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Il collaborazionismo
Le vicende militari della guerra fra Germania e Alleati in Europa costituiscono la cornice di un mondo lacerato da conflitti interni. In tutti i paesi soggetti alla dominazione tedesca, le forze politiche sono state poste di fronte a due possibilità: collaborare con i nazisti oppure opporsi; in mezzo stanno i fautori di un atteggiamento passivo nell'attesa degli eventi. Il tipo classico del collaborazionista è stato, in Norvegia, Vidkun Quisling. Collaborazionisti sono stati i governi della Francia occupata, dell'Italia della Repubblica di Salò e dei regimi satelliti della Germania presenti nell'Europa orientale.

La Resistenza in Europa
La risposta degli oppositori del nazifascismo è stata la Resistenza. A lottare contro il dominio fascista sono stati uomini di tutte le estrazioni sociali in tutti i paesi occupati. I più organizzati sono stati i comunisti. I tedeschi e i loro fantocci hanno risposto ovunque con illuminata ferocia. Fra le stragi compiute, è d'obbligo ricordare quella di Ridice. Il 10 giugno 1942, nel villaggio, un attentato uccide un capo nazista; per ritorsione, tutti gli abitanti sono uccisi. La Resistenza in Europa ha agito nelle città, nelle campagne, sulle montagne. La lotta delle formazioni partigiane si è sviluppata in Iugoslavia, Grecia, Italia settentrionale, Polonia, Russia occupata, Francia. I combattenti della Resistenza sono stati operai, contadini e piccolo-borghesi. Per lo più gli operai sono stati guidati dai comunisti e socialisti; loro comune aspirazione fu un futuro di mutamento sociale. Se i resistenti borghesi hanno considerato con favore gli anglo-americani, i proletari e i contadini hanno, invece, guardato all'Unione Sovietica, e hanno auspicato una rivoluzione socialista. Nei paesi dell'Europa orientale i contadini poveri hanno avuto come meta una radicale riforma agraria.
In Francia la Resistenza s'organizza dapprima nella "zona occupata" e, nel 1941, prende consistenza sotto l'impulso di comunisti e seguaci di De Gaulle. Un forte sviluppo ha avuto la Resistenza in Polonia. Fra gli episodi della Resistenza polacca rimane leggendaria la rivolta dei giovani ebrei del ghetto di Varsavia dell'aprile 1943, che ha portato alla distruzione dell'intero quartiere.
Il paese dove la Resistenza è sfociata in una lotta di proporzioni vaste è la Iugoslavia. Qui si creano due centri in conflitto tra loro: da un lato le forze del colonnello Mihajlovic, composte da monarchici conservatori; dall'altro le forze di Tito, che costruisce un esercito di liberazione nazionale in grado di sostenere battaglie di grandi proporzioni. Profonde sono state le divisioni anche in Grecia.
In Germania un movimento di resistenza al nazismo non ha potuto svilupparsi; non sono mancati, però, episodi di resistenza ristretti, tutti inesorabilmente stroncati.

L'Italia dopo l'8 settembre
L'Italia centro-settentrionale è occupata dai nazisti. Il fascismo risorge dalle sue ceneri. Gerarchi rifugiatisi in Germania badano a preparare un nuovo governo fascista. Mussolini riprende la guida del neofascismo. Messa sotto accusa la monarchia, il partito fascista prende il nome di "repubblicano" e il regime si chiamerà Repubblica sociale italiana. Il governo neofascista si forma il 23 settembre, e la sede del governo è Salò.
Contrapposto al governo neofascista sta il "Regno del Sud", con il re e Badoglio stabilitisi a Salerno. Il governo monarchico il 13 ottobre 1943 dichiara guerra alla Germania ottenendo dagli Alleati la qualifica di "cobelligerante". Nel "Regno del Sud" è urgente la formazione di un governo, ma ci si trova di fronte a una contraddizione: mentre gli Alleati esigono il rispetto del re e di Badoglio, i partiti antifascisti chiedono l'abdicazione del re.
A sbloccare la situazione intervengono l'Unione Sovietica e il capo del partito comunista italiano, Palmiro Togliatti. Il 13 marzo 1944 l'Unione Sovietica riconosce il governo Badoglio, pochi giorni dopo Togliatti si esprime a favore della formazione di un nuovo governo Badoglio, rinviando a guerra finita la questione "monarchia o repubblica". È questa la "svolta di Salerno". Di fronte alla decisione comunista, il Partito d'azione e quello socialista accettano le conclusioni dei comunisti.
Si forma così, il 21 aprile 1944, un nuovo governo Badoglio. Qualche giorno prima Vittorio Emanuele III si è impegnato a trasmettere i propri poteri al figlio Umberto e a sottoporre a referendum la questione istituzionale.
Liberata Roma, il 5 giugno 1944 il re trasferisce i poteri, e Badoglio si dimette. Per designazione dei partiti il 18 giugno Ivanoe Bonomi forma il governo, che dura fino a dicembre. Il 12 dicembre 1944 Bonomi forma il suo secondo ministero, che rimane in carica fino alla liberazione totale del paese.

