Renzo Kayak 

seguito 4 di 4, Il kayak, noi e l'essenza

 

L'instabilità di forma 

Il rovescio della medaglia, nel caso del kayak ha i suoi innegabili vantaggi. Un kayak piatto e largo, una chiatta, se la cava ancora bene con le onde lunghe laterali perché va su e giù. Il tutto cambia con le onde laterali frangenti; il vento spinge lateralmente, l'inclinazione dell'onda tende a ribaltare, il frangente non sopporta ma spinge contro. L'acqua, all'interno dell'onda che sopraggiunge, è in rotazione, la vedi arrampicarsi verso la cresta ed il suo movimento destabilizza il kayak più dell'inclinazione dell'onda stessa. Reagire al moto ondoso laterale e frangente, piegandosi verso l'onda, richiede più sforzo e più tempo in un kayak stabile, meglio essere in un kayak instabile perché offre meno leva laterale ed il  

  kayaker può reagire più velocemente. Il kayak largo rende faticoso l'eschimo, soprattutto quando il fisico è provato.  Viva il kayak stretto! La sua carena senza stabilità primaria e secondaria ti fa percepire il peso della piuma di un gabbiano o lo spostamento d'aria del suo volo, ti costringe ad una costante ricerca dell'equilibrio quando la superficie dell'acqua è come uno specchio, ma poco cambia quando l'acqua si muove perché sei abituato a mantenerti in equilibrio (come fa l'allegro furbone del disegno N° 3 di fig. 5). Quel kayak "da incubo", sul quale hai dovuto fare tanta esperienza per starci sopra, si gira con estrema facilità e ti fa dimenticare quanto ti sono girate prima di governarlo. La figura N° 9 mostra i vantaggi della carena A) rispetto alla B). Non a caso, quando erano costretti a cacciare, in condizioni estreme, gli Inuit usavano il misterioso e instabile kayak da tempesta con la relativa corta pagaia, assimilabile a due bastoni per polenta uniti per i manici.

  Quale forma scegliere? 

Un tempo la forma dei kayak derivava dalle misure del suo possessore, dalle condizioni ambientali, dall'uso specifico, dalla tradizione e da moltissimi accorgimenti che non ci sono stati tramandati. Di conseguenza il kayak si presta a infinite variazioni progettuali ed è una delle massime espressioni del compromesso.

Ai tempi nostri il kayak si compera, talvolta si agisce sotto spinta emozionale o perché piace il modello usato dall'amico. Purtroppo non sempre quello che fa per me va bene per te. Quel kayak di Tizio poi non va bene per noi e le discussioni non finiscono mai! 

-  Il coefficiente prismatico cambia in maniera vistosa con il variare del peso di chi entra nel pozzetto e di quello del materiale imbarcato.

-  Più la linea di galleggiamento è lunga, più è indice di velocità.

-  Se il kayak manca di sbalzi a prua ed a poppa non reagisce bene al moto ondoso.

-  Un kayak, a parità di lunghezza e larghezza, è più veloce se il suo C.P. è più alto perché può potenzialmente produrre una maggior lunghezza (e altezza) d'onda, a fronte di un maggior sforzo.

-  Per ogni dislocamento, forza propulsiva e velocità esiste un ideale C.P. Il tutto funziona quando si tratta di un progetto di nave, per il quale si conoscono o definiscono le caratteristiche. Nel caso del Kayak, il ciccione o lo smilzo sistemati nel pozzetto creano diversità nella linea di galleggiamento, nel dislocamento, nella massima sezione immersa, nel contorno bagnato, ecc.

-    Se uno vuole farsi bello (fisico permettendo) può scegliere un lungo kayak con alto C.P. in modo tale da superare gli amici, nelle sfide a brevi percorsi.

-   Nella pratica il nostro "naviglio", con lunghezza intorno ai  5 metri, affronta quasi sempre il moto ondoso di conseguenza la velocità di punta non è da considerare. Gli sbalzi di prua (e di poppa) non troppo affusolati cavalcano meglio le onde e fanno rimanere più asciutti, a dispetto della minor lunghezza al galleggiamento (vedi fig. 10).

- Siccome il vento complica notevolmente la navigazione, un kayak con poco bordo libero è da preferirsi.

- Se si fanno solo escursioni giornaliere è un errore usare un kayak destinato a lunghe spedizioni e con notevole capacità di stivaggio perché bisogna spingere di più e tener presente il  vento.

- Preferire una chiglia un po' arcata a quella diritta perché si governa meglio e rende superfluo quell'aggeggio utile alle navi e tanto decantato da certi kayaker, il timone!  

-   Tenere in grande considerazione che, nel caso unico del kayak, molto dipende dall'abilità del kayaker, dalla sua forza, dalla sua resistenza dalla sua statura e dal suo peso.

  Conclusione N° 2 

"L'essenza" è tutta concentrata nella frase che cita il kayak da tempesta. Gli eschimesi possedevano anche più di un kayak poiché non esiste quello che è il suo "compromesso dei compromessi".

Per valutare il kayak , prima di sceglierlo, occorre considerare le condizioni d'uso, il desiderio di possesso, la volontà di mantenere o migliorare i propri limiti personali, il mezzo che lo trasporta, lo spazio per il rimessaggio, il portafoglio ecc. A questo punto la confusione è tanta, ci si sente  sull'orlo del "concetto idraulico".

Occorre tenere duro, non disperare, i concetti fondamentali qui descritti sono un valido aiuto testato da secoli. Scrutare ben bene i kayak e fare buon uso dei concetti esposti significa, per esempio, scegliere un kayak che naviga in sicurezza e non quello confortevolmente largo, con aggeggi inutili, o quello ultraleggero che facilita il caricamento sull'auto e la sistemazione del cartello di ingombro.

Prima di scegliere, indossare i kayak e trovare quello che assomiglia ad un abito attillato perché è sicuramente meglio che....annusarli... pur avendo naso ....o doverlo fare.... costretti da altri.

 

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