Nell'ambito della campagna WWF 2000 ogni WWF nazionale deve presentare un'attenta analisi della situazione ecologica ed economica del proprio paese ed individuare delle proposte per migliorarla.
Le analisi del WWF Italia per il nostro paese sono raccolte nel documento "Italia 2000", di cui di seguito riportiamo una sintesi.

ITALIA 2000
Iniziative per un Paese Sostenibile
"Sviluppo sostenibile significa migliorare la qualità della vita rimanendo entro la capacità di carico degli ecosistemi che la sostengono"
(IUCN, UNEP, WWF, Prendersi Cura della Terra: strategia per un vivere sostenibile, 1991)

L’enorme sviluppo dell’economia degli ultimi decenni ha reso disponibili quantità di beni e servizi e opportunità di realizzazione personale senza precedenti nella storia. Eppure alla fine di questo secolo ci troviamo di fronte ad un mondo dove le basi ecologiche dello sviluppo sono minate dall’uso insostenibile delle risorse, dove il divario tra chi ha accesso ai benefici dello sviluppo e chi ne è escluso si allarga e dove si manifestano fenomeni di disgregazione sociale sempre più gravi.

La risposta tradizionale a tutti i problemi, la crescita economica, non è più adeguata.

Per motivi ecologici, per motivi sociali, per motivi economici

Non è più adeguata per motivi ecologici perchè il sistema economico che la produce si ritiene indipendente dalla natura, capace di superare con la tecnologia e il commercio tutti i limiti naturali incontrati. Invece l’economia umana è immersa nei sistemi ecologici del pianeta, dipende da essi per i materiali e l’energia che impiega e per assorbire i rifiuti prodotti, nonchè per molte funzioni ecologiche vitali ignorate dal mercato (dalla regolazione del clima e del ciclo delle acque alla rigenerazione del suolo fertile). La capacità dei sistemi ecologici di produrre materiali ed energia e di assorbire rifiuti è limitata e molti segnali indicano che questi limiti sono già stati superati.

Non è più adeguata per motivi sociali perchè la crescita non riesce più a generare occupazione in quantità sufficiente creando pericolosi fenomeni di emarginazione anche nei paesi più ricchi; perchè invece di colmarsi, come ci si aspettava, il divario tra paesi poveri e ricchi aumenta, perchè la crescita del Prodotto Interno Lordo non corrisponde più ad un effettivo aumento di benessere; perchè mentre la crescita richiede di forzare i consumi oltre ogni ragionevolezza, molti bisogni sociali rimangono insoddisfatti, dalla cura degli anziani ai servizi culturali alla vivibilità delle centri urbani.

Non è più adeguata per motivi economici perchè mantenere una crescita stabile si dimostra impossibile, il sistema oscilla tra periodi di crescita e depressione (con gravi costi per la società e il sistema produttivo) e gli strumenti monetari classici di controllo non funzionano più; perchè il reddito creato dalla crescita non ha garanzia di sostenibilità a lungo termine in quanto si fonda sulla dilapidazione del capitale naturale invece di limitarsi ad usarne gli interessi.*

La sfida cruciale di questa fine secolo è rispondere a questa impressionante serie di problemi dando contenuto operativo allo sviluppo sostenibile nelle sue tre componenti, ecologica, sociale ed economica. Questo richiederà una riforma sostanziale dell’economia a tutti i livelli, dalle teorie economiche, alla politica economica, alla prassi degli operatori. Ci sono molte iniziative che possono essere assunte, anche a livello di singoli paesi, che possono aiutare questo processo.

Con Italia 2000 il WWF spera di contribuire a questo processo, fornendo alcuni strumenti di conoscenza della realtà italiana che permettono di evidenziare aspetti ignorati dalle tradizionali analisi economiche e sociali, e una serie di proposte che possono aiutare la società a intraprendere un percorso verso la sostenibilità.
 
 

2. "L’ Impronta Ecologica"
 
 

Quanto può chiedere l’economia ai sistemi ecologici del pianeta senza determinarne il collasso?

L’Impronta Ecologica è una misura della superficie di sistemi ecologici produttivi (foreste, terre agricole, pascoli, acque) necessaria per mantenere a lungo termine le attività economiche e sociali di una particolare comunità, di un paese o dell’intera popolazione umana, date le esistenti capacità tecnologiche e l’organizzazione della produzione. Potremmo dire che l’Impronta Ecologica misura le necessità di "capitale naturale" di un’economia.

Qualunque cosa produciamo e usiamo, qualunque sia la tecnologia produttiva, comunque avremo bisogno di un flusso di materiali ed energia che deve essere prodotto da un sistema ecologico; comunque avremo bisogno di sistemi ecologici per riassorbire gli scarti generati durante il ciclo di produzione e uso e al termine della vita dei prodotti; oppure occuperemo spazio con impianti e infrastrutture riducendo la superficie degli ecosistemi produttivi.

