Roma 16-22 agosto 2000 - i giovani delle comunità neocatecumenali della Parrocchia S. Ottavio di Modugno ringraziano il Vescovo Mons. Francesco Cacucci insieme al Parroco e i catechisti

 

inno della XV GMG2000

 MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II IN OCCASIONE DELLA XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

Dal Vaticano, 29 giugno 1999, solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo

 DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA CERIMONIA DI ACCOGLIENZA

Piazza San Pietro, 15 agosto 2000

 IL PALCO PAPALE - LA COSTRUZIONE E I SUOI SIGNIFICATI

 Il Muro e la Croce

 Luoghi e Percorsi

 La Tenda

 VEGLIA DI PREGHIERA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Tor Vergata, sabato 19 agosto 2000

 OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Tor Vergata, domenica 20 agosto 2000

 ANGELUS - Tor Vergata, 20 agosto 2000

 Dopo l'Angelus

 XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (CONTINUAZIONE)

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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA
XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

"Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14)

Dal Vaticano, 29 giugno 1999, solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo

Carissimi giovani!

1. Quindici anni fa, al termine dell'Anno Santo della Redenzione, vi affidai una grande Croce di legno invitandovi a portarla nel mondo, come segno dell'amore del Signore Gesù per l'umanità e come annuncio che solo in Cristo morto e risorto c'è salvezza e redenzione. Da allora, sostenuta da braccia e cuori generosi, essa ha compiuto un lungo ed ininterrotto pellegrinaggio attraverso i continenti, mostrando che la Croce cammina con i giovani e i giovani camminano con la Croce.

Attorno alla "Croce dell'Anno Santo" sono nate e si sono sviluppate le Giornate Mondiali della Gioventù, significativi "momenti di sosta" nel vostro cammino di giovani cristiani, invito continuo e pressante a fondare la vita sulla roccia che è Cristo. Come non benedire il Signore per i numerosi frutti suscitati nelle singole persone ed in tutta la Chiesa dalle Giornate Mondiali della Gioventù, che in quest'ultima parte di secolo hanno ritmato l'itinerario dei giovani credenti verso il nuovo millennio?

Dopo aver attraversato i continenti, questa Croce fa ora ritorno a Roma portando con sé la preghiera e l'impegno di milioni di giovani che in essa hanno riconosciuto il segno semplice e sacro dell'amore di Dio per l'umanità. Sarà proprio Roma, come sapete, ad accogliere la Giornata Mondiale della Gioventù dell'Anno 2000, nel cuore del Grande Giubileo.

Cari giovani, vi invito ad intraprendere con gioia il pellegrinaggio verso questo grande appuntamento ecclesiale, che sarà, a giusto titolo, il "Giubileo dei Giovani". Preparatevi a varcare la Porta Santa, sapendo che passare attraverso di essa significa rinvigorire la propria fede in Cristo per vivere la vita nuova che Egli ci ha donato (cfr Incarnationis mysterium, 8).

2. Ho scelto come tema per la vostra XVª Giornata Mondiale la frase lapidaria con cui l'apostolo Giovanni esprime il mistero altissimo del Dio fatto uomo: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Ciò che contrassegna la fede cristiana, rispetto a tutte le altre religioni, è la certezza che l'uomo Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, la seconda persona della Trinità venuta nel mondo. Questa "è la gioiosa convinzione della Chiesa fin dall'inizio, allorché canta "il grande Mistero della pietà": Egli si è manifestato nella carne" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 463). Dio, l'invisibile, è vivo e presente in Gesù, il Figlio di Maria, la Theotokos, la Madre di Dio. Gesù di Nazaret è Dio-con-noi, l'Emmanuele: chi conosce Lui conosce Dio, chi vede Lui vede Dio, chi segue Lui segue Dio, chi si unisce a Lui è unito a Dio (cfr Gv 12, 44-50). In Gesù, nato a Betlemme, Dio sposa la condizione umana e si rende accessibile, facendo alleanza con l'uomo.

Alla vigilia del nuovo millennio, vi rinnovo di cuore l'invito pressante a spalancare le porte a Cristo, il quale "a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12). Accogliere Cristo significa ricevere dal Padre la consegna a vivere nell'amore per Lui e per i fratelli, sentendosi solidali con tutti, senza discriminazione alcuna; significa credere che nella storia umana, pur segnata dal male e dalla sofferenza, l'ultima parola appartiene alla vita e all'amore, perché Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi, affinché noi potessimo abitare in Lui.

Nell'incarnazione Cristo si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà, e ci ha donato la redenzione, che è frutto soprattutto del sangue da Lui versato sulla Croce (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 517). Sul Calvario "egli si è addossato i nostri dolori... è stato trafitto per i nostri delitti... " (Is 53, 4-5). Il sacrificio supremo della sua vita, liberamente consumato per la nostra salvezza, sta a testimoniare l'amore infinito di Dio per noi. Scrive in proposito l'apostolo Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (3,16). Lo ha mandato a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana; lo ha "donato" totalmente agli uomini, nonostante il loro rifiuto ostinato e omicida (cfr Mt 21, 33-39), per ottenere ad essi, con la sua morte, la riconciliazione. "Il Dio della creazione si rivela così come Dio della redenzione, "fedele a se stesso", al suo amore verso l'uomo e verso il mondo, già rivelato nel giorno della creazione... Quale valore deve avere l'uomo davanti agli occhi del Creatore, se ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore" (Redemptor hominis, 9.10).

Gesù è andato incontro alla morte, non tirandosi indietro di fronte a nessuna conseguenza del suo "essere con noi" come Emmanuele. Si è messo al nostro posto, riscattandoci sulla Croce dal male e dal peccato (cfr Evangelium vitae, 50). Come il centurione romano, vedendo il modo in cui Gesù moriva, comprese che egli era il Figlio di Dio (cfr Mc 15,39), così anche noi, vedendo e contemplando il Crocifisso, possiamo comprendere chi è veramente Dio, che rivela in Lui la misura del suo amore per l'uomo (cfr Redemptor hominis, 9). "Passione" vuol dire amore appassionato, che nel donarsi non fa calcoli: la passione di Cristo è il culmine di tutta un'esistenza "data" ai fratelli per rivelare il cuore del Padre. La Croce, che sembra innalzarsi da terra, in realtà pende dal cielo, come abbraccio divino che stringe l'universo. La Croce "si rivela come il centro, il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana" (Evangelium vitae, 50).

"Uno è morto per tutti" (2 Cor 5,14): Cristo "ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (Ef 5,2). Dietro la morte di Gesù c'è un disegno d'amore, che la fede della Chiesa chiama "mistero della redenzione": l'umanità intera viene redenta, liberata cioè dalla schiavitù del peccato ed introdotta nel regno di Dio. Cristo è Signore del cielo e della terra. Chi ascolta la sua parola e crede nel Padre, che lo ha mandato nel mondo, ha la vita eterna (cfr Gv 5,24). Egli è "l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" (Gv 1, 29.36), il sommo Sacerdote che, provato come noi in ogni cosa, può compatire le nostre infermità (cfr Eb 4,14ss) e, "reso perfetto" attraverso l'esperienza dolorosa della Croce, è "causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,9).

