A proposito di opensource

Ciao,...........

Provo a dirvi come la vedo. Però ci metto un po'. In compenso, vi invito al ristorante. Anzi, in due.

Il primo si chiama ristorante proprietario, il secondo open source.

Nel ristorante proprietario entri, paghi e mangi (attenzione: prima paghi e poi mangi). Quel che mangi non lo decidi tu. Servono in tavola e basta. Di solito, servono una quantità gigantesca di roba. Così tanta che in certi casi manco arrivi a vederla tutta. Qualche piatto lo sistemano anche sotto il tavolo, veramente, e probabilmente non ti accorgerai mai che c'è, ma insomma usa così. Sai che non riuscirai a finire, ma paghi lo stesso per tutto e in anticipo.

Se ti viene voglia di sapere con quali ingredienti hanno cucinato, ti rispondono che è un segreto industriale tutelato dalla legge. Se provi a frugare con la forchetta nel piatto per cercare di capire da te, accidenti: commetti un reato che si chiama: reverse engeneering. Se si chiama con un nome così, deve essere una faccenda grave.

Ok. Tu non puoi controllare. Ci sarà pure qualcuno che lo fa. Che ti tutela.

No. in questo ristorante qui vale una legge un po' speciale. Diversa che in tutti gli altri posti del pianeta. Una legge che vieta qualsiasi controllo sugli ingredienti e sulle cucine.

Se entra un amico e ti viene voglia di invitarlo (tanto, c'è da mangiare per 50 persone), ti dicono che no: commetti un altro reato. E lui pure. Fanno due reati in una volta. Deve pagare, sedersi ad un altro tavolo per conto suo solo soletto e rassegnarsi al servito per 50...

Se c'è una pietanza che proprio ti stuzzica, ma ci hanno messo poco sale, puoi chiamare il cameriere. Di solito, al telefono e a pagamento. Di solito, il cameriere, per rimediare, ti suggerisce una procedura. Per esempio: "cambia forchetta", o "prova a mangiare con la sinistra". Se sei fortunato, ad un bel punto tirano fuori una cosa che si chiama patch (cioè "pezza") e ti consente di metterci per l'appunto una pezza in qualche maniera. Sta patch naturalmente non è che te la portano. La vai a prendere da te. Oppure ciccia. Magari nel frattempo la pietanza è diventata fredda, ma insomma...

In questo ristorante qui c'è una usanza straordinaria e un po' misteriosa. Ogni tanto, tutti si alzano, cambiano sala, si siedono ad un nuovo tavolo, pagano di nuovo e ricominciano a mangiare da capo. Anche se non hanno fame.

Gira voce che la roba da mangiare ogni tanto diventi "obsoleta". Un po' tutti hanno il sospetto che non sia così, ma dato che lo dicono tutti, che la roba di prima è "obsoleta"...

Nel ristorante open source va un po' diverso. Entri, mangi e forse paghi.

Qualche volta paghi qualche volta no. Dipende un po' da quel che mangi e dal ristorante che hai scelto. Comunque, dove si paga i prezzi sono molto molto miti. La cosa bella è che se vuoi sapere gli ingredienti, o la ricetta, non fanno problemi. Gli fa perfino piacere. Puoi entrare in cucina e guardare dove ti va. Se ti serve, la ricetta te la danno proprio. Anche gli ingredienti. Sei libero di tornare a casa, provare a cucinare quei piatti, fare le modifiche che vuoi, invitare gli amici a cena, o addirittura aprire un ristorante per affari tuoi, e decidere se farti pagare oppure no.

Insomma, sei libero di invitare a mangiare chi ti pare. Gratis, oppure a pagamento, ma con l'idea che se qualcuno vuole conoscere gli ingredienti o entrare nella tua cucina e ti chiede la ricetta è bellissimo, perché magari ti aiuta a migliorarla, e perché così, dopo un po', piano piano, in giro ci sono tantissimi cuochi molto in gamba, e questo è molto bello per tutti.

In un ristorante open source, di solito, ci trovi un sacco di gente appassionata di cucina che discute di ricette. I cuochi, appena possibile, si siedono tra i clienti e si confrontano con loro. Assaggiano i piatti dei clienti. I clienti assaggiano i nuovi piatti dei cuochi. Tutti si scambiano le ricette.

Non ci sono camerieri in giro, di solito. In questi posti sono tutti un po' cuochi. Può essere un problema se sei abituato a telefonare ai camerieri per chiedere aiuto. Dopo un po', però, capisci che non servono proprio, i camerieri, se hai imparato a cucinare.

La questione è proprio questa: se hai voglia di imparare a cucinare oppure no. I signori del ristorante proprietario dicono che cucinare è una roba difficilissima. Che per imparare sono necessari studi lunghi e complessi.

Che è meglio limitarsi a mangiare... se loro dicono così, secondo me invece vale la pena di provare.

Adesso, ci sono due problemi :

a) la normativa sul brevetto europeo del software, di cui stiamo ragionando in questo thread, impone ai cuochi dell'open source di considerare le loro ricette tutelate dallo stesso segreto industriale dei ristoranti proprietari, e di comportarsi di conseguenza. Questo ammazza l'open source, e gli affibbia una tutela che lui assolutamente non vuole avere sulla gobba. Tra l'altro, significa che ad ogni ricetta nuova o modifica di una ricetta precedente si deve pagare una tassa ad un ente che le tutela. E questi cuochi qui non vogliono essere tutelati affatto. Vogliono dare le proprie ricette a tutti. Loro dicono che la conoscenza umana ha progredito sempre per contributi condivisi e successivi. Che se i fisici o gli storici o chi volete dovessero pagare una tassa di registrazione ogni volta che producono un articolo, lanciano una nuova idea, disegnano nuovi campi di studio saremmo ancora sugli alberi a mangiare banane...

b) è buffissimo - perché proprio non si capisce il motivo o, meglio, si capisce benissimo... - che l'Unione Europea sia così accanitamente impegnata nella difesa delle ragioni dei signori del ristorante proprietario, particolarmente se si considera che questi signori qui non stanno nell'Unione Europea... Quanto spende l'Unione Europea, nei ristoranti di questi signori? Un pozzo di soldi. Potrebbe farne a meno, eppure è contenta così. E non è che possa permettersi di scialare...

Se poi, come nel caso delle scuole, che sono povere poverette, si fa di tutto ma tutto per mandarle dai signori del ristorante proprietario...

Anche perché l'idea sarebbe, così in linea di principio, che le scuole servono a produrre e trasmettere cultura senza brevetti e senza copyright.

Non il contrario.