LA SITUAZIONE GEOPOLITICA MONDIALE[1]

Johan Galtung

 

Mille grazie per questa occasione per me importantissima con la possibilità di celebrare la fondazione di un Centro Studi per la Pace. Il mio primo incontro con Torino è stato nel luglio del ’54, quarantasei anni fa. Sono arrivato in motocicletta e c’era una festa lungo il Po per me sconosciuta, la festa dell’Unità. In questa festa c’erano vino, formaggio e tutte le cose buone italiane. Credo di essere stato più o meno la preda del giorno, un norvegese con motocicletta, e una persona molto molto simpatica mi ha chiesto: “Quando arriva la rivoluzione in Norvegia?”. Ho pensato un po’ e ho risposto: “Dopo la rivoluzione in Italia”. In questi ultimi quarantasei anni molto è cambiato; il giornale che ho citato era per me un giornale di prima categoria per quanto riguarda la cultura, ma la rivoluzione marxista italiana forse, ho pensato, non arriverà mai. Allora a che punto siamo in questo momento? C’è l’anno della cultura della pace promosso dall’UNESCO per le Nazioni Unite.

La mia analisi non è troppo ottimista; ho sessantanove anni e mai ho visto il mondo tanto pericoloso. Secondo me ci sono cinque formazioni di conflitti particolarmente importanti.

Numero uno: c’è uno stato, gli USA, che cerca l’egemonia mondiale. Questa è una scelta estremista e fondamentalista, e infatti vi sono moltissimi fondamentalisti in quello stato. Questa è una posizione antiamericana? Assolutamente no. È totalmente possibile essere contro Mussolini senza essere contro l’Italia; essere contro Quisling senza essere antinorvegese; essere antisionista senza essere antisemita. È totalmente possibile essere antinazista senza essere antitedesco, essere contro questa tendenza all’egemonia mondiale senza essere antiamericano. Non accetto assolutamente questa risposta automatica di molti Americani: “You are antiamerican, that’s all thing”.

Numero due: l’economia mondiale è una catastrofe, un disastro. Ogni giorno muoiono di fame 100.000 persone; siamo molto molto ricchi; quello che succede non è affatto necessario. È facile evitarlo ma non si fa niente. C’è una crescita, c’è molto dinamismo, molto movimento nelle Borse, una crescita finanziaria, i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri; il divario cresce.

Numero tre: abbiamo in questo mondo 200 stati, 185 sono membri delle Nazioni Unite, uno stato non è voluto esserne membro, la Svizzera, e abbiamo una dozzina di stati che non hanno ottenuto ancora la libertà totale, non sono nella posizione di essere soci. Abbiamo 2000 nazioni. La nazione è, per definizione, un gruppo di persone con una cultura, una lingua, una religione, miti di esperienze gloriose e traumatiche, miti del passato e del futuro,


ma c’è anche un elemento territoriale: un lago, una montagna, delle colline, che sono le nostre. La nazione è una cultura con un elemento territoriale. E quando abbiamo due o più nazioni che vedono le stesse colline come le loro, allora nasce un problema. Con 2000 nazioni e 200 stati abbiamo una media di 10 nazioni per stato. Ma vi sono soltanto 20 stati-nazione come la Norvegia e l’Italia, nelle quali esistono solo piccoli gruppi diversi e distinti mentre il 95% della popolazione è più o meno omogenea. Questo non significa che non ci siano tendenze centrifughe, ma non sono necessariamente nazioni distinte. Abbiamo 1980 nazioni che cercano autonomia, sovranità e indipendenza. Potenzialmente esistono 1980 guerre e negli anni ‘90 ne abbiamo avute una decina che non hanno risolto assolutamente niente. Nel disastro che si chiama Jugoslavia c’è stata un’amministrazione del conflitto con un dilettantismo incredibile, non si è risolto niente e la situazione è peggiorata.

Numero quattro: la relazione tra le due religioni singolariste e universaliste. Singolarismo significa avere l’unica fede vera, e universalismo significa che questa fede è rilevante come unica fede di tutto il mondo. Naturalmente sto parlando di cristianesimo e islam. Abbiamo forse 1,5 miliardi di persone per ognuna delle due parti, la metà dell’umanità. Il conflitto è cominciato nell’anno 622 con la dichiarazione dell’Islam come religione dopo la rivelazione di Allah a Mohammed. Abbiamo avuto quasi 1400 anni di conflitto. Una religione con cristologia, e una religione molto molto simile, quella islamica, senza cristologia. Molti dicono che c’è un cristianesimo senza Cristo. Questa è una distinzione non molto esatta ma utile. Abbiamo avuto le Crociate, iniziate il 27 novembre 1095. Da allora ci sono state soltanto due occasioni, che io sappia, per ricordare quella data. Una fu organizzata a Clermont, oggi Clermont-Ferrant, che è naturalmente la sede della dichiarazione di guerra del Papa Urbano II all’Islam, senza una dichiarazione di pace. L’altro incontro, sotto forma di dialogo tra civilizzazioni, l’ho organizzato io, non essendo né cristiano né musulmano, ma piuttosto un pagano con alcuni punti buddhisti e una ideologia politica rosa, socialdemocratica con punti verdi: una sorta di cane dalmata. Questo funziona relativamente bene per organizzare un dialogo tra civilizzazioni.