3. Cari giovani, di fronte a questi grandi misteri sappiate elevarvi ad un atteggiamento di contemplazione. Soffermatevi ad ammirare estasiati il neonato che Maria ha dato alla luce, avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia: è Dio stesso venuto tra noi. Guardate Gesù di Nazaret, da alcuni accolto e da altri schernito, disprezzato e rifiutato: è il Salvatore di tutti. Adorate Cristo, nostro Redentore, che ci riscatta e libera dal peccato e dalla morte: è il Dio vivente, sorgente della Vita.

Contemplate e riflettete! Iddio ci ha creato per condividere la sua stessa vita; ci chiama ad essere suoi figli, membra vive del Corpo mistico di Cristo, templi luminosi dello Spirito dell'Amore. Ci chiama ad essere "suoi": vuole che tutti siano santi. Cari giovani, abbiate la santa ambizione di essere santi, come Egli è santo!

Mi chiederete: ma oggi è possibile essere santi? Se si dovesse contare sulle sole risorse umane, l'impresa apparirebbe giustamente impossibile. Ben conoscete, infatti, i vostri successi e le vostre sconfitte; sapete quali fardelli pesano sull'uomo, quanti pericoli lo minacciano e quali conseguenze provocano i suoi peccati. Talvolta si può essere presi dallo scoraggiamento e giungere a pensare che non è possibile cambiare nulla né nel mondo né in se stessi.

Se arduo è il cammino, tutto però noi possiamo in Colui che è il nostro Redentore. Non volgetevi perciò ad altri se non a Gesù. Non cercate altrove ciò che solo Lui può donarvi, giacché "in nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12). Con Cristo la santità - progetto divino per ogni battezzato - diventa realizzabile. Contate su di Lui; credete alla forza invincibile del Vangelo e ponete la fede a fondamento della vostra speranza. Gesù cammina con voi, vi rinnova il cuore e vi irrobustisce con il vigore del suo Spirito.

Giovani di ogni continente, non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio! Siate contemplativi ed amanti della preghiera; coerenti con la vostra fede e generosi nel servizio ai fratelli, membra attive della Chiesa ed artefici di pace. Per realizzare questo impegnativo progetto di vita, rimanete nell'ascolto della sua Parola, attingete vigore dai Sacramenti, specialmente dall'Eucaristia e dalla Penitenza. Il Signore vi vuole apostoli intrepidi del suo Vangelo e costruttori d'una nuova umanità. In effetti, come potrete affermare di credere nel Dio fatto uomo, se non prendete posizione contro ciò che avvilisce la persona umana e la famiglia? Se credete che Cristo ha rivelato l'amore del Padre per ogni creatura, non potete non porre ogni sforzo per contribuire all'edificazione di un mondo nuovo, fondato sulla potenza dell'amore e del perdono, sulla lotta contro l'ingiustizia ed ogni miseria fisica, morale, spirituale, sull'orientamento della politica, dell'economia, della cultura e della tecnologia al servizio dell'uomo e del suo sviluppo integrale.

4. Auspico di cuore che il Giubileo, ormai alle porte, rappresenti l'occasione propizia per un coraggioso rilancio spirituale e per una straordinaria celebrazione dell'amore di Dio per l'umanità. Da tutta la Chiesa si elevi "l'inno di lode e di grazie al Padre, che nel suo incomparabile amore ci ha concesso in Cristo di essere "concittadini dei santi e familiari di Dio" (Ef 2,19)" (Incarnationis mysterium, 6). Ci confortano le certezze espresse dall'apostolo Paolo: se Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui? Chi ci separerà dall'amore di Cristo? In tutti gli avvenimenti della vita, compresa la morte, possiamo essere più che vincitori, in virtù di Colui che ci ha amati fino alla Croce (cfr Rm 8, 31-37).

Il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio e quello della redenzione da Lui operata per tutte le creature costituiscono il messaggio centrale della nostra fede. La Chiesa lo proclama ininterrottamente lungo i secoli, camminando "tra le incomprensioni e le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio" (S.Agostino, De Civ. Dei 18,51,2; PL 41,614) e lo affida a tutti i suoi figli quale tesoro prezioso da custodire e diffondere.

Anche voi, cari giovani, siete destinatari e depositari di questo patrimonio: "Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla, in Cristo Gesù nostro Signore" (Pontificale Romano, Rito della Confermazione). Lo proclameremo insieme in occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, alla quale spero che parteciperete in gran numero. Roma è "città santuario", dove le memorie degli apostoli Pietro e Paolo e dei martiri ricordano ai pellegrini la vocazione di ogni battezzato. Davanti al mondo, nell'agosto del prossimo anno, ripeteremo la professione di fede dell'apostolo Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna" (Gv 6,68), perché "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" (Mt 16,16).

Ed anche a voi, ragazzi e ragazze, che sarete gli adulti del prossimo secolo, è affidato il "Libro della Vita", che nella notte di Natale di quest'anno il Papa, varcando per primo la soglia della Porta Santa, mostrerà alla Chiesa e al mondo quale fonte di vita e di speranza per il terzo millennio (cfr Incarnationis mysterium, 8). Diventi il Vangelo il vostro tesoro più prezioso: nello studio attento e nell'accoglienza generosa della Parola del Signore troverete alimento e forza per la vita d'ogni giorno, troverete le ragioni di un impegno senza soste nell'edificazione della civiltà dell'amore.

5. Volgiamo ora lo sguardo alla Vergine Madre di Dio, di cui la città di Roma custodisce uno dei monumenti più antichi ed insigni che la devozione del popolo cristiano Le abbia dedicato: la Basilica di Santa Maria Maggiore.

L'incarnazione del Verbo e la redenzione dell'uomo sono strettamente connesse con l'Annunciazione, quando Dio rivelò a Maria il suo progetto e trovò in Lei, giovane come voi, un cuore totalmente disponibile all'azione del suo amore. Da secoli la pietà cristiana ricorda ogni giorno, con la recita dell'Angelus Domini, l'ingresso di Dio nella storia dell'uomo. Che questa preghiera diventi la vostra preghiera, meditata quotidianamente.

Maria è l'aurora che precede il sorgere del Sole di giustizia, Cristo nostro Redentore. Con il "sì" dell'Annunciazione, aprendosi totalmente al progetto del Padre, Ella accolse e rese possibile l'incarnazione del Figlio. Prima tra i discepoli, con la sua presenza discreta accompagnò Gesù fino al Calvario ed sostenne la speranza degli Apostoli nell'attesa della resurrezione e della Pentecoste. Nella vita della Chiesa continua ad essere misticamente Colei che precede l'avvento del Signore. A Lei, che adempie senza interruzione il ministero di Madre della Chiesa e di ciascun cristiano, affido con fiducia la preparazione della XVª Giornata Mondiale della Gioventù. Maria Santissima vi insegni, cari giovani, a discernere la volontà del Padre celeste sulla vostra esistenza. Vi ottenga la forza e la sapienza per poter parlare a Dio e parlare di Dio. Con il suo esempio vi sproni ad essere nel nuovo millennio annunciatori di speranza, di amore e di pace.

