Freedom Fighters
NEL 1998, le rivelazioni dell'ex direttore della Cia, Robert
Gates, confermavano che gli Stati uniti
avevano cominciato ad aiutare l'opposizione al regime filo-sovietico
di Kabul diversi mesi prima dell'intervento sovietico. Zbigniew Brzezinski,
consigliere per la sicurezza del presidente Carter, era stato l'uomo chiave
della politica di aiuto massiccio nei confronti dei «combattenti
della libertà» afghani. Intervistato nel 1998 da Le NouveI
Observateur (1) per sapere se si rammaricava di tale operazione, rispondeva:
«Rammaricarsi, e di che? Questa operazione segreta è stata
un'idea eccellente. Ha avuto l'effetto di attirare i russi nella trappola
afghana. E voi volete che me ne rammarichi? Il giorno in cui i sovietici
hanno ufficialmente passato la frontiera, ho scritto al presidente Carter
in questi termini: "Abbiamo l'occasione di infliggere all'Urss il suo Vietnam"
(...) Cos'è più importante, rispetto alla storia del mondo?
I taliban o il crollo dell'impero sovietico? Qualche fanatico islamista
o la liberazione dell'Europa centrale e la fine della guerra fredda?».
Bisognerebbe forse rifargli ora la stessa domanda.
(1) Le Nouvel Observateur, Parigi, n "1732,15 gennaio 1998.
«Siamo con voi»
ABDUL HAQ era un comandante dei mudjaheddin, responsabile
della resistenza a Kabul. Il suo gruppo ha organizzato numerosi attentati
nella capitale afghana. In uno di questi, con una bomba all'aeroporto,
ha causato nel settembre 1984 ventotto morti, la metà dei quali
civili. Haq è stato ricevuto a Londra,nel marzo 1986, dall'allora
primo ministro britannico MargaretThatcher, quella stessa che si rifiutava
di incontrare i dirigenti dell'Ano sudafricano o dell'Olp giudicandoli
«colpevoli» di terrorismo (1). Un anno dopo, il presidente
statunitense Ronaid Reagan, celebrando tutti coloro che combattevano contro
l'«impero del male» nel mondo- dall'Angela alla Cambogia, fino
all'America centrale - riceverà «questo comandante coraggioso
che dirige i combattenti della libertà afghani». Ed esclamerà:
»Abdul Haq, siamo con voi!».
(1) Si legga Jonathan Steele, The Guardian, 5 marzo 1986.