Il 14 maggio il Comitato permanente per il terzo settore della Commissione Affari sociali della Camera invitò a parlare l'economista indiano Amartya Sen, cui la settimana scorsa è andato il premio Nobel per l'economia per "il suo contributo all'analisi del Welfare". Sen, nato nel 1933 nel Bengala, è il primo asiatico a ricevere il riconoscimento. Docente negli Usa ad Harvard e in Inghilterra al Trinity College, ha sostituito al normale concetto economico dibenessere come godimento un concetto di "well being", di star bene che tenga conto di tutti i bisogni e le capacità degli individui. Ecco il testo integrale e inedito di quell'audizione.

Parla il teorico del Welfare premiato con il Nobel:

«L'economia ha bisogno del terzo settore»

di Amartya K. Sen

http://www.vita.it/sen.htm

«Desidero anzitutto dire di essere molto onorato per questo mio intervento presso la Commissione affari sociali su un tema di così grande importanza e di fronte ad un consesso tanto eminente di parlamentari impegnati in una tematica, in un processo di cambiamento economico, sociale e politico rilevante non soltanto per l'Italia, ma anche per molti altri paesi del mondo. Alcuni dei temi che attualmente vengono discussi nel vostro paese possono essere anche considerati nell'ottica della sfida globale che le nostre società affrontano.

Vorrei iniziare con qualche considerazione generale sugli elementi fondamentali del nostro tema, per poi affrontare alcuni argomenti più specifici sul ruolo del terzo settore.

Come tutti sappiamo, si parla di terzo settore in quanto terzo rispetto allo Stato e al mercato: da un lato lo Stato, con tutte le sue istituzioni - il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo - si fa carico di una serie di funzioni; dall'altro le istituzioni del mercato si fondano su una serie di principi diversi, principalmente su scambi di valore equivalente, scambi conclusi su base volontaria, secondo un contratto che in qualche maniera ha una effettività garantita dalla legge.

Il terzo settore funziona in maniera molto diversa, non opera sulla base di obblighi giuridici come quelli vigenti nel mercato. Per meglio collocarlo in prospettiva, vorrei parlare in linea generale degli aspetti filosofici, giuridici, economici e politici che sottendono il ruolo speciale del terzo settore.

Vorrei fare una distinzione filosofica di origine kantiana. Immanuel Kant non è l'unico ad avere affrontato questo tema, ma forse lo ha fatto in maniera più chiara. Nella terminologia kantiana esiste una distinzione tra obbligazione perfetta e obbligazione imperfetta: la prima si ha quando a un determinato ente, soggetto o persona incombe l'obbligo di fare qualcosa. Se, per esempio, concludo un contratto e do qualcosa in vendita ad una controparte questa ha l'obbligazione perfetta di pagare la somma concordata. La fonte dell'obbligazione perfetta potrebbe essere un contratto, ma a volte non è necessaria una forma contrattuale, vi possono essere anche obblighi che scaturiscono dalla posizione di un certo ente. Per esempio, essendo lo Stato competente per il mantenimento dell'ordine pubblico, quando io vengo aggredito sulla strada lo Stato, se ne ha la possibilità, deve bloccare questa aggressione, il mancato intervento significherebbe la mancata assunzione di un obbligazione perfetta da parte dello Stato che deve proteggermi dalla violenza.

A differenza dell'obbligazione perfetta, le obbligazioni imperfette sono quelle che spettano a molti di noi, ma che non incombono specificamente a nessuno. Se, per esempio, qualcuno muore di fame, si potrebbe ritenere che lo Stato abbia l'obbligazione di nutrire quella persona; ma, se ci troviamo in uno Stato che non prevede questa funzione (in molti non esiste una rete di assistenza sociale), si potrebbe anche ritenere che sia compito dei cittadini sfamare quella persona. Prendiamo in considerazione la sanità, la salute, un problema di minore gravità per il quale un soggetto ha bisogno di aiuto da parte della società: potremo vedere un'obbligazione imperfetta in capo a tutti coloro che avrebbero la possibilità di dare aiuto.

Si tratta di un'importante distinzione, perché il ruolo del terzo settore è essenzialmente un prolungamento di questa obbligazione imperfetta generale in capo ai cittadini e alla società; quindi, va visto come il prolungamento non di un'obbligazione perfetta, ma piuttosto di un'obbligazione imperfetta. Tutta l'analisi kantiana di questa distinzione mi sembra estremamente pertinente.
 
 

Esiste, in secondo luogo, un distinguo giuridico di grande importanza tra l'ohbligazione e il permesso, la facoltà di fare qualcosa. In un contesto giuridico le obbligazioni perfette sono state studiate molto di più rispetto alle obbligazioni imperfette; i giuristi in genere sono molto scettici rispetto al concetto di obbligazione imperfetta, che viene vista come una materia pertinente all'etica, al comportamento generale, all'attivismo di tipo religioso o politico.

Comunque la distinzione di carattere giuridico è importante. Potrei essere obbligato, ovvero avere il permesso di poter fare qualche cosa, o non averlo. Abbiamo tre categorie: obbligazioni, permessi e non permessi. Si tratta di nuovo di una distinzione importante, perché il ruolo del terzo settore si colloca proprio in questo quadro ed è legato al permesso, all' autorizzazione che lo Stato e la società danno per lo svolgimento di determinate funzioni.

Quindi, da un lato abbiamo le obbligazioni imperfette assunte dal terzo settore per conto dei cittadini, dall'altro giuridicamente ci si fonda su un permesso, un'autorizzazione piuttosto che su un obbligo di fare qualcosa; in realtà, le obbligazioni di carattere giuridico spetterebbero piuttosto al soggetto statuale.