Nell'attesa di incontrarvi numerosi a Roma il prossimo anno, "vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati" (At 20,32), mentre di cuore, con grande affetto, tutti vi benedico, insieme alle vostre famiglie ed alle persone che vi sono care.

 

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA CERIMONIA DI ACCOGLIENZA

San Giovanni in Laterano, 15 agosto 2000

1. "O Roma felix!" - "O Roma felice!".

Con questa esclamazione, lungo i secoli, schiere innumerevoli di pellegrini, prima di voi, carissimi giovani e ragazze convenuti per la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, si sono mosse verso la città di Roma per inginocchiarsi sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo.

"O Roma felice!". Felice perché consacrata dalla testimonianza e dal sangue degli Apostoli Pietro e Paolo che ancora oggi, come due "ulivi verdeggianti" e due "lampade accese", ci indicano, insieme a tutti gli altri Santi e Martiri, Colui che siamo qui per celebrare: il Verbo che "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14), Gesù Cristo, il Figlio di Dio, attestazione viva dell'amore eterno del Padre per noi.

"O Roma felice!". Felice perché anche oggi questa testimonianza, che tu conservi, è viva ed è offerta al mondo, in particolare è offerta al mondo delle giovani generazioni!

2. Vi saluto tutti con affetto, giovani e ragazze, appartenenti alla Diocesi di Roma e alle Chiese che sono in Italia. Saluto il Cardinale Camillo Ruini, Vicario di Roma e Presidente della Conferenza dei Vescovi italiani, e gli sono grato per le parole che mi ha rivolto. Ringrazio pure i due giovani romani che - a nome di voi tutti - mi hanno salutato.

Sono lieto di vedervi così numerosi e mi congratulo con quanti tra voi hanno collaborato per far sì che ragazzi e ragazze anche di altri Paesi potessero partecipare a questo eccezionale incontro. So quanto vi siete dati da fare per preparare questo momento di "scambio di felicità". In questa Città, che custodisce le tombe e le memorie di coloro che hanno testimoniato il Salvatore del mondo, possa, in questi giorni, ogni giovane incontrare Gesù, Colui che conosce il segreto della vera felicità, e l'ha promessa ai suoi amici con queste parole: "Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena" (Gv 15,11).

Carissimi, in questo momento così atteso e significativo mi viene spontaneo tornare con la memoria al primo incontro mondiale della gioventù, che ebbe luogo proprio qui, davanti alla Cattedrale di Roma. Da qui partiamo anche oggi per vivere una nuova esperienza a livello mondiale: è l'incontro di inizio di un nuovo secolo e di un nuovo millennio. L'augurio è che esso consenta al cuore di voi tutti di incontrare Cristo vivente in eterno.

3. Giovani e ragazze romani, figli della Chiesa che ha per Vescovo il Successore di Pietro e che, come scrisse sant'Ignazio di Antiochia, è chiamata a "presiedere nella carità" (Ad Romanos, Introd.), sentitevi impegnati anche in questi giorni ad accogliere gli altri giovani convenuti qui da tutte le regioni del mondo. Stringete con loro una cordiale amicizia. Rendete gioiosa la loro permanenza a Roma, facendo a gara nello spirito di servizio, nell'accoglienza amichevole, secondo lo stile degli amici di Gesù - Lazzaro, Marta e Maria - che spesso lo ospitavano nella loro casa. Insieme con i giovani delle dodici Diocesi confinanti con Roma, aprite le porte delle vostre case ai pellegrini di questa Giornata Mondiale della Gioventù, diventando città ospitale, casa amica, perché anche qui, oggi, si realizzi un incontro tra amici: tra noi tutti ed il grande Amico, Gesù!

4. Vivete intensamente, cari giovani pellegrini del terzo millennio, questa Giornata Mondiale. Attraverso il contatto con tanti coetanei che come voi vogliono seguire Cristo, fate tesoro delle parole che vi verranno rivolte dai Vescovi, accogliendo la voce del Signore per rinvigorire la vostra fede e testimoniarla senza paura, sapendo di essere eredi di un grande passato.

Nell'aprire il vostro Giubileo, carissimi giovani e ragazze, desidero ripetere le parole con le quali ho iniziato il mio ministero di Vescovo di Roma e di Pastore della Chiesa universale; vorrei che esse guidassero i vostri giorni romani: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!". Aprite i vostri cuori, le vostre vite, i vostri dubbi, le vostre difficoltà, le vostre gioie e i vostri affetti alla sua forza salvifica e lasciate che Egli entri nei vostri cuori. "Non abbiate paura! Cristo sa cosa c'è dentro l'uomo. Solo Lui lo sa!". Lo dicevo il 22 ottobre 1978. Lo ripeto con la stessa forza oggi, vedendo risplendere nei vostri occhi la speranza della Chiesa e del mondo. Sì, lasciate che Cristo regni sulle vostre giovani esistenze, servitelo con amore. Servire Cristo è libertà!

5. Apriamo queste giornate sotto lo sguardo di Maria Santissima, che oggi contempliamo Assunta in Cielo: l'esempio della giovane Vergine di Nazareth vi aiuti a dire "sì" al Signore che bussa alla vostra porta e desidera entrare e prendere dimora in voi. Mentre in questi giorni vi offrite vicendevolmente accoglienza, sentite la sua materna vicinanza, lasciatevi disporre da Lei ad accogliere Cristo, Colui che già l'Antico Testamento presenta come "Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9, 5)!

Ed ora, carissimi giovani romani ed italiani, vi chiedo di trasferirvi idealmente con me alla Tomba dell'Apostolo Pietro, dove vado a dare il benvenuto, anche a nome vostro, a quanti sono arrivati a Roma da ogni parte del mondo per celebrare e vivere il Giubileo dei giovani.

Su di voi e su tutti invoco la benedizione del Signore!

 

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE
DURANTE LA CERIMONIA DI ACCOGLIENZA

Piazza San Pietro, 15 agosto 2000

Carissimi giovani e ragazze della quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, carissimi Confratelli nel sacerdozio, religiose, religiosi ed educatori che li accompagnate, benvenuti a Roma! Ringrazio il Cardinale James Francis Stafford per le calorose parole che mi ha rivolto. Con lui saluto il Cardinale Camillo Ruini, gli altri Cardinali, gli Arcivescovi e Vescovi presenti. Ringrazio pure i due giovani che hanno interpretato efficacemente i sentimenti di tutti voi, cari amici qui convenuti da tante parti del mondo.

Vi accolgo con gioia, dopo aver sostato davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano, la Cattedrale di Roma, per salutare i giovani romani e italiani. Essi si uniscono a me nel darvi il benvenuto più fraterno e caloroso.

I vostri volti mi ricordano, e in qualche modo rendono presenti, le giovani generazioni che ho avuto la grazia di incontrare in questi anni di fine millennio nel corso dei miei viaggi apostolici attraverso il mondo. A ciascuno dico: la pace sia con te!

