Università di Trento
Facoltà di Giurisprudenza
Diritto Privato Comparato
a.a.1999-2000

Università degli Studi di Trento
Sito del prof Pascuzzi

LeonardoDal Negro 

Gli Effetti della Globalizzazione, Seattle 30Nov-3Dic 1999

“La Globalizzazione sostituisce alle istituzioni democratiche
una comunicazione incoerente tra singoli atomizzati”
R. Dahrendorf
“E' il modo di porsi nei confronti delle differenza a dovere essere rivoluzionato”A. Abruzzese

La Definizione

La Globalizzazione è un' Idra.

Cominciamo la trattazione di questo argomento con una metafora forte, dalla quale dobbiamo eliminare ogni connotato negativo, almeno per ora. Lo scopo è quello di avere un' immagine semplificata della situazione, e come l'Idra era un animale unico con più teste, così la nostra Globalizzazione è un fenomeno unitario che può essere scomposto e analizzato da diversi punti di vista, ognuno necessario ma non sufficiente a creare però l'insieme.

Questo ovviamente và a sfavore di chi cerca di definire la G. ,c'è infatti il rischio di analizzare il fenomeno limitandolo ad un aspetto, quando invece l'identità stà proprio nei collegamenti, nelle zone di confine, tra le tante teste della nostra Idra, sottolineando forse una prima caratteristica a suo modo fondamentale, che è propria di ogni analisi metodica dei fenomeni. Anche le due Grandi Guerre nessuno storico non si sognerebbe di spiegarle se non comprendendo tutte le variabili in gioco, quindi l'analisi si basa sulle singole situazioni economiche, sociali, giuridiche, politiche e anche geomorfologiche, che “cucite” insieme spiegano l'evoluzione di un fenomeno storico ( a proposito vedi “Il Secolo Breve” diHobsbawm, Rizzoli ).

E'immediata la difficoltà di una locazione storica della Globalizzazione, perchè il fenomeno è tutt' ora in fieri, ed è difficile anche pensare ad una data iniziale,ritornando infatti alla metafora iniziale, in questo caso ogni testa di Idra sembra avere una sua data di nascita.

Così per le Isitituzioni della G. potremmo dire che IMF e WB sono nate a Bretton Wood nel 1944,se pensiamo alla G. delle Reti, la storia è molto più recente, e parte dagli anni 80, con ARPAnet, l' esperimento del Diparitmento della Difesa statunitense.

La nostra necessità di definizione, legata al bisogno di dominio e di sicurezza, si scontra con un processo che a differenza degli episodi di “globalizzazione” che si sono già avuti nella storia, come per esempio l' Impero Romano, o alla diffusione soprannazionale dello “jus commune” nel Medioevo (Vedi Ferrarese), non lascia interstizi vuoti, colma completamente ogni campo di esistenza dei singoli, riguarda la vita dei soggetti nei rapporti verticali, con istituzioni, associazioni,comunità, enei rapporti orizzontali, creando così la terza dimensione, propria del soggetto sempre raggiungibile perchè legato,collegato, è una rete a maglie ancora più strette di quella di cui ci parlava Montale, in riferimento alla Storia.

Anzi la G. è molto più di una rete, perchè non ha vuoti, a differenza degli esempi di G. citati in precedenza, la nostra crea legami così fitti tra i soggetti ad ogni livello della vita umana, impensabili in altre epoche storiche.

Un esempio banale ma efficace di questo aspetto sono i c.a. “gruppi di discussione”, luoghi virtuali in cui si trattano gli argomenti più disparati, dai problemi di alcolismo all' uso delle erbe medicative, dal come crescere un bambino senza traumi fino al forum sull' eutanasia, con informazioni che possono essere scambiate con il primo degli standard raggiunti dalla comunità globalizzata, l' inglese.

Il link tra i gruppi di discussione, di solito orizzontali ei nostri rapporti verticali, seguono meccanismi semplici: ricevo un'informazione orizzontale, su come investire del denaro, e la utilizzo nei miei rapporti verticali con la banca, dalla quale riceverò informazioni che potrò scambiare di nuovo a livello orizzontale, contando sul fatto che gli altri partecipanti al forum sicuramente hanno agito nella stessa maniera. Le coordinate della G. hanno per ascisse ed ordinate (intercambiabili)i rapportiorizzontali e verticali, la terza coordinata, che non esisteva al tempo delle altre “globalizzazioni”, è l' iperspazio.

Abbiamo accennato ad esempi di G. ante litteram, che ben esprimono il concetto, il movimento che sta alla base del fenomeno, “l' interconnessione tra diverse zone del mondo” (3), il superamento dei confini nazionali, ma non siamo ancora al cuore del fenomeno, siamo allivello più superficiale di analisi, immediato anche se di grande valore per le conseguenze che ne derivano.

Ogni Globalizzazione è la ricerca e l'applicazione di standard.

Abbiamo già incontrato questa parola chiave accennando alla lingua della globalizzazione, che, con buona pace di chi cerca strada alternative, è di fatto l' inglese.

La diffusione dello “jus commune” nel Medio Evo che cos'è se non una standardizzazione?Lo stesso linguaggio usato nella nostra globalizzazione moderna, l' inglese,é standard, e questi sono solo due esempi che derivano da elementi che abbiamo già incontrato nella trattazione, in particolare abbiamo una standardizzazione dall' alto e una dal basso, così da rendere il processo il più neutro possibile.

Siamo giunti quindi ad un embrione di definizione, della quale possiamo solo intuire la portata, dobbiamo ora, attenedoci al nostro assioma, cercare nel mondo che ci circonda, e nell'iperspazio,le tracce di questa “reductio ad unum”.

I Fatti

Il sottotitolo della nostra analisi ci riporta a Seattle, per un evento molto discusso ma non abbastanza, o meglio, non nella maniera corretta.

In sintesi nella città americana doveva tenersi il “Millenium Round”, riunione del WTO, istituzioneintergovernativa che sostituisce il GATT , come istituzione dal 1995, mentre il GATT nel senso di General Agreement on Tariffs and Trade,fa comunque parte del WTO, insieme al GATS (General Agreement on Trade in Service) e al TRIPS (Agreement on Trade-Related Aspect on Intellectual Property).

Se volete informazioni più dettagliate,sul sito web del Wto, sono in vendita apposite videocassette.

Invece di interessare solo i pochi giuristi, economisti e lobbisti addetti ai lavori, questa riunione ha 

visto arrivare a Seattle dagli Stati Uniti e da numerosi paesi del mondo, migliaia di persone che hanno mostrato, per così dire, un dissenso profondo per i meccanismi utilizzati dal Wto e in generale dalle altre istituzioni che per l' opinione pubblica mondiale sono gli artefici della G., come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che con i suoi aggiustamenti strutturali secondo economisti e pensatori dissidenti (Noam Chomsky), son in grado di distruggere paesi che chiedono aiuti finanziari per rafforzare le loro economie disastrate.

Questo problema è intimamentelegato al debito estero dei paesi del terzo mondo, ma in questa trattazione sarà sufficiente questo accenno, non dimenticando però che il problema ha avuto molti rappresentantia Seattle. 

La strada , si sà, e il luogo di protesta sociale, intutto il mondo si fanno manifestazioni per strada per nobili scopi, a volte si rovesciano anchei regimi, ma a Seattle questo non è successo, un po'per le misure d'ordine adottate, un po' per la monoliticità delle istituzioni che muovono capitali immensi e infine perchè non era nemmeno nelle intenzioni di chi protestava arrivare a tanto.

In discussione, per farla breve, non c'era la G. come fenomeno, ma i metodi utilizzati per portarla avanti, che a parere di chi protestava, rispecchiano solo interessi economici di multinazionali e degli stati cosiddetti ricchi, dimenticando istanze sociali fondamentali e categorie disagiate.

Il problema è il gap tra società civile e le istituzioni che la rappresentano.

Lo Scontro

Le manifestazioni di Seattle hanno fatto riemergere una domanda alla quale molti, dopo la nascita degli Stati Nazionali, e dopo il loro posizionamento quasi definitivo nella scena mondiale alla fine della Seconda Guerra, si erano disaffezionati. La domanda è in senso lato la trasposizione del bibblico “quo vadis” in versione nuovo millennio, che il singolo soggetto , non più il popolo nazione, pone ai nuovi rappresentanti.

Il Problema non è poi nuovo,è dei tempi delle teorie di Hobbes e del “contratto sociale”, alla base dello Stato Nazione Moderno,che il singolo, appartenente ad una comunità che si riconosce in un popolo, cede parte della sua libertà, o meglio delle sue libertà, ad un organismo che trae la sua ragione di esistere dalle singole porzioni di libertà di ogni soggetto, un organismo al quale, si affidava, soprattutto all' inizio, l' amministrazione della giustizia che lasciata alla fantasia dei singoli lasciava a desiderare.

Così per evitare lo scontro di tutti contro tutti nasce lo Stato Moderno, garante delle libertà individuali che rimangono ai singoli. Ovviamente con il passare del tempo non ci si è accontentati diquesta protezione minima, si è chiesto allo Stato di evolversi, di creare mazzi più raffinati di controllo in ogni campo della vita civile.

Perdonate la semplificazione dell' argomento, che meriterebbe di sicuro un' analisi più approfondita sia della sostanza che delle sfumature. La nascita dello Stato Moderno, come potete anche solo intuire, è un pilastro della nostra civiltà, un fondamento indispensabile dal quale facciamo dipendere il nostro rapporto con la democrazia, altro concetto cardine del mondo così come lo conosciamo. 

Il concetto che hanno le persone di questi due pilastri, con Seattle si è incrinato, ha cominciato a vacillare, o meglio, il processo di sgretolamento intimo di queste fondamenta all' interno del modo 

di sentire del singolo ha avuto la sua espressione concreta in un fenomeno di massa spontaneo, un sintomo importante di uno smarrimento, di una perdita di certezze che si pensavano acquisite e consolidate con l' avvento dello Stato Moderno.

Potremmo lasciare queste espressioni di comunicazione ai sociologi, agli psicologi e agli opinionisti, ma sarebbe un errore troppo banale non accorgersi che questarivoluzione copernicana ha dei riscontri di non poco momento anche nel campo del diritto, anzi, proprio la crisi dei referenti istituzionali tradizionali ha portato i manifestanti di Seattle per le strade, a scontrarsi “di persona” con i nuovi law-maker, entità globali, perfettamente legittimati da statuti (quello dell' Uruguay Round firmato a Marrakech nel 1994 è composto da 500 pagine, completate da altre 24000 di impegni specifici in materia di accesso al mercato) , ai quali manca il consenso diretto della società civile globale.