Numero cinque: l’Europa tripartita, divisa in tre. Questa non è la distinzione tra democrazia, dittatura socialista, paesi non allineati, ma la divisione in: Europa cattolica e protestante dell’Unione Europea; Europa ortodossa della Russia, della Bielorussia, di metà dell’Ucraina, della Serbia e Macedonia e Europa musulmana. Queste tre parti erano presenti nell’ex Jugoslavia e con dieci anni di guerre non abbiamo risolto niente.

Dopo questa analisi (diagnosi) passiamo alla prognosi e poi a un tentativo di formulare una terapia per risolvere i conflitti.

Cosa stanno facendo esattamente gli Stati Uniti? Sarebbe meglio chiederlo all’ambasciata di Roma, ma nessuno vi risponderà. Le cose che stanno facendo sono pericolosissime: espansione della NATO verso Oriente e espansione dell’AMPO verso Occidente. Qui occorre aprire una breve parentesi sull’eurocentrismo: non credo che in sala vi siano più di dieci persone che sappiano cosa significa AMPO. AMPO è il sistema NATO nel Pacifico, il sistema di sicurezza giapponese-statunitense. Come gli Usa hanno utilizzato la Germania come punto di riferimento a terra, ora usano il Giappone per il Pacifico. Perché? Perché hanno potere, perché hanno lottato contro di loro. E qui c’è un aspetto molto importante della “cultura profonda”. Usiamo il Giappone come esempio, dove il militarismo aveva quattro livelli: il popolo in generale, totalmente mobilitato per la guerra, la casta politica, l’Imperatore e la dea del sole Amaterasu, non molto famosa in Occidente e relativamente in Oriente. Hanno vinto gli Americani. Che conclusione possiamo trarre? Quella più ovvia è che la dea Amaterasu non ha funzionato molto bene, così come l’Imperatore. Abbiamo un popolo nell’anno 1945 senza Imperatore, figlio di Dio, e senza Dio. Il generale Mc Arthur si è insediato con molto talento come nuovo Imperatore e il nuovo Dio non si chiama Amaterasu, ma si chiama America.

Penso sia successa la stessa cosa in Germania, ma non in Italia. Non credo che per gli italiani Mussolini abbia avuto la stessa posizione dell’Imperatore giapponese e di Hitler. Questo ha a che fare con il carattere degli Italiani: sono troppo pigri per credere in tutto questo, per prendere qualsiasi cosa sul serio. I Tedeschi e i Giapponesi sono perfetti. Naturalmente gli Americani hanno utilizzato, dandole molti soldi, la Democrazia Cristiana come strumento da opporre ai comunisti e il risultato è stato, come sappiamo bene, la distruzione totale del P.C.I come partito. Anche in Giappone hanno utilizzato il partito democratico, con un risultato quasi identico. Allora capiamo perché la corruzione di Kohl è una corruzione politica per realizzare il disegno americano. I soldi sono stati utilizzati esattamente per questo scopo, e credo che, raggiunto questo scopo, la previsione relativamente ovvia sia la distruzione della C.D.U. Nel mio piccolo paese hanno utilizzato il partito dei lavoratori. In generale hanno stabilito degli accordi che avevano come condizione la guerra fredda. In Italia non ha funzionato molto bene, mentre in Germania e in Giappone sì.

