Luigi Cajani

Università di Roma "La Sapienza"

http://www.lumetel.it/lapira/storia/worldhistory.html
 
 


Per un insegnamento della storia mondiale nella scuola secondaria


 
 


Nella scuola italiana l’insegnamento della storia è fondamentalmente eurocentrico, e ciò vale anche per gli altri stati europei. Sia per l’impostazione generale, che per la selezione delle informazioni fornite, i manuali concentrano l’attenzione del lettore sull’Europa, con un breve excursus, per quanto riguarda l’antichità, sull’Egitto e la Mesopotamia, culle indiscutibili di una civiltà che però ben presto diventa greca e poi romana, ovvero europea. Su ciò che avviene nelle altre parti del mondo l'informazione è molto ridotta, frammentaria e priva di autonomia: dei popoli non europei si parla solo quando e nella misura in cui entrano in rapporto con l'Europa, ad esempio con le scoperte geografiche o con le guerre fra i turchi ei vari stati europei. Solo quando viene trattato il XX secolo lo scenario si allarga, a causa del declino dell’egemonia europea sul mondo: ma si tratta di un cambiamento piuttosto quantitativo che qualitativo. Infatti al mondo non europeo, o meglio non occidentale, dato il ruolo assunto dagli USA accanto all’Europa, viene sì dato maggior spazio che per il passato, ma l’Occidente rimane sempre al centro della trattazione. Questa impostazione eurocentrica, comunque presente nei contenuti, diventa in alcuni casi anche esplicita. E’ il caso del manuale di Alberto Caocci per la scuola media, uno dei più diffusi all’inizio degli anni Novanta. Nell’introduzione al secondo volume l’autore riassume il senso della storia dell’umanità, e colloca al suo centro l’Europa. Il senso della storia - egli scrive - "è il racconto del cammino dell'uomo verso la civiltà, verso la realizzazione di migliori condizioni di vita per sé e per l'intera società". E quali sono state le tappe fondamentali di questo cammino? Nella preistoria sono state le "prime forme di vita organizzata (famiglia, clan, tribù, villaggi), e le prime attività lavorative (agricoltura, commercio, allevamento, artigianato) e spirituali (arte, religione, culto dei morti)". E fin qui lo scenario è genericamente il pianeta. Ma subito si restringe fortemente, col passaggio all’epoca successiva, l’antichità. Caocci cita le "grandi civiltà orientali", dove nasce lo stato, e poi passa subito a parlare della civiltà greca, che "trasforma l’antico suddito in un cittadino" e che poi, "incontrandosi con la cultura orientale", dà vita alla civiltà ellenistica. A questo punto si affaccia sulla scena della storia la civiltà romana, che supera "l’orizzonte ristretto della città-Stato" e pone le prime basi della modernità: infatti con essa "nasce l’imperialismo ma si afferma anche il diritto, a alcuni problemi assumono dimensioni moderne, come quello dei conflitti sociali". E’ poi la volta di un nuovo attore, il cristianesimo, che "rivoluziona i valori morali del mondo antico: la schiavitù, sulla quale esso si fondava, subisce un primo duro colpo quando la nuova religione predica la fratellanza e l’uguaglianza". A questo punto, continua Caocci,