Ad essere precisi lo scontro è avvenuto soprattutto sulla direzione presa dai nuovi law-maker.

Abbiamo accennato alla G. come raggiungimento di uno standard, e lo standard utilizzato dal WTO, dalla W.B. e dal FMIè la liberalizzazione dei mercati, la G. è il “trasferimento delpotere dagli Stati ai Mercati” , affermazione importante e con riflessi inquietanti, che è però giustificata da molti elementi ben descritti nel libro della prof. Ferrarese “Le istituzioni della Globalizzazione”,già citato, dal quale prenderemo a piene mani argomenti, in inevitabile equilibrio tra ambito giuridico ed economico.

Global Law Makers

La rivoluzione copernicana, di cui abbiamo parlato poco sopra, merita una parentesi perchè come tutte le espressioni ad effetto è spesso usata impropriamente, ma non in questo frangente, nel quale il nostro sforzo è superare i concetti di territorialità, di sovranità e in generale gli ambiti di applicazione del potere degli Stati sovrani, per rivolgere l'attenzione ad un livello metastatale, nel quale il diritto è “de-formalizzato... impossibile da inscriversi in maniera rigorosa entro vecchi schemi”(Ferrarese Le Istituzioni della Globalizzazione cit. pag 101).

I soggetti giuridici della G. sono differenti sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo, rispetto ai soggetti che ci sono familiari, in particolare sono molto più numerosi e con un' identità ibrida, sono soggetti privati dotati di efficacia istituzionale.

Se qualcuno ha perso sovranità, questi sono gli Stati nazionali, concetto ormai chiaro, e nel calcolo a “somma zero”, caro agli economisti, la quantità di sovranità sottratta agli Stati, si è polverizzata, si è decentrata a favore di nuovi soggetti ibridi, divenendo incontrollabile dai singoli, che nei confronti degli Stati avevano strumenti di controllo, seppur relativo, come la Costituzione o le elezioni, nei confronti dei nuovi legislatori globali, le difficoltà sono palesi, se non altro perchè mentre il referente dello Stato è il popolo-nazione, quello della Global Governance dovrebbe essere la Società Civile Globale.

Siamo molto lontani da qualsiasi meta, siamo costretti ad introdurre soggetti che sono appena allo stato embrionale, esponenzialmente più complessi di quelli con i quali conviviamo da duecento anni a questa parte. L' equazione di cui sopra, nella quale lo Stato-Territoriale stà al Popolo-Nazione come la Global Governance stà alla Società Civile Globale, ha dei soggetti così complessi e variabili che potremmo pensare che non sia questo il modo migliore di affrontare il problema della nuova sovranità, ma l' assioma fondamentale della democrazia richiede che sia il popolo,territoriale o globale, a decidere il miglior governo possibile, adatto alle proprie necessità, il consenso in democrazia nasce dal basso e se nell' Era della G. dobbiamo mettere in discussione molte certezze, dobbiamo anche avere punti di riferimento indiscutibili come dogmi di fede.

Per non restare nel Mondo delle Idee, credo sia meglio elencare concretamente nuovi soggetti con i quali avremo direttamente o indirettamente a che fare come cittadini globali, utilizzando delle coordinate di classificazione anche queste a loro modo rivoluzionarie, per soggetti che abbiamo già definito “ibribi” e che sono le “Corporations” e “Transnational NonGovernmental Organisationsdette NGOs(Ferrarese, Le Istituzioni della Globalizzazionep104).

Sono questi i referenti de-formalizzati della G., molto più numerosi dei soggetti tradizionali, decentrati, polverizzati sul territorio che non è più ovviamente quello chiuso tra i confini dello stato\nazione, ma l' intera superficie disponibile delle terre emerse. 

In effetti stiamo parlando di imprese, di organizzazioniche muovono capitali enormi, con produzioni diversificate, multinazionali con tecnologie superiori a quelle di qualsiasi apparato statale nei campi chiave dello sviluppo tecnologico, queste sono le caratteristiche dell' aspetto privato dei nuovi soggetti. Nel mondo globalizzato questi soggetti partecipano alla creazione del nuovo “ordine globale di diritto transnazionale”, superamento e adattamento del diritto internazionale alle necessità diCorporations e NGOs .

Le Corporations hanno finalità dichiaratamente economiche, sono imprese che esprimono la loro forza istituzionale diffondendo modelli comportamentali, modalità di comunicazione e valori sul piano della fattualità, inserendosinel modo di vivere quotidiano, dei gesti dei singoli.

Le NGOs sono dichiaratamente no-profit, il loro scopo è quello di rappresentare istanze di pubblico interesse. A differenza delle Corporations, cercano di apparire il più possibile sulla scena globale, non hanno interesse a nascondersi dietro un “brand”, a circondarsi di un alone di mistero e la loro forza istituzionale è data dalle finalità pubbliche che si prefiggono (pensate a Greenpeace, o a Human Rights).

Rimane da capire come queste imprese private, riescano adinfluenzare lescelte giuridiche, conquistando un' effettività pubblica a tutti gli effetti, e creando di conseguenza il “gap” di legittimità che abbiamo prima analizzato e che si fa pressante per l' opinione pubblica mondiale soprattutto riguardo alle Corporations. Come ben sottolinea Ferrarese, lo sviluppo tecnologico, riguarda anche le tecniche giuridiche che influenzano direttamente scelte di tipo economico, il diritto può legittimare libertà economiche, e questo è il compito delle “Transnational Law Firms”, che “elaborano nuove forme di sapere giuridico per assecondare gli scopi di profitto delle imprese”, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti al di fuori dello Stato in cui l' impresa ha sede (affermazione questa ormai fuori luogo quando parliamo di Corporations). Non c'è dubbio, il diritto e i confini dello Stato sono sterili sia per fare profitti che per risolvere problemi.

Le Law Firms hanno un compito molto delicato, devono creare strutture favorevoli ad imprese private e immetterle nel circuito giuridico, mascherando la portata della privatizzazione, o comunque dell' interesse dell' impresa, rendendo la nuova struttura non dissimile dal prodotto giuridico tradizionale. “E' grazie al lavoro giuridico delegato alle Law Firms che le grandi imprese possono funzionare come attori giuridici globali pur non apparendo tali”.

I rischi di questa “fictio” giuridica sono evidenti, il concetto di diritto a cui siamo legati è statorelativamente rassicurante finché i soli law-makers erano gli Stati, con forme di regolamentazionela cui richiesta proveniva dal basso o che avevano un' ampia base sociale d' appoggio.

Le regole sono profondamente cambiate.

Il potere delle Corporations è prima di tutto economico. Riportiamo qui di seguito una tabella, oltre ai numeri, spaventosi in valore assoluto, può darci l' idea della distribuzione del potere globale. Anche in questo caso lo Stato nazionale perde colpi rispetto alle Corporations, se è vero che duecento multinazionali hanno un fatturato superiore al P.i.l. di centocinquanta Stati di tutto il mondo, rispetto al P.i.l mondiale.
 
1982
1992
1995
1998
Pil mondiale in Mld$
11179
23780
28607
28654
Pil 150 Paesi(non appartenentiall' Osce) in % sul Pil mondiale
28,60%
20,20%
22,80%
24,50%
Fatturato delle 200 Multinazionali
27,20%
24,70%
27,50%
26,30%
Tasso di crescita annuo mondiale in %
1982-92
1992-95
1995-98
Pil mondiale

7,8%
6,4%
3,3%
Pil di 150 Paesinon membri dell' Ocse
9,0%
5,2%
2,3%
Giro d'affari delle 200
6,8%
10,3%
4,4%

Di seguito riportiamo i dati riguardanti le prime 200 Multinazionali, utilizzando come fonte i rapporti sulle attività annuali delle società.

Paesi
Numero
Fatturato
in Mld $
In % sul totale
Profitti in Mld 
di $
Profitti in %
sul totale
Stati Uniti
74
2776
36,5
183
52,7
Giappone
41
1830
24,1
39
11,2
Germania
23
958
12,6
29
8,4
Francia
19
610
8
20
5,8
Regno Unito
13
399
5,3
28
8,2
Svizzera
6
217
2,8
13
3,9
Italia
5
179
2,4
9
2,6
Paesi Bassi/

Regno Unito

2
138
1,8
3
1
Corea del Sud
3
82
1,1
0,0068
0,00
Cina
3
76
1
1,7
0,4
Svezia
2
49
0,7
2,7
0,8
Belgio
1
31
0,4
1,5
0,4
Venezuela
1
25
0,3
0,6
0,2
Brasile
1
25
0,3
0,7
0,2
Messico
1
20
0,3
1,1
0,3
Spagna
1
19
0,3
1,4
0,4
Totale
200
I Primi sei paesi
176 (88%)
6790
89,3
312
90,2
Pil mondiale
28654
Le 200 in percentuale sul Pil mondiale
26,3
Tobin Tax

Sicuramente una delle espressioni più evidenti della G. èla nascita della “New Economy”, concezione nuova della economia su scala planetaria, intimamente legata alla dematerializzazione dei beni, del valore, e ai nuovi strumenti finanziari che hanno trasformato la borsa delle grida in borsa telematica, oltre ad avere trasferito il potere dagli Stati ai Mercati, come ben sottolineano le tabelle sulla distribuzione del potere, e come afferma la prof. Ferrarese nella premessa delle “Istituzioni della Globalizzazione”.

La Borsa di riferimento non è più il “NYSE” ma il “NASDAQ” (National Association of Securities Dealers Automated Quotation), la borsa dei titoli telematici, delle aziende che investono nelle nuove tecnologie e che vedono salire le loro quotazioni in maniera vertiginosa,spingendo i nomi più illustri della finanza mondiale come Alan Greespan ( direttore della Federal Reserve) a porsi interrogativi seri sul rapporto tra crescita effettiva delle Aziende e il valore che viene attribuito dal mercato, dello scarto, tipico della New Economy, tra valore nel mondo reale e valore nel mondo virtuale, quello di Internet.