La pace sia con te, giovane che vieni dall'Africa:

La pace sia con te, giovane che vieni dall'Africa:
d'Algérie,
de Angola,
du Bénin,
du Burkina Faso,
du Burundi,
du Cameroun,
de Cabo Verde,
du Tchad,
du Congo,
de Côte d'Ivoire,
d'Egypte,
from Eritrea,
du Gabon,
from Gambia,
from Ghana,
de la République de Guinée,
de Gibuti,
da Guiné Bissau,
from Kenya,
des Comores,
de l'Ile Maurice,
from Lesotho,
from Liberia,
de Libye,
de Madagascar,
from Malawi,
du Mali,
du Maroc,
de Moçambique,
from Namibia,
from Nigeria,
de la République Centreafricaine,
de la République Démocratique du Congo,
du Rwanda,
du Sénégal,
from the Seychelles,
from Sierra Leone,
from South Africa,
from Sudan,
from Swaziland,
from Tanzania,
du Togo,
from Uganda,
from Zambia,
from Zimbabwe.

La pace sia con te, giovane che vieni dall'America:
from the Antilles,
de Argentina,
from the Bahamas,
from Belize,
de Bolivia,
do Brasil,
from Canada,
de Chile,
de Colombia,
de Costa Rica,
de Cuba,
del Ecuador,
de El Salvador,
de Guatemala,
d'Haiti,
de Honduras,
de México,
de Nicaragua,
de Panama,
del Paraguay,
de Perú,
de Puerto Rico,
de la República Dominicana,
from Saint Lucia,
from Saint Vincent and the Grenadines,
from the United States of America,
from Suriname,
del Uruguay,
de Venezuela.

La pace sia con te, giovane che vieni dall'Asia: from Saudi Arabia,
from Armenia,
from Bahrein,
from Bangladesh,
du Cambodge,
from South Korea,
from the United Arabs Emirates,
from the Philippines,
from Georgia,
from Japan,
from Jordan,
from Hong Kong,
from India,
from Indonesia,
de l'Iraq,
from Israel,
from Kazakhstan,
from Kyrgyzstan,
du Laos,
du Liban,
from Malaysia,
from Mongolia,
from Myanmar,
from Nepal,
from Oman,
from Pakistan,
from Qatar,
from Singapore,
de Syrie,
from Sri Lanka,
from Taiwan,
from the Palestinian Territories,
from Thailand,
de Macau,
de Timor Leste,
from Turkmenistan,
from Uzbekistan
et du Viet Nam.

La pace sia con te, giovane che vieni dall'Europa:
dall'Albania,
aus Österreich,
de Belgique,
de Biélorussie,
from Bosnia-Hercegovina,
from Bulgaria,
from Cyprus,
dalla Croazia,
from Denmark,
aus Deutschland,
from England,
de España,
from Estonia,
from Finland,
de France,
from Greece,
from Ireland,
dall'Italia,
from Latvia,
aus Lichtenstein,
from Lithuania,
du Luxembourg,
dalla Macedonia,
from Malta,
from Moldova,
from the Netherlands,
from Norway,
z Polski,
de Portugal,
de la Principauté de Monaco,
dalla Repubblica Ceca,
dalla Repubblica di San Marino,
dalla Romania,
dalla Russia,
from Scotland,
dalla Slovacchia,
dalla Slovenia,
de Suisse,
from Sweden,
from Turkey,
from Ukraine,
from Hungary,
from Yugoslavia.

La pace sia con te, giovane che vieni dall'Oceania:
from Australia,
from Guam,
from New Zealand,
from Papua New Guinea.

Saluto con particolare affetto il gruppo dei giovani provenienti dai Paesi nei quali l'odio, la violenza, la guerra segnano ancora di sofferenza la vita di intere popolazioni: grazie alla solidarietà di tutti voi, è stato possibile per loro essere qui questa sera. Ad essi dico, anche a nome vostro, la fraterna vicinanza della nostra assemblea; con voi, chiedo per loro e per la loro gente giorni di pace nella giustizia e nella libertà.

Il mio pensiero si rivolge, infine, ai giovani di altre Chiese e Comunità ecclesiali, che sono qui, questa sera, insieme ad alcuni dei loro Pastori: sia la Giornata Mondiale un'occasione ulteriore di reciproca conoscenza e di comune preghiera allo Spirito Santo per implorare il dono della piena unità di tutti i cristiani!

Cari amici dei cinque Continenti, sono lieto di iniziare solennemente con voi questa sera il Giubileo dei Giovani. Pellegrini sulle orme degli Apostoli, imitatene la fede.

Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!

* * * * *

1. Cari amici, che avete percorso con ogni mezzo tanti e tanti chilometri per venire qui a Roma, sulle tombe degli Apostoli, lasciate che io cominci il mio incontro con voi ponendovi una domanda: che cosa siete venuti a cercare? Voi siete qui per celebrare il vostro Giubileo: il Giubileo della Chiesa giovane. Il vostro non è un viaggio qualsiasi: se vi siete messi in cammino, non è soltanto per ragioni di svago o di cultura. E allora lasciate che ripeta la domanda: che cosa siete venuti a cercare? O meglio, chi siete venuti a cercare?

La risposta non può essere che una sola: siete venuti a cercare Gesù Cristo! Gesù Cristo che però, per primo, viene a cercare voi. Celebrare il Giubileo, infatti, non ha altro significato che quello di celebrare ed incontrare Gesù Cristo, il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.

Le parole del Prologo di San Giovanni, che sono state or ora proclamate, sono in certo senso il suo "biglietto di presentazione". Esse ci invitano a fissare lo sguardo sul suo mistero. Quelle parole sono un particolare messaggio rivolto a voi, carissimi giovani: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio" (Gv 1, 1-2).

Additandoci il Verbo consostanziale al Padre, il Verbo eterno generato come Dio da Dio e luce da luce, l'Evangelista ci porta nel cuore della vita divina, ma anche alla sorgente del mondo: questo Verbo sta, infatti, all'inizio di tutta la creazione: "Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste" (Gv 1, 3). Tutto il mondo creato, prima di diventare realtà, fu pensato da Dio e da Lui voluto con un eterno disegno di amore. Se, dunque, osserviamo il mondo in profondità, lasciandoci stupire dalla sapienza e dalla bellezza che Dio vi ha profuso, possiamo già in esso cogliere un riflesso di quel Verbo che la rivelazione biblica ci svela in pienezza nel volto di Gesù di Nazareth. In certo modo, la creazione è una prima "rivelazione" di Lui.

2. L'annuncio del Prologo continua così: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Gv 1, 4-5). Per l'Evangelista la vita è la luce, e la morte - l'opposto della vita - costituisce le tenebre. Per mezzo del Verbo è sorta ogni vita sulla terra e nel Verbo essa trova il suo definitivo compimento.

Identificando la vita con la luce, Giovanni ha in mente anche quella particolare vita che non consiste semplicemente nelle funzioni biologiche dell'organismo umano, ma viene attinta dalla partecipazione alla vita stessa di Cristo. L'Evangelista dice: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1, 9). Tale illuminazione fu concessa all'umanità nella notte di Betlemme, quando il Verbo eterno del Padre assunse un corpo da Maria Vergine, si fece Uomo e nacque in questo mondo. Da allora ogni uomo, che mediante la fede partecipa al mistero di quell'evento, sperimenta in qualche misura tale illuminazione.

