Muhammad Yunus ha fondato in Bangladesh, nel 1976, la Grameen Bank.

Grameen  è una banca rurale (grameen in bengalese significa contadino) che concede prestiti e supporto organizzativo ai più poveri, altrimenti esclusi dal sistema di credito tradizionale. Fino a oggi la banca ha concesso prestiti a più di 2 milioni di persone, il 94 per cento delle quali donne.  Grameen ha attualmente 1.048 filiali ed è presente  in 35.000 villaggi e in diverse città nel mondo.   Grameen non solo presta denaro ai poveri ma è posseduta da questa stessa gente, che nel tempo è diventata azionista della banca. Fondata in Bangladesh , Grameen , è ora un modello anche per la Banca Mondiale.

 

Amina Ammajan era una mendicante del Bangladesh, vale a dire una delle persone più povere della terra. Vedova e madre di due figlie, era sul punto di morire nel 1976, quando la casa le crollò letteralmente sulla testa. Oggi sua figlia possiede la casa, un pezzettino di terra e del bestiame. Non è ricca, ma vive dignitosamente. La sua vita, come quella di milioni di altre persone, soprattutto donne, è cambiata completamente da quando ha incontrato Grameen, la banca del Bangladesh che teorizza e mette in pratica il credito ai derelitti: pochi soldi, dati a fronte di un progetto minimo e senza nessuna richiesta di garanzia. Ma con percentuali di restituzione che fanno invidia alle più solide banche tradizionali. E’ una storia a dir poco sorprendente quella raccontata dal libro di Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri appena uscito per Feltrinelli (£ 35.000, 268 pp.). Tutto comincia quando Yunus, un docente universitario di economia del Bengala laureatosi negli Stati Uniti, si mette in testa di cercare nuove strade per combattere la miseria disperata delle zone rurali del suo paese. Fin dalle prime incursioni sul campo, durante la terribile carestia del 1974, Yunus si rende conto che c’è una grande quantità di uomini e donne a cui non mancano né buona volontà né una forte capacità lavorativa, il cui destino è tuttavia senza speranza perché privi di uno strumento essenziale: un capitale, anche piccolissimo, con cui iniziare qualunque attività.

Così, in spregio a tutte le regole del mondo bancario di ogni tempo e latitudine, Yunus riesce a convincere una banca della sua regione ad aprire una linea di crediti minuscoli (i più alti superavano a malapena i venti dollari), riservati quasi esclusivamente alle donne, senza alcuna richiesta di garanzia e senza neppure la necessità di riempire un modulo (del resto, a che sarebbe servito? La maggior parte dei clienti era analfabeta). Il risultato è stato entusiasmante. Gli ultimi della terra a cui Grameen (che significa "rurale") concedeva un’opportunità, non solo mettevano in piedi attività redditizie della più diversa natura (dalla vendita di focacce alla fabbricazione di sgabelli in bambù, alla coltivazione di riso) che consentivano loro di sfuggire alla miseria e agli usurai, ma rimborsavano puntualmente i prestiti. Molto più di quanto facessero i clienti "normali" delle banche tradizionali.

Il motivo di questo comportamento è estremamente semplice secondo Yunus, che provò a spiegarlo così ad uno sbalordito direttore di banca, quando espose per la prima volta il suo progetto: "I più poveri dei poveri lavorano dodici ore al giorno; per guadagnarsi da mangiare devono vendere i loro prodotti. Non c’è ragione perché non vi rimborsino, soprattutto se vogliono avere un altro prestito che consenta loro di resistere un giorno di più. E’ la miglior garanzia che possiate mai avere: la loro vita!".

Insomma proprio la disperazione e la mancanza di alternative farebbero di un povero un creditore affidabile, assai più di un creditore comune. "Chi sta bene – argomenta il professore - non teme la legge e sa come manipolarla a proprio vantaggio". Il ragionamento è meno paradossale di quello che sembra se è vero, come spiega lo stesso Yunus, che nel suo paese ci sono banche la cui percentuale di recupero dei crediti non supera il 10 per cento e che la moratoria dei prestiti non rimborsati diventa regolarmente il più sicuro dei cavalli di battaglia in ogni campagna elettorale.

E’ facile immaginare quante resistenza abbia incontrato in una società tradizionalista come quella del Bangladesh questa iniziativa, che presupponeva, tra l’altro, l’emancipazione delle donne. Anzi, questo forse è l’aspetto più incredibile di tutta la storia. La filosofia del microcredito, infatti, imponeva di andare a cercare proprio gli ultimi, quelli che non avevano più speranza. E nella società del Bangladesh, così come in molti altri paesi asiatici o africani, non c’è nessuno che stia peggio di una vedova o di una donna abbandonata o semplicemente maltrattata dal marito. Ragion per cui, Yunus e i suoi sono andati in lungo e in largo per il Bangladesh, un paese musulmano molto tradizionalista in cui la separazione fra i sessi nella vita sociale è rigidamente osservata, cercando di convincere giovani donne terrorizzate ad accettare un prestito che avrebbero dovuto rimborsare a piccole rate ogni settimana. Inutile dire che le autorità religiose di ogni villaggio hanno cercato in tutti i modi di scoraggiare sia la banca che le sue possibili clienti. Eppure alla fine sono riusciti a spuntarla.

Oggi Grameen non solo è una banca indipendente importantissima nel Bangladesh, ma ha messo filiali in giro per il mondo, perfino nei paesi più ricchi. Il microcredito è praticato in cinquantasette nazioni, fra cui anche gli Stati Uniti, dove ne usufruiscono i poveri dei ghetti di Chicago. Come è stata possibile una crescita tanto spettacolare? Con una serie di regole ferree che hanno consentito ai suoi fautori di superare ogni volta difficoltà apparentemente insormontabili. Anzitutto la richiesta ai poveri di radunarsi in gruppetti di cinque persone al momento di ottenere un prestito, assumendo ciascuno la responsabilità anche per gli altri, per rafforzare l’impegno a rimborsare la sua somma. In secondo luogo, il meccanismo di rimborso. Anziché attendere tutto il rimborso dopo una lunga scadenza, Grameen chiede ai suoi clienti di restituire il denaro in piccolissime rate ogni settimana. "Il denaro - spiega ancora Yunus - è una sostanza adesiva, si attacca al suo possessore. Se il rimborso deve avvenire dopo sei mesi o un ano dalla concessione del prestito, anche se il debitore avrà in tasca il denaro proverà inevitabilmente un certo dispiacere a staccarsene. Il segreto consiste nelle brevi scadenze".

A queste regole nel rapporto con la banca se ne aggiungono altre che riguardano l’esistenza personale dei clienti (dall’istruzione dei figli alla pulizia delle case, fino agli esercizi ginnici negli incontri) e che fanno somigliare Grameen a un programma di vita più che a un’istituzione di credito. E questo è certamente l’aspetto meno attraente di tutta la sua vicenda. Yunus e i suoi si comportano, da questo punto di vista, come se la povertà richiedesse una riorganizzazione ex novo dell’esistenza delle persone, quasi che i poveri fossero bambini da prendere per mano. Tuttavia, di fronte alla tenacia e al coraggio del progetto del microcredito e soprattutto ai suoi risultati nella lotta alla povertà, una diffidenza del genere sarebbe forse un lusso che nessuno, fra i poveri della terra, capirebbe.

Stefano Caviglia

 

 Il sito della Banca Grameen:  http://www.grameen-info.org/index.html

 

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