Ci sono anche nuovi fenomeni legati al nuovo modo creare ricchezza, come quello dei “Day Trader”, di solito giovani laureati in economia che passano legiornatea comprare e vendere titoli di borsa. Sono speculatoriche realizzano il 15% delle transazioni del Nasdaq, e hanno fama di schegge impazzite tra gli investitori tradizionali.

Un accordo tra la S.E.Q (Security and Exange Commission, in Italia la Consob)e le società di brokeraggio, ha reso l' accesso ai piccoli operatori molto più semplice con un effetto che i day-traders definiscono democratizzazione del mercato, una frammentazione dei soggetti che possono agire nel mercato dei titoli appartenuto fino ad ora ai giganti della finanza.

La New Economy non si sarebbe mai sviluppata, o lo avrebbe fatto in maniera diversa, senza Internet, senza l' annullamento del tempo e dello spazio offerto dalle tecnologie della comunicazione.

La democratizzazione del mercato dei day-traders non coincide assolutamente la proposta portata a Seattle dall' organizzazioneA.T.T.A.C. (Http://attac.org) , la promotrice della' applicazione della Tobin Tax alle transazione finanziarie. L' idea è nata nel 1978, dalla fervida immaginazione di un economista Premio Nobel, James Tobin, e mira a tassare le transazioni monetarie con un tasso variabile dallo 0,1% allo 0,25% ,così da non penalizzare le attività dell' economia reale, “infilando un granello di sabbia” nei meccanismi della speculazione.

I detrattori di questa tassa argomentano che la tassa non può essere applicata senza un ampio accordo internazionale, ma come è ovvio nessuna decisione ,che abbia una portata planetaria soprattutto nei contenuti, può essere applicata senza un consenso generale di un numero elevato di Stati.

Una tassa dello 0,1% su ogni transazione attuata sui mercati dei cambi, premetterebbe di incassare ogni anno duecentoventotto miliardi di dollari, cifra calcolatasulla base dei millecinquecentoottantasette (1587) miliardi di dollari che, secondo la Banca dei regolamenti internazionali (Bri), rappresentava nel 1998, il volume quotidiano di questo tipo di transazioni. Scopo dei fondi raccolti con questa tassa dovrebbe essere, secondo le associazioni e certi governi (vedi quello Finladese), quello di migliorare la situazione diun miliardo e settecento mila persone che ,secondo il rapporto della Banca Mondiale sugli indicatori di sviluppo , e quello del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp), vivono con meno di un dollaro al giorno.

Dietro alla Tobin Tax infatti c'è il tentativo tutto politico di riconquistare spazi democraticiall' interno della finanza. La tassa sarebbe un' intrusione nel mondo della libertà economiche tanto care ai teorici ancora convinti della capacità del mercato di autoregolarsi, ai sostenitori della mano invisibile del mercato. Lo Stato che detta regole è il primo dei nemici del liberismo, le teorie capitalistiche si scontrano con la necessità di allocazione dello risorse propria dello Stato, che quindi proprio da quest' ultimo arrivi un intervento per una distribuzione delle risorse più equa è insopportabile per i sostenitori del capitalismo sfrenato.

Come possiamo notare la democratizzazione dei mercati di organizzazioni come l' Attac và ben oltre la possibilità che ogni singolo possa accedere al mercato dei titoli e rischiare il proprio capitale.

Res?

Riprendiamo il fil rouge della standardizzazione, dopo la divagazione economica, non allontanandoci però da quest' ultimoambito. Non si può pensare infatti che tutti i soggetti citati poco sopra nelle tabelle e ai quali abbiamo attribuito una forte influenza ,nel bene e nel male, nella nuova distribuzione del potere , chiedano regole e criteri diversi l' uno dall' altro per portare avanti i loro scopi. Anche le norme, o forse soprattutto le norme, nel mondo fisico, necessitano di una omologazione, e in particolare avviene una selezione naturale, che favorisce il mantenimento e lo sviluppo delle regole estremamente funzionali alle necessità dei dei soggetti fattuali della G.. Lasciare l' armonizzazione delle legislazioni, a favore della Global Governance, agli Stati avrebbe rallentato il processo in maniera insopportabile per l'economia, lo sviluppo e l'applicazione delle tecnologie, linfa vitale per la G. .

Organismi come il Wto si occupano di spingere gli Stati verso standard, soprattutto dove lesingole legislazioni contrastano, in particolare nel campo del libero scambio. La frase è incompleta,e di sicuro è una semplificazione quasi elementare, ma c'è un motivo preciso per cui abbiamo accennato al libero scambio senza specificare quale è l' oggetto da scambiare, perchè a differenza delle globalizzazioni ante litteram, oltre allo spazio e al tempo fisico, che danno i problemi di sempre, la nostra G. si muove anche nell' iperspazio, dove gli oggetti, le cose che si scambiano a velocità di k al secondo sono immateriali, sono bit, lo standard della rete, l'unità di misura della comunicazione, dello scambio di informazioni, di immagini, di suoni, di concetti, di idee chenon ha equivalente materiale.

Dematerializzazione

La dematerializzazione è una delle teste della nostra Idra, forse una delle più destabilizzanti, visto che è intimamente legata ad uno dei concetti più discussi e più sacri di tutta la civiltà occidentale, la proprietà privata.

Lo sforzo del singolo per dimostrare il suo diritto di possedere la terra, di poterne godere i frutti e quello di escludere gli altri soggetti è un istinto primordiale divenuto istituzione, sostenuto da norme sempre più raffinate, che definiscono la proprietà privata in tutte le sue sfumature.

Non è certo questo il luogo per tracciare la storia della proprietà lungo tutta l'esistenza dell'uomo. 

Noi qui ci accontentiamo ancora una volta di intuire almeno il legame tra proprietà e bene fisico, tra possesso e materia, cominciando proprio dalla terra.

La proprietà privata ha valore solo se è totale esclusione dell' altro, nessuno si sentirebbe libero nella condivisione di un bene con un altro soggetto,proprietà privata nel nostro modo di intenderla è soprattutto libertà, di utilizzo, di disposizione, fino al potere di distruggere il bene, se vogliamo.

Che poi gli ordinamenti moderni gravino la proprietà di oneri ai quali il proprietario deve adempiere, questo certo non fa sembrare la nostra proprietà meno importante.

Questo pilastro dell' ordine sociale, civile economico egiuridico è messo a dura prova dalla G.,a causa della dematerializzazione. Nel sistema dei valori economici è iniziato uno spostamento inesorabile verso altre forme di beni, non più materiali, che sostituiscono lentamente i beni di riferimento dei nostri sistemi, creati ad hoc esclusivamente per comprendere ogni sfumatura della proprietà del bene materiale.

Per dematerializzazione si intende il fenomeno per il quale un bene che siamo abituati a riconoscere nella sua forma concreta,può essere ridotto ad una sequenza di bit, lo standard della rete, della tecnologia che trasforma intere biblioteche in flussi di dati, accessibili a tutti, in diverse maniere sulla rete, Internet o una delle sottoreti presenti. La dematerializzazione permette di annullare la distanza spazio temporale propria della geometria euclidea, le coordinate delle assi cartesiane, trasferendo il bene materiale nell' iperspazio, lasciandone inalterato il valore, e aumentandone esponenzialmente l'accesso, parola chiave dell' iperspazio.

Se la dematerializzazione non crea problemi con i beni immobili (per i quali aspettiamo il teletrasporto del capitano Kirk), ha però innescato una serie di domande a catena che gli addetti ai lavori non possono ignorare.

Anche i beni immobili, nonostante la loro indubbia posizione in coordinate geografiche, anche quelle standardizzate, sono soggetti a qualificazione giuridica che si materializza su documenti, lo status di una casa è una qualificazione giuridica astratta che ha una corrispondenza biunivoca con le mura di quel particolare edificio.

I problemi sorgono comunque anche se abbiamo un grado così elevato di concretezza, tanto che non bastano certo le dita di una mano per contare il numero di cause legali aperte per accertare lo status giuridico dell' abitazione o di beni mobili comunque materiali e abbondantemente registrati, o immatricolati come le automobili.

Nell' iperspazio non ci sono confini che abbiano una qualche valenza giuridica, nonostante gli sforzi dei giuristi che si occupano di diritto internazionale, per i quali si applica barbaramenteil diritto dello Stato in cui si è schiacciato il bottone (cit. Monateri). Non sembra proprio questa al strada da seguire, soprattutto se la nostra idea di G. è la creazione di uno standard, applicare ogni volta la norma dello Stato in cui si è schiacciato il bottone significa l' esistenza di molteplici ordinamenti , spessotra loro contrastanti, l' opposto della Global Law,che come ogni leggi che si rispetti, oltre a seguire un' ideale di giustizia il meno umano possibile, dovrebbe almeno fornire indicazioni di certezza del diritto. Di questa Global Law, ammesso che esista ci occuperemo più avanti, torniamo alla dematerializzazione e ai suoi effetti.

I mercati sono quasi totalmente dematerializzati, tranne quelli rionali dei paesi o nelle città, che però pesano relativamente sull' economia mondiale.

Il mercato è il non luogo per eccellenza, infatti non è caratterizzato dal luogo dove avviene ma dalla funzione che svolge, così sentiamo parlare tutti i giorni dei mercati finanziari, che esistono, che prendono vita in luoghi a loro dedicati, ma dove i beni scambiati sono valori astratti, qualche tempofa definiti da un pezzo di carta, oggi completamente dematerializzati.

Parlare di scambio di valori astratti è un po' ambiguo, in effetti l' aggettivo astratto si riferisce al fatto che non sono beni materiali, si scambia il valore assoluto delle aziende, delle innovazioni, dei gol della domenica precedente, come nel caso delle squadre di calcio quotate in borsa, e spesso si ha la sensazione della frattura tra economia reale e quella virtuale.

In ambito giuridico proprio la dematerializzazione del documento, della sottoscrizione e degli strumenti finanziari, tutti legati agli esempi appena portati di d. concreta, evidenziano il difficile adattamento del diritto così come lo conosciamo, alle nuove situazioni costruite dalle tecnologie, ed evidenziano la difficoltà di chi applica il diritto, a concepire uno spazio in cui le categorie del diritto che usiamo tutti i giorni, non funzionano. Le possibili direzioni daseguire sono due:

o si adatta il diritto vigente alle situazioni offerte dalla G., con battaglie dottrinali al confine con la filosofia più creativa,o si crea un diritto più aderente alle nuove esigenze, che regoli fenomeni fino ad ora sconosciuti, che sono rappresentativi di modi di vivere differenti, di necessità nuove, partendo da presupposti diversi, da analisi economiche che si preoccupano dell' accesso più che della produzione di beni, con definizioni nuove di proprietà che contengano anche i beni immateriali.