Perché l’espansione americana è pericolosa? Perché nella morsa di questa operazione a tenaglia ci sono i tre paesi più grandi del mondo: Russia, Cina e India, con il 40% della popolazione mondiale. Quando tutto questo è cominciato, nel ’96, ho fatto un pronostico, che era relativamente ovvio: uno, Russi e Cinesi risolveranno il conflitto territoriale dell’Ussuri, per avere il tavolo sgombra da questioni non essenziali; due, faranno un’alleanza militare; tre, la Russia coinvolgerà l’India; quattro, tenteranno di utilizzare i paesi musulmani che possono cooperare con loro. Per loro questa è una lotta di vita o di morte, perché per gli USA vi sono due fattori: uno strutturale e uno culturale. Quello strutturale si chiama JCS570/2, il documento che contiene le risposte alle domande poste da Roosevelt nel 1943 quando chiese: perché facciamo questa lotta? Sconfiggere la Germania e il Giappone era ovvio. Credo che per quanto riguarda l’Italia non l’abbiano presa sul serio. Questa era solo una piccola cosa. Lo scopo importante, la risposta vera era come controllare il mondo da parte degli USA. Per far questo occorrevano tre punti con basi fondamentali. Secondo questo documento importantissimo i tre punti sono: Europa occidentale, Asia orientale e Caraibi-America Latina del Nord. Quattro o cinque anni dopo hanno stipulato tre patti, tre alleanze militari. L’alleanza militare in America Latina si chiama TIAP (Trattato Interamericano della Pace), anche conosciuto come Trattato di Rio de Janeiro del ’47; il patto in Europa Occidentale naturalmente si chiama NATO, stipulato nel ’49;  il patto per il Giappone e l’Asia orientale si chiama AMPO, stipulato nel ’52, e ora anche Taiwan e Corea del Sud sono soci d’onore di questo sistema. L’unica cosa importante per noi è avere presente questa mappa su larga scala e capire qual è il punto di vista della Russia, della Cina e dell’India. Esse hanno pensato che tutto questo si può capire durante la logica della guerra fredda; ma ora questa non esiste più e gli USA continuano a seguire la stessa politica del ’43, ’45, ’47, ’49, ’52. Posso dare come spiegazione l’inerzia burocratica. Infatti, come dice la prima legge di Newton, quando c’è un movimento in una certa direzione, questo movimento continua se non c’è una forza contraria, e in questo caso non esiste una forza contraria, poiché bisogna essere esperti per conoscere questi fatti. Sono pochissimi coloro che conoscono il documento 570/2; la stampa non scrive assolutamente niente e non capisce niente.

Ho trovato in Giappone un dibattito molto vivo sull’espansione dell’AMPO senza che venisse spesa una parola sulla NATO e ho trovato in Europa un dibattito sull’espansione della NATO senza una sola parola sull’AMPO. Per vedere la situazione nel suo insieme abbiamo tre tipi di persone: gli Americani che fanno questi progetti a Washington; i Russi, i Cinesi e gli Indiani; alcune persone come me. Perché ne sono a conoscenza? Perché sono in giro, viaggio troppo, perché sono norvegese. È una vecchia tradizione vichinga. È utile viaggiare molto.

C’è una guerra fredda, ci sono relazioni non esattamente diplomatiche, ma di cooperazione militare che in passato sono state messe in discussione. L’unica cosa possibile, positiva, come ipotetica prognosi, è la soluzione del problema del Kashmir, perché è possibile che la Cina mobiliti il Pakistan in questa alleanza contro gli USA per la stessa ragione per cui la Russia lo ha fatto con l’India. Ma in questo caso, con la Cina e il Pakistan sullo stesso fronte del conflitto molto più importante che non quello tra India e Pakistan, occorre risolvere la crisi del Kashmir. Una previsione possibile è, dunque, che tra quattro o cinque anni vedremo una soluzione per il Kashmir.

Questa naturalmente è una formazione di conflitto pericolosissima. Cosa possiamo fare? Numero uno: parlarne e scriverne. Ci sono moltissimi articoli sulla stampa russa, cinese e indiana. Numero due: avere contatti con organizzazioni non governative in questi paesi. Numero tre: dire agli USA e ai paesi NATO e AMPO che questo conflitto non ci interessa, è un conflitto assolutamente non necessario. Qui si innesta la cultura degli Stati Uniti come un fattore importante.

Tra il 1890 e il 1910 c’era un dibattito geopolitico negli USA sulla necessità di dominare la grande isola, l’isola globale, l’Eurasia. Nel documento al quale abbiamo fatto riferimento ci sono alcune citazioni, soprattutto di Brezinsky, che ha formulato questo punto meglio degli altri: chi domina l’isola mondiale, domina il mondo. Perché è tanto importante dominare l’Eurasia? Perché secondo gli Americani tutti i mali di questo mondo provengono da lì: nazismo, fascismo, comunismo, marxismo, maoismo, islamismo, fondamentalismo, induismo fondamentalista. Per il controllo bisogna avere questo doppio tipo di movimento. È relativamente chiaro cosa stanno facendo e anche la reazione. Ancora più chiaro è che tutto è totalmente oscuro. Perché la stampa non ne parla? Credo che la stampa che abbiamo nel mondo sia una stampa corporativa, una stampa dove le notizie principali sono quelle della Borsa e per questo fanno una cosa importante: perché la Borsa sia attiva occorre avere un certo ottimismo; con il pessimismo la gente non vende, non compra.

