano difficoltà oggettive ma sempre e solo la cattiva volontà dei soggetti che avrebbero potere per il cambiamento. Imparare a decidere in condizioni di incertezza permette anche di scoprire che tale situazione è molto diffusa anche all'esterno delle decisioni ambientali, essendo un portato della nostra attuale società che fa sempre più conto sulla scienza. Ad esempio, non va dimenticato che anche la ricerca di soluzioni in campo pedagogico ed educativo, e non solo sul fronte dell'educazione ambientale, obbliga molto spesso a questa condizione di incertezza. Nonostante l'incertezza comunque, occorre imparare a decidere ed agire, con un po' di coraggio.
Un altro aspetto cognitivo irrinunciabile in tema di educazione ambientale è il diverso rapporto che oggi si è venuto a creare fra il Nord e il Sud del mondo. E' lontano il periodo della avventurosa esplorazione oltre le colonne d'Ercole della cultura mediterranea; è superato il periodo coloniale e della supposta "civilizzazione" europea del resto del mondo; è in discussione il periodo post-coloniale giocato apparentemente solo sul piano economico. Si apre soprattutto nella criticità di questo rapporto Nord-Sud la sfida dello sviluppo sostenibile, una criticità che non può essere ignorata nel cammino educativo dei nuovi "cittadini del mondo". Qui la scuola può giocare un ruolo significativo sia nell'approfondimento dell'evoluzione storica di questo rapporto (mettendo per una volta da parte complessi di colpa e semplificazioni tese soltanto a rimuovere il complesso stesso), sia nella costruzione di una mentalità aperta al nuovo, il più possibile libera da paure ataviche per la diversità culturale. In tema di ambiente, un interessante punto di partenza potrebbe essere l'evoluzione delle decisioni prese durante il Summit di Rio de Janeiro del 1992.
2. LA STRATEGIA E LE AZIONI DA INTRAPRENDERE La sintesi delle idee riportata nella prima parte di questo scritto consente di definire una prima ipotesi di strategia per la scuola italiana perché, nel campo dell'educazione ambientale, si passi dalla fase "pioniera" alla fase "climax". Questa ipotesi di strategia risponde alle seguenti linee-guida già in parte precedentemente richiamate:
Trattandosi di una strategia che deriva da una osservazione condotta dalla periferia verso il centro, è bene che la sua discussione riparta dal centro (in particolare dalle Direzioni Generali del Ministero) per allargarsi poi alla periferia (fino agli allievi stessi). Un primo elenco grezzo di azioni che possono discendere da queste linee strategiche è schematizzabile a seconda dei soggetti che possono compiere le azioni stesse, con l'avvertenza che alcune azioni, ad esempio la formazione in servizio dei docenti, coinvolgerebbero più soggetti ma sono state per brevità riferite solo ad alcuni di essi.
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