"dall'incontro - e dallo scontro - del mondo greco-romano con quello dei Cristiani e con la civiltà dei Barbari, così profondamente diversi eppure complementari, nascono le basi su cui si costruirà l'Europa moderna: si apre così un'altra "puntata" della Storia, il Medio Evo" . L’eurocentrismo viene anche giustificato con l’egemonia mondiale europea degli ultimi secoli. E’ quanto scriveva ad esempio una decina d’anni Alfonso Prandi fa nella prefazione al suo manuale sull’età moderna: "Siamo ... consapevoli che questa storia dell’Età moderna è europocentrica e siamo pure convinti che così dovesse essere: e questo non per mero o pigro ossequio ad una inveterata tradizione. La nostra convinzione è, infatti, che, là dove avessimo portato la nostra attenzione su altri ambiti di civiltà avremmo delineato, e (sia per lo stato delle conoscenze, sia per costrittive ragioni di spazio) soltanto di scorcio, dei "quadri storici" da giustapporre in modo meccanico alla disamina e alla ricostruzione dei fatti "occidentali". E’ l’Occidente ossia l’Europa - che apre e si apre, con orientamento egemonico, ad altre culture e ad altre civiltà - il centro dinamico degli sviluppi storici dell’età moderna. E’ ben vero che, in questo modo, qualora si facesse valere un generico modello di storia universale, noi proponiamo lo studio della società (e civiltà) vincitrice e conquistatrice. Ma è nella misura in cui conquista e vittoria vengono a determinare, rispetto all’Occidente, un "terzo mondo", che le civiltà per un certo lasso di tempo subordinate (e solo dei tempi presenti è il fenomeno di una loro promettente riscossa) si coordinano organicamente alla storia dell’Occidente Si tratti di imprese commerciali, coloniali o religiose, solo sotto il denominatore della conquista e della vittoria occidentale - spesso cruente e disumane -, il testo chiama in scena il mondo asiatico, africano o americano". Da alcuni anni, tuttavia, a livello internazionale gli esperti di didattica della storia stanno discutendo sull’opportunità di sostituire questa impostazione eurocentrica con un’impostazione mondiale. Uno degli argomenti che si portano a sostegno di questa innovazione è la trasformazione in senso multiculturale di molte società, un fenomeno che in Occidente si sta generalizzando, anche se con tempi e in misura assai diversi a seconda dei vari stati, e che rappresenta certamente una sfida non solo sul piano delle politiche sociali ma anche su quello educativo: e non solo per quanto riguarda la storia, ma più in generale per quanto riguarda tutte le altre scienze umane. Aumentare la conoscenza delle culture non europee è considerato un modo particolarmente efficace per abbattere i pregiudizi, migliorare la comprensione reciproca e favorire l’integrazione degli immigrati nella società ospite. Edward Gosselin ha messo in luce come lo sviluppo dell’insegnamento della storia mondiale nella scuola secondaria statunitense sia diventato politically correct: Dal momento che è soprattutto negli anni che precedono il college che è più intensa la presenza della mistura culturale che forma la società americana, i direttori delle scuole avvertono una pressione politica e sociale a promuovere corsi, come quelli di world history, che si rivolgono a tutti i gruppi etnici presenti nella comunità". Egualmente in una società che solo da pochi anni sta confrontandosi con problemi di un’educazione multiculturale, come quella italiana, il problema viene posto soprattutto in termini politico-sociali. Nella premessa ad un volume in cui si analizzano sotto il punto di vista dell’etnocentrismo i libri di testo per la scuola dell’obbligo, Paola Falteri scrive: "nei nuovi scenari determinati dalla fine dei colonialismi e dai rapporti attuali tra Nord e Sud, la dimensione planetaria dei fenomeni - a livello ambientale, economico, politico, sociale, culturale, scientifico - ha sempre maggiori ricadute nella esperienza diretta e indiretta della vita quotidiana, rendendo domestico, diffuso ma anche spesso inafferrabile alla conoscenza, il rapporto con il ‘lontano’. E soprattutto le questioni connesse all’identità e all’etnocentrismo sono diventate visibili quando i movimenti migratori hanno reso ravvicinato il contatto con le culture extraoccidentali fin nelle periferie del nostro Paese, sollevando problemi di convivenza a noi sconosciuti; quando forme di razzismo, di xenofobia e di intolleranza si sono manifestate con una violenza inattesa ai più". Ora, è vero che l’insegnamento scolastico nel suo complesso deve avere anche una funzione educativa alla convivenza civile. Ma l’insegnamento della storia mondiale non ha nulla a che fare con le emergenze politico-sociali, alle quali deve piuttosto rispondere l’insegnamento dell’educazione civica; ma nasce piuttosto da un’autonoma esigenza scientifica e didattica. Una storia eurocentrica, e per di più ancora sostanzialmente politica, come è quella insegnata attualmente in Italia e altrove, non è in grado di fornire gli elementi fondamentali per capire il mutamento storico, e per di più contrasta nella sua miopia con la consapevolezza ormai diffusa, ancorché spesso imprecisa, della dimensione globale dei problemi.

Si tratta dunque di realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, che tolga l’Europa dal centro del mondo e sia in grado di fornire una visione mondiale della storia, attraverso l’individuazione di alcune chiavi interpretative universalmente valide sia nel tempo che nello spazio.