Vi è poi una distinzione di carattere economico. I costi e i benefici sono ovviamente concetti importanti in economia; spesso si pensa soltanto in termini finanziari, ma in realtà il concetto economico di base del costo è piuttosto quello di rinuncia a un beneficio. Quando dico «questo mi costa tot», in realtà sto affermando che perderò il vantaggio che avrei potuto avere in alternativa. Il costo finanziario potrebbe essere considerato come una rappresentazione imperfetta del concetto economico di costo, dei benefici cui si rinuncia per perseguire determinati fini o svolgere determinate attività.

Vorrei mutuare dall'economia l'idea che, nella misura in cui i costi sono rinuncia a benefici, dobbiamo dare un valore anche a questi benefici. Ciò è molto importante per il terzo settore, che in gran parte sopravvive grazie alla motivazione di alcune persone ad aiutare qualcun altro. Sulla base di questa motivazione l'analisi costi-benefici è molto diversa; queste persone, infatti, agiscono perché ritengono di doverlo fare, per cui la rinuncia al tempo libero e agli svaghi può non essere un costo tanto elevato quanto sembrerebbe sulla base di valori diversi (penso a chi mira solo al massimo profitto, senza una coscienza sociale). Quindi, le norme sociali si riflettono in maniera essenziale anche sul concetto economico di costo riguardo al terzo settore; molte attività, infatti, si basano su motivazioni personali, incluse le obbligazioni imperfette, l'esigenza di aiutare gli altri che hanno bisogno. Si tratta, in realtà, di attività economiche concrete, oltre che di questioni appartenenti alla filosofia, all'etica, alla giurisprudenza.

Il quarto aspetto è quello politico, rispetto al quale la legittimazione del Governo di uno Stato ad una certa azione deriva dal fatto che il popolo ne ha sancito l'esistenza attraverso il processo elettorale. Ci sono anche convenzioni preesistenti alla legge; in alcuni paesi esiste anche la revisione costituzionale - negli Stati Uniti ad opera dei tribunali - e l'esame di costituzionalità delle nuove leggi. In Europa la situazione è differente rispetto agli Stati Uniti ed anche nel vecchio continente la situazione britannica è diversa da quella italiana, perché la Gran Bretagna non ha una vera e propria Costituzione e neppure un sindacato da parte del sistema giudiziario.

Quindi, da un lato abbiamo la legittimità democratica, dall'altra il ruolo del terzo settore, che non si fonda su una legittimazione elettorale, ma su un consenso di natura più generale, un consenso volto a permettere e a incoraggiare sulla base della convinzione secondo cui è opportuno che la società abbia delle istituzioni le quali svolgano attività di sostegno, di assistenza ed una serie di altre funzioni.
 
 

In alcuni casi - forse non in Italia ma in Gran Bretagna - anche nel settore dell'istruzione superiore ci sono simili attività; come docente al Trinity College lavoro anche nel terzo settore, perché tale istituto non è un ente avente fini di lucro, né un ente pubblico, anche se ovviamente lo Stato ha competenza nell'ambito universitario e quindi in tal senso anche rispetto al Trinity College. Si tratta di istituzioni formative d'élite, che fanno anche del proprio meglio per far fronte a situazioni di bisogno. Esiste dunque un consenso volto ad incoraggiare certe attività, non sulla base di una votazione formale, ma di un sostegno politico che trascende la realtà giuridica.

Dobbiamo guardare al terzo settore in questo contesto per così dire: «permissivo»: assolve obbligazioni imperfette; il suo modus operandi è influenzato dal fatto che può erogare determinati servizi a costi inferiori proprio perché il concetto di costo non è legato a quello di beneficio - abbiamo persone motivate, disposte a lavorare per certi fini; a volte sono retribuite, ma molto spesso le loro retribuzioni sono inferiori a quelle che percepirebbero se lavorassero nel settore privato -; le sue istituzioni ricevono donazioni; a livello politico si fondano su un consenso generale.
 
 

In questo quadro i vantaggi del terzo settore emergono molto chiaramente. Attingendo a quanto abbiamo già illustrato, possiamo sottolineare che il terzo settore mette a buon fine una parte della motivazione umana diffusa nella società. Si ritiene che gli esseri umani siano interessati soltanto al proprio profitto individuale; è una concezione esistente in una parte della letteratura economica, concezione che ritengo piuttosto caricaturale. Se ampliamo l'analisi anche in campo economico, vediamo che vi è una varietà di motivazioni diverse da tenere presente. Per esempio, Adam Smith nel discutere della motivazione distingue tra l'amore di sé, il proprio interesse in senso stretto, la prudenza che in qualche maniera illumina questo interesse, e altre motivazioni quali la generosità, l'empatia, uno spirito di pubblico impegno e il senso della giustizia. In una certa misura non avremmo un terzo settore se le motivazioni umane non fossero contraddistinte da questa ricchezza e da questa varietà.

È importante sapere che possiamo utilizzare determinate componenti dell'animo umano. Gli esseri umani vivono all'interno della società, e perciò hanno preoccupazioni, esprimono valutazioni che fanno parte dell'essere umano in quanto animale sociale, oltre alle motivazioni prettamente biologiche, come cercare un alloggio o un'alimentazione.