L' ultimo esempio di dematerializzazione a livello globale è riguarda la moneta.

Ancora una volta un fenomeno destabilizzante per chi ha ormai scritto nel codice genetico che il soggetto legittimato a battere moneta è lo Stato nazionale, che se ne esce anche da questa sfida, colpito proprio al cuore della sua definizione.

E' facile intuire la necessità per il cittadino globale di avere una sola moneta di riferimento, anche qui è inevitabile standardizzare, semplificare, in questo caso acquisti, fatti da un capo all' altro del globo, con un corrispettivo sicuro, che non varia a seconda delle fluttuazioni delle singole monete.

Nella G. sono fondamentali le comunità di soggetti, sono molto diffuse e creano al loro interno regole accettate dai partecipanti tra le quali nessuno vieta che ci possa essere l' uso di una particolare moneta, con un determinato valore. Se i negozi di questa comunità, i clienti e in generale i soggetti che hanno parte attiva negli scambi si accordano per uno standard di moneta, di controvalore,l'equilibrio è presto stabilito senza l' intervento dello Stato, e sarà precario se non si trova un garante dell' equilibrio, magariinterno alla comunità, ma sarà pur sempre una situazione costruita dal basso, orizzontalmente, con riflessi stimolanti per capire cosa c'è alla base dell' economia della rete. Per un esempio concreto che, tuttavia fa ancora parte del mondo reale, basta pensare alle “Banche del Tempo”, per mezzo delle quali una intera comunità, accettando determinate regole, scambia tempo, al posto del denaro. Forse spesso Internet, o le forme più astratte di G., non sono altro che lo specchio fedele di un modo diverso di comportarsi dei singoli, che preferiscono essere collegati tra loro da interessi più che per domicilio o vicinanza. Le tecnologie permettono di creare comunità virtuali trasversali agli Stati, che si autoregolano, senza il bisogno di una presenza superiore esterna, proprio perchè chiunque è libero di scegliere a che gruppo appartenere, o se è il caso di fondarne uno proprio.

La Struttura

La G. è un modo nuovo di sentirsi parte di una comunità, Seattle lo ha dimostrato ampiamente e gli scienziati sociali non possono ignorare il fenomeno. I manifestanti di Seattle erano prima di tutto una comunità, di soggetti con nazionalità differenti, legati, o collegati dallo stesso scopo, dallo stesso interesse, organizzati in maniera complessa, con una struttura di sotto-organizzazioni, cellule che lavorano su un piano orizzontale, senza bisogno, lo ribadiamo di un soggetto leader.

Citiamo alcune di queste organizzazioni per sottolineare che nonostante a Seattle il movimento abbia assunto più forme legittime, illegittime, colorate o folkloristiche, era comunque sorretto da una struttura complessa: l'associazione Attac, si occupadell' applicazione della Tobin Tax, la tassazione delle transazioni finanziarie per l' aiuto ai cittadini, a New York il Direct Action Network, si occupava di addestrare i partecipanti alla protesta non violenta, c'è stata l' alleanza storica tra i Greens e l' Afl-Cio il potente sindacato americano, divisi dai tempi della guerra del Vietnam' organizzazione Pubblic Citizen, si preoccupava di reperire e prenotare sedi per le riunioni, l' International Forum on Globalization organizzava conferenze fiume conoratori di tutti i continenti. Continuando la carrellata citiamo il Third World Network, organizzazione che dispone di informazioni delle posizioni dei governi del sud del mondo, il Centro Internazionale per il Commercio e lo Sviluppo Sostenibile (ICSTD, di Ginevra), Institute of Agriculture and Trade Policy, e il Focus of the Global South. 

Questi sono organizzazioni che rientrano a pieno titolo nella definizione di NGOs che abbiamo dato qualche pagina sopra a proposito della frammentazione del potere legislativo, e delle pressioni che soggetti più o meno riconosciuti, riescono ad esercitare sui governi.

In realtà la nostra breve carrellata, senza pretese di completezza, serve anche asmentire gli osservatori superficiali del fenomeno, che hanno scambiato Seattle per un' espressione spontanea di giovani contestatori, dove l' aggettivo spontaneo sottolinea l' assenza di consapevolezza, di un progetto e di uno scopo preciso. Probabilmente Seattle è stato anche questo, ma in solo minima parte, è stato invece la prima espressione storica della democrazia globale, della possibilità e dell'obbligo , per gli individui, di partecipare alla vita democratica nella nuova dimensione globale.

C.I.D

Riprendiamo il concetto di comunità come espressione della G., o se volete, continuando la metafora, come l' ennesima testa della nostra Idra.

Le comunità trasversali all' interno di uno Stato o attraverso più Stati, sono costruite da soggetti legati dallo stesso interesse, ed esistono sianell' iperspazio che sulla terra: per quanto riguarda il primo tipo prendiamo ad esempio Napster (www.napster.com),comunità della quale fanno parte tutti i soggetti che scaricano il software apposito dal sito web, e mettono a disposizioni i file, in formato mp3, presenti nell' hard disk del loro computer. Con il software si cercano le canzoni del proprio gruppo preferito e in qualche secondo l' intera banca dati, formata da tutte le canzoni presenti in ogni hard disc di ogni singolo partecipante,viene passata in rassegna e sullo schermo appare la lista delle canzoni disponibili, il nickname di chi le mette a disposizione e il tipo di collegamento (se modem, Isdn, Cable...) per avereun' idea del tempo necessario per scaricare il file. Ovviamente questo scambio di dati crea molti problemi giuridici, soprattutto per la violazione del copyright, semplicemente in Internet non si pagano le royalties al proprietario della canzone, o i diritti alla casa discografica. Ma questa situazione non aumenta solo il numero di potenziali reati, obbliga i soggetti interessati a modificare non solo le norme che regolano il copyright, ma anche lo stesso mercato discografico ad adattarsi alle nuove tecnologie, offrendo servizi diversi, perchè il metodo di diffusione è drasticamente cambiato e non si può pretendere di difendere,con norme inadatte, un modello evidentemente superato dimercato.

Le case discografiche dovranno offrire servizi diversi, mettendo la musica in rete, e chiedendo una password, fornita dietro pagamento, per accedere all' ascolto del brano richiesto, e questo per il motivo ulteriore che gli stessi compact-disc o i dat, o qualsiasi altro supporto musicale, saranno sostituiti dall' accesso ad Internet twenty-four-hours-a-day, la musica la si andrà a prendere direttamente dalla rete, con grande dispiacere degli intermediari (il negozio di dischi della giovinezza).

L' altro tipo di comunità di cui ci occupiamo sono le C.I.D., common interest development.

Sono comunità abitative, che offrono un modo di vivere, non un' abitazione. Sono comunità interessanti dal punto di vista giuridico per l' assenza di spazi pubblici all' interno di queste strutture, a volte interi quartieri costruiti ad hoc, recintati o sorvegliati da guardie.

E' proprio l' assenza di spazi pubblici che spesso spinge le persone a volere far parte del cid.

Il primo CID fu fondato nel 1928, e già allora era amministrato da un governo privato responsabile di fronte all' associazione dei proprietari. Questa disciplina interna è particolarmente stimolante se rapportata alla legislazione dello Stato in cui si trova il CID, sottolinea ancora una volta che la comunità si muove normativamente utilizzando le regole statali come legge di cornice, basandosi ad esempio sul diritto privato, ma si spinge oltre trovando un' autoregolamentazione interna, alla quale tutti gli individui che vogliono far parte del CID sottostanno, in assoluta libertà, nel senso che non ci sono legami di cittadinanza o domicilio,imposti per così dire dall' alto.

I CID sono rivolti a soggetti che hanno in comune lo stesso interesse, o meglio, desiderano lo stesso tipo di servizio, che condividono lo stesso life-style. Gli economisti come Rifkin ( dal quale prendiamo a piene mani per la trattazione di questo argomento), dicono che lo spazio è nei CIDècompletamente mercificato, ha un valore esattamente come qualsiasi merce, ed è mercificato il modo in cui abitare in un CID, anziché in un' altro, fa sentire il soggetto.

Giuridicamente questo ha valore nel momento in cui torniamo a riflettere sullo spostamento dei valori nella G., nel CID infatti ad essere tutelata non sarà laproprietà privata della singola abitazione, che è sottoposta a regole molto più restrittive rispetto al diritto privato statale ad esempio in materia di locazione, a dover essere tutelato è il servizio, l' accesso al modo di vivere connaturato al CID. I CID non sono democratici, sono costituiti di imprenditori immobiliari che in statuti “descrivono tutti i servizi offerti dalla comunità, impongono vincoli architettonici o clausole di gradimento sui progetti, impongono restrizioni all' uso privato e al godimento della proprietà ”.

Esiste anche un diritto di voto chenon ha niente a che vedere con il potere di voto dello Stato democratico: l' imprenditore mantiene la proprietà dei lotti invenduti e gode di tre voti per ognuno di essi,così da mantenere con la proprietà anche un controllo decisionale fino a quando non ha venduto tutti i lotti e si può quindi ritirare, lasciando al consiglio diamministrazione, di cui rimane controllore, il potere decisionale.

Solo il singolo proprietario dell' abitazione dei CID ha diritto al voto, uno solo, anche se gli abitanti della casa sono di più, anche se la casa è concessa in locazione.

Nel libro di Evan McKenzie “Privatopia”, ci sono casi gravi di violazione delle libertà fondamentali come la possibilità del consiglio del CID di “entrare a propria discrezione , nelle case della comunità, con il fine di difendere l' investimento di tutti. Per concretizzare l' argomento traiamo ancora esempi di CID, che non hanno le dimensioni di borghi arroccati su qualche collina umbra, di solitosono negli Stati Uniti e come Rancho Bernardo a S.Diego in California ospita 33.000 persone , con limitazioni della proprietà privata che chiamano “servitù”, ma hanno caratteristiche diverse dalle nostre che si limitano a garantire un passaggio o l' uso e influiscono sulla proprietà solo in maniera funzionale, economica se vogliamo.

