Consorzio Etimos
Lettera aperta ai risparmiatori solidali
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
Siete stati voi.
Siete stati voi con il vostro risparmio, sottratto alle sirene degli elevati rendimenti e dei profitti mirabolanti promessi da banche e finanziarie di ogni tipo, a consentire dieci anni fa la nascita - e in questi anni la crescita - del commercio equo e solidale in Italia.
Siete stati voi a finanziare Ctm, la prima centrale italiana del fair trade, e decine di “botteghe del mondo”, sostenendo un mercato equo che oggi tocca i 40 miliardi di lire al dettaglio.
E che sicuramente di risparmio ha ancora bisogno.
Siete stati voi, organizzati in “mutue autogestite”, ad alimentare le prime esperienze di credito sociale nel nostro paese. Cooperative di servizi e di lavoro per soggetti svantaggiati, iniziative autonome degli immigrati, imprese sociali nel Mezzogiorno, produzioni agricole biologiche, immobiliari per il diritto alla casa dei più poveri, animatori e operatori di strada: l’economia civile in Italia, ignorata dalle banche ufficiali, ha trovato credito in un circuito alternativo che ha retto negli anni dell’inflazione, degli alti tassi, e degli ostacoli burocratici.
 

Siete stati voi a dare la spinta decisiva al salto necessario della finanza etica italiana: la costituzione della prima Banca Etica. Che oggi funziona e rilancia su scala più vasta il finanziamento al terzo settore e alle esperienze di “altra economia”. Di risparmio lì ve ne è certamente bisogno.
Qualcuno potrebbe dire: i vostri “capitali coraggiosi” avrebbero diritto ad un meritato riposo. E invece no. Senza che nessuno di noi abbia pianificato questo esito, oggi la finanza e l’economia “eque e solidali” hanno una responsabilità più grande di prima. Pensate solo alla guerra dei Balcani. Se vi raccontano che è un “intervento umanitario” di breve durata, o viceversa che basta una trattativa diplomatica a riportare i profughi a casa, non ci credete, non è vero. È un conflitto di lunga durata, in cui si confrontano diversi “modelli di esclusione” civile e sociale. In cui non il palliativo degli aiuti, o un Piano Marshall per le nomenklature, ma la solidarietà tra le società civili organizzate e la costruzione di un’economia vicina alle fasce più povere delle popolazioni può tagliare le radici della guerra. Un lavoro di lunga lena.
E di fronte ad un’intera economia globale che produce esclusione (1 miliardo 300 milioni di poveri “assoluti”), in cui il 20% più ricco della popolazione ottiene il 95% del credito totale, ma il debito dei più poveri è un macigno posto davanti ad ogni possibilità di sviluppo, c’è bisogno di allargare gli spazi dei mercati people friendly, amichevoli con le persone. Il più grande programma avviato in questa direzione è il progetto internazionale microcredito, l’iniziativa della rete di “banche dei poveri” che promuovono la microimpresa, una delle forme più importanti di sopravvivenza degli esclusi nel mondo attuale. Del resto, avete già cominciato a sostenere questo progetto ed esperienze di promozione di imprese sociali nell’Est e nel Sud del mondo. Ad esempio, avete finanziato banche dei poveri a Chajul (Guatemala) e a Quito (Ecuador); il movimento dei Sem Terra, i contadini senza terra, in Brasile; piccole imprese nel settore dei trasporti rurali, nell’artigianato, nell’agricoltura in America Latina; iniziative per l’autosviluppo in Albania, in Ruanda, in Senegal, dove viene mobilitato anche il risparmio degli immigrati. 
Vi proponiamo quindi di continuare a partecipare a questo progetto, di sostenere l’obiettivo internazionale di raggiungere con il microcredito 100 milioni di poveri entro il 2005. Se siete soci di botteghe del mondo, chiedete che la vostra bottega partecipi a questa iniziativa, che può aiutare migliaia di produttori attuali e potenziali del commercio equo. Se siete soci o volontari di organizzazioni non governative, cooperative sociali, associazioni culturali, chiedete alla vostra impresa sociale di dare il proprio contributo a questa proposta: è un nuovo modo di fare cooperazione, di promuovere lo sviluppo locale, di valorizzare culture e comunità. Un modo che si basa sul recupero della dignità della persona. E se siete soci della Banca Popolare Etica, chiedete che sostenga il progetto microcredito, che finanzi gli operatori in questo campo.
“Non si muore di fame ma di umiliazione”. Partecipate con noi all’impegno per dare a milioni di poveri nuovi strumenti finanziari contro l’esclusione.

Il Consorzio Etimos 
 

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