Secondo, credo sia possibile che Washington abbia commesso un errore cento volte più grave del Trattato di Versailles, e che non sia nella condizione di ammettere di aver fatto un errore.

Terzo, la stampa nei paesi clientelari non sa cosa scrivere perché non ha ricevuto segnali da Washington per sapere che cosa scrivere. Penso che questo sia proprio il modo in cui funziona la stampa nei paesi clientelari. Vi sono eccezioni, in Italia “Il Manifesto”, in Germania parzialmente “Der Spiegel”, in Francia “Le Monde Diplomatique”, in Inghilterra “The Guardian”, “The Nation Magazine” e alcuni altri negli USA. Questo è tutto quello che abbiamo di stampa libera. Non è molto.

Situazione economica: il divario in termini di potere d’acquisto tra il 20% più povero e quello più ricco cresce del 3,1-3,2% ogni anno dopo il ’64. La crescita economica nello stesso periodo è del 2,8%. Quando il divario cresce più della crescita economica media è molto chiaro che i ricchi diventano più ricchi e i poveri diventano più poveri. Sono più poveri sino al punto di morire. Come ho detto, si tratta di 100.000 persone ogni giorno. È uno scandalo. Ma è anche uno scandalo il fatto che la stampa non dica niente. L’economia si divide in due parti: produttiva e finanziaria. Per ogni parte abbiamo la stessa logica, domanda e offerta. È possibile avere una offerta e una domanda sulla Borsa e un’attività molto molto alta senza avere un movimento corrispondente a questo nell’economia produttiva. È possibile avere una asincronia tra economia finanziaria ed economia produttiva. Un’ipotesi è che quando questa asincronia diventa eccessiva si verifica un crollo. Sono in molti che stanno aspettando questo crollo e che parlano della crisi del futuro. Per me la crisi c’è ogni giorno; la crisi è la miseria; la crisi sono i 100.000 morti, questo è un dato di due anni fa e credo che oggi siano di più. Soltanto una documentazione parla di tutto questo, una sola. E gli Americani stanno facendo tutto il possibile per uccidere questo documento: lo Human Development Report (Rapporto sullo Sviluppo Umano) delle Nazioni Unite[2].

Nei rapporti della Banca Mondiale c’è ben poca informazione sulla distribuzione; vi sono alcune cose, ma Human Development Report delle Nazioni Unite è fantastico. Questa è la verità. Ed è il risultato dello Human Development Program, il cui direttore è un Americano, e allora hanno trovato un Americano sufficientemente conservatore, e vedremo che cosa succederà. Avere uno specchio della realtà è importante e quando ogni anno loro presentano questa informazione esce sulla stampa principale un articolo di 15 righe. Quando i più ricchi del mondo fanno il loro spettacolo a Davos, con una presentazione del mondo totalmente disonesta, escono pagine su pagine. Perché? In parte perché pagano bene i giornalisti che sono lì per essere comprati e si trovano molto bene negli alberghi di Davos, molto meglio che con le poverissime Nazioni Unite, con documenti che sono noiosi, con presentazioni che non sono certo molto sexy, non molto interessanti.

Ecco perché sto dicendo che l’economia mondiale è una tragedia, una catastrofe, un disastro. La prima cosa che succede è che muoiono migliaia di persone al giorno, la seconda è la migrazione, la terza è la combinazione tra anomia e atomia, perché con un capitalismo tanto darwinista si sta distruggendo la cultura della solidarietà e ne esce una cultura dell’egoismo istituzionalizzato, nella quale il valore principale è il rapporto tra beneficio e costo individuale e questo in tutte le società. E di conseguenza avverrà la distruzione del tessuto sociale. Il 40% delle “famiglie” in Svezia sono famiglie di una persona e molto spesso sono costituite da una donna vecchia e sola che non ha contatto con nessuno, una caricatura della società, ma questa caricatura vista in generale è anche una caricatura voluta, nel senso che senza solidarietà è molto difficile organizzare una resistenza. Invece della resistenza si avranno quattro fattori: violenza, corruzione, settarismo e nazionalismo. Violenza: se l’unica norma importante è il beneficio individuale, perché non utilizzare la violenza con la scusa che anche gli altri sono violenti sino ad avere troppa violenza per la polizia? Questo è soltanto un modo di calcolare la quantità di violenza che la polizia non riesce più a controllare, e va molto bene in Colombia dove il 98% della violenza omicida avviene senza nessuna reazione di punizione. Numero due, la corruzione: è buona, è uno stimolo per il mercato ed è un fattore importantissimo in diversi paesi. Numero tre, settarismo in quanto la setta è una casa senza anomia e senza atomia dove vi sono delle norme che sono norme di solidarietà e quando la società non è in condizione di poter offrire queste norme moltissime persone cercano una famiglia alternativa. E la setta più importante si chiama nazionalismo. Perché il nazionalismo? Non credo nell’analisi che vede il nazionalismo esplodere negli anni novanta perché non c’è più la guerra fredda, durante la quale non erano permesse le lotte nazionaliste. Credo che la causa fondamentale è l’anomia sociologica ed esattamente l’anomia di Durkheim. Anomia è una parola di origine greca e indica una cultura senza norme che impediscano la criminalità e questo ci riconduce immediatamente al punto numero tre, ossia abbiamo la crescita del nazionalismo anche come tentativo di avere una famiglia grande, la solidarietà, uno scopo che non è solo individuale, egoistico. Naturalmente ci sono moltissime persone che si dedicano a questo e sono totalmente disposte a sacrificare la vita per lottare per il nazionalismo.