A Rancho Bernardo “staccionate, siepi e muretti non possono superare i 90 cm di altezza, gli alberi devono essere tagliati regolarmente e non possono superare l' altezza del tetto, che deve essere di colore rosso. I cartellisono vietati tranne quelli delle agenzie immobiliari.

La sentenza di una Corte ha dato ragione all' associazione deiproprietari, che ha fatto causa ad un condomino colpevole di abitare nel CID con la moglie che non aveva l' età minima per far parte del CID, e amenità di questo genere che non solo fanno affiorare il sorriso, pongono seri interrogativi sui nuovi strumenti di tutela, sul rapporto tra la autoregolamentazione dei CID e le norme di diritto imposte dallo Stato.

A questo punto la domanda è ovvia: perchè i singoli individui sono disposti ad accettarelimitazioni di libertà così pesanti, pur di far parte di un CID, di una comunità?

Celebration è il CID costruito dalla Disney, a Orlando in Florida, ed indipendentemente dalle limitazioni di libertà che impone, offre lo stile di vita del divertimento sano, della famiglia, dei rapporti tra vicini di casa, offre l' accesso al Disney pensiero,dove tutto è costruito per allontanare i fastidi della vita di ogni giorno, il mondo perfetto, dove magari nei week-end brilla sempre il sole.

Celebration è una comunità fondata su di un investimento da due miliardi e mezzo di dollari.

L' accesso al godimento del bene svaluta la proprietà privata del bene stesso, è l' accesso al servizio che deve essere reso possibile, tutelato, garantito, sicuro, è come se la dematerializzazione fosse arrivata fino ai beni immobili, e quindinon è importante tutelare il bene ma l' accesso che quel bene offre a determinati servizi.

Oltre allo sviluppo dell' economia dei servizi, i CID e in generale il concetto di comunità è fondamentale per capire la globalizzazione per i codici di autoregolamentazione a cui si sottopongono. Ne abbiamo già accennato qualche riga sopra, parlando della mutilazione di determinate libertà all' interno del CID in negativo, e riguardo a Napster in positivo.

Non è un caso se i legislatori ordinari sovranazionali come il Parlamento Europeo incitano categorie professionali, che possono essere viste come comunità caratterizzate, a servirsi di codici di autoregolamentazione, lasciando la libertàall' interno di un quadroprocessuale-normativopiù ampio, di sottostare a norme la cui caratteristica principale è di non essere imposte dall' alto.

Sono gli Stati stessi, nella loro dimensione sovranazionale a rinunciare a legiferare, perchè l la società globale è una rete di comunità così complessa che l'interventodall'alto, caratterizzato dalla stabilità temporale e dalla rigidità della legge, nonsarebbe sicuramente aderente alle necessità flessibili delle comunità.

Inoltre anche il legame biunivoco tra la norma e la sanzione scricchiola per effetto di questa frammentazione normativa, l' unica sanzione riconosciuta dalla comunità sarà l' esclusione del soggetto che non ha rispettato il codice, con la conseguenteperdita dei privilegi e dell' accesso ai servizi offerti dalla comunità.

Torneremo su questo tema per analizzare una possibile contraddizione tra lo sviluppo di una Global Law, a cui abbiamo accennato parlando dei nuovi legislatori, e la nascita di questi diritti particolari, espressioni di micro e macro comunità nate soprattutto sulla Rete

Iperuranio

La nascita delle Comunità è dunque un fenomeno legato alla G. sotto più aspetti: giuridicamente abbiamo sottolineato il difficile rapporto tra cittadino globale e cittadino tradizionale, una dicotomia che rispecchia quella tra “stato-cittadino” e “società di mercato-individuo” (Lo stato spossessato, R. Petrella) e il contrasto tra norme giuridiche statali el' autoregolamentazione propria dei CID. Con il trasferimento dei valori verso l' immateriale ci ricolleghiamo ora, in maniera più concreta ai problemi che la dematerializzazione crea conl' istituto giuridico della proprietà privata, in particolare nel momento in cui i giuristi, in particolare quelli del vecchio continente, si trovano a dover tutelare le idee, entità immateriali per eccellenza.

Non siamo certo lontani dalle manifestazioni di Seattle, perchè quello della proprietà delle idee, è un argomento scottante per i risvolti delle scoperte in campo medico-scientifico, ad esempio. La discussione sul chi può disporre delle idee si amplia ed abbraccia definizioni più complesse di “pubblic good”, soprattutto dove le scoperte sono frutto di investimenti privati orientati ovviamente a trasformarsi guadagni ingenti.

Il problema è che l' utilità diffusa di certe scoperte, di certe idee, è palese a chiunque.

Senza spostarci dal campo medico ricordiamo la recente mappatura del genoma umano alla quale è arrivata per prima una ditta privata, la Celera Genomics, il rischio che la mappa dei geni rimangaa favore di pochi, perchè il problema è sostanzialmente questo, è inaccettabile.

Si rischia di creare un “aparthaid sanitario”, simile a quello creato con i farmaci anti-aids, farmaci che, in generale, permettono un'aspettativa di vita maggiore, a condizioni migliori.

Il potere delle case farmaceutiche in questo campo è enorme e solo ultimamente, per le pressioni politiche, i prezzi di questi medicinali sono dimezzati, rimanendo comunque inarrivabili per interi continenti, l' Africa per prima, dove la malattia ha una diffusione cronica. Anche in questo caso ci sono organizzazioni trasversali che sono in grado coni loro rapporti di svolgere pressioni sui governi e soprattutto sull' opinione pubblica (www.msf.org). Tornando alla Celera Genomics, per renderci conto della complessità del problema, dobbiamo ricordare che spesso le aziende private, come in questo caso, utilizzano banche dati di organismi e istituti di ricerca nazionali, quindi l' idea, il procedimento, la nuova tecnologia, sono spesso il frutto di una cooperazione tra pubblico (che dispone di mezzi e risorse complesse)e privato, il che renderebbe ancora meno accettabile la difesa a scopi privati di scoperte per così dire “ibride”.

Ci occupiamo del nuovo ruolo delle idee nella società della G., e giuridicamente andiamo controcorrente rispetto a quello fino a qui affermato. Le idee godono di protezione giuridica, si può pensare ad una proprietà sulle idee e di conseguenza a dei privilegi derivanti dall' averne il possesso, magari dopo averle acquistate.

A dire il vero non c'è niente di rivoluzionario in tutto ciò, visto che esiste già la normativa sui brevetti, per esempio, ma nel processo di dematerializzazione, si tutela non l' espressione concretizzata dell' idea, ma l' idea stessa.

Siamo alle colonne d' Ercole della discussione giuridica,soprattutto nel vecchio continente nel quale la proprietà, lo abbiamo già detto, è legata ai sensi, alla realtàdell' oggetto, ma soprattutto le nuove tecnologie ci impongono un' evoluzione nel definire il concetto di proprietà, prendendo esempio dal Common Law americano, nel quale la proprietà è un “bundle of rights”, concetto ampio che sottolinea gli innumerevoli aspetti del bene che possono esserepresi in considerazione.

Come ci ricorda il prof. Monateri, la comparazione giuridica non può che essersi allargata, focalizzandosi ora, non più sulle differenze di legislazione tra Stato e Stato, ma nel rapporto tra massimi sistemi, Civil Law e Common Law, tra sistema federale americano e sistema federale europeo. L' impressione è che anche nel vecchio continente ci sia un avvicinamento ai modelli americani, sia nella forma delle norme, che nella sostanza, soprattutto perchè il loro concetto di proprietà si adatta alle nuove forme di proprietà dematerializzate, in particolare a quelledella rete, di Internet. Anche qui è evidente la necessità di arrivare ad uno standard, nel senso di esclusione degli strumenti meno efficaci per regolare le nuove situazioni.

La necessità di tutelare le idee si fa più pressante per la presenza delle tecnologie che anticipano il momento in cui le idee acquistano valore. Se prima si proteggevano i prodotti finali delle idee, ora, con lo spostamento dei valori verso l' immateriale, la protezione deve avvenire prima, con la creazione di strumenti ad hoc.

Il concetto di idea è molto ampio e riguarda sostanzialmente i flussi di bit che viaggiano sulla rete, parole scritte, immagini, musica, programmi, ipertesti e altre forme ibride di comunicazione. Il problema è sempre legato allo sfruttamento economico dell' idea, e la difficoltà di tutela stà nel fatto che l' accesso alla rete è consentito a tutti, chiunque infatti può scaricare, appropriarsi di files,ma in una situazione difficilmente qualificabile giuridicamente, in fondo non si fa altro che catturare un flusso di bit che oltre tutto non ha nemmeno la caratteristica della unicità e quindi della riconoscibilità univoca ; i programmi sono moltiplicabili all' infinito, se io scarico un determinato programma in versione shareware, per esempio, così da semplificare le cose, non privo la rete, e gli utilizzatori della stessa di quel determinato programma del quale io scarico solo un perfetto clone, rimanendo

ilprogramma “originale” nel server.

Anche in questo caso la parola chiave è “accesso”, concetto non nuovo in questa trattazione, legato all' industria culturale e allo spostamento del valore dalla proprietà al possesso, all' accesso ,appunto, dei beni immateriali (vedi C.i.d.).

Il contrario di accesso è esclusione, ed è questa la strada adottata su Internet per tutelare le proprie idee o le proprie opere d' ingegno in generale, soprattutto mediante contratti e la concessione di “passwords”, con le quali si accede ai beni e servizi per i quali si è ovviamente pagato.

I tentativi di creare norme ad hoc sono vari e con caratteristiche diverse, ma il tentativo degli Stati Uniti di tutelare anche l' immagine che si crea nella memoria ram del computer spinge ariflettere sulla direzione da prendere, per non creare norme che, pur di tutelare la presunta proprietà di un bene che nemmeno esiste, potrebbero avere effetti dannosi al “browsing”, alla navigazione libera su Internet, bloccandone le possibilità di sviluppo.

Non ci si potrebbe sentire liberi di esplorare siti se ci fosse la spada di damocle del proprietario della foto che non ho salvato, ma che inevitabilmente rimane nella memoria cache, a pendermi sulla testa, sottoforma di violazione del copyright o di qualche altra nuova categoria giuridica creata per l' occasione.