Per calcolare l’Impronta Ecologica di un individuo, una comunità o un paese, si parte dalla valutazione delle risorse consumate per il cibo, le abitazioni e le infrastrutture, i trasporti, i beni di consumo, i servizi. Le risorse necessarie per soddisfare questi consumi, devono venire da sistemi ecologici che comprendono terre coltivabili, pascoli, foreste, terre urbanizzate (o coperte da infrastrutture) e mare. Conoscendo la produttività media di questi sistemi ecologici si può valutare quale superficie sia necessaria per soddisfare i bisogni di ciascuno di noi. Per calcolare la terra necessaria a soddisfare i bisogni energetici, si valuta la superficie di foreste necessaria per riassorbire l’anidride carbonica emessa bruciando carbone, petrolio e gas evitando così il riscaldamento del pianeta. La somma delle superfici produttive necessarie per ciascun tipo di sistema ecologico forma l’Impronta Ecologica ovvero la superficie complessiva di sistemi ecologici produttivi necessaria per fornire le risorse che ciascuno di noi consuma.

Queste necessità di capitale naturale possono poi essere confrontate con le reali disponibilità a livello mondiale e locale.
 
 

Quanta capacità produttiva ecologica è disponibile a livello mondiale?

Dei 150 milioni di Kmq di terre emerse soltanto 89 milioni di Kmq (il 60%), sono costituiti da ecosistemi produttivi (terre agricole, pascoli permanenti, foreste e boscaglie), il resto è coperto da ghiacci, deserti, aree semi-aride e praterie con una produttività ecologica troppo scarsa per essere utilizzate. 2 milioni di Kmq sono coperti da città e infrastrutture che sono in gran parte stati sottratti alla superficie produttiva. Degli 89 milioni di Kmq di ecosistemi produttivi, 15 milioni sono aree ancora pressoché intatte, sfuggite per ora allo sfruttamento umano e che dovrebbero in gran parte rimanere in queste condizioni per consentire la conservazione della diversità biologica, immagazzinare il carbonio che altrimenti finirebbe nell’atmosfera aumentando l’effetto serra, e svolgere decine di altre funzioni ecologiche fondamentali. In questo modo, la superficie produttiva effettivamente disponibile nel mondo è di 74 milioni di Kmq.

Per i 5,8 miliardi di persone che abitano il pianeta Terra alla metà del 1996 sono disponibili 1,28 ettari pro capite di ecosistemi produttivi, un quadrato di 113 metri di lato, che devono fornire tutte le risorse necessarie e assorbire tutti i rifiuti.
 
 

L’Impronta Ecologica dell’umanità

La produzione agricola oggi richiede 15 milioni di Kmq di terre arabili e 34 milioni di Kmq di pascoli. La produzione mondiale di legno richiede 15 milioni di Kmq di foreste produttive. L’assorbimento dell’anidride carbonica emessa dalla produzione energetica richiede altri 34 milioni di Kmq di foreste portando l’Impronta Ecologica globale della popolazione umana a 98 milioni di Kmq (1,84 ettari pro capite), un terzo in più della superficie effettivamente disponibile. Questo vuol dire che l’umanità già oggi consuma risorse in quantità superiore alla capacità di carico del pianeta.

L’attuale livello di consumo delle risorse è sostenuto dalla dilapidazione del capitale naturale, che si manifesta tra l’altro in perdita di diversità biologica, erosione del suolo, alterazione del clima (fenomeni ormai largamente documentati) .

Chi consuma tanto e chi poco

Paesi ricchi e paesi poveri pesano sugli ecosistemi in maniera molto diversa:
 
 
 
Paese ImprontaEcologica*

(ha pro capite)

USA
6,20
Canada
5,00
Olanda
3,32
Italia
2,21
Messico
1,41
India
0,40
Media mondiale
1,84

(*dati relativi alla sola superficie di ecosistemi terrestri)

Ovviamente anche all’interno dei singoli paesi l’Impronta Ecologica non è la stessa per membri di classi sociali diverse.
 
 

Bilance Ecologiche in deficit

La maggior parte dei paesi industrializzati hanno Impronte Ecologiche molto superiori alla capacità produttiva nazionale. Gli Stati Uniti, dispongono di 2,81 ettari di sistemi ecologici produttivi pro capite contro un’Impronta Ecologica di 6,2 ettari, un deficit di 3,39 ettari pro capite. L’Olanda, con una disponibilità di sistemi produttivi di 0,15 ettari pro capite, ha un deficit di capacità produttiva ecologica di 3,17 ettari pro capite (21 volte la capacità produttiva ecologica del territorio nazionale). Per la Germania, la Gran Bretagna, il Giappone il deficit è pari a oltre sette volte la capacità produttiva nazionale, per la Francia è circa tre volte.