Negli USA è stato realizzato un interessante progetto in tal senso, con i National Standards for History, pubblicati nel 1996, che sono divisi in due parti, una dedicata alla storia nazionale e l’altra dedicata alla World History.

Qui intendo proporre non un programma di studi, ma uno schema concettuale essenziale, che possa servire da base per riorganizzare i vari programmi, a seconda delle diverse esigenze di ciascun tipo di scuola, non solo in Italia, ma anche altrove.

Il primo obiettivo deve essere quello di combinare le varie dimensioni spaziali della storia in un ordine decrescente di scala, partendo da quello più vasto, quello della storia mondiale, che deve rappresentare il costante quadro riferimento, uguale per tutti. Si passerà poi ad orizzonti via via più ristretti, attraverso la storia di grandi aree fino ad arrivare a quella nazionale e infine a quella locale, che vanno presentati con diversi gradi di approfondimento, a seconda del contesto culturale in cui ci si trova. Ad esempio la storia dell’Europa, del mondo arabo o dell’Estremo Oriente - che rappresentano il secondo livello, quello delle grandi aree - non possono non avere un diverso rilievo in una scuola di Roma, del Cairo o di Tokyo, e questa diversità non può che aumentare passando ai livelli successivi, in quanto l’insegnamento della storia deve essere legato anche alla realtà spaziale con cui gli studenti sono più direttamente in contatto.

Il collegamento temporale fra questi quattro livelli spaziali è assicurato da alcuni temi, o motivi conduttori, che fungono anche da collegamento diacronico generale.

La tavola n. 1 presenta i due temi di base: da un lato, sulla destra, il processo di unificazione dell’ecumene, a partire dalla diffusione dell’Homo sapiens sulla Terra, che portò alla creazione di zone di forte scambio e di zone che rimasero più o meno isolate, fino ad essere totalmente separate dal resto dell’umanità, come l’ Australia e l’America. In questo contesto vanno inseriti di volta in volta i movimenti e gli scambi di uomini, manufatti, animali, piante e agenti patogeni. Dall’altro lato compare il secondo tema: quello che individua nella rivoluzione neolitica e nella rivoluzione industriale i due momenti periodizzanti del rapporto tra l’uomo e l’ambiente. La rivoluzione neolitica rappresentò il primo salto tecnologico ed ecologico, con lo sviluppo dell’agricoltura e dell’addomesticamento degli animali, e diede vita a due diversi modelli di vita, quello dei nomadi e quello dei sedentari, diversi sia sul piano della gestione delle risorse naturali che sul piano dell’organizzazione sociale. Il confronto e lo scontro fra questi due modelli fu per secoli uno dei fattori che maggiormente influenzarono il corso della storia, finché il modello nomade non venne definitivamente sconfitto. Nel contesto generale di questo scontro bisogna inserire gli scontri interni fra nomadi e nomadi e fra sedentari e sedentari: il che introduce temi di storia politica, cioè i conflitti imperialistici per il controllo delle varie aree del globo. La rivoluzione industriale rappresenta, insieme alla rivoluzione agricola e alla rivoluzione demografica che l’hanno accompagnata, il secondo momento di svolta della storia, che ha fondato tutte le caratteristiche del mondo attuale, modificando radicalmente, come non avveniva appunto dai tempi della rivoluzione neolitica, il rapporto fra l’uomo e l’ambiente. In questo contesto vanno inseriti la storia della tecnologia, quella della produzione di energia, e la storia economica, sia in termini di produzione e di scambi (tema, quest’ultimo, che si collega strettamente a quello precedente sulla riunificazione dell’ecumene), sia in termini di organizzazione e controllo politico delle risorse mondiali: in questo senso è stato inserito il concetto all’economia-mondo formulato da Immanuel Wallerstein.

Lo sviluppo delle diverse forme di organizzazione e controllo degli uomini e degli spazi, seguito alla rivoluzione neolitica, dà inizio ad un nuovo filone tematico, cioé quello delle forme del potere politico, del rapporto fra dominanti e dominati, all’interno del quale si possono seguire le varie forme dell’organizzazione sociale, fra cui la famiglia. A questi tema si collega anche quello delle forme di proprietà e dell’organizzazione del lavoro, dalla schiavitù al lavoro salariato.