Inoltre, e qui ritorniamo ai problemi portati all' attenzione pubblica mondiale attraverso Seattle, è sempre vivo il contrasto che rende difficile scegliere la direzione da prendere, la quale non si può concretizzare nell' assioma che il benessere generale, globale, dipende dalla capacità di ogni singolo di creare benessere per se stesso, una somma matematica di fattori positivi, che dimentica le esigenze contrastanti, conflittuali, che devono essere armonizzate in funzione dei “pubblic goods”.

La protezione delle idee è necessaria, ma soprattutto in quest' ambito è necessario il temperamento di interessi pubblici e privati per creare basi solide ad una democrazia globale che ha bisogno della diffusione dei servizi, delle tecnologie a vantaggio di chiunque ne abbia effettivo bisogno, senza il rischio di creare nuove discriminazioni .

Forse questo tema è particolarmente sentito dall' opinione pubblica mondiale perchè le tecnologie a “rischio” sono quelle più potenti, in campo medico e alimentare, con la possibilità per la scienza di andare ad incidere ai mattoni base , alle strutture più intime della vita, e gli stessi addetti ai lavori, che sono le voci più entusiaste della diffusione delle tecnologie, sentono la necessità di controllare i passi e di porsi delle domande perchè riescono spesso a rispondere al come, ma difficilmenteal perchè.

Probabilmente questo compito non spetta ai tecnici, ma la G. insegna che i legami si moltiplicano e rendono obsoleto un mondo fatto di compartimenti indipendenti, autonomi, a favore di un mondo cui il “brainstorming”, che tanto è utile nelle aziende più all' avanguardia, sia uno strumento indispensabile per lo scambio di informazioni,in senso orizzontale , verticale e soprattutto trasversale.

Internet

Internet è un insieme di reti, di rapporti complessi, è un universo costruito dagli uomini, a loro immagine e somiglianza, specchio della realtà e dei desideri, leciti e illeciti, rappresenta tutti coloro che vi hanno accesso, contraddizioni, sentimenti e paure compresi.

Cercare una definizione che accontenti tutti e che racchiuda ogni aspetto di Internet sarebbe una perdita di tempo, limitiamoci a dire che Internet è lo strumento primo della G., nel senso che annulla, o quasi,lo spazio e il tempo della comunicazione, dello scambio di dati, avvicina soggetti fisicamente sparsi sul pianeta, lasciandoli liberi di incontrarsi nello' iperspazio, un immenso luogo virtuale, le cui terminazione nervose sono i computer.

Anche la televisione può creare universi paralleli, annullare le distanze, o sembrare, vista al contrario, il prolungamento del nostro sistema nervoso, come sostenevano i mediatici più psichedelici. La differenza con Internet stà nel fatto che la televisione lascia il suo utilizzatore passivo, con al massimo la possibilità di cambiare canale, mentre in rete, il cibernauta è individuo attivamente partecipe alla vita stessa della rete.

Lo abbiamo visto con “Napster” qualche pagina sopra, la rete degli utilizzatori è complessa tanto quanti sono gli individui che partecipano.

Anche in questo caso il fatto che Internet sia causa o effetto della G. non interessa, dicevamo poco fa che ne è lo strumento più importante, quello più diffuso e forse quello più democratico, per ora. Internet per adesso è di tutti, di tutti quelli che vi possono accedere, bastano un pc, un modem e un provider, dei fornitori d' accesso che finora hanno dimostrato interesse nella diffusione della rete, o nella distribuzione di accessi alla rete, come preferite.

La tecnologiaha aiutato questa diffusione che attualmente corre soprattutto all' interno delle linee telefoniche, il che non è di sicuro lo standard a cui arriverà la tecnologia.

Non siamo nemmeno a livelli accettabili rispetto alle potenzialità della rete, chiunque può avrà avuto esperienza di difficoltà di collegamento o di ritardi nel caricamento delle pagine, tanto da trasformare il “world wide web” di prima nel meno felice “world wide wait”.

Anche i sistemi più utilizzati, che quindi dovrebbero essere quelli più veloci ad evolversi, sono solo un embrione di quello che potranno diventare tra qualche anno. La posta elettronica ad esempio, “è ancora primitiva e rozza, in un messaggio non si elettronico non si sente il tono della voce. Non c'è nessuna sfumatura e nessuna riservatezza, le e-mail sono cartoline, non lettere”, parola di David Singer, ingegnere dell' Internet Technology dell' IBM. Anche le manifestazioni di Seattle sono state architettate grazie ad Internet, la cui funzione primaria èamplificare le manifestazioni di pensiero, il fatto importante è che da messaggi e scambi di opinione nell' Iperspazio, si è passati a manifestazioni concrete e complesse,con la struttura che giàabbiamo analizzato e con effetti di sicuro impatto sull' opinione pubblica mondiale, rendendo l' avvenimento mediatico, grazie alle televisioni di tutto il mondo, che per ora sono ancora più diffuse dell' uso di Internet.

Di sicuro i media non hanno dato l' interpretazione corretta dello “spirito diSeattle”, se lo possiamo astrarre fino a questo punto, senza caricarlo di sfumature religiose.

Quello che si è visto è stato soprattutto il lato folkloristicodell' avvenimento, sostenuto da una colonna sonora di prim' ordine, con nomi più o meno noti, e dai colori della folla in contrasto con i vestiti grigi dei partecipanti al “Millenium Round” del Wto, ma questi sono solo dettagli.

I contenuti della protesta sono tutt'ora vivi sul web, dove lo scontro è ritornato, e non mancheranno di concretizzarsi nelle prossime occasioni.

Proprio le istanze sostenute dai manifestanti a Seattle hanno dato vita concretamente e, ovviamente senza l' informazione dei media tradizionali, a numerose dichiarazioni dell'ONU,riguardanti un nuovo modo di intendere lo sviluppo ,legato alle domande provenienti dal basso che non possono passare inosservate dopo Seattle, o circa la necessitàdi estendere i beneficidella G. anche ai paesi del terzo mondo, e di ascoltare i paesi poveri che nella G. non hanno voce.

Questi sono tutti risultati nobili che se non altro mettono in discussione, come abbiamo visto, molte delle certezze acquisite e tutto questo è stato realizzato grazie all' architettura originaria di Internet, basata sulla possibilità di accesso, per mezzo di tecnologie più o meno diffuse, che hanno permesso l' esplosione della libertà di espressione, e della rinascita di un dialogo intorno a temi democratici, reso probabilmente sterile dalla stratificazione politica e che solo un movimento trasversale, con le NGOs in testa, ha potuto far rivivere.

E' vero che ci sono dei costi per avere accesso ad Internet, ma si sono dimostrati internalizzabili da ogni singolo utente, proprio per ilfatto di diventare parte della rete,etutto sommato, appunto perchè si è potuto utilizzare una tecnologia ormai a basso costo, non erano nemmeno proibitivi.

Ma i pericoli sono in agguato. L' architettura primitiva della rete è democratica, sviluppata soprattutto perchè i ricercatori potessero scambiarsi informazioni, utilizzando lo stesso protocollo, lo stesso linguaggio, facendo fluire soprattutto testi, che occupano uno spazio ridotto rispetto a quello disponibile per le comunicazioni.

Da quando oltre ai testi in rete si possono scambiareimmagini, anche in movimento, suoni e altre forma complesse di ipertesti,le tecnologie per il trasferimento dei dati stessi sono diventate insufficienti, e con l' arrivo delle nuove tecnologie il pericolo è che solo chi ha i mezzi, in particolare le aziende fornitrici di servizi via cavo,possano garantire l' accesso.

Questo problema ben si raccorda a quanto è avvenutoa Seattle, perchè sottolinea di nuovo il contrasto trala necessità di sviluppare la libera concorrenza nel mercato dell' accesso e la necessità di tutelare la forma più tecnologicadi democrazia a cui siamo mai arrivati.

Il problema si pone con l' accesso a Internet a “banda larga”, che negli Stati Uniti è offerto dagli operatori via cavo. La disputa è tra accesso aperto e accesso chiuso. I sostenitori del primo sostengono la visione più democratica di accesso alla rete, la tecnologia migliore al servizio della libertà di utilizzo da parte di ogni utente, con la stessa velocità e con gli stessi

servizi disponibili per tutti.

I sostenitori dell' accesso chiuso sonole aziende attraverso le quali sarà obbligatorio passareper avere accesso alla rete, At&t e AOL-Time Warner, per fare due esempi, che sono contemporaneamente fornitori di accesso e produttori di contenuti, significa che possonocreare dei prodotti, o meglio dei servizi e hanno la possibilità di immeterli su Internet senza dipendere da altri soggetti, cosa che invece devono fare i meri produttori di contenuti che possono essere la Disney, la Fox, o l' associazione delle mamme del quartiere, o un gruppo per la tutela dei consumatori.

L' accesso chiuso comporterebbe la possibilità per le Aziende dei servizi via cavo, di decidere la velocità con cui ognuno scarica file dalla rete, per quanto tempo, e magari passando attraverso canali tematici che assecondino i vostri gusti, non perchè li cercate volontariamente, ma per offrirvi un servizio più consono al profilo della vostra personalità, ricostruito basandosi sulle tracce dei siti in cui vi siete recati.

Negli Stati Uniti la FCC (Commissione Federale sulle Comunicazioni) in base ad una legge del 1996, ha il compito di semplificare la regolamentazione ed eliminare tutto quello che non favorisce la concorrenza, sostenendo così che qualsiasi tipo di regolamentazione in questo campo potrebbe ridurre la concorrenza, il prezzo a questo punto non è difficile da immaginare.

Le aziende in grado di fornire l' accesso a banda larga non sono molto numerose, come possiamo immaginare sono colossi della comunicazione, e la concorrenza risulta facilmente falsata quando i partecipanti non sono numerosi, c' è il rischio per niente remoto di creare cartelli, accordi tra i fornitori di accesso per limitare lo sviluppo potenziale dei servizi, o nel peggiore dei casi, potrebbero diventare censori di quello che può o non può essere messo in rete,applicando un controllo preventivo. Sono scenari che fanno rabbrividire gli attuali fruitori della rete, ma, senza esagerare con l'enfasi, potremmo essere costretti a difendere la libertà anche nell' iperspazio. Le problematiche sul controllo di Internet sono di difficile diffusione in primo luogo perchè solo il 2% della popolazione mondiale ha accesso alla rete, 

in secondo luogo perchè i mezzi di comunicazione più diffusi, giornali etelevisione, appartengono, o sono collegate alle aziende fornitrici dell' accesso alla rete, che possono decidere di non fare troppa pubblicità alla questione.