Vi sono anche connotazioni culturali che possono variare molto; per esempio, in alcune culture le donazioni hanno una grande importanza, vengono molto apprezzate, in altre meno. Sono professore ad Harvard fino all'inizio di luglio e poi insegnerò soltanto in Gran Bretagna; ho constatato che la tradizione delle donazioni è molto più radicata negli Stati Uniti rispetto al Regno Unito. Questo si verifica sebbene in teoria si rilevi che la filosofia degli americani non è quella della donazione in quanto essi sostengono che ogni essere umano debba pensare al proprio interesse. Riscontriamo questo tipo di contrasto. Tocqueville ha spiegato il motivo per cui gli Stati Uniti hanno una cultura che dà tanta importanza alle donazioni, alla beneficenza mentre poi la filosofia espressa è quella dell'interesse individuale più nudo e crudo.

Dal punto di vista culturale, il fatto che l'Italia abbia una lunga tradizione culturale di cooperazione, di solidarietà, di aiuto e assistenza tra persone sulla base di matrici religiose - la forte tradizione cristiana - e politiche - una lunga tradizione politica nella quale le persone sono pronte ad aiutarsi con consapevolezza sociale - fa sì che il terzo settore possa essere favorito dall'esistenza di questo retroterra culturale. È un dato di fatto molto importante quando ci interroghiamo sulla fattibilità e sulla portata del terzo settore in Italia.
 
 

Sempre approfondendo l'aspetto delle motivazioni umane - abbiamo già parlato delle obbligazioni imperfette, dei costi economici - dobbiamo anche pensare che non abbiamo soltanto culture, ma anche motivazioni individuali differenziate. Alcune persone all'interno della società sono più motivate dalla cultura del dare e dell'aiutare rispetto ad altre che non conoscono queste spinte. Molto spesso le teorie avanzate a livello politico sulla natura dell'individuo e dello Stato che deve trattare tutti i cittadini allo stesso modo (Hobbes, Rousseau, Locke), come le teorie economiche secondo cui tutti sono mossi dalle stesse motivazioni non tengono conto della grandissima eterogeneità degli esseri umani. Il terzo settore sopravvive perché risulta valido, attraente, interessante per determinati gruppi di persone. Oggi, come in passato, l'attività dei missionari cristiani, o di altre chiese, dei buddisti è sopravvissuta sulla base della disponibilità di alcune persone ad assumere un ruolo particolare all'interno della società.

Questa eterogeneità nella società umana è un fattore di grandissima importanza che dobbiamo tenere presente nell'esaminare i vantaggi del terzo settore. Possiamo avere capitalisti impegnati con grande motivazione ad accumulare ricchezza, legislatori e magistrati animati da un grande senso di giustizia che svolgono bene la loro funzione all'interno dello Stato; ma ci saranno tante altre persone disposte ad assumere un ruolo nel terzo settore, che offre molte possibilità attingendo alla ricchezza della natura umana, valorizzando proprio la diversità delle motivazioni, le diversità nella Weltanschauung, nel modo di vedere noi stessi all'interno della società.

Anche la questione dei costi va vista in tale ottica, perché se il terzo settore opera con successo, è proprio perché non imita il settore privato. Quest'ultimo potrebbe in tal caso farsi carico in maniera più efficiente di certe funzioni, essendo contraddistinto da un elevato grado di efficienza. La ricerca del profitto a volte può recare vantaggio non soltanto alla persona stessa, ma anche gli altri, come hanno dimostrato diverse analisi economiche; anche qui, tuttavia, vi sono diverse tradizioni, a seconda dei principi che in qualche maniera informano il mondo dell'economia. Vengo spesso in Italia e l'anno scorso ho partecipato ad una riunione annuale dei dottori commercialisti; in tale occasione ho constatato un importante impegno per quanto riguarda il ruolo sociale della loro attività.

Il settore privato, in realtà, non può svolgere le funzioni del terzo settore con uguale efficacia. È importante il concetto di costo relativo: alcune persone sono disposte ad impegnarsi in certe attività perché si sentono più realizzate, perché si sentono portatrici di un'obbligazione imperfetta ad aiutare il resto dell'umanità. Si tratta di risorse che dal punto di vista economico lavorano a costi inferiori; ciò non significa sfruttamento delle persone, perché esse lavorano su base volontaria, ma nell'analisi costi-benefici nella logica di un'economia di mercato si otterrebbero costi inferiori dal punto di vista puramente finanziario. Nel terzo settore l'efficienza è maggiore proprio a causa di questo minore livello dei costi.

Vi possono essere donazioni, attività di beneficenza, ma, come ha evidenziato il dottor Salomon, nella maggior parte dei paesi la principale fonte di finanziamento del terzo settore non è la beneficenza, bensì lo Stato che compensa l'erogazione di determinati servizi. In questo senso si lavora come un'impresa privata, con il contributo rappresentato dal senso di responsabilità delle persone impegnate. In tal modo la supervisione di queste attività è più semplice e si può lavorare su scala più ridotta con maggiore efficienza. Inoltre molto spesso la mano d'opera viene ottenuta a costi molto inferiori di quanto non avverrebbe se il servizio erogato fosse gestito in maniera commerciale, cioè con persone che non avvertono l'obbligo di fare determinate cose. È dunque importante esaminare le motivazioni.
 
 

Vi è anche un esempio interessante, fatto da Richard Titness, un sociologo britannico, sui donatori di sangue: in Inghilterra ed in genere in Europa, a differenza degli Stati Uniti, il sangue viene donato volontariamente e gratuitamente, senza corrispettivo, e a volte l'aver istituito un pagamento ha avuto l'effetto di ridurre la disponibilità di sangue. Non che la gente non voglia i soldi, ma la motivazione che spinge un individuo a donare il sangue non è una motivazione economica: il sangue è qualcosa che ti appartiene e il fatto che sia previsto un compenso per il donatore riduce la motivazione. La persona convinta di fare un sacrificio sociale - non un grosso sacrificio, ma comunque la rinuncia ad una parte di sé per aiutare i bisognosi -avverte come un'umiliazione la trasformazione del suo gesto in una transazione commerciale. Questa variabile motivazionale è dunque di grande importanza per il ruolo del terzo settore, che è diverso da quello dello Stato e del settore privato.