Anche considerando le rese più elevate delle medie mondiali che i paesi industrializzati ottengono dai loro sistemi ecologici (usando però grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti, cosa che rende queste rese insostenibili alungo termine) questi paesi presentano comunque un grave deficit ecologico che viene colmato con massicce importazioni della produzione di sistemi ecologici di paesi anche molto lontani. La base ecologica per il loro sostentamento si estende molto oltre il loro territorio nazionale.
 
 

L’Impronta Ecologica degli italiani

Quale superficie di sistemi ecologici produttivi è necessaria per sostenere a lungo termine i consumi di un italiano medio? La risposta è 3,11 ettari, di cui 2,21 ettari di sistemi ecologici terrestri, e 0,9 ettari di sistemi produttivi marini. Un quadrato di poco più di 176 metri lato, più di tre campi di calcio, per il 29% costituito da mare. Questa è l’Impronta Ecologica degli italiani sui sistemi ecologici produttivi del pianeta Terra.

L’Impronta Ecologica terrestre degli italiani (2,21 ettari), è oltre cinque volte la superficie di ecosistemi produttivi disponibile entro il territorio nazionale, 0,44 ettari pro capite. Questo è un modo di dire che l’Italia dipende largamente dalla produttività ecologica di territori di altri paesi.

L’Impronta Ecologica terrestre degli italiani è anche superiore di una volta e mezzo alla disponibilità di ecosistemi produttivi media per ogni abitante della terra (1,53 ettari pro capite, supponendo di mettere in produzione ogni angolo della Terra!). Questo vuol dire che per mantenere la capacità produttiva necessaria a soddisfare i bisogni di ogni italiano c’è qualcun altro da qualche altra parte del pianeta che rinuncia al 40% della sua quota di ecosistemi produttivi.

La tabella che segue dà il dettaglio della composizione dell’Impronta Ecologica degli italiani.
 
 

- L’Impronta Ecologica degli italiani (ettari pro capite)
 
Categorie di consumo
Terra per assorbire CO2
Terre agricole
Pascoli
Foreste
Superficie edificata
Mare
TOTALE
Cibo
0,15
0,26
0,55
0,03
 
0,90
1,89
Abitazioni e infrastrutture
0,26
   
0,13
0,04
 
0,43
Trasporti
0,36
     
0,02
 
0,38
Beni di consumo
0,20
0,01
 
0,07
   
0,28
Servizi
0,13
         
0,13
TOTALE
1,10
0,27
0,55
0,23
0.06
0,90
3,11

Se tutti gli abitanti della Terra volessero disporre di risorse nella quantità di cui dispongono gli italiani, occorrerebbero un paio di continenti in più per sostenere il consumo globale.

Bisogna notare che l’Impronta Ecologica così calcolata è stimata per difetto. Si è assunto, ad esempio, che le rese medie globali siano sostenibili a lungo termine mentre questo probabilmente non è corretto visti i dati sull’erosione del suolo, la riduzione delle foreste, l’esaurimento delle risorse ittiche. Le necessità ecologiche per l’assorbimento dei rifiuti si limitano all’anidride carbonica prodotta dalla combustione mentre esistono migliaia di altri inquinanti le cui emissioni riducono la produttività ecologica (ad esempio rendendo inutilizzabili le acque e i prodotti alimentari).
 
 

3. RIBES - Ricostruzione di un Indice di Benessere Economico Sostenibile per l’Italia
 
Perchè i sistemi di contabilità economica non funzionano

La crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) è un obiettivo primario e indiscusso per politici, amministratori, operatori economici. Stimare sviluppo e benessere tramite la crescita del PIL può aver funzionato in alcune fasi della storia economica ma è noto da tempo che i Sistemi di Contabilità Nazionale e gli indicatori da essi derivati, come il PIL, sono inadeguati a fornire informazioni attendibili sullo stato di salute e la sostenibilità di un’economia e ancor di più a fornire una misura anche indiretta del benessere.
 
 

Gli indicatori tradizionali hanno due limiti fondamentali:

L’equiparazione tra benessere e PIL o reddito pro capite regge sempre meno. Molte attività che accrescono il PIL, come gli ingorghi di traffico (che fanno consumare più benzina) o la spesa per ripulire l’ambiente dagli inquinanti (sottraendo risorse ad attività più piacevoli), diminuiscono il benessere, mentre attività che accrescono il benessere, come il volontariato sociale o i lavori domestici, non figurano affatto nei conti economici.