L' Evoluzione della Specie

Che la G. porti con sé cambiamenti profondi in ogni aspetto della vita civile e sociale sembra ormai accertato,probabilmente mettendo in discussione i concetti, dovremmo ampliare la discussione anche ai ruoli che sono richiesti da una determinata visione della società.

Ovviamente la funzione che qui mettiamo in discussione è quella del giurista, cercando di evidenziare il suo modo di operare all' interno della società dell' informazione, dei servizi e di Internet.

Dalla rivoluzione francese il giurista è la “bocca della legge”, lasciando così ben pochi dubbi all' interpretazione della struttura della società che è nata dopo la presa della Bastiglia nel Luglio del 1789.

Bocca della legge significa che c'è un gap, all' interno del giurista, tra la vita reale e quella creata dalla legge, se si deve decidere secondo la legge si deve interpretare la società attraverso il filtro imposto dal legislatore. Non ci soffermiamo sulle varie caratterizzazioni che possono essere assunte dallo Stato, a seconda del rapporto tra potere esecutivo e legislativo, sappiamo però che la legge e la sua applicazione incondizionata da parte dei giudici, possono portare a momenti molto bassi e dolorosi dell' esperienza umana.

Sappiamo anche che non possiamo lasciare l' amministrazione della giustizia alla discrezionalità dei singoli giudici, senza fornirli di un quadrodi principi e di normeall' interno del quale operare.

Siamo costretti quindi a fare un passo indietro e a ricollegarci a quanto detto sul ruolo del legislatore tradizionale nell' era della G., ricordando brevemente la difficoltà di adattare gli strumenti e il modo di ragionare dei legislatori nazionali ad una realtàche non scavalca solo i confini tra Stati ma anchei confini fisici e si svolge addirittura nell' iperspazio.

Se è vero il legame tra giurista e legislatore, come negare che la lentezza del legislatore tradizionale rende difficile il compito del giudice nel momento in cui, difronte a situazioni nuove non ci sono norme appropriate?

Da più parti si sottolinea la lentezza della legge nei confronti dello sviluppo non solo delle nuove tecnologie, ma anche nei confronti della società che da queste nasce.

I più attenti osservatori dell' evoluzione tecnologica si rendono conto di un ' altro elementonuovo, che non riguarda strettamente il ruolo del giurista rispetto al potere legislativo, ma la natura stessa dei rapporti che devono essere disciplinati.

Molto spessoè difficile applicare il paradigma norma violata/sanzione, come accade, già tra mille difficoltà nella vita concreta, con giudici di gradi diversi, che applicano regole più o meno stabili, derivate dal potere legislativo.

Nella Rete, solo a fatica riusciamo ad applicare le regole degli istituti che normativamente hanno raggiunto un grado di evoluzione soddisfacente, come gli istituti classici del diritto privato, ma i problemi raramente vengono risolti ex ante, cioè prima che accadano, dal legislatore, che non ha certo il dono della lungimiranza. A tutto ciò dobbiamo aggiungere la situazione sfavorevole dei giuristi di Civil Law nei confronti di quellidi Common Law, per i quali come è ben noto, vige il principio dello “stare decisis”, che oltre ad avere l' effetto del precedente vincolante, accorda ai giudici la possibilità di creare diritto.

La realtà arriva molto prima nelle aule dei tribunali che nei parlamenti, ed i giudici non possono rifiutarsi di decidere, ecco dunque la necessità di ripensare il ruolo del giudice, attribuendogli il compito delicato di anticipare il legislatore con scelte che richiedono un bilanciamento degli interessi, capacità che fino ad ora abbiamo attribuito solo al potere legislativo.

Siamo inoltre giuridicamente abbastanza evoluti per creare strumenti atti amantenere le garanzie necessarie alla corretta amministrazione della giustizia.

Nell' iperspazio le regole sono diverse da quelle della vita concreta, e i qualsiasi tentativo di regolamentare la vita, il flusso di bit, sarebbe rischioso per lo sviluppo dello stesso Web. L' immagine di un controllo dall' alto, verticale e gerarchico, della rete fa rabbrividire.

Per mantenere il paradigma Stato-Legislatore-Giudice in rete, dovremmo inventarci un organismo planetario, rappresentante di ogni singola istanza immaginabile, fosse questa proposta da un solo individuo, per mantenere il carattere di democraticità assoluta che ha la rete, accesso permettendo ed escludendo i fini illeciti, potremmo parlare di democraticità positiva.

Questo ovviamente è di difficile attuazione, ma a guardare bene non è vero che rete non ha regole, lo abbiamo dimostrato parlando di comunità, virtuali e non, di individui 

legati tra loro da un interesse comune, da una necessità, da una professione.

Questi gruppi aperti, nel senso che chiunque può far parte di più gruppi contemporaneamente, hanno i loro codici, una loro autoregolamentazione, delle norme 

alle quali il singolo decide di sottostare, e se lo ha scelto anche il rischio di violare le norme si abbassa, perchè non sono imposte dall' alto, perchè sono aderenti al suo pensiero. Se ci fosse una violazione sarebbe problematico l' intervento del giudice statale, la soluzione più ovvia sarebbe l' esclusione del soggetto da parte della comunità, il prezzo da pagare, la pena se volete, sarebbe il divieto di accesso al gruppo, che nell' iperspazio e nell' era dell' accesso è il deterrente più efficace.

I giudici nazionali perdono efficacia anche nei confronti del mercato, nel quale i soggetti, soprattutto privati e con interessi multinazionali preferiscono utilizzare le forme di arbitrato, che uniscono all' imparzialità del giudice, deciso magari di comune accordo dai litiganti, la possibilità di margini contrattuali sicuramente più aderenti alle loro necessità, al rispetto dei quali l' intervento statale con regole standard, può risultare troppo intrusivo.

Inoltre e per concludere, rendere i giudici svincolati dal potere legislativo, oltre a renderli attori privilegiati della G., potrebbe responsabilizzarli, costringendoli ad avere una visione non solo legale ma anche culturale molto più aderente alle necessità della società che contribuiscono a creare, senza avere le giustificazioni fornite dalla applicazione della legge, come volontà altrui, del legislatore.

Pars pro Toto

Ci serviremo di questo paragrafo non per arrivare a delle conclusioni, ma solo per dare un' idea della diffusione della G. .

Pars pro toto in latino significa considerare una parte come se fosse il tutto, ed è l'errore in cui è facile cadere quando parliamo della G., fenomeno con un nome ambiguo, che sembra riguardare il mondo intero, tutta l' umanità, ed in parte è anche vero, ma lo sviluppo tecnologico che ha permesso l' annullamento dello spazio e del tempo e la creazione dell' iperspazio, riguarda a malapena il 2% della popolazione mondiale.

In particolare sono i paesi ricchi del mondo occidentale che hanno coniato questo termine, legato alle tecnologie, all' allargamento dei mercati, e al flusso delle comunicazioni, alla New Economy, all' industria dei servizi e dei contenuti.

E' globalizzato chi ha accesso alle tecnologie, ma in molti paesi il telefono rimane ancora un miraggio, e l' iperspazio non fa dimenticare di sicuro i bisogni primari, come l' acqua e il cibo. Le persone molto critiche, ed essere critici è spesso una virtù, sostengono che il termine G., andrebbe sostituito con Americanizzazione, la diffusione del modello americano su scala occidentale, infatti mentre molti paesi dell' estremo orientesono ancora lontani dall' accettare certi modelli, tra i paesi più ricchi del mondo non è difficile trovare una cultura comune di base.

Partiamo ancora da Seattle, dove la voce dei paesi in via di sviluppo non ha trovato amplificazione solo nelle manifestazioni in strada, ma ha avuto un ruolo importante anche all' interno dell' edificio in cui si discuteva il “Millenium Round” del Wto.

Il fallimento degli accordi non è avvenuto solo per la prima espressione di quella che abbiamo chiamato “società civile globale”, ma anche per la ferma opposizione dei paesi in via di sviluppo nei confronti dei metodi utilizzati nei loro confronti dai paesi ricchi, in particolare Stati Uniti, Canada, Unione Europea e Giappone.

Il carattere antidemocratico del Wto è emerso nelle famose Green Rooms, stanze in cui i rappresentati dei paesi, che per semplicità chiamiamo ricchi, si riunivano con delegazioni di singoli paesi “poveri”, comunque del sud del mondo.

Il fatto di non discutere con tutte le delegazioni, ha messo in allarme i rappresentanti dei paesi in via di sviluppo, che hanno intuito il tentativo di frammentazione di cui erano oggetto, frammentazione che avrebbe indebolito le loro singole posizioni.

Esemplificando immaginate i rappresentanti della Repubblica Domenicana, o del Ghana, che difendono le loro posizioni e propongono politiche a loro favorevoli, di fronte ai rappresentanti dei paesi ricchi, paesi che come gli Stati uniti hanno i due terzi di avvocati di tutto il mondo, e che quindi hanno anche raffinati strumenti di persuasione, a cominciare dalla lingua a loro favorevole.

Nonostante infatti le lingue ufficiali del Wto siano inglese, francese e spagnolo, i documenti del “Millenium Round” erano redatti solo in inglese, fatto di non poco conto nel momento in cui la chiarezza dei termini e persino quella delle sfumature può diventare vitale per interi paesi e per le rispettive economie.

Tutto questo ha portato ad un tentativo delle federazioni del sud a confederarsi creando un fronte compatto da opporre ai paesi ricchi, con scarsi risultati, anche per i motivi di comunicazione che abbiamo citato, creando una netta frattura all' interno del Wto. Questa presa di posizione dei paesi poveri era già stata annunciata a Marrakesh, due mesi prima di Seattle, in una riunione del gruppo dei “77” (organizzazione di centotrenta paesi in via di sviluppo, in risposta al G7, il forum dei paesi più industrializzati del mondo), nella quale si era sancito la regola delle tre “R” (riparare, rivalutare, riformare), come condizione previa a qualsiasi nuova forma forma di liberalizzazione.