Un altro filone tematico è quello della cultura, che comprende tutti i prodotti spirituali dell’uomo, dal culto dei morti alle religioni alla filosofia, nonché le varie forme della produzione artistica. In questo contesto vanno inseriti, a seconda dei programmi scolastici, riferimenti alla storia dell’arte, della filosofia, della letteratura e delle religioni.

A questo schema tematico se ne affianca uno cronologico, che raccoglie alcuni dei principali punti di riferimento del processo di riunificazione dell’Ecumene. La prima parte, fino alla rivoluzione neolitica (punti 1-2) è su scala globale. Successivamente (punti 3-7) le vicende dell’umanità vengono divise su tre aeree: la prima è costituita dall’Eurasia e dall’Africa settentrionale, caratterizzata da scambi molto intensi e influenzata, anche se in maniera diversa da zona a zona, dal conflitto fra i sedentari e i nomadi; la seconda è rappresentata dall’Africa subsahariana, che pur non restando del tutto isolata dalla precedente aerea, soprattutto per quanto riguarda l’Africa orientale, ha comunque per lungo tempo una sua evoluzione autonoma; infine l’America, rimasta isolata dal resto del mondo fino alla scoperta da parte di Cristoforo Colombo. Il filo conduttore di questo schema è quello geopolitico, in cui l’attenzione è concentrata sulle grandi organizzazioni statuali (gli "imperi"), in quanto sono le forme più importanti di controllo politico sugli uomini e sul territorio.

Per quanto riguarda l’Eurasia e l’Africa settentrionale, ho messo in evidenza la formazione e il declino delle grandi unità politiche e territoriali, gli imperi, e quei momenti del conflitto fra nomadi e sedentari che hanno coinvolto la maggior parte di quest’area. Per quanto riguarda l’Africa subsahariana, ho messo in luce le forme di organizzazione statuale in quattro aree principali: l’Africa orientale ,l’area fra il bacino del Niger e il bacino del Senegal, il bacino del Congo e l’Africa meridionale. Per quanto riguarda infine l’America, ho privilegiato lo sviluppo "imperiale" nell’America centrale e sulla costa pacifica dell’America meridionale, rispetto alle vicende dell’area amazzonica e settentrionale, dove questo sviluppo non si è verificato.

In questa parte centrale dello schema cronologico la scansione per punti, iniziata col processo di ominazione, viene limitata all’area eurasiatica e nordafricana, proprio per sottolineare l’indipendenza delle tre grandi aree prese in considerazione. La collocazione degli eventi salienti dell’Africa subsahariana e dell’America all’interno dello schema è fatta in modo da mettere in luce le sincronie rispetto ad una linea del tempo, che in questo caso non è tracciata per ragioni di spazio.

Lo schema cronologico torna ad unificarsi dopo la metà del Settecento (punti 8-10), con lo stabilirsi dell’egemonia mondiale europea, che è stata il motore principale dell’unificazione dell’ecumene. L’aver riunito insieme le "quattro rivoluzioni" serve a mettere in luce una rottura epocale, cioé la fine del lungo processo di neolitizzazione: le rivoluzioni politiche sono state affiancate a quelle ecologiche e tecnologiche perché, pur essendo all’origine un fenomeno tipicamente occidentale, hanno proposto modelli di organizzazione politica che stanno diventando dei punti di riferimento a livello mondiale. Il punto 9 riguarda la storia del Novecento, con la rottura geopolitica rappresentata dal 1945 (da cui si potrebbe anche far iniziare un’ulteriore periodizzazione, quella dell’"era atomica") e i problemi del tutto nuovi legati all’impatto della tecnologia sull’ambiente. L’ultimo punto riguarda la storia del prossimo futuro, ovvero delle previsioni sui possibili sviluppi nei vari settori che cono stati fin qui trattati, dalla tecnologia, all’economia, alla politica. La futurologia è ancora estranea all’insegnamento della storia, mentre comincia ad essere guardata con attenzione nell’ambito dell’educazione civica . Ma anche se il prossimo futuro è il campo della decisione politica, e quindi la futurologia è indiscutibilmente competenza di questa materia, credo che proprio uno studio della storia, in cui si tenga costantemente presente l’interazione globale dei vari fenomeni, non possa prescindere da un’ottica che segua questi fenomeni nei loro potenziali prossimi sviluppi, introducendo l’uso dei modelli. In tal senso sono particolarmente utili l’ultimo rapporto del Massachusetts Institut of Technology ed i rapporti sullo stato del pianeta pubblicati annualmente dal Worldwatch Institute.
 
