Italo Svevo: La madre (da.: Il buon vecchio e la bella fanciulla e altri racconti)

In una valle chiusa da colline boschive, sorridente nei colori della primavera, s’ergevano una accanto all’altra due grandi case disadorne, pietra e calce. Parevano fatte dalla stessa mano, e anche i giardini chiusi da siepi, posti dinanzi a ciascuna di esse, erano della stessa dimensione e forma. Chi vi abitava non aveva però lo stesso destino.

In uno dei giardini, mentre il cane dormiva alla catena e il contadino si dava da fare intorno al frutteto, in un cantuccio, appartati, alcuni pulcini parlavano di loro grandi esperienze.

...

E parlarono del mondo e della sua vastità, con quegli alberi e quelle siepi che lo chiudevano, e quella casa tanto vasta e alta. Tutte cose che si vedevano già, ma si vedevano meglio parlandone.

Però uno di loro, dalla lanuggine gialla, satollo - perciò disoccupato - non s’accontentò di parlare delle cose che si vedevano ma trasse dal tepore del sole un ricordo che subito disse:- Certamente noi stiamo bene perché c’è il sole, ma ho saputo che a questo mondo si può stare anche meglio, cosa che molto mi dispiace, e ve lo dico perché dispiaccia anche a voi. La figliuola del contadino disse che noi siamo tapini perché ci manca la madre. Lo disse con un accento di sì forte compassione ch’io dovetti piangere.

Un altro più bianco e di qualche ora più giovine del primo, per cui ricordava ancora con graditudine l’atmosfera dolce da cui era nato, protestò: - Noi una madre l’abbiamo avuta, è quell’armadietto sempre caldo anche quando fa il freddo più intenso, da cui escono i pulcini belli e fatti.

...

Il desiderio della madre presto infettò tutto il pollaio e si fece più vivo, più inquietante nella mente dei pulcini più anziani.

Tante volte le malattie infantili attaccano gli adulti e si fanno per loro più pericolose, e le idee anche, talvolta.

L’immagine della madre quale si era formata in quelle testine scaldate dalla primavera, si sviluppò smisuratamente, e tutto il bene si chiamò madre, il bel tempo e l’abbondanza, e quando soffrivano pulcini, anitroccoli e tacchinucci divenivano veri fratelli perché sospiravano la stessa madre.

Uno dei più anziani un giorno giurò ch’egli la madre l’avrebbe trovata non volendo più restarne privo. Era il solo che nel pollaio fosse battezzato e si chiamava Curra, perché quando la contadina col becchime nel grembiale chiamava curra, curra, egli era il primo ad accorrere.

Un giorno, risoluto, Curra con un balzo sgusciò fuori dalla siepe che, fitta, contornava il giardino natio.

... Così capitò dinanzi alla siepe dell’altro giardino.

...

Anche qui vi era uno sciame di pulcini giovanissimi che si dibattevano nell’erba folta. Ma qui v’era anche un animale che nell’altro giardino mancava. Un pulcino enorme, forse dieci volte più grosso di Curra, troneggiava in mezzo agli animalucci coperti di sola peluria, i quali ... consideravano il grosso, poderoso animale quale loro capo e protettore.

Questa è la madre, - pensò Curra con gioia. - L’ho trovata e ora non la lascio più.

...

Ma i colpi del duro becco che piovvero su lui, certo non erano baci e gli tolsero ogni dubbio. Volle fuggire, ma il grosso uccello lo urtò e, ribaltatolo, gli saltò addosso immergendogli gli artigli nel ventre.

...

-Io sono Curra - disse umilmente il pulcino. - Ma tu chi sei e perché mi facesti tanto male?

Alle due domande essa non diede che una sola risposta.- Io sono la madre, - e sdegnosamente gli volse il dorso.

Qualche dempo appresso, Curra, oramai un magnifico gallo di razza, si trovava in tutt’altro pollaio. E un giorno sentì parlare da tutti i suoi nuovi compagni con affetto e rimpianto della madre loro.

Ammirando il proprio, atroce destino, egli disse con tristezza: -La madre mia, invece, fu una bestiaccia orrenda, e sarebbe stato meglio per me ch’io non l’avessi mai conosciuta.

 

 

ATTIVITA’ 1:

RIORDINO PAROLE

OBIETTIVI: CURA DELLA CONNESSIONE LOGICA E DELLA COERENZA TESTUALE

 

In una valle chiusa da colline boschive, , s’ergevano una accanto all’altra due grandi case disadorne, pietra e calce. Parevano fatte dalla stessa mano, e anche i giardini chiusi da siepi, , erano della stessa dimensione e forma. Chi vi abitava non aveva però lo stesso destino.

In uno dei giardini, mentre il cane dormiva alla catena e il contadino si dava da fare intorno al frutteto parlavano di loro grandi esperienze.

sorridente nei colori della primavera - posti dinanzi a ciascuna di esse -

, in un cantuccio, appartati, alcuni pulcini

ATTIVITA’ 2:

INDIVIDUAZIONE E SOTTOLINEATURA CONNETTIVI

OBIETTIVI: CURA DELLA CONNESSIONE LOGICA

 

E parlarono del mondo e della sua vastità, con quegli alberi e quelle siepi che lo chiudevano, e quella casa tanto vasta e alta. Tutte cose che si vedevano già, ma si vedevano meglio parlandone.