Prima di passare ai temi di applicazione più specifica, vorrei sottolineare altri due ruoli di grande importanza del terzo settore. Ritengo che lo Stato sia un soggetto indispensabile, fondamentale per una buona società, ma vi sono alcune rigidità del settore pubblico, in quanto esso è basato sulle norme, sull'attività dei legislatori, sull'esigenza di ottenere voti, sostegno e legittimazione: ciò riduce la libertà dello Stato nello svolgimento di determinate attività. Il terzo settore invece ha una libertà molto maggiore perché, anche se una parte delle risorse proviene dallo Stato, un'altra proviene da donazioni volontarie ed un'altra ancora si fonda sull'attività dì persone retribuite poco o nulla. Il terzo settore quindi può affrontare problemi che lo Stato non riesce ad affrontare perché ha il vincolo della legittimazione. Questo è molto importante in diversi contesti.

Per esempio la Gran Bretagna sta orientandosi verso un sistema di istruzione superiore privatizzata poiché vi sono dei motivi che militano a favore di questa riforma. Attualmente Oxford e Cambridge sono un po' sotto i riflettori, i contributi che venivano loro erogati sono stati ridotti o eliminati, con la conseguenza che sarà più difficile far iscrivere gli studenti a causa dei costi più elevati che si dovranno sopportare per gestire il sistema di controllo e supervisione. Come sostiene giustamente il Governo, esistono istituzioni ricche con una maggiore dotazione finanziaria come il Trinity College; tuttavia, se esaminiamo il bilancio 1996-1997, vediamo che abbiamo speso di più erogando denaro a diversi soggetti di quanto abbiamo speso per la gestione del nostro college. In realtà abbiamo speso molto per sostenere gli studenti economicamente bisognosi. Anche queste erogazioni sono attualmente oggetto di attento esame perché, se vengono eliminati i finanziamenti a Oxford e Cambridge, sì può ritenere che le istituzioni più ricche possano avere l'obbligo di destinare fondi per garantire le stesse funzioni, anche a costo di ridurre le borse di studio.

Ci sì può chiedere perché si dovrebbero incoraggiare le persone a studiare a Oxford e Cambridge, trattandosi di istituzioni elitarie. Da un lato, se vogliamo che la Gran Bretagna sia concorrenziale a livello accademico con Harvard, Yale, Princeton, il MIT, Berkeley e così via, abbiamo bisogno di queste istituzioni universitarie; dall'altro, è difficile dare loro fondi in un contesto elettorale che in realtà si preoccupa piuttosto di garantire la parità dì tutti gli atenei. Ora, il pluralismo che contraddistingue il terzo settore apre opzioni che altrimenti sarebbero rimaste chiuse.

Da ultimo desidero sottolineare che il terzo settore, proprio perché non possiede la legittimazione che viene dal sostegno elettorale, può assumersi un ruolo di espressione di interessi pubblici, un ruolo quasi di portavoce di determinate cause sociali. Il valore della solidarietà è ancora molto importante in Italia, anche se nel resto del mondo sembra essere invece in crisi. Con l'espansione del capitalismo contemporaneo si tende a ritenere che tutti siano più in grado di aiutare se stessi, ma questo tende a negare una parte importante dell'umanità. Il terzo settore, nello svolgere determinate attività, può avere un ruolo di espressione dì valori proprio perché non è Stato.

Passerò ora ad alcune questioni più specifiche, sollevate anche ieri dal presidente Bolognesi e da altri parlamentari, in particolare circa il ruolo del terzo settore per quanto riguarda la previdenza e l'occupazione. Circa la previdenza innanzitutto dobbiamo essere molto cauti perché la previdenza sociale, in ultima analisi, ha bisogno di obbligazioni perfette. Se vogliamo affrontare situazioni di grande povertà, fame, mancanza di assistenza sanitaria, l'idea dell'obbligazione perfetta in capo allo Stato in senso kantiano non deve essere diluita e dispersa. Per quanto vogliamo valorizzare il terzo settore non possiamo intaccare questa obbligazione perfetta in capo allo Stato.
 
 

Se esaminiamo la situazione statunitense, vediamo le difficoltà nate in quel contesto proprio per la mancanza di questa obbligazione perfetta nel settore sanitario: 40 milioni di persone prive di copertura sanitaria in realtà costituiscono un'enorme lacuna. C'è chi afferma che ciò non fa differenza perché l'America è ricca, ma intanto vi sono queste persone che hanno bisogno di assistenza sanitaria. Ho svolto uno studio, pubblicato nel 1993 in Scientific American, e ho dimostrato che, se esaminiamo il tasso di sopravvivenza fino ad età avanzata, grossi segmenti della società americana hanno minore longevità potenziale anche rispetto a popolazioni del Terzo mondo. Prendiamo, per esempio, gli afro-americani, non soltanto quelli dei ghetti urbani di Harlem: essi hanno in media una possibilità inferiore di arrivare a 40 anni rispetto a molte popolazioni della Cina, dell'India, dello Sri Lanka o del Costa Rica. Abbiamo dunque a che fare con uno dei paesi più ricchi del mondo, dove però non vi è una delle libertà fondamentali, quella cioè di avere una vita abbastanza lunga secondo le definizioni della scienza medica; vi sono anche altre deficienze dal punto di vista dell'istruzione e dell'ordine pubblico, ma una delle carenze principali è proprio il sistema di assistenza medica.
 