 

Tavola 1


 
 


Schema cronologico della storia mondiale


 
 
 
 
 
1. Processo di ominazione e diffusione dell’Homo sapiens sulla Terra

2. Dal Paleolitico alla rivoluzione neolitica

Eurasia e Africa settentrionale
Africa subsahariana
America
3. Dalla rivoluzione neolitica all’età del ferro (4000-1200 a.C.)

3.1. Le prime civiltà fluviali in Mesopotamia, nella valle del Nilo, nella valle dell’Indo e nella valle dello Huang He (Fiume Giallo)

3.2. Le successive invasioni indoeuropee dall’Europa all’India
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

4. La prima epoca degli imperi eurasiatici (1200 a.C - 300 d.C.)

4.1. Mediterraneo: Grecia, Cartagine, Roma; dal Mediterraneo alla valle dell’Indo: Babilonesi, Assiri, Impero persiano, Impero di Alessandro Magno; India: Impero Maurya (IV-II sec. a.C.); Cina: dinastia Chou, Stati combattenti, unificazione (221 a.C.)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

5. La seconda epoca degli imperi eurasiatici (300-1200 d.C.)

5.1. Nuove invasioni dei nomadi (Unni) e crisi degli imperi eurasiatici: Impero romano, Impero sassanide, Impero cinese (Han), Impero indiano (Gupta)

5.2. Nascita di nuovi imperi: Impero bizantino, Impero arabo; nuovi stati nell’Europa occidentale
 
 
 
 
 
 
 
 

6. Un’epoca di transizione: apogeo e fine dei nomadi (1200-1450 d.C.)

6.1 L’ultimo grande scontro fra nomadi e sedentari: l’Impero mongolo
 
 
 
 
 
 

7. L’ascesa dell’Europa (1450-1750 d.C.)

7.1. L’espansione coloniale europea e lo sviluppo dell’economia-mondo capitalista

7.2. I nuovi imperi asiatici: Ottomani, Safavidi, Moghul, Ming

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Africa orientale:

Kush (fine I millennio a.C.) Meroe (VI sec. a.C. -IV sec. d.C.); Axum (III-X sec. d.C); regno d’Etiopia
 
 
 
 
 
 

Fra il Niger e il Senegal:

Impero del Ghana (III sec.--1240 d.C.)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Impero del Songhai (VII-XVI sec. d.C.)

Impero del Mali (1200-1645 d.C.)

Impero del Benin (apogeo XV-XVII secolo)
 
 

Il bacino del Congo:

Regno del Congo (XIV-XVII secolo)
 
 

Africa australe: 

Zimbabwe (apogeoXV-XVIII secolo)

 

Seminomadismo (America settentrionale), villaggi agricoli (America centrale e costa del Pacifico); 3000 a.C.: inizio della civiltà di Chavín in Perù
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Prime civiltà urbane

1500 a.C. - 200 d.C.: Maya (periodo preclassico); Olmechi in Messico (seconda metà del II millennio)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sviluppo degli stati

Maya: periodo classico (200-900 d.C.); invasione tolteca e periodo postclassico (900-1500 d.C.); 

200-750 d.C.: civiltà di Teotihuacàn (Messico); 400-1000 d.C.: civiltà mochica (Perù); 400-1400 d.C.: civiltà nazca (Perù).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

I grandi imperi precolombiani: 

Impero azteco (XIV-XVI secolo)

Impero inca (XIII-XVI secolo)

8. L’età delle rivoluzioni (1750-1900 d.C.)

8.1. La rivoluzione industriale

8.2. La rivoluzione agricola

8.3. La rivoluzione demografica

8.4. Le rivoluzioni politiche
 
 

9. Il mondo unificato

9.1. Apogeo e declino dell’egemonia europea sul mondo

9.2. Nuovi equilibri dopo le due guerre mondiali

9.3. Tecnologia e crisi ecologiche

10. La storia futura

 


 

Indietro