Cristo stesso, presentandosi come luce del mondo, dirà un giorno: "Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce" (Gv 12, 36). E' un'esortazione che i discepoli di Cristo si trasmettono di generazione in generazione, cercando di applicarla nella vita di ogni giorno. In riferimento a questa esortazione San Paolo scriverà: "Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità" (Ef 5, 8-9).

3. Il cuore del Prologo di Giovanni è l'annuncio che "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1, 14). Poco prima l'Evangelista aveva dichiarato: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (1, 10-12). Carissimi, siete voi tra quelli che hanno accolto Cristo? La vostra presenza qui è già una risposta. Siete venuti a Roma, in questo Giubileo dei duemila anni dalla nascita di Cristo, per accogliere dentro di voi la potenza di vita che è in Lui. Siete venuti per riscoprire la verità sulla creazione e per essere nuovamente stupiti della bellezza e della ricchezza del mondo creato. Siete venuti per rinnovare dentro di voi la consapevolezza della dignità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio.

"E noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1, 14). Un filosofo contemporaneo ha sottolineato la rilevanza della morte nella vita umana, fino a qualificare l'uomo come "un essere per la morte". Il Vangelo al contrario mette in evidenza che l'uomo è un essere per la vita. L'uomo è chiamato da Dio a partecipare alla vita divina. L'uomo è un essere chiamato alla gloria.

Questi giorni, che passerete insieme a Roma nell'ambito della Giornata Mondiale dei Giovani, dovranno aiutare ciascuno di voi a vedere più chiaramente la gloria che è propria del Figlio di Dio e alla quale siamo stati chiamati in Lui dal Padre. Per questo occorre che cresca e si consolidi la vostra fede in Cristo.

4. Questa fede io desidero testimoniare davanti a voi, giovani amici, sulla tomba dell'Apostolo Pietro, a cui il Signore ha voluto che succedessi come Vescovo di Roma. Oggi io, per primo, desidero dirvi che credo fermamente in Cristo Gesù nostro Signore. Sì, io credo, e faccio mie le parole dell'apostolo Paolo: "Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20).

Ricordo come fin da bambino, nella mia famiglia, imparai a pregare e a fidarmi di Dio. Ricordo l'ambiente della parrocchia, intitolata a San Stanislao Kostka, che frequentavo a Debniki in Cracovia. Essa era diretta dai Padri Salesiani, dai quali ricevetti la formazione fondamentale alla vita cristiana. Non posso poi dimenticare l'esperienza della guerra e gli anni di lavoro in fabbrica. La definitiva maturazione della mia vocazione sacerdotale avvenne nel periodo della seconda guerra mondiale, durante l'occupazione della Polonia. La tragedia della guerra diede al processo di maturazione della mia scelta di vita una colorazione particolare. In quel contesto si manifestava in me sempre più chiara una luce: il Signore vuole che io diventi sacerdote! Ricordo con commozione quel momento della mia vita quando, nella mattina del primo novembre del 1946, ricevetti l'ordinazione sacerdotale.

Il mio Credo continua nel mio presente servizio alla Chiesa. Quando, il 16 ottobre del 1978, dopo l'elezione alla Sede di Pietro, mi fu rivolta la domanda: "Accetti?", risposi: "Obbedendo nella fede a Cristo, mio Signore, confidando nella Madre di Cristo e della Chiesa, nonostante le grandi difficoltà, io accetto" (Redemptor hominis, 2). Da allora cerco di svolgere il mio compito attingendo ogni giorno luce e forza dalla fede che mi lega a Cristo.

Ma la mia fede, come quella di Pietro e come quella di ognuno di voi, non è soltanto opera mia, adesione mia alla verità di Cristo e della Chiesa. Essa è essenzialmente e anzitutto opera dello Spirito Santo, dono della sua grazia. Il Signore dona a me, come dona a voi, il suo Spirito per farci dire "Credo", servendosi poi di noi per testimoniarlo in ogni angolo della terra.

5. Carissimi amici, perché all'inizio del vostro Giubileo ho voluto offrirvi questa testimonianza personale? L'ho fatto per chiarire che il cammino della fede passa attraverso tutto ciò che viviamo. Dio opera nelle vicende concrete e personali di ciascuno di noi: attraverso di esse, talvolta in modi veramente misteriosi, si presenta a noi il Verbo "fatto carne", venuto ad abitare in mezzo a noi.

Cari giovani e ragazze, non permettete che il tempo che il Signore vi dona trascorra come se tutto fosse un caso. San Giovanni ci ha detto che ogni cosa è stata fatta in Cristo. Credete dunque fortemente in Lui. Egli conduce la storia dei singoli come quella dell'umanità. Certamente Cristo rispetta la nostra libertà, ma in tutte le vicende gioiose o amare della vita non cessa di chiederci di credere in Lui, nella sua Parola, nella realtà della Chiesa, nella vita eterna!

Non pensate mai, perciò, di essere ai suoi occhi degli sconosciuti, come numeri di una folla anonima. Ognuno di voi è prezioso per Cristo, è conosciuto personalmente, è amato teneramente, anche quando non se ne rende conto.

6. Cari amici, proiettati con tutto l'ardore della vostra giovinezza verso il terzo millennio, vivete intensamente l'opportunità che vi offre la Giornata Mondiale della Gioventù in questa Chiesa di Roma, che oggi più che mai è la vostra Chiesa. Lasciatevi plasmare dallo Spirito Santo. Fate esperienza di preghiera, lasciando che lo Spirito parli al vostro cuore. Pregare significa concedere un po' del proprio tempo a Cristo, affidarsi a Lui, rimanere in silenzioso ascolto della sua Parola, farla risuonare nel cuore.

In questi giorni, quasi fossero una grande settimana di esercizi spirituali, ritagliatevi momenti di silenzio, di preghiera, di raccoglimento. Chiedete allo Spirito Santo di illuminare le vostre menti, chiedetegli il dono di una fede viva, che dia per sempre un senso alla vostra vita, incardinandola in Gesù, il Verbo fatto carne.

Maria Santissima, che ha generato Cristo per opera dello Spirito Santo, Maria Salus Populi Romani e Madre di tutti i popoli, i Santi Pietro e Paolo e tutti gli altri Santi e Martiri di questa Chiesa e delle vostre Chiese, sostengano il vostro cammino.

 

IL PALCO PAPALE

LA COSTRUZIONE E I SUOI SIGNIFICATI

Marco Petreschi – Paolo Marciani – Diana Petti
architetti

L’opera che abbiamo progettato è una struttura precaria nel senso che avrà vita brevissima, ma al contempo è un lavoro di notevole complessità, in quanto complessa è la sovrapposizione dei gesti rituali e degli eventi di spettacolo che avranno luogo nelle due giornate del raduno dei giovani ed è imponente il numero di personaggi coinvolti sui differenti palchi: a cominciare dal Santo Padre, continuando con l’assemblea dei Cardinali e dei Vescovi, gli accoliti, il coro e l’ orchestra, i giovani che daranno testimonianza, i gruppi che canteranno e danzeranno, gli artisti.