 

Quanto vogliamo fare per il terzo settore in realtà non deve intaccare, né nella realtà né nella mentalità dì coloro che vogliono vivere in una società umana, l'obbligazione perfetta in capo allo Stato. D'altra parte vi sono anche considerazioni economiche importantissime per i sistemi dì previdenza sociale. A volte essi sono troppo ampi, altre volte non sono abbastanza sistematici. Ho studiato il sistema previdenziale italiano - nel 1996 ho passato un mese presso la Banca d'Italia - del quale mi ha colpito il carattere casuale, fondato molto spesso su obbligazioni contrattuali (per esempio il fatto di assumere persone) e non su obbligazioni perfette. Non ho riscontrato in generale obbligazioni perfette dì fronte al cittadino.

Vi è un grosso bisogno di riforme, non soltanto per quanto riguarda la riduzione degli oneri di bilancio (ovviamente anche questo è importante), ma anche circa l'esigenza di sistematizzare il sistema previdenziale affinché le obbligazioni perfette nei confronti dei cittadini vengano assolte dallo Stato nei confronti di tutti a costi ragionevoli.

Abbiamo già parlato dell'analisi costi-benefici e del fatto che molte attività che potrebbero essere svolte dal terzo settore a costi inferiori hanno un'importanza centrale perché, proprio utilizzando la leva della motivazione umana così diversificata, il terzo settore rappresenta un impiego delle risorse molto efficiente, garantendo prestazioni di carattere assistenziale. Si tratta, in parte, di fare maggiore affidamento sulle attività del terzo settore in tutta una serie di campi (istruzione, sanità) in cui lo si ritiene più opportuno. Ovviamente questo dipende anche dalle caratteristiche specifiche delle singole situazioni. Da questo punto di vista forse non conosco abbastanza la situazione italiana per potermi esprimere in maniera più specifica, ma anche se ci sono obbligazioni di tipo contrattuale il terzo settore può erogare le stesse prestazioni a costi inferiori, proprio perché ha costi inferiori per i motivi dì cui ho parlato prima. Dato che il concetto di costo economico è alternativo rispetto ai benefici, la motivazione personale per un impegno sociale rappresenta un fattore importante, riduce i costi dell'attività di controllo sull'uso dei fondi, fondi che sono spesso generati sulla base dell'impegno personale. Sono tutti fattori che concorrono a ridurre i costi.

Quindi, dobbiamo essere pragmatici sul ruolo del terzo settore nei sistemi previdenziali attuali. Non posso essere più specifico; nel momento in cui verrà elaborata una normativa bisognerà esaminare i diversi settori, sulla base di informazioni più dettagliate, più particolareggiate, con un esame critico.

Per quanto riguarda il lavoro, l'occupazione, tutti i fattori che ho citato sono molto importanti. Di nuovo la riduzione dei costi, che il terzo settore consente, favorisce un'espansione dell'occupazione a costi finanziari relativamente inferiori, poiché le persone, ovviamente, non vogliono essere disoccupate. Ho qui un testo della Banca d'Italia, di cui è facile avere una copia, dal titolo Fattori penalizzanti connessi alla disoccupazione. La disoccupazione, o l'occupazione, non è importante soltanto in quanto fonte dì reddito; che si possa sostituire questa funzione soltanto con la previdenza sociale - quand'anche ciò fosse fattibile dal punto di vista del bilancio - è un'idea non giusta, falsa. In realtà, io ritengo che l'Europa abbia peccato di presunzione per quanto riguarda la disoccupazione, anche rispetto agli Stati Uniti. Nei confronti della disoccupazione gli Stati Uniti hanno un forte impegno; non credo che un governo statunitense potrebbe sopravvivere con i livelli di disoccupazione che abbiamo in Italia, Francia o Germania, per non parlare della Spagna. Negli Stati Uniti i governi cadono, a quei livelli dì dìsoccupazione, non soltanto sulla base dell'Employment Act - la legge sull'occupazione, che fa parte del quadro normativo, ma norme del genere esistono in altri paesi - ma perché proprio l'ethos generale dà molta importanza al fatto che la persona lavori: se si entra nell'età della vita professionale con scarse possibilità di trovare occupazione, si deformano la psicologia e i rapporti con gli altri. Uno degli aspetti positivi della cultura americana dell'autonomia è quello dell'importanza che viene annessa all'occupazione e oggi la disoccupazione negli Stati Uniti non è superiore a quella degli anni sessanta, mentre in Italia, Germania e Francia è molto superiore a quanto non fosse in quegli anni. Qui, forse, questi paesi hanno qualcosa da imparare.
 
 

Dobbiamo anche ricordare che il lavoro, l'occupazione ha tutta una serie di dimensioni: reddito, autonomia, realizzazione della persona. La persona vuole anche sentirsi utile, non vuole limitarsi ad avere la busta-paga. Il terzo settore anche in questo caso potrebbe avere un ruolo molto importante, se non mi sbaglio, proprio nell'attingere al patrimonio di motivazione di molte persone, se non di tutte; motivazione fondata, appunto, sulla consapevolezza sociale. In passato questa consapevolezza è stata utilizzata in vari contesti: anche nel prestare il servizio militare, le persone rinunciano a una parte della loro vita per una funzione sociale; questo vale anche per il terzo settore. Quindi, in questo quadro l'occupazione potrebbe essere incrementata a costi relativamente più bassi, proprio in virtù di queste motivazioni di carattere umano e personale. In questo senso si potrebbe anche ampliare la portata del terzo settore disegnandolo in maniera molto attenta, rendendolo propizio all'occupazione non soltanto all'interno del terzo settore stesso, ma anche nei settori che potremmo chiamare dell'indotto.