Un' altro avvertimento era arrivato dalla riunione dei Paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico), tenutasi a Santo Domingo, nella quale si chiedeva di sostituire il principio della “nazione più favorita”, tanto caro al Wto, con quello del “trattamento speciale differenziato”, più favorevole alle necessità dei paesi in via di sviluppo.

In questa conferenza il presidente del Madagascar aveva definito la G. come una “dottrina totalitaria, cui è sotteso un pensiero unico, che coincide con quello della più grande potenza del mondo”, e aveva attaccato anche il Wto, definendolo “istituzione privilegiata della G., che imporrà le sue regole a tutte le attività umane, definendole oggetto di commercio”.

Se a queste parole aggiungiamo quelle del vice-presidente dell'Oua (Organizzazione dell' Unità Africana) che ha sottilineato durante il vertice di Saettle “l' assenza di trasparenza nei negoziati e l' emarginazione dei paesi africani, generalmente esclusi da decisioni di vitale importanza per le (loro) popolazioni” intuiamo come il clima non sia di collaborazione e di reciproca fiducia all' interno del Wto.

Il problema non è certo di definizione, non è importante sapere se G. significa annullamento delle distanze o superamento dei confini o se invece è un termine riferito 

ad una situazione che riguarda tutta la popolazione mondiale, perchè il termine si presta a tutte queste sintetiche definizioni, l' importante è non fraintendere la portata di un fenomeno che,dal punto di vista della diffusione del benessere, di migliori condizioni di vita e di aumento della ricchezza, non è certamente diffuso su scala planetaria come il nome potrebbe far supporre, ma riguarda solo una percentuale ridotta della popolazione mondiale.

C'è una G, nel senso di fenomeno che allarga i suoi effetti alla maggior parte della popolazione globale, molto più rischiosa e molto concreta, è la G. della povertà,drammatica e attuale, è l' unica G. che siamo riusciti a costruire fino ad ora.

Sarà dunque utile ridimensionare la G. della quale abbiamo parlato nei paragrafi precedenti, ripensando il fenomeno in relazione alla visione del mondo che ha avuto Armstrong , il primo uomo a vedere la Terra interamente dalla Luna.

Forse proprio in quel momento è nata la globalizzazione, la rappresentazione in unità di ciò che e sempre apparso molteplice.

Homus Sapientissimus

Ritorniamo alla G. dei paesi ricchi per osservare lo sviluppo del fenomeno da un punto di vista particolare, legato allo sviluppo delle tecnologie e del loro potenziale di pericolo intrinseco. Cerchiamo di evidenziare il lato oscuro dello sviluppo tecnologico legato alle reti, e di capire soprattutto i timori e le preoccupazioni non dei nuovi millenaristi, ma degli addetti ai lavori, sulla direzione che la tecnologia ha preso,e perchè è, se lo è, la direzione giusta.

Citiamo innanzitutto la legge di Moore, formulata nel lontano 1965, da uno dei fondatori dell' Intel, che sosteneva che la potenza dei “chip”, detto elementarmente il cervello del computer, raddoppia ogni 18-24 mesi.

Ovviamente aveva ragione e adesso anche i personal computer per uso domestico hanno una potenza di calcolo impressionante, se pensiamo inoltre alla diffusione esponenziale dei pc nei paesi industrializzati, e del conseguente aumento degli utenti di Internet, i problemi che si pongono sono molto seri semplicemente perchè molti, quasi tutti hanno a disposizioni le armi (i pc) e anche le pallottole (i dati di ogni tipo scaricabili da chiunque sulla rete),ma non è detto che abbiamo la mira adatta a controllare una potenza di fuoco che potrebbe dimostrarsi devastante.

La metafora delle armi non è casuale, è aderente al modello di libertà singolare che tanto affascina i fruitori dell' web, è inoltre, almeno per gli americani, un diritto e contemporaneamente una garanzia di uguaglianza, tanto come è concesso a tutti di fare browsing, gli effetti, che pure sembrano così distanti tra i due termini della metafora non sono molto dissimili.

Anche con i mezzi messi a disposizione dalle nuove tecnologie si possono fare danni inquantificabili, tanto come sparare con una pistola.

Il concetto che stà alla base del ragionamento è stato espresso da Billy Joy,uno dei cofondatori della Sun Microsystem, un colosso del software, che in un articolo su Wired, la bibbia delle nuove tecnologie e dei loro effetti, ha messo in guardia dalla possibilità, legata all' accesso libero alle tecnologie, di un uso dannoso dei dati che, sulla rete, sono di pubblico dominio.

Joy è uno dei realizzatori di Jini,un buon esempio di standard, il primo software che semplifica la connessione in rete di più dispositivi (telefoni cellulari, elettrodomestici, cancelli elettrici) che sono in grado di comunicare tra loro. Le applicazioni di questo modello vanno dalla semplice vita domestica alla gestione di una intera città, creando quella che si definisce intelligenza distribuita. La nostra Cassandra quindi è una voce autorevole che si preoccupa di porre interrogativi all' intera comunità scientifica legata allo sviluppo delle nuove tecnologie.

E' molto importante notare che un certo desiderio di regolamentazione derivi proprio dall' interno della G., da chi la costruisce giorno dopo giorno, ed è una richiesta che sembra andare nella direzione opposta a tutto quanto detto a proposito della democraticità di Internet.

Abbiamo visto il dibattito sull' accesso libero-accesso chiuso riguardo alla banda larga, e dopo aver esaltato la funzione democratica di Internet come amplificatore di idee e della libertà di espressione, troviamo una voce contraria che ci mette in guardiadalla possibilità che, ad esempio, la mappa del dna venga utilizzata per creare virus letali. Questo, oltre a confondere ancora di più le idee su che cosa significhi globalizzazione, ci fa ripiombare nel dubbio della necessità o meno di un controllore, di un garante, più in generale di regole da applicare ad Internet.

Anche in questo caso c'è un equilibrio delicato tra la tutela della libertà, lasciare Internet senza regole o riconoscere solo le regole delle comunità, i codici di autoregolamentazione, ma c'è anche il bisogno di una tutela collettiva preventiva, limitando l' accesso a dati che sono potenzialmente pericolosi, come quelli riguardanti il dna. Il sistema è fragile, e gli hakers, i pirati informatici,non si limitano a commettere reati, peraltro difficilmente punibili, possonoprovocare danni per milioni di dollari (i capitali sono in rete, basta intercettarli) possonomodificare dati personali, reati che hanno un valore difficilmente quantificabile, e già nella forma in cui sono soliti colpire oggi, senza un' apparente disegno criminale, come schegge impazzite, si dimostrano pericolosi, se uscissero dall' anarchia in cui si muovonoper aderire ad un progetto criminale complesso, l' iperspazio diventerebbe un incubo.

A tale proposito c'è un' intero filone di narrativa definita “Cyberpunk”, ricca di proposte visionarie, giuridicamente poco rilevanti ma di sicuro effetto.

La soluzione proposta da Joy, per rispondere al gravoso quesito, è tecnologica, si basa sull' affidabilità. La teoria è molto semplice: rendere i software affidabili, come per natura devono essere i programmi che non tollerano errori, come quelli di gestione del traffico aereo, o delle sale operatorie degli ospedali.

I più fervidi osservatori potrebbero intuire la nascita di software intelligenti, che riconoscano gli errori, e che riescano, dunque, a proteggere i dati o, in generale, la situazione per cui sono stati creati.

La soluzione di Joy è ovviamente quella di un tecnico, ed è ovvio che risolve solo una parte del problema, ma, concludendo,c'è un modo di vedere la questione che rinvigorisce la posizione dell' uomo nei confronti della tecnologia, di Internet e dei loro potenziali effetti, compresi quelli di esclusione.

Dobbiamo capire quanto l' uomo, al livello di sviluppo evolutivo attuale, può influire sulle scelte da compiere, seha la capacità o se manca ancora un grado di evoluzione che gli permetta di affrontare situazioni complesse a livello individuale e sociale.

Possiamo dire, in termini più semplici, che la rivoluzione tecnologica, con le sue conseguenze, può sfuggire dal controllo umano perchè le capacità di calcolo complesso dell' homo sapiens-sapiens non sono in grado di considerare tutte le variabili?

Stiamo discutendo di un nuovo tipo di determinismo che spoglierebbe l' uomo della responsabilità di scelte a cui non può arrivare, indipendenti dalla volontà degli individui, condizionati dal loro grado evolutivo,così come le teorie deterministiche deresponsabilizzavano i soggetti autori di reato, colpevolizzando non il singolo ma la società. Questa sarebbe una visione fatalista per ovvi motivi di mancanza di qualsiasi forma di controllo, molto distante dal dantesco “fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtude e conoscenza”.

Sono in molti infatti a pensare che il grado evolutivo dell' uomo sia molto elevato, anzi 

che l' evoluzione potrebbe anche essersi fermata, e che l' unica evoluzione possibile sia d' ora in avanti quella culturale.

Il sistema economico, la Costituzione, il welfare state e la bomba atomica sono tutte costruzioni dell' uomo, così come Internet, la rete, la globalizzazione, è l' uomo che decide il modo in cui crearli, a chi renderli accessibili, in funzione di che cosa usarli, e crea tutto questo con la sua capacità di scegliere, crea a sua immagine e somiglianza, e la responsabilità di questa seconda creazione è di tutti.

Fonti

Libri:Maria Rosaria Ferrarese,

Le Istituzioni della Globalizzione, Diritto e Diritti nella società transnazionale

ed. Il Mulino 

Jeremy Rifkin,

L' Era dell' Accesso, ed. Mondadori

Articoli: Ralf Dahrendorf, Verso il Secolo Autoritario (Die Zeit) 

Pat Aufderheide, Di chi è Internet (The Progressive)

Damien Cave, Joy il guastafeste (Salon)

Steven Mufson, Padrone di un nuovo universo (The Washington Post Magazine)

Susan George, A Seattle Liberismo contro Libertà (Le Monde Diplomatique)

Susan George, La battaglia che ha sconfitto l' OMC (Le Monde Diplomatique)

Susan George, OMC, ovvero come consegnare il mondo alle multinazionali

(Le Monde Diplomatique)

Federic Clairmont, La nuova mappa del potere mondiale

(Le Monde Diplomatique)

Web: www.msf.org

www.wto.org

www.un.org

www.imf.org

www.napster.com

www.wwf.org

www.neweconomyindex.org/

www.wipo.org/eng/main.htm

http://www.amnesty.org/