La mattina dopo
di Giulietto Chiesa |
E' la mattina dopo il primo attacco americano
sull'Afghanistan. Ho visto le televisioni, ieri sera, ho ascoltato toni,
commenti. Sono angosciato per la guerra che comincia e per i commenti e
i toni che ascolto. E' un'ondata bellicista che mai prima d'ora mi era
accaduto di sperimentare. Non c'è spazio non solo per l'umanità
e per la verità, ma neppure per la logica più elementare.
E per la decenza. Ascolto giornalisti che, senza fare una piega, riferiscono
notizie che sanno false (se non lo sanno è peggio, perché
vuol dire che non sanno neppure distinguere), o che sono palesemente ridicole.
Come quella secondo cui gli aerei americani starebbero lanciando porzioni
alimentari sulla popolazione afgana, <innocente>.
Dio mio, com'è possibile riferire, senza degnarla di un commento critico, una tale idiozia, pensata in qualche ufficio stampa militare? Bisognerebbe aiutare la gente a capire. E' un suo diritto, ma invece di adempiere al dovere di informare si fa a gara per negarlo. E io credo, invece, che si debba cercare di capire cosa accadrà, in modo che milioni di persone sappiano dove stanno andando, dove vengono trascinate senza che se ne rendano conto. Sì, è probabile che Kabul venga presa nella prossima settimana. Presa da chi? Questo non è chiaro. Non è chiaro se i taliban verranno neutralizzati, non è chiaro se verranno massacrati, non è chiaro se Osama bin Laden sarà catturato o ucciso, non è chiaro se i leader talibani subiranno la stessa sorte. Non è chiaro nulla. L'unica cosa chiara è che ci saranno altre vittime tra la popolazione civile. I commentatori sembrano tutti certi che non c'era altro modo per combattere il terrorismo. Ma siamo proprio certi che non c'era altro modo? Chi l'ha detto? E come mai nessuno si ricorda che questo terrorismo è stato alimentato, creato, foraggiato, da quegli stessi che lo bombardano? E come mai nessuno si ricorda che, in nome della giustizia e della libertà, e della punizione dei responsabili, si stanno usando le basi militari del Pakistan, che non è affatto un paese democratico e che è stato il principale organizzatore e creatore dei taliban? Tutti smemorati questi esperti, e commentatori, e politici che si affrettano ad ogni parola a esprimere solidarietà con l'America. Colpita da una tragedia, e che meriterebbe altra solidarietà, non quella di chi la incita ad andare avanti su una strada sbagliata, che non le porterà di sicuro pace e tranquillità, ma altra tragedia e altre morti. Dio salvi l'America da questo tipo di amici! Allora bisogna cercare di ragionare. Sulle cause che ci hanno portato fino a questo punto terribile, ma anche sulle conseguenze immediate che dovremo fronteggiare. Per esempio : anche se l'Occidente riuscirà a uccidere Osama bin Laden, e il mullah Omar, l'esito più probabile è una nuova fase della guerriglia, con l'Alleanza del Nord al governo e i taliban sui monti. Dietro di loro, ad armarli, ci sarà comunque una formidabile concentrazione finanziaria: quella che li ha finanziati fino a ieri, quella dell'oppio, che ha le sue basi in Pakistan e nelle maggiori banche occidentali. E bisognerà fare il check-up della situazione nel mondo islamico. In primo luogo in Pakistan, dove il generale Musharraf, preso per la collottola da Bush e Blair, ha dovuto abbandonare i taliban, ma ha anche dovuto cacciare via una quindicina di generali, per evitare che lo sbalzino di sella, e dovrà ora fronteggiare folle islamiche inferocite che innalzano i taliban a eroi della fede. Le basi militari ottenute in prestito dall'Occidente potrebbero essere pagate a caro prezzo. E si dovrà vedere fino a che punto l'appello di Osama alla guerra santa avrà effetti nei paesi arabi e islamici amici dell'Occidente: Pakistan in primo luogo, e poi Arabia Saudita, Egitto, Emirati arabi, Marocco e tanti altri. Il tutto mescolato in una tremenda catena di azioni e reazioni nella quale si colloca la continuazione dell'11 settembre, contro l'America e i suoi alleati. Altri attentati, altra paura, altre vittime civili. Perché dovrebbe essere evidente che Osama e i suoi fanatici utilizzano le disuguaglianze del mondo per alimentare la propria barbarie. Il che non li assolve certamente - ed è questa la tremenda ambiguità della situazione, che le canaglie utilizzano con la massima spregiudicatezza - ma non deve impedire di denunciare quelle disuguaglianze . Mentre c'è già pronta una legione di canaglie che vuole chiudere la bocca a tutti coloro che invitano alla saggezza perché capiscono che non si porrà fine alla spirale di violenza e di barbarie - cui l'Occidente sta prendendo parte - senza cambiare il sistema dei rapporti tra stati, tra paesi ricchi e poveri, ristabilendo una legalità internazionale accettabile dai cinque sesti della popolazione del pianeta. Ci stiamo tutti cullando nell'illusione che basti colpire, una ad una, le maglie di Al Queida, e non sembriamo renderci conto che il problema è immensamente più vasto dei confini Afgani. E corriamo tutti dietro al presidente degli Stati Uniti, che è stato capace, fino ad ora, soltanto di immaginare una strategia che produrrà un'altra serie di guerre, inesorabilmente. E già ci viene comunicato che, dopo l'Afghanistan dei taliban toccherà ad altri obiettivi, per esempio il Sudan ,e poi l'Iraq, e poi l'Iran. O altri esempi che s'individueranno all'occorrenza. Colpi su colpi, nella logica esclusiva che ci ha portato fino a qui: la logica del più forte. E non c'è quasi nessuno che gridi, con quanto fiato ha in gola, che questa logica ci rende tutti ancora più ingiusti e ancora più deboli. 8 ottobre 2001
|