Sarebbe ovviamente necessaria un'analisi economica approfondita. Nell'ottica dell'economista si potrebbero dire molte cose: ci sono attività che sono propizie all'occupazione ed altre no; la formazione, ad esempio, è un'attività che incoraggia l'occupazione.

Concludo ricordando qual è l'importanza del terzo settore nell'attingere ad elementi della natura umana presenti, anche se in misura diversa, nelle diverse culture e nei diversi esseri umani. Sottolineo l'importanza della diversificazione per mettere a buon fine questi elementi, ricordando anche che i costi vanno visti come costi relativi rispetto alle finalità delle persone. Il risultato può essere positivo sia per l'economia sia per l'equità, che è un elemento fondamentale. La portata di questo tema è molto vasta, però vorrei anche lanciare un monito: le obbligazioni imperfette, sia pure così importanti, non dovrebbero portare ad indebolire l'impegno e il sostegno nei confronti delle obbligazioni perfette in capo allo Stato sociale, che si deve occupare di assistenza sanitaria, dei sistemi di sicurezza e di previdenza sociale. Non bisogna dunque vedere il terzo settore come un modo per evadere l'impegno pubblico nel campo sociale; questo a volte è avvenuto negli Stati Uniti, ma è un errore che va evitato ad ogni costo, pur ricordando comunque il ruolo importante del terzo settore. Grazie

(a questo punto, la presidente della commissione Affari sociali della Camera, Marida Bolognesi, invita i deputati a intervenire. Dopo tredici interventi, la parola torna all'economista per le repliche)

Ringrazio la Commissione per questa serie di domande di grande interesse, alcune delle quali richiederebbero un maggiore approfondimento di ricerca; cercherò comunque di rispondere al meglio.

L'onorevole Giannotti ha parlato dell'importanza di collocare questo dibattito nella prospettiva della libertà delle persone di vivere la vita che desiderano: si tratta di una prospettiva che informa tutta l'analisi sociale, senz'altro per quanto riguarda il sottoscritto, avendovi io dedicato grande attenzione. Non voglio farmi pubblicità, ma in una mia opera intitolata Development and Freedom applico ai paesi più ricchi del mondo l'impostazione dello sviluppo come prospettiva di espansione della libertà umana, che sottende la nostra analisi nella valutazione dello Stato, del mercato e del terzo settore. Sono molto grato al professor Giannotti per aver richiamato l'attenzione su questo aspetto, perché è proprio in tale contesto che ha senso questo dibattito. Egli ha anche ragione nell'affermare che, nel momento in cui elaboriamo una teoria del terzo settore, bisogna mettere in luce questo rapporto con la libertà di cui fruiscono le persone. Alcune delle cose discusse ed affrontate potrebbero essere espresse in quest'ottica. Da un lato ci interessa far sì che l'essere umano possa vivere in una società senza essere privato di libertà: la libertà di avere un lavoro, di avere prospettive di sopravvivenza, di accedere all'assistenza sanitaria. Dall'altro vi è la libertà di compiere le azioni importanti per la persona, tra cui anche l'impegno volontario: la libertà in senso lato e quindi l'ottica della libertà che lei ha indicato è molto importante. Non posso approfondire ulteriormente questo tema, ma sarei lieto di farlo magari personalmente, poiché vi è un forte nesso con il valore della libertà. Anche l'elaborazione di una teoria generale del terzo settore è molto importante in questa fase storica.

L'onorevole Baiamonte ha fatto delle osservazioni che in un certo senso sono collegate a quanto abbiamo appena detto.
 
 

Egli ha sottolineato la libertà non soltanto in senso generale ma con riferimento più specifico al settore sanitario, e la sottolineatura è molto importante. Dobbiamo cercare di essere equilibrati. In America libertà significa libertà di scegliere il proprio medico, mentre il servizio sanitario nazionale non dà questa libertà; vi è poi la libertà di avere o meno un'assicurazione medica. Nel contesto americano, nel concentrarsi su un aspetto delle libertà, cioè la scelta del medico, l'accento si è spostato allontanandosi dalla libertà fondamentale di avere un'assistenza medica. Dobbiamo quindi cercare di mantenere un equilibrio fra le diverse libertà.

Esaminando il sistema canadese rispetto a quello americano, vediamo che si tratta quasi di poli opposti: nel sistema americano non esiste una garanzia statuale, cioè non esiste un'obbligazione perfetta di erogare assistenza medica, ma c'è la libertà totale di andare privatamente da qualsiasi medico; nel contesto canadese la situazione è opposta perché esiste un'obbligazione perfetta in capo allo Stato, si ha il diritto all'assistenza sanitaria, però è impossibile ricorrere ad una prestazione medica privata anche per una persona ricca, che peraltro è libera di spendere molto per una casa meravigliosa o uno yacht. Il fatto che ciò sia impossibile mi induce a dire che in ultima analisi il sistema canadese non è forse il modello destinato a sopravvivere più a lungo nel mondo moderno. Ci vuole un po' più di libertà, perciò il modello europeo ha forse qualche vantaggio in più. Bisogna comunque cercare di evitare gli eccessi dei modelli nordamericani.
 
 

L'onorevole Porcu ha parlato del ruolo della solidarietà nella cultura politica italiana: non credo di conoscere abbastanza bene il contesto italiano per poter rispondere in maniera dettagliata; sarei lieto di poterlo approfondire in un colloquio bilaterale, ma non sono attualmente in grado di farlo.