La Resistenza in Italia
Il movimento della Resistenza in Italia ha avuto il suo massimo sviluppo al Nord.
Nell'Italia centrale la Resistenza si sviluppa subito dopo l'8 settembre 1943. Già il 9 si costituisce un Comitato di liberazione nazionale. A Roma e nel Lazio si verificano azioni di guerriglia e sabotaggi. A Roma il 23 marzo 1944 c'è un'azione di guerriglia che provoca la morte di 32 militari tedeschi; la rappresaglia è spietata: 335 ostaggi sono trucidati. Roma è liberata dagli Alleati il 4 giugno 1944.
Nell'Italia del Nord la resistenza conosce il suo maggiore sviluppo. Al Nord ha operato la Repubblica di Salò, quindi la lotta partigiana si è presentata anche come civile: essa è durissima e lunga. Dal punto di vista sociale, il movimento di resistenza ha abbracciato tutte le classi sociali, ma la massa dei combattenti è stata composta dagli strati popolari, dove è diffusa la convinzione che la resistenza armata debba costruire il preludio per una rottura con il vecchio Stato.
Interpreti di queste esigenze sono le formazioni partigiane di sinistra: "Garibaldi", "Giustizia e Libertà", "Matteotti". Sono anche presenti le speranze che la fine della guerra porti ad una rivoluzione sociale. Vi sono, poi, le organizzazioni d'orientamento moderato: le "autonome"; le organizzazioni democristiane; i partigiani liberali. I moderati desiderano contenere la lotta partigiana in limiti militari; i liberali e i monarchici concepiscono la fine del fascismo come restaurazione dello Stato liberale, i democristiani sperano in un ordine sociale che si opponga ai propositi di rivoluzione delle sinistre.
Nell'Italia del Nord la lotta partigiana ha l'appoggio popolare; vi sono stati scioperi a Milano, Torino, Genova già nell'inverno del '43-'44. Fra il 1 e il 9 marzo 1944 è attuato uno sciopero generale che paralizza la produzione a Torino, Milano e Genova. Nella durezza della guerra, le popolazioni soffrono atroci rappresaglie.
La direzione politica della resistenza è nelle mani dei comitati di liberazione nazionale. Nel gennaio 1944 si costruisce il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Un accordo del 7 dicembre 1944 fra i delegati del CLNAI e gli Alleati stabilisce strategie e gerarchie: riconosce il movimento partigiano, sottopone le forze partigiane ad un comando militare, sottopone questo comando alle direttive degli Alleati, impegna le forze partigiane ad accettare le decisioni del governo militare alleato; è evidente il desiderio degli Alleati di controllare il movimento partigiano. Dal canto loro, i governi del sud hanno ottenuto dagli anglo-americani un corpo italiano di liberazione. L'insurrezione nazionale avviene il 25-26 aprile 1945. Mentre le truppe alleate iniziano l'invasione della Valle del Po, il CLNAI ordina ai partigiani di liberare le città e assumere i poteri provvisori di governo. La Repubblica di Salò si disgrega. Mussolini tenta di fuggire con la moglie verso la Svizzera, travestito da soldato tedesco. Riconosciuti dai partigiani, sono giustiziati il 28 aprile; trasportati cadavere a Milano, sono esposti per alcune ore, appesi per i piedi, a piazzale Loreto. Alcune migliaia di fascisti sono giustiziati nei giorni della liberazione nazionale.
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