Perché negli anni ’90, quando Adam Smith ha detto tutto questo già nel 1776, con la dottrina della mano invisibile? Per capire tutto ciò è meglio utilizzare un altro scienziato sociale, il filosofo indiano Sarkar[3], che non è molto ben conosciuto, ma ha una teoria che ritengo piuttosto importante.

È un tipo di circolazione delle élites simile a quello descritto da Pareto, ma molto più interessante. Secondo Sarkar abbiamo tre élites e il popolo; le tre élites sono i militari, gli intellettuali e i commercianti. Iniziamo dai militari, con una piccola premessa: il mondo è relativamente sincronizzato per due fenomeni, la seconda guerra mondiale e la guerra fredda. I militari naturalmente hanno avuto degli anni fantastici, dal 1940 fino al 1980, credo; non il 1989, perché penso che la guerra fredda in un certo senso fosse già morta nel 1980, dieci anni prima. Hanno avuto quarant’anni fantastici, con moltissimi soldi, moltissimi generali, moltissime stelle, moltissime possibilità di mobilità, alcune guerre, medaglie e tutto il resto….

Qui si giunge al problema di Sarkar: quando un’élite è al potere, dove si trova la sofferenza nella società? E la sua risposta, in questo caso, è che la troviamo tra gli intellettuali; perché il linguaggio dei militari è un linguaggio molto limitato: alt, stop, shut, sono tre parole che più o meno bastano.

Quanto ai diritti umani, non sono molto sviluppati.

Durante il predominio dei militari, la situazione per gli intellettuali è pessima. Credo si possa affermare che gli intellettuali sono arrivati al potere già negli anni settanta; con moltissimi soldi per le università.

Invece di generali, rettori, presidi; invece di ufficiali, professori; invece di soldati, studenti; invece di fucili, case editrici e libri: un’epoca buona.

Ma tutti questi soldi vengono dallo stato e gli intellettuali, in generale, sviluppano un’ideologia prostatale. Credo che molti intellettuali negli anni ‘70 fossero socialisti, socialdemocratici, ecc…, perché avevano ricevuto molte cose dallo stato, cose belle, e non è tanto facile distruggere la mano che ti dà il cibo.

Dov’era allora la sofferenza? Tra i commercianti.

Chi sono stati i “liberatori” dei commercianti? Sono stati due, un uomo e una donna che hanno avuto un’importanza fantastica nella storia mondiale come catalizzatori: Ronald Reagan e Margareth Tatcher, per via della loro formulazione e realizzazione di un’economia senza stato. Da quel momento siamo entrati nell’epoca dei commercianti.

Ma la teoria di Sarkar non prevede che la storia finisca con l’era dei commercianti. Infatti, dov’è ora la sofferenza? Nel popolo, perché i commercianti fanno sempre lo stesso errore, cioè non pensano ai poveri, sono produttori di ricchezza e di miseria nello stesso tempo; hanno molto più cuore per i ricchi che per i poveri, organizzano Davos, organizzano Seattle, e in seguito a ciò abbiamo avuto una risposta da persone che offrono solidarietà ai poveri e alla natura. Avvenimenti importantissimi.

La risposta di Sarkar è che l’epoca dei commercianti finisce con una rivoluzione popolare. Ma la rivoluzione popolare non dura molti anni perché i commercianti si rivolgono ai militari e agli intellettuali dicendo loro “per Dio, fate qualche cosa, questo è pericoloso per la nostra civiltà”. E allora torna la dittatura militare e inizia il ciclo numero due; questi cicli si chiamano Storia Mondiale, secondo Sarkar.

