India,il valore dei valori
di Armando Massarenti

 

La sua terra d'origine è alla base delle riflessioni di Amartya Sen, economista e filosofo 
Amartya Sen è soprattutto un economista. Se è anche filosofo non è per una sua personale stravaganza, ma solo per realizzare al meglio quella che rimane la sua vocazione principale. Per Sen, che ad Harvard ha ricoperto a lungo una cattedra congiunta di Economia e filosofia morale, prima di trasferirsi, nel gennaio di quest'anno, a Cambridge, la riflessione filosofica è tutt'uno con il suo modo inconfondibile di intervenire nel dibattito economico contemporaneo, sia sul piano puro della teoria (per esempio con i suoi contributi alla "teoria della scelta sociale") sia su quello dei problemi reali - talvolta drammatici, come quello delle carestie - che lo scenario economico internazionale pone ogni giorno sul tappeto. 
Fa parte di questa concretezza il suo essere anche filosofo. Un economista, se vuole che le sue teorie abbiano un minimo di aderenza con il comportamento reale degli individui, non può trascurare, per esempio, il ruolo dei valori nel determinare il successo o l'insuccesso di un sistema economico. Per valutare tale successo Sen non bada solo all'efficienza, che da buon economista tiene comunque in grande considerazione, ma al soddisfacimento di un ideale più ampio, che include la realizzazione di un'ampia gamma di capacità umane. 
È quella che Aristotele chiamava eudaimonia, e che Sen ama tradurre in "fioritura umana", piuttosto che nel più adottato "felicità". "Felicità", happiness, rimanda troppo direttamente a "benessere", e Sen si presenta da sempre come il grande critico, ma anche il grande riformatore, della cosiddetta "economia del benessere": un imponente edificio teorico che poggia a suo parere su una base morale e motivazionale fragile e inadeguata, quella tipica dell'homo oeconomicus, basata interamente sull'idea del soddisfacimento dell'interesse individuale. Senza rinunciare alla centralità dell'individuo, semmai accentuandola, né alla componente dell'"autointeresse", Sen ritiene che questa visione non sia sufficiente: essa trascura elementi importantissimi nella definizione di valori, scopi e desideri, come i diritti sociali e civili, la partecipazione alla vita pubblica, ma anche il perseguimento della conoscenza o il godimento delle arti e degli spazi pubblici. Tutte cose che, oltre ad essere importanti in sé, disegnano un universo di valori, finali e strumentali, che Sen considera rilevanti per il discorso economico.
Nei suoi scritti sull'India, ora raccolti per la prima volta, queste riflessioni teoriche acquistano una concretezza tutta particolare. L'India non è solo il paese di origine di Amartya Sen, del quale egli, nel suo lungo peregrinare tra le più importanti università del mondo, ha mantenuto orgogliosamente la cittadinanza. È il tema privilegiato per capire il senso e l'originalità della sua riflessione di filosofo morale ed economista. L'India, con la sua cultura, la sua storia, la vastità e la varietà dei valori che si trovano del suo immenso territorio, con la sua economia e i suoi problemi sociali, è, appunto, il luogo della concretezza sul quale si fonda l'intero edificio teorico di Sen. Il volume raccoglie una serie di scritti sparsi su questo tema, che ci mostrano anche un Sen impegnato su temi letterari e di storia delle idee. Con eguale interesse egli ci parla del nucleo etico di alcuni episodi cruciali del Mahabharata, del cinema di Satyajit Ray, delle carestie, delle ineguaglianze - comprese quelle di "genere" -, della necessità delle politiche riformiste, della tolleranza e dei problemi della secolarizzazione. Soprattutto egli intende sfatare una serie di luoghi comuni, tra cui - sopra tutti - quello della presunta predisposizione al dispotismo delle culture asiatiche. I valori della tolleranza e della libertà individuale non sono affatto estranei alla civiltà orientale, anche se è solo in Occidente che sono confluiti, con l'Illuminismo e la nascita del liberalismo, in una posizione organica e coerente. Prima di allora, per millenni, sostiene Sen, la situazione in Oriente e in Occidente era la stessa: la maggior parte dei pensatori prestavano scarsa attenzione alle libertà individuali, che comunque venivano ammesse solo per i ceti privilegiati. I paladini della tolleranza e dell'estensione "a tutti" della libertà erano delle eccezioni. E di queste eccezioni, ci dice Sen, la storia dell'India ci mostra esempi non solo sorprendenti ma ben più antichi dei nostri.

Armando Massarenti
È il responsabile della pagina Scienza e Filosofia del supplemento culturale del Sole 24 ore. Dirige la rivista Etica ed Economia