Così abbiamo proceduto alla costruzione di un progetto, avendo ben chiaro che l’architettura, per sua natura tracima dalla scatola delle funzioni, dei bisogni naturali, degli spazi necessari, delle dotazioni di impianti e di servizi, per trasformarsi in un qualcosa che è l’espressione della cultura dell’uomo nel suo tempo.
Nel nostro quotidiano lavoro di architetti infatti vengono a coincidere un mestiere antico, quello di edificare una casa per i bisogni dell’ uomo, ad un’arte che è quella di ascoltare il respiro profondo delle cose e delle istituzioni degli uomini, per restituirne in forme sensibili le suggestioni.
Fondamentale per l’ideazione del progetto è stato il primo approccio con il terreno di Tor Vergata su cui sorgerà il palco.

L’area del raduno, che interessa una superficie di circa 500 ettari, in alcune zone edificata, si situa tra il complesso degli edifici dell’Università di Tor Vergata, il Grande Raccordo Anulare e la diramazione autostradale Roma– Napoli.
L’architettura dicevamo prima si alimenta di emozioni oltrechè di funzioni.
Il primo impatto emozionale è stato per noi quello di vedere questo immenso prato ondulato non più campagna e non ancora città ed immaginare in lontananza, sulla parte più alta del terreno, il piccolo puntino della figura del Papa sullo sfondo dei primi edifici della città universitaria.

Di lassù il Santo Padre avrebbe parlato con i giovani, di lì sarebbe stata proclamata la Parola e celebrata l’Eucarestia.
Cosa avrebbe potuto raccogliere questo immenso fascio di sguardi puntati su quel piccolo punto bianco? Abbiamo pensato immediatamente di creare un argine a quelle visuali.
E’ nata così l’ idea del grande muro, che è un po’ la base del progetto.
In equilibrio dinamico ai due estremi del grande muro da una parte la croce alta, solidamente infissa nella parete; dall’altro un insieme di pedane, collegate da rampe e scalinate, destinate ad accogliere i vari momenti della liturgia e dello spettacolo, la cattedra di Pietro ed il consesso dei Porporati.

Sopra queste tre pedane infine una grande copertura articolata, ispirata alle tende dei popoli nomadi. In sintesi gli elementi costitutivi del nostro progetto sono tre:

Il Muro e la Croce

Il muro è la struttura portante di tutto il complesso. Quinta architettonica che si estende per 160 metri lineari ad abbracciare lo sguardo dei partecipanti all’assemblea della XV Giornata Mondiale della Gioventù.
Questa parete solitaria che nasce in obliquo dalla terra ed alle infinite variazioni di questa contrappone l'orgoglio della linea retta, cifra della razionalità, rappresenta per noi la storia dell'uomo. Questa, edificata per strati, quasi il sedimento di civiltà succedutesi nella costruzione della scena umana, pare scaturita da un’origine incerta a rappresentare un inizio di un cammino insicuro sospeso tra realtà e mito, all’interno di uno spazio terreno del tutto modificabile ed uno in movimento ignoto ed agognato che ancora non gli appartiene.

Su questo spartito della storia umana così ideato all'improvviso cala, conficcandovisi in profondità, la Croce di Cristo. L'Incarnazione del Figlio, lacera fino alle radici la storia dell'uomo, rivelando la tenerezza di un Padre non più nemico. Nulla, sia per i credenti che per i non credenti, sarà più come prima. La Croce, questo grande segno di contraddizione e d'inciampo, allungherà d'ora in poi la sua ombra sui passi dell'uomo, provocandolo come individuo, come clan, come popolo a confrontarsi nella libertà con la rivelazione del Verbo. Questo impatto della Croce nella storia dell'uomo è rappresentato, nel nostro progetto, dallo sbrecciarsi del muro, penetrato dall'asta della Croce. Ciò che radica al muro la Croce sono quattro crociere metalliche che ne affiancano la base, memoria dei quattro Evangelisti, un tempo sempre presenti come icone all'estremità dei bracci delle croci, ruote di fuoco, motori dell'annuncio della Buona Notizia alle quattro direzioni del mondo.
Infine questa parete rappresenta: un argine visivo nella campagna, un fondale agli accadimenti sui palchi, una spalliera e sostegno al corpo dei servizi, un contrappunto vigoroso alla lievità della grande copertura.

Luoghi e Percorsi

Il grande evento della Croce ha attirato le moltitudini. Ecco dunque apparire nella storia un popolo erede di tutte le promesse, ovvero l’Ecclesia.
Il muro della storia che pur prosegue la sua corsa, si dilata ad ospitare luoghi ed a creare percorsi che rilancino di continuo il primo annuncio "La Chiesa avanza ricordandosi".
La storia ne presenta in questi duemila anni un'infinita varietà.
Il Giubileo dell'anno 2000 coglie la Chiesa di Cristo in un oggi concreto e ci ripresenta in contesti spaziali differenti ed intimamente legati tra loro la Celebrazione dei Misteri, la potenza della Parola, il carisma di Pietro, ed infine la risposta del popolo di Dio che si fa testimonianza, e gioisce nel canto e nella danza.
Il Giubileo dell'anno 2000 coglie la Chiesa di Cristo in un oggi concreto e ci ripresenta in contesti spaziali differenti ed intimamente legati tra loro la Celebrazione dei Misteri, la potenza della Parola, il carisma di Pietro, ed infine la risposta del popolo di Dio che si fa testimonianza, e gioisce nel canto e nella danza.
La compresenza di molte scene, fisicamente accolte in differenti palchi, situate in connessione gerarchica, legate da rampe processionali che salgono o da precipizi di gradini che scendono come torrenti, sta a descrivere la vitalità e la laboriosità del Popolo di Dio che attraversa il nuovo millennio ancora calamitato dall'evento della Croce, capace di vivere nell'Eucarestia una dimensione totale della festa.
E proprio da questo luogo una scalinata centrale scende a sua volta verso la grande assemblea ad esprimere, con la sua discesa verso il mondo, la diffusione del Verbo.

La Tenda

La tenda, archetipo della casa, è un paradigma del costruire.
Quì l’uomo trova rifugio, non solo dalle intemperie, ma adatta e connota tale luogo protetto come spazio ove esplicare le sue funzioni sociali e religiose che lo accompagneranno per tutto il percorso della sua vita. Quì formula le regole della convivenza e delle azioni quotidiane che si manifestano nella vita materiale attraverso la misura del corpo e nella vita spirituale attraverso le esigenze dell’anima nel rispetto di Chi, a sua immagine e somiglianza, gli ha donato sia l’uno che l’altra.

Una tenda accompagna la Chiesa nella sua evoluzione storica.La tenda è la presenza di Dio in mezzo agli uomini, la Shekinah, la gloria della Presenza, mobile nella storia.
La Bibbia la connota come "nube luminosa", come "tenda del deserto" che allarga i suoi pioli per accogliere un popolo nuovo, per fare spazio all'uomo che ritorna al suo Dio.
Nel progetto, utilizzando la tecnologia contemporanea, abbiamo disegnato la tenda come una copertura di forma lieve ed ampia, quasi ala di uccello marino, ma di struttura poderosa che il vento non potrà travolgere.