E’ vero che il benessere è una condizione su cui influiscono molte valutazioni soggettive, non misurabili, ma è anche vero che possono essere tentate stime migliori usando fattori misurabili. Un esempio è l’Indice di Sviluppo Umano usato dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) che oltre al reddito, tiene conto dei livelli di istruzione e la speranza di vita. Il fatto che molti paesi occupino nella classifica dello Sviluppo Umano una posizione molto diversa da quella occupata nella classifica del PIL pro capite, dovrebbe essere un dato rilevante per la politica di sviluppo economico. Non si pretende che i conti economici misurino quello che non possono misurare, ma i problemi esposti dovrebbero indurre a smettere di considerare il PIL una stima, anche solo indiretta, del benessere.
 
 

Non sono in grado di valutare la sostenibilità dell’economia perchè non contabilizzano il deprezzamento del capitale naturale (ovvero il degrado della base produttiva ecologica). Il PIN (Prodotto Interno Netto) valuta il prodotto al netto del deprezzamento del capitale produttivo costruito dall’uomo ma un paese può veder aumentare il suo PIN anche se sta liquidando un giacimento di risorse non rinnovabili o sfruttando risorse rinnovabili oltre la loro capacità di rigenerazioneo. Il reddito aumenta mentre la società si impoverisce. Questo modo di fare i conti permette di aumentare il reddito ad esempio diminuendo i costi di gestione degli inquinanti scaricandoli nell’ambiente, oppure sfruttando le risorse ittiche fino all’esaurimento. In ultima analisi esso ha portato alla liquidazione su scala planetaria del capitale naturale.
 
 

RIBES - un indice di benessere economico sostenibile per l’Italia

Poiché il miglioramento stabile della qualità della vita (ovvero del benessere) è l’obiettivo implicito della politica economica, è importante valutare se la strategia di stimolare la crescita economica adottata finora sia ancora adeguata al suo conseguimento. Per questo WWF e Fondazione ENI - Enrico Mattei hanno realizzato uno studio per confrontare trent’anni di crescita economica in Italia con un più realistico indicatore di benessere economico sostenibile.

In passato sono stati elaborati diversi indici di benessere da comparare con quelli tradizionali della contabilità nazionale. Tra questi WWF e FEEM hanno selezionato l’Indice di Benessere Economico Sostenibile (Index of Sustainable Economic Welfare, ISEW) messo a punto da Herman Daly e John Cobb nel 1989. Il calcolo dell’ISEW parte dal reddito ma ne considera anche la distribuzione (considerando un fattore negativo per il benessere una forte sperequazione) e include fattori che accrescono il benessere, come il valore dei servizi domestici, e altri che lo diminuiscono, come le spese per difendersi dai danni ambientali.

L’analisi compiuta per gli USA mostra come ISEW e PIL crescono parallelamente fino alla metà degli anni Sessanta ma poi divergono sensibilmente. L’ISEW non solo ristagna ma addirittura, negli anni Ottanta, comincia a recedere.


 
 
 
 
 
 
 
 

In tutti i paesi per cui è stato calcolato (Gran Bretagna, Paesi Bassi, Austria, Germania) l’ISEW si discosta dal PIL raggiungendo un massimo in momenti diversi (primi anni Settanta per gli USA, metà anni Settanta per la Gran Bretagna, primi anni Ottanta per gli altri) e poi ristagna o declina. Questo sembra indicare l’esistenza di una soglia oltre la quale la crescita dell’economia non porta più ad aumenti di benessere sostenibile.

La Fondazione ENI Enrico Mattei ed il WWF hanno elaborato un Indice di Benessere Sostenibile per l'Italia (RIBES), comprabile all’ISEW, riferito al periodo 1960-1990. RIBES contiene 21 variabili, 14 economiche e 7 ambientali.

Confrontiamo l’andamento del PIL e di RIBES. Entrambe gli indici presentano, nel lungo periodo, un tasso di crescita positivo ma RIBES diverge progressivamente dal PIL mostrando un tasso di crescita annuo più basso.

Questa prima analisi dei risultati conferma anche per l’Italia l’esistenza di una soglia negli anni ‘80 oltre la quale la la crescita del benessere non accompagna più quella del PIL. In altre parole, il benessere degli italiani non è più aumentato dai primi anni Ottanta.

Influisce meno sull’andamento dell’indice di benessere in Italia la distribuzione del reddito, meno concentrato che negli USA. Le componenti che pesano positivamente sull’indice di benessere, come il lavoro domestico, sono annullate dalle componenti negative, in particolare il danno ambientale e la perdita di sistemi ecologici come il terreno agricolo che a lungo termine tendono a prevalere aumentando il divario tra PIL e RIBES.

Anche per l’Italia l’identificazione dell’andamento del PIL con il benessere è destituita di fondamento, un dato molto rilevante per le scelte di sviluppo.
 


* nel senso che riduce la quantità di  risorse esauribili  disponibili per tutta l'umanità