Come tutte le teorie gigantesche ha i suoi errori e le sue esagerazioni, ma ci dice una cosa importante, perché abbiamo vissuto tre fasi di questo ciclo e siamo in una situazione in cui è possibile che la crisi economica continui e che avvenga una rivoluzione popolare.

L’analisi degli USA è che questa sollevazione globale verrà dalla Russia, dalla Cina, dall’India e da alcuni paesi musulmani fondamentalisti.

Cosa possiamo fare?

Credo che un’“economia di sussistenza”, un’economia locale, un’economia di ogni comune, come stanno facendo ad esempio in Kerala e in Malesia, può essere una risposta.

Invece di avere lo stato come organizzatore di un’economia alternativa, avere il comune.

Abbiamo duecento stati e due milioni di comuni; sono capaci di fare questo? La maggioranza no. Esiste la tecnologia? Sí, ed è accessibile grazie a un altro fenomeno americano: Internet.

Daranno la tecnologia alternativa attraverso Internet ai poveri? Credo di no. Ma Internet è controllabile dal basso, e questo è importante.

Qui abbiamo alcuni indicatori della lotta per i prossimi anni.

Alcune parole su cristiani e musulmani.

Come ho detto c’è stata una dichiarazione di guerra e nessuna dichiarazione di pace.

Ho partecipato a moltissimi incontri, poiché sono molto attivo in tutti questi cinque processi di formazione del conflitto.

Dialogo tra cristiani e musulmani.

In questo dialogo io pongo ad entrambi due domande molto molto semplici.

La prima: che cosa ci fa paura nell’altra religione? La seconda: che cosa hai trovato di positivo nell’altra religione? In una versione più completa si può fare la stessa domanda anche per la propria religione.

Cosa rispondono? I cristiani dicono che hanno paura del fondamentalismo musulmano, della violenza, del terrorismo, delle bombe, della brutalità. I musulmani dicono che hanno paura del fondamentalismo cristiano, della tesi di Agostino sulla Guerra Santa. I cristiani temono la Jihad, che naturalmente non significa Guerra Santa, ma “lavorare per la fede”. E solo come quarto significato, lavorare per una guerra difensiva.

Ma la tesi di Agostino non è necessariamente difensiva, e allora nasce un dibattito sempre interessante fra la concezione agostiniana di Guerra Santa e quella della Jihad. Passiamo al lato positivo. Cosa dicono di aver trovato di positivo i cristiani nell’Islam? La risposta è un silenzio eloquente, non dicono niente, non hanno trovato nulla, perché non hanno studiato niente, non capiscono niente, non sanno niente. Tutto quello che sanno lo apprendono dalla stampa e dai giornalisti, i quali a loro volta non sanno assolutamente niente.

Cosa dicono i musulmani di aver trovato di positivo nel Cristianesimo? La risposta, secondo me, è quasi sempre la stessa. Che sono CristianISMI, al plurale, cosí come ci sono anche IslamISMI, al plurale. Ma non con la stessa diversità del mondo cristiano.

C’è una sorta di invidia per la diversità. Ma aggiungono una cosa importante, che ha a che fare con la secolarizzazione. Dicono che c’è un altro fondamentalismo nel mondo cristiano che li spaventa: l’economicismo.

A questo proposito utilizzo un esempio: tu stai in un sukh, in un paese maghrebino, per esempio a Fes, o a Tripoli, e sei lí per comprare un tappeto.

Il venditore dice: “…Mmh, il prezzo è cosí cosí”, tu dici la metà e cosí via... e poi il venditore dice: “Desidera una tazza di tè?”, e cosí prima arriva il tè alla menta zuccherato, poi la foto della sua famiglia e poi ti chiede anche la foto della tua famiglia. A questo punto è passata una mezz’ora e tu dici: “Possiamo concludere l’acquisto del tappeto, perché il mio aereo parte tra poco”; e lui risponde: “Se non ha tempo, sarà per la prossima volta”. Niente tappeto, ci vediamo la prossima volta; ma l’occidentale la prossima volta non verrà. Qual è la morale di tutto ciò dal momento che moltissimi hanno fatto questa esperienza?

Questo è molto coranico: la relazione commerciale è una relazione umana bellissima, che non si può ridurre soltanto a un prodotto e al denaro.

Sarebbe esattamente come ridurre l’amore alla prostituzione. Questo non si fa.

Gli occidentali cristiani sono totalmente immorali, non sanno nulla di relazioni umane, tutto è meccanicistico, tutto è totalmente nudo senza bellezza umana, ed è importante difendere i paesi musulmani contro questo fondamentalismo occidentale. Ho riscontrato questa risposta duemila volte nei paesi musulmani, e non ho trovato un solo giornalista occidentale che l’abbia capito.