Gli elementi di articolazione strutturale che la connotano traggono ispirazione da volute dinamiche, quasi l’espressione di una eco barocca. La tenda è per noi dunque un segno di protezione e nello stesso tempo il baldacchino cerimoniale, un connotato regale, il coronamento di una festa.
Questa tenda che porta la luce nel suo interno e poggia su esili zampe di gazzella, accompagna i gesti liturgici, il canto, la proclamazione della Parola, l’Eucarestia, protegge dal sole, illumina la notte, dà sembianza di cielo a tutto l'evento che il nostro progetto ha cercato di interpretare.

Conclusioni

Il progetto però, a nostro avviso, non si capirebbe completamente se non tentassimo di esporre un ultimo obiettivo insito nel nostro lavoro, ovvero quello di perseguire una finalità che del resto ogni architettura nel suo compiersi dovrebbe manifestare, vale a dire la capacità di creare uno spazio che una volta ideato, attraverso la sua geometria, sia in grado di infondere un’atmosfera e un carattere consoni alla funzione alla quale è stato destinato.
Intenzione questa difficilmente definibile ed inscrivibile in un piano cartesiano o nel dato tecnico e tanto più ardua da trasmettere se non forse attraverso l’esplicitazione di un’idea forte che sia tale da far vibrare i materiali di per sé inerti acchè questi, accostandosi e componendosi, vadano a configurare lo spazio adatto di cui si parlava, ovvero nel nostro caso il luogo ove l’uomo sia condotto ad avvicinarsi alla sfera emotiva e spirituale.
Or bene il suggerimento per cogliere quel carattere che ricercavamo, al fine di riversarlo nella nostra architettura, ci è stato dato dalla lettura di un brano del XII secolo che qui riproponiamo, scritto dall’abate Suger, quando questi, ultimata la cappella di Saint Denis nell’Ile de France si raccolse in contemplazione nell’abside e così recitò:

"... Quando - con mio grande diletto nella bellezza della casa di Dio – l’incanto delle pietre multicolori mi ha strappato alle cure esterne e una degna meditazione, mi ha indotto a riflettere, trasferendo ciò che è materiale a ciò che è immateriale, sulla diversità delle sacre virtù: allora mi sembra di trovarmi, per così dire in una strana regione dell’universo che non sta del tutto chiusa nel fango della terra né è del tutto librata nella purezza del Cielo; e mi sembra che, per grazia di Dio, io possa essere trasportato da questo mondo inferiore a quello superiore per via analogica… le pietre che ci circondano sono una luce, perché io percepisco che sono buone e belle, che esistono secondo le proprie regole di proporzione, che differiscono per genere e specie da tutti gli altri generi e specie, che sono definiti dal numero, che non vengono meno al loro ordine, che cercano il loro luogo specifico conformemente alla loro gravità… E allora quando in queste pietre percepisco tali cose superiori, l’anima piange, di gioia commossa, e non per vanità terrena o amore delle ricchezze, ma per amore della causa prima non causata."

Suger saluta in tal modo la bellezza materiale intesa come veicolo di beatitudine spirituale anziché rifuggire da essa come tentazione.
E tale intendimento abbiamo umilmente tentato di ripercorrere lavorando con i materiali poveri e precari del nostro allestimento per il palco papale.
Ecco dunque l’idea forte, il carattere, che volevamo infondere nei materiali della nostra "fabrica" che alla fine ci auguriamo abbia rappresentato il compimento ultimo del nostro lavoro.

Roma 16 gennaio 2000

 

VEGLIA DI PREGHIERA PRESIEDUTA DAL

SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Tor Vergata, sabato 19 agosto 2000

1. "Voi chi dite che io sia?" (Mt 16, 15).

Carissimi giovani e ragazze, con grande gioia mi incontro nuovamente con voi in occasione di questa Veglia di preghiera, durante la quale vogliamo metterci insieme in ascolto di Cristo, che sentiamo presente tra noi. E' Lui che ci parla.

"Voi chi dite che io sia?". Gesù pone questa domanda ai suoi discepoli, nei pressi di Cesarea di Filippo. Risponde Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16, 16). A sua volta il Maestro gli rivolge le sorprendenti parole: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16, 17).

Qual è il significato di questo dialogo? Perché Gesù vuole sentire ciò che gli uomini pensano di Lui? Perché vuol sapere che cosa pensano di Lui i suoi discepoli?

Gesù vuole che i discepoli si rendano conto di ciò che è nascosto nelle loro menti e nei loro cuori e che esprimano la loro convinzione. Allo stesso tempo, tuttavia, egli sa che il giudizio che manifesteranno non sarà soltanto loro, perché vi si rivelerà ciò che Dio ha versato nei loro cuori con la grazia della fede.

Questo evento nei pressi di Cesarea di Filippo ci introduce in un certo senso nel "laboratorio della fede". Vi si svela il mistero dell'inizio e della maturazione della fede. Prima c'è la grazia della rivelazione: un intimo, un inesprimibile concedersi di Dio all'uomo. Segue poi la chiamata a dare una risposta. Infine, c'è la risposta dell'uomo, una risposta che d'ora in poi dovrà dare senso e forma a tutta la sua vita.

Ecco che cosa è la fede! E' la risposta dell'uomo ragionevole e libero alla parola del Dio vivente. Le domande che Cristo pone, le risposte che vengono date dagli Apostoli, e infine da Simon Pietro, costituiscono quasi una verifica della maturità della fede di coloro che sono più vicini a Cristo.

2. Il colloquio presso Cesarea di Filippo ebbe luogo nel periodo prepasquale, cioè prima della passione e della resurrezione di Cristo. Bisognerebbe richiamare ancora un altro evento, durante il quale Cristo, ormai risorto, verificò la maturità della fede dei suoi Apostoli. Si tratta dell'incontro con Tommaso apostolo. Era l'unico assente quando, dopo la resurrezione, Cristo venne per la prima volta nel Cenacolo. Quando gli altri discepoli gli dissero di aver visto il Signore, egli non volle credere. Diceva: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò" (Gv 20, 25). Dopo otto giorni i discepoli si trovarono nuovamente radunati e Tommaso era con loro. Venne Gesù attraverso la porta chiusa, salutò gli Apostoli con le parole: "Pace a voi!" (Gv 20, 26) e subito dopo si rivolse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" (Gv 20, 27). E allora Tommaso rispose: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20, 28).

Anche il Cenacolo di Gerusalemme fu per gli Apostoli una sorta di "laboratorio della fede". Tuttavia quanto lì avvenne con Tommaso va, in un certo senso, oltre quello che successe nei pressi di Cesarea di Filippo. Nel Cenacolo ci troviamo di fronte ad una dialettica della fede e dell'incredulità più radicale e, allo stesso tempo, di fronte ad una ancor più profonda confessione della verità su Cristo. Non era davvero facile credere che fosse nuovamente vivo Colui che avevano deposto nel sepolcro tre giorni prima.