All'onorevole Del Barone vorrei precisare di non aver affermato che il terzo settore è estraneo alla politica. Volevo dire che l'obbligo politico dello Stato è una cosa, ma ovviamente ogni contesto ha una dimensione politica e questo vale anche per il terzo settore. Il contesto politico delle obbligazioni in capo allo Stato - di questo ha parlato anche l'onorevole Salvati - si fonda su un'obbligazione perfetta, cosa che noti vale per il terzo settore. Non esistono diritti garantiti da parte della beneficenza o del volontariato posso avere il diritto che i miei bisogni vengano considerati, ma non ho il diritto di vederli soddisfatti dal terzo settore. Quest'obbligo può esistere per lo Stato, e ovviamente questa obbligazione pone dei vincoli. Lo Stato non può parteggiare per una posizione o per l'altra, mentre i partiti politici - questo è il ruolo del Parlamento - possono farlo. Tuttavia, quando si tratta di valori generali, quando si deve spingere la società in determinate direzioni, il terzo settore ha un margine maggiore di manovra e di libertà, sia che si tratti di organizzazioni religiose che sottolineano il ruolo della beneficenza e della carità, sia che si tratti di organizzazioni politiche. Quando ho fatto quell'osservazione volevo mettere in luce un diverso ruolo politico, ma non volevo affermare che il terzo settore sia estraneo alla politica.

L'onorevole Giacco ha parlato della sussidiarietà e del ruolo residuale del terzo settore: è un elemento importante, anche se sono un po' scettico rispetto alla cosiddetta teoria della sussidiarietà. Non abbiamo il tempo di approfondire la questione e magari ne parleremo un'altra volta. In realtà la sussidiarietà esprime una presa di coscienza importante, ma rischia di smarrire altre consapevolezze. Secondo me dobbiamo considerare il terzo settore dal punto di vista delle ripercussioni generali, incluso appunto il primo ed il secondo settore; non dobbiamo limitarci a vedere quello che fa il terzo settore di per sé, ma considerare quello che riesce a realizzare per la società globalmente intesa, valutando quindi l'impatto del terzo sul primo e il secondo settore.

Ho espresso la preoccupazione che la presenza e il ruolo del terzo settore, che si assume certi obblighi, possano portare alcuni a ritenere che lo Stato debba rinunciare a determinate funzioni. A volte, infatti, si pensa che il terzo settore dovrebbe assumere delle funzioni che vengono abbandonate da altri soggetti; secondo me, invece, in una teoria economica di equilibrio generale bisogna guardare all'impatto globale e non soltanto a quello puntuale del terzo settore. Ovviamente quest'ultimo deve essere in grado di operare, tenendo però presente la necessità di adeguamenti a livello di Stato e di economia di mercato.

L'onorevole Burani ha svolto una serie di osservazioni di grande interesse sul ruolo del vir sodalis rispetto allo homo oeconomicus - tema che mi ha molto appassionato e che ho esaminato con interesse - e ha parlato anche del ruolo della motivazione della solidarietà che dovrebbe essere non dico sfruttato, perché non è la parola giusta, ma utilizzato. Senz'altro l'onorevole Burani conosce molto meglio di me il contesto italiano e ha una percezione della realtà italiana assai più concreta della mia, comunque ci muoviamo più o meno nella stessa direzione.

L'onorevole Delbono ha sollevato un problema che interessa molte persone, cioè quello relativo alle retribuzioni, ai livelli salariali ed alle condizioni occupazionali delle persone attive nel terzo settore. Il problema è spinoso, perché, da un lato, la ratio del terzo settore si fonda sul fatto che l'analisi dei costi e dei benefici è diversa da quella dell'economia di mercato - se non ci fosse questa differenza di analisi non avrebbe senso avere il terzo settore accanto all'economia di mercato -; dall'altro lato, nell'ambito dell' economia di mercato i sindacati possono essere molto preoccupati per il livello di garanzie o condizioni salariali che hanno negoziato nelle loro aree di attività: il loro potere contrattuale potrebbe essere indebolito dal momento che si prevedono delle regole diverse per il terzo settore.
 
 

Dobbiamo essere pragmatici: se le attività del terzo settore sono specificamente in concorrenza con quelle del settore privato, quella preoccupazione è legittima; ma se il terzo settore svolge funzioni ed attività diverse, perché non avvalersi di una diversa analisi dei costi e dei benefici? Sarebbe rischioso non farlo, perché andrebbe a minare proprio la ragion d'essere del terzo settore. Dunque, dobbiamo essere pragmatici, vedere quali attività sono specificamente svolte, ovviamente senza ignorare i diritti legittimi dei soggetti economici (imprenditori e sindacati), ma non dimenticando neanche che la ratio economica del terzo settore è diversa e che questo dunque non può essere assoggettato alle stesse regole dell'economia di mercato. Dobbiamo adottare una strategia flessibile e articolata, che tenga conto della complessità delle cose.

L'onorevole Salvati ha sottolineato un tema di importanza centrale, una serie di questioni in materia di obbligazioni imperfette e di obbligazioni perfette: su questo la pensiamo alla stessa maniera. Ha anche parlato del lavoro, dell'occupazione generata negli Stati Uniti, ma al riguardo non sono sicuro di essere del tutto d'accordo con lui. Quando parlo in contesti europei, io ho la sensazione che qui esista maggiore tolleranza verso la disoccupazione, ed anche una certa tendenza a non ritenere che la situazione occupazionale americana sia buona come sembra. È vero che l'espansione dell'occupazione in America è fondata su opzioni che, magari, non sarebbero ammissibili in Europa, dove sono accentuatamente disciplinati i livelli salariali e le condizioni di lavoro; questo è vero, ma non è l'unica considerazione. La crescita del lavoro è stata anche alimentata dalle politiche dello Stato, o comunque da politiche pubbliche. Peraltro, la Federal Reserve spesso sottolinea che bisogna evitare livelli troppo bassi di disoccupazione perché possono portare all'inflazione.

