DOMANDA: Spesso si dimentica che la scoperta fu innanzitutto conquista, distruzione, sterminio: manifestazioni terribili di una irrefrenabile avidità di ricchezza. Come può essere accaduto tutto questo?
La passione per la ricchezza che si impadronisce degli individui a quest'epoca
è qualcosa di nuovo. Certo non è stata inventata nel XVI
secolo la sete dell'oro, ma è nel XVI secolo che nasce una nuova
mentalità che potremmo chiamare economica e non più sociale,
voglio dire con questo che l'insieme dei rapporti umani si trova riconducibile
a dei rapporti economici. Penso però che sia molto importante considerare
anche una dimensione etica, morale della conquista dell'America; non si
tratta solamente del fatto che gli spagnoli volevano assolutamente arricchirsi,
è anche in particolar modo perché non rispettavano quegli
esseri che avevano di fronte, perché li consideravano una specie
di sottouomini, e questo è largamente attestato dalla letteratura
dell'epoca, li consideravano come degli esseri intermedi tra le scimmie
e l'uomo. Di conseguenza non c'era nulla di contrario a sterminarli sia
direttamente, per impadronirsi della loro ricchezza, sia indirettamente
adoperandoli con dei ritmi di lavoro assolutamente infernali e che gli
indiani non potevano sopportare e che li facevano morire a trent'anni perché
non potevano sopportare che dieci anni di lavoro a quelle condizioni nelle
miniere d'oro e d'argento. E' dunque un tipo di comportamento morale che
è indirettamente responsabile di questo risultato spaventoso.
Abbiamo delle testimonianze del XVI secolo, di queste popolazioni che
ci rappresentano la loro immagine degli spagnoli. Sono delle testimonianze
estremamente emozionanti, toccanti sul piano estetico ed emotivo, ma non
si può dire che gli aztechi o altri gruppi di indiani abbiano capito
gli spagnoli. Al contrario gli spagnoli ed in particolare qualcuno, come
Cortés, hanno una notevole conoscenza degli indiani, di queste popolazioni
sconosciute. Tuttavia dopo questa comprensione ci sono comportamenti diversi
ed in effetti gli spagnoli si impadroniscono e poi distruggono. Bisogna
dirlo, ricordarlo sempre, che la conquista dell'America è il più
grande genocidio che mai la storia dell'umanità abbia conosciuto
perché sono morte più o meno 70 milioni di persone a seguito
di questa intrusione, e questo numero rappresenta circa il 90% della popolazione
del continente americano. E questo vuole dire che, anche paragonato al
grande massacro del XX secolo, c'è qui un triste record.
Tratto dall'intervista "Universalismo e difesa dell'alterità:
Las Casas e i Conquistadores" - Parigi, abitazione Todorov, mercoledì
7 dicembre 1988
Abstracts
Tzvetan Todorov
Universalismo e difesa dell'alterità: Las Casas e i conquistadores
Dopo alcune considerazioni generali sul XVI secolo, caratterizzato,
da una parte, dalle esplorazioni geografiche che rendono la terra più
piccola e, dall'altra, dalla scoperta dell'infinità dell'universo
che la disperde nel cosmo, Tzvetan Todorov passa ad occuparsi della conquista
dell'America che egli interpreta come un momento esemplare della generale
storia dell'incontro-scontro di alcune identità culturali con l'"alterità".
Se Alexis de Tocqueville rappresenta, secondo Todorov, un esempio eloquente
di quel "tradimento dei chierici" che indusse alcuni intellettuali ad abbandonare
i principi democratici difesi in teoria, legittimando lo sterminio e la
colonizzazione, Bartolomeo de Las Casas, al contrario, si impegnò
per una integrazione degli Amerindi che ne riconoscesse la "diversità"
e, al tempo stesso, l'unità con l'universale specie umana. Della
colonizzazione americana Todorov rintraccia le lontane origini ideologiche
nell'individualismo e nel realismo politico di Machiavelli e dei filosofi
politici del Rinascimento e il movente prossimo nella nuova mentalità
mercantile ed affaristica. Le disastrose conseguenze del genocidio americano,
poi, si sono perpetuate fino al XX secolo dominato dal nazionalismo imperialista,
che è alla base di quello spirito di conquista, che, in ogni epoca
e civiltà elabora un preciso " modello di sterminio",mettendo il
sapere al servizio del potere per giustificare con le leggi della storia
o della biologia il dominio dell'uomo sull'uomo. Nel dibattito filosofico-teologico
tra l'umanista Sepulveda,sostenitore della superiorità raziale degli
europei sugli indiani d'America e il domenicano Las Casas, difensore dell'unità
e pari dignità di tutti gli uomini,Todorov vede un più generale
conflitto tra una cultura di tipo aristotelico che legittima la schiavitù
e l'articolazione gerarchica della società e una cultura cristiana
che proclama l'uguaglianza degli uomini di fronte a Dio. La vicenda di
Las Casas,conclude Todorov,come quella di Socrate,rappresenta una lezione
morale per gli intellettuali della nostra epoca, incapaci di opporsi alla
crisi della modernità e adattati all' individualismo e ai valori
dominanti del senso comune.