Però uno di loro, dalla lanuggine gialla, satollo - perciò disoccupato - non s’accontentò di parlare delle cose che si vedevano ma trasse dal tepore del sole un ricordo che subito disse:- Certamente noi stiamo bene perché c’è il sole, ma ho saputo che a questo mondo si può stare anche meglio, cosa che molto mi dispiace, e ve lo dico perché dispiaccia anche a voi. La figliuola del contadino disse che noi siamo tapini perché ci manca la madre. Lo disse con un accento di sì forte compassione ch’io dovetti piangere.

Un altro più bianco e di qualche ora più giovine del primo, per cui ricordava ancora con graditudine l’atmosfera dolce da cui era nato, protestò: - Noi una madre l’abbiamo avuta, è quell’armadietto sempre caldo anche quando fa il freddo più intenso, da cui escono i pulcini belli e fatti.

 

 

ATTIVITA’ 3:

INSERIRE OPPORTUNAMENTE I VERBI NELLA TABELLA IN BASE AL TEMPO

OBIETTIVI: SAPER RICONOSCERE LE STRUTTURE MORFOLOGICHE

 

 

In una valle chiusa da colline boschive, sorridente nei colori della primavera, s’ergevano una accanto all’altra due grandi case disadorne, pietra e calce. Parevano fatte dalla stessa mano, e anche i giardini chiusi da siepi, posti dinanzi a ciascuna di esse, erano della stessa dimensione e forma. Chi vi abitava non aveva però lo stesso destino.

In uno dei giardini, mentre il cane dormiva alla catena e il contadino si dava da fare intorno al frutteto, in un cantuccio, appartati, alcuni pulcini parlavano di loro grandi esperienze.

...

E parlarono del mondo e della sua vastità, con quegli alberi e quelle siepi che lo chiudevano, e quella casa tanto vasta e alta. Tutte cose che si vedevano già, ma si vedevano meglio parlandone.

Però uno di loro, dalla lanuggine gialla, satollo - perciò disoccupato - non s’accontentò di parlare delle cose che si vedevano ma trasse dal tepore del sole un ricordo che subito disse:- Certamente noi stiamo bene perché c’è il sole, ma ho saputo che a questo mondo si può stare anche meglio, cosa che molto mi dispiace, e ve lo dico perché dispiaccia anche a voi. La figliuola del contadino disse che noi siamo tapini perché ci manca la madre. Lo disse con un accento di sì forte compassione ch’io dovetti piangere.

Un altro più bianco e di qualche ora più giovine del primo, per cui ricordava ancora con graditudine l’atmosfera dolce da cui era nato, protestò: - Noi una madre l’abbiamo avuta, è quell’armadietto sempre caldo anche quando fa il freddo più intenso, da cui escono i pulcini belli e fatti.

...

Il desiderio della madre presto infettò tutto il pollaio e si fece più vivo, più inquietante nella mente dei pulcini più anziani.

Tante volte le malattie infantili attaccano gli adulti e si fanno per loro più pericolose, e le idee anche, talvolta.

L’immagine della madre quale si era formata in quelle testine scaldate dalla primavera, si sviluppò smisuratamente, e tutto il bene si chiamò madre, il bel tempo e l’abbondanza, e quando soffrivano pulcini, anitroccoli e tacchinucci divenivano veri fratelli perché sospiravano la stessa madre.

Uno dei più anziani un giorno giurò ch’egli la madre l’avrebbe trovata non volendo più restarne privo. Era il solo che nel pollaio fosse battezzato e si chiamava Curra, perché quando la contadina col becchime nel grembiale chiamava curra, curra, egli era il primo ad accorrere.

Un giorno, risoluto, Curra con un balzo sgusciò fuori dalla siepe che, fitta, contornava il giardino natio.

... Così capitò dinanzi alla siepe dell’altro giardino.

...

Anche qui vi era uno sciame di pulcini giovanissimi che si dibattevano nell’erba folta. Ma qui v’era anche un animale che nell’altro giardino mancava. Un pulcino enorme, forse dieci volte più grosso di Curra, troneggiava in mezzo agli animalucci coperti di sola peluria, i quali ... consideravano il grosso, poderoso animale quale loro capo e protettore.

Questa è la madre, - pensò Curra con gioia. - L’ho trovata e ora non la lascio più.

...

Ma i colpi del duro becco che piovvero su lui, certo non erano baci e gli tolsero ogni dubbio. Volle fuggire, ma il grosso uccello lo urtò e, ribaltatolo, gli saltò addosso immergendogli gli artigli nel ventre.

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TABELLA PER ATTIVITA’ 3

PRESENTE

IMPERFETTO

PASS. PROSSIMO

PASSATO REMOTO

TRAP. PROSSIMO

         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         

 

ATTIVITA’ 4:

INSERISCI OPPORTUNAMENTE I VERBI DEL BRANO PRECEDENTE IN BASE AL MODO

OBIETTIVI: SAPER RICONOSCERE LE STRUTTURE MORFOLOGICHE

INDICATIVO

CONGIUNTIVO

GERUNDIO

INFINITO

PARTICIPIO

         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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