Questo è importante perché tocca il cuore del nostro sistema.

Il nostro è un sistema altamente specializzato, molto nudo, molto parcellizzato, molto efficiente, efficientissimo, ma non molto umano. Io non so dove mi colloco, forse sto in entrambi i campi, ma posso immaginare dove sta la maggioranza dei musulmani. Allora è naturale la loro posizione di difesa contro questa civilizzazione. Infatti alcuni musulmani dicono di aver sperimentato che il dialogo con i cristiani è impossibile: “Troppa arroganza e troppa ignoranza. L’unico linguaggio che capiscono è quello delle bombe; questo lo capiscono perché hanno moltissime bombe, più di noi, e parlano questo linguaggio con una certa eleganza”. Può avvenire un incontro? Io sono molto pessimista, perché non vedo l’apertura occidentale al dialogo, non la vedo proprio. Vedo soltanto un tipo di stampa idiota, idiotizzante, che nemmeno ha capito la parola Jihad, è tanto semplice, e nemmeno ha capito che vi sono fondamentalisti nel mondo islamico, ma ve ne sono ancor di più nel nostro.

Una definizione: per me il fondamentalista - e questa non è una definizione originale - è un uomo o una donna che segue la parola scritta senza nessun rispetto per la realtà empirica e gli effetti dannosi.

Ho visto moltissimi fondamentalisti marxisti in Unione Sovietica, fondamentalisti maoisti in Cina, fondamentalisti cristiani, fondamentalisti musulmani, ma la maggioranza dei fondamentalisti che io conosco sono economisti: economisti liberali neoclassici.

Che sia possibile oggi parlare di crescita economica e trickling down effect (effetto sgocciolamento) senza conoscere la realtà, è incredibile, e abbiamo una stampa che fa esattamente questo tutti i giorni.

A questo punto abbiamo bisogno di una sorta di illuminazione e voglio terminare con la formazione numero cinque: l’Europa tripartita.

Jugoslavia: dov’era la soluzione per la Jugoslavia? Era molto semplice.

Uguale autodeterminazione per tutti. Che cosa significa? La Jugoslavia federale era morta, la Jugoslavia del ‘45 morta, la Jugoslavia del ‘74 morta, e questo più o meno tutti l’avevano capito.

Gli ultimi a capirlo sono stati gli Americani di Washington; il problema non era la nostalgia della ex Jugoslavia, il problema era la paura. Il problema era l’esperienza della seconda guerra mondiale, quando i nazisti, con l’aiuto dei Croati e dei Bosniaci, hanno ammazzato a Ekkis 100.000 Serbi e i Serbi a loro volta hanno ammazzato a Ekkis 100.000 Croati e Bosniaci. A un certo punto Tito ha detto basta, e ha detto brastvo e jedinstvo: brastvo vuol dire fraternità, e jedinstvo unità, in serbo-croato.

Anche gli Albanesi hanno fatto esattamente lo stesso con l’aiuto dei fascisti di Mussolini.

Quando è finita la Jugoslavia, il problema era la divisione. È chiarissimo che i Croati avevano il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza, ma è altrettanto chiaro che i Serbi in Croazia avevano esattamente lo stesso diritto in Krajina, in Slavonia Occidentale e Orientale.

Ecco allora la possibilità di tre piccole repubbliche collegate alla Serbia. Questa scelta sarebbe naturalmente dipesa da loro.

Era chiaro che i Bosniaci avevano il diritto all’autodeterminazione, ma lo stesso diritto l’avevano anche i Croati e i Serbi. I Croati in Bosnia Erzegovina avevano l’intenzione di unirsi completamente con la Croazia, e questa era anche la politica di Tudjiman quando ha parlato di Grande Croazia.

I Serbi della Repubblica Serba non avevano idea di essere parte della Serbia di Belgrado, perché loro erano Serbi delle campagne e vedevano Belgrado come una metropoli arrogante, ma non volevano nemmeno far parte della Bosnia Erzegovina, con una pluralità di Bosniaci.

Naturalmente gli Albanesi hanno il diritto all’autodeterminazione, ma anche i Serbi del Kosovo/a. Le potenze occidentali hanno commesso tre errori fatali, stupidi, idioti, egoistici, senza dibattito nelle nostre democrazie, e senza una stampa informata, perché in generale non aveva capito.

Hanno servito su un piatto i Serbi ai Croati, i Croati ai Serbi e Bosniaci, e i Serbi agli Albanesi. La reazione dei Serbi è stata fascista e assolutamente intollerabile, ma anche più intollerabile è stata la politica delle potenze europee.

L’artefice italiano di questa politica è stato De Michelis, un criminale.