In realtà, il principio informatore della FED è diverso da quello delle banche centrali europee e questo è un fattore molto importante. Il sistema della Federal Reserve è stato creato, in America, dai progressisti, persone socialmente sensibili, e alla FED è stato dato il mandato non soltanto di vigilare e agire in ordine al contenimento dell'inflazione, ma anche di operare nei confronti della disoccupazione. E questo impegno in qualche modo è stato mantenuto. Se parliamo con i banchieri centrali in Europa lo stesso impegno, invece, non emerge; forse la Banca d'Italia e piu impegnata su questo versante rispetto ad altre banche centrali europee. Ho parlato con la Banca centrale tedesca e con quella olandese, ma tali colloqui non mi hanno dato l'impressione che la riduzione della disoccupazione abbia la stessa priorità rispetto alla stabilità dei prezzi. C'è una differenza rispetto all'impegno sociale americano verso la riduzione della disoccupazione, che l'Europa non dovrebbe trascurare. L'Europa ha molte cose da offrire agli Stati Uniti dal punto di vista della sanità e della sicurezza sociale, ma l'America ha qualcosa da offrire all'Europa per quanto riguarda l'impegno nei confronti dell'occupazione, e non si tratta soltanto dei Mcjobs, dei lavori con orari lunghi e mal pagati; questo vale in parte, ma la differenza principale tra America ed Europa sta nel fatto che il lavoro e l'occupazione sono una priorità anche della Federal Reserve, a livelli che non riscontriamo presso le banche centrali europee.

Molte altre questioni sono state sollevate.

L'onorevole Covre ha giustamente sottolineato l'esigenza di capire quali siano gli ingredienti di un circolo virtuoso, per cui non soltanto il terzo settore a volte può rafforzare il resto della società ma anche il resto della società può rafforzare il terzo settore. Bisogna, forse, studiare meglio i meccanismi del terzo settore, sarebbe uno studio molto importante. Siamo solo agli inizi: l'onorevole Giannotti sente la necessità di approfondire le basi teoriche, quindi si tratta di una ricerca che dovrebbe poi essere approfondita per poter veramente corroborare l'attività legislativa.
 
 

Un'osservazione analoga potrebbe essere svolta anche per quanto riguarda le importanti questioni sollevate dall'onorevole Valpiana. Si dovrebbe approfondire il problema particolare delle piccole attività imprenditoriali, che dovrebbero essere tenute presenti anche in fase legiferante.

Non sono in grado di dare una risposta specifica e mi dispiace - perché sono problemi che vanno approfonditi nello specifico contesto.

Sono, poi, stati giustamente sottolineati non solo i vantaggi ma anche i rischi inerenti al terzo settore. Anch'io ho sottolineato un tema che è emerso quando abbiamo parlato di sussidiarietà con l'onorevole Giacco, cioè il fatto che dobbiamo essere consapevoli dei diversi rischi esistenti: ad esempio, quello di cedere al terzo settore funzioni che questo non èall'altezza di svolgere, oppure il fatto che il terzo settore riesca a realizzare qualcosa, ma, al tempo stesso, riduca quello che è il ruolo positivo dello Stato nell'economia di mercato (anche questo è un rischio). Questa attenzione ai rischi da parte del legislatore mi sembra molto importante, comunque non sono in grado di dare risposte più dettagliate.

Gli onorevoli Scantamburlo e Siniscalchi hanno affrontato temi importanti, come il mantenimento dell'efficienza o l'esigenza di tenere presenti gli elementi costitutivi del terzo settore. In realtà, da un lato c'è il pericolo di non essere abbastanza profondi a livello teorico, come ha sottolineato il professor Giannotti; dall'altro, c'è il pericolo di essere troppo teorici, perché gran parte delle valutazioni dipende dagli specifici dettagli. Senza conoscere le situazioni concrete, ispirarsi soltanto a principi generali può essere rischioso; quindi avete un compito veramente gravoso, poiché le leggi debbono fondarsi su una conoscenza dettagliata delle diverse interazioni e interconnessioni. Sarà un processo stimolante, affascinante, ma, credo, abbastanza difficile, perciò sono molto lieto di constatare quale sia l'ampiezza dei quesiti che sono emersi nel dibattito.

PRESIDENTE. Non ci resta, per oggi, che ringraziare sinceramente il professor Sen anche per l'ampiezza delle risposte che ha fornito e l'approfondimento che ha voluto fare in questa sede. Tuttavia, come egli stesso ha riconosciuto, rimangono incora da affrontare molte questioni e molti temi specifici ed io mi auguro che in questa o in altre sedi possano esservi ulteriori occasioni di rapporto tra la Commissione affari sociali della Camera lei deputati e il professor Sen.
 
 

Voglio prendere molto sul serio la grande disponibilità che il professore ha dimostrato a voler mantenere una relazione privilegiata con il lavoro che il Comitato permanente per il terzo settore, costituito nell'ambito della Commissione, sta svolgendo anche in vista di una fase conclusiva, in cui potremmo arrivare alla stesura di proposte concrete. Mi auguro, dunque, come ho detto, di avere di nuovo l'occasione di averlo ospite in una prossima audizione o, comunque, di organizzare altri momenti di approfondimento su tutta una serie di tematiche veramente appassionanti per i deputati, come il professore ha potuto constatare. Un problema che attiene alla politica è, infatti, proprio quello della passione e del desiderio di approfondimento che caratterizza tutti i componenti di questa Commissione.