Il Maestro divino aveva più volte preannunciato che sarebbe risuscitato dai morti e più volte aveva dato le prove di essere il Signore della vita. E tuttavia l'esperienza della sua morte era stata così forte, che tutti avevano bisogno di un incontro diretto con Lui, per credere nella sua resurrezione: gli Apostoli nel Cenacolo, i discepoli sulla via per Emmaus, le pie donne accanto al sepolcro... Ne aveva bisogno anche Tommaso. Ma quando la sua incredulità si incontrò con l'esperienza diretta della presenza di Cristo, l'Apostolo dubbioso pronunciò quelle parole in cui si esprime il nucleo più intimo della fede: Se è così, se Tu davvero sei vivo pur essendo stato ucciso, vuol dire che sei "il mio Signore e il mio Dio".

Con la vicenda di Tommaso, il "laboratorio della fede" si è arricchito di un nuovo elemento. La Rivelazione divina, la domanda di Cristo e la risposta dell'uomo si sono completate nell'incontro personale del discepolo col Cristo vivente, con il Risorto. Quell'incontro divenne l'inizio di una nuova relazione tra l'uomo e Cristo, una relazione in cui l'uomo riconosce esistenzialmente che Cristo è Signore e Dio; non soltanto Signore e Dio del mondo e dell'umanità, ma Signore e Dio di questa mia concreta esistenza umana. Un giorno san Paolo scriverà: "Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10, 8-9).

3. Nelle Letture dell'odierna Liturgia troviamo descritti gli elementi di cui si compone quel "laboratorio della fede", dal quale gli Apostoli uscirono come uomini pienamente consapevoli della verità che Dio aveva rivelato in Gesù Cristo, verità che avrebbe modellato la loro vita personale e quella della Chiesa nel corso della storia. L'odierno incontro romano, carissimi giovani, è anch'esso una sorta di "laboratorio della fede" per voi, discepoli di oggi, per i confessori di Cristo alla soglia del terzo millennio.

Ognuno di voi può ritrovare in se stesso la dialettica di domande e risposte che abbiamo sopra rilevato. Ognuno può vagliare le proprie difficoltà a credere e sperimentare anche la tentazione dell'incredulità. Al tempo stesso, però, può anche sperimentare una graduale maturazione nella consapevolezza e nella convinzione della propria adesione di fede. Sempre, infatti, in questo mirabile laboratorio dello spirito umano, il laboratorio appunto della fede, s'incontrano tra loro Dio e l'uomo. Sempre il Cristo risorto entra nel cenacolo della nostra vita e permette a ciascuno di sperimentare la sua presenza e di confessare: Tu, o Cristo, sei "il mio Signore e il mio Dio".

Cristo disse a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20, 29). Ogni essere umano ha dentro di sé qualcosa dell'apostolo Tommaso. E' tentato dall'incredulità e pone le domande di fondo: E' vero che c'è Dio? E' vero che il mondo è stato creato da Lui? E' vero che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto? La risposta si impone insieme con l'esperienza che la persona fa della Sua presenza. Occorre aprire gli occhi e il cuore alla luce dello Spirito Santo. Allora parleranno a ciascuno le ferite aperte di Cristo risorto: "Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno".

4. Carissimi amici, anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, di Tommaso, dei primi apostoli e testimoni, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro divino, per seguire "l'Agnello dovunque va" (Ap 14,4). Non per caso, carissimi giovani, ho voluto che durante l'Anno Santo fossero ricordati presso il Colosseo i testimoni della fede del ventesimo secolo.

Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell'attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro.

Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell'interesse personale o di gruppo.

Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell'uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto.

5. Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E' difficile. Non è il caso di nasconderlo. E' difficile, ma con l'aiuto della grazia è possibile, come Gesù spiegò a Pietro: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17).

Questa sera vi consegnerò il Vangelo. E' il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l'ascolterete nel silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per Lui!

In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.

Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!

6. Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.

Cari giovani del secolo che inizia, dicendo "sì" a Cristo, voi dite "sì" ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.

Maria Santissima, la Vergine che ha detto "sì" a Dio durante tutta la sua vita, i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi e le Sante che hanno segnato attraverso i secoli il cammino della Chiesa, vi conservino sempre in questo santo proposito!

A tutti ed a ciascuno offro con affetto la mia Benedizione.

 

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Tor Vergata, domenica 20 agosto 2000

1. "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68).

Carissimi giovani e ragazze della quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù! Queste parole di Pietro, nel dialogo con Cristo alla fine del discorso sul "pane di vita", ci toccano personalmente. In questi giorni abbiamo meditato sull'affermazione di Giovanni: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). L'evangelista ci ha riportato al grande mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, il Figlio a noi donato attraverso Maria "quando venne la pienezza del tempo" (Gal 4,4).

Nel suo nome vi saluto ancora tutti con grande affetto. Saluto e ringrazio il Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario Generale per la Diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per le parole che ha voluto rivolgermi all'inizio di questa Santa Messa; saluto pure il Cardinale James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e i tanti Cardinali, Vescovi e sacerdoti qui convenuti; saluto, altresì, con grata deferenza il Signor Presidente della Repubblica e il Capo del Governo italiano, come pure tutte le altre Autorità civili e religiose che ci onorano della loro presenza.

2. Siamo giunti al culmine della Giornata Mondiale della Gioventù. Ieri sera, carissimi giovani, abbiamo confermato la nostra fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio che il Padre ha mandato, come ha ricordato la prima lettura di oggi, "a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri... a consolare tutti gli afflitti" (Is 61,1-3).

Con l'odierna Celebrazione eucaristica Gesù ci introduce nella conoscenza di un particolare aspetto del suo mistero. Abbiamo ascoltato nel Vangelo un brano del discorso da Lui tenuto nella sinagoga di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. In esso Egli si rivela come il vero pane delle vita, il pane disceso dal cielo per dare la vita al mondo (cfr Gv 6,51). E' un discorso che gli ascoltatori non comprendono. La prospettiva in cui si muovono è troppo materiale per poter raccogliere il vero intendimento di Cristo. Essi ragionano nell'ottica della carne, che "non giova a nulla" (Gv 6, 63). Gesù invece apre il discorso sugli orizzonti sconfinati dello spirito: "Le parole che vi ho detto - Egli insiste - sono spirito e vita" (ibid.).

Ma l'uditorio è refrattario: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?" (Gv 6, 60). Si ritengono persone di buon senso, con i piedi sulla terra. Per questo scuotono il capo e, brontolando, se ne vanno uno dopo l'altro. La folla iniziale si riduce progressivamente. Alla fine resta solo lo sparuto gruppetto dei discepoli più fedeli. Ma sul "pane della vita" Gesù non è disposto a transigere. E' pronto piuttosto ad affrontare il distacco anche dei più intimi: "Forse anche voi volete andarvene?" (Gv 6, 67).

3. "Forse anche voi?". La domanda di Cristo scavalca i secoli e giunge fino a noi, ci interpella personalmente e sollecita una decisione. Quale è la nostra risposta? Cari giovani, se siamo qui oggi, è perché ci riconosciamo nell'affermazione dell'apostolo Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