Credo che la posizione morale degli altri fosse più o meno la stessa. Non è una buona politica, ed è quasi incredibile che tutto ciò sia potuto avvenire senza dibattito.

Ora ci troviamo in una situazione molto peggiore della precedente.

Evitare la guerra in Kosovo/a sarebbe stato semplice, se si fossero seguiti questi cinque punti: 1) chiudere la frontiera tra Albania e Kosovo/a, come le Nazioni Unite hanno fatto tra Macedonia e Kosovo/a. 2) Avere non 1.200 osservatori, ma almeno 12.000, per impedire la brutalità serba. 3) Evitare di avere in questo gruppo di osservatori spie della CIA e del Pentagono, per trovare gli obiettivi per le bombe. Hanno utilizzato la Kosovo Verification Force Mission (KVFM) per questo scopo. 4) Prevedere la possibilità che il Kosovo/a diventasse una repubblica nella Federazione Jugoslava, con lo stesso status del Montenegro, molto più di una semplice autonomia, ma con una protezione garantita per i Serbi e con confini osmotici. 5) Organizzare una conferenza come quella di Helsinkj per l’Europa del sud-est. Perché non l’hanno fatto? Perché non hanno voluto, perché avevano altri obiettivi. Si canta molto bene in americano: “How say can you see what is in it for me?” [Dimmi un po’, che c’è di buono per me?]. Per gli Stati Uniti erano il petrolio ed avere una base permanente in Kosovo per l’espansione della NATO. Per l’Italia una missione non molto chiara in Albania.

Credo che ci fosse anche un elemento di civilizzazione da parte nostra e un elemento di compra-vendita, come sappiamo molto bene. Con un aspetto brutto, cattivo. Per i Tedeschi si trattava di vincere la seconda guerra mondiale, di avere accesso a Trecka, a Imin. Lo scopo dei Francesi non era molto chiaro; credo fosse piuttosto di tipo verbale, una sorta di pretesto per rilasciare dichiarazioni: moltissime dichiarazioni senza contenuto. Per gli Inglesi era molto importante seguire la politica del 1850, l’epoca della guerra di Crimea, una politica totalmente rivolta a costruire posizioni britanniche in Caucaso e nei paesi balcanici. Perché hanno fatto questo? Perché per loro il conflitto non esiste per essere risolto, ma come materia prima per essere processato a un livello superiore per i loro fini. “How say can you see what is in it for me”. Credere che questi stati possano fare la pace, non è solo un po’ ottimista, ma è anche ingenuo.

Che possono fare allora le organizzazioni non governative? E voglio concludere con questo punto.

C’è stata una conferenza a Seul, in Corea del Sud, in ottobre, con 10.000 partecipanti tra cui molti italiani. Il presidente della Corea del Sud, il mio presidente preferito, Kim Dae Jong (per me è l’unico capo di stato importante al giorno d’oggi, dopo Mandela) ha tenuto un discorso in cui ha detto che abbiamo avuto tre cose importanti negli ultimi anni: un convegno contro le mine antiuomo a Ottawa, un convegno della Corte Internazionale contro i crimini di guerra, a Roma; e un convegno per ridurre i debiti dei paesi poveri, a Colonia.

Tutti questi convegni hanno una cosa in comune: non sarebbero esisititi senza le Organizzazioni Non Governative. E si potrebbe dire che quando le organizzazioni non governative trovano un accordo, gli stati, in generale, arrivano dieci anni dopo, forse cinque, ad essere ottimisti.

Il presidente coreano avrebbe potuto aggiungere una cosa: questi tre convegni avevano un’altra cosa in comune. Uno stato era decisamente contro tutti e tre i convegni, naturalmente gli Stati Uniti.

Abbiamo un mondo in cui da un lato ci sono gli Stati Uniti, dall’altro i loro clienti, clienti ciechi, senza consapevolezza, dove ci sono moltissime organizzazioni non governative. Questo è il mondo del nuovo secolo.

Grazie.

 

 

 



[1] Testo, tratto dalla registrazione e non rivisto dall’autore, della conferenza La situazione geopolitica mondiale tenuta da Johan Galtung il 15 febbraio 2000 nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Torino.

[2] L’edizione italiana del Rapporto sullo Sviluppo Umano è pubblicata da Rosenberg & Sellier, Torino.

[3] Prabhat Rainjan Sarkar (1921 – 1990). Per un profilo della sua vita e delle sue opere si veda: Sohail Inayatullah, Prabhat Rainjan Sarkar: Agency, structure and trascendence, in Johan Galtung e Sohail Inayatullah, Macrohistory and macrohistorians. Perspectives on individual, social and civilizational change, Praeger, Westport 1997, pp. 132 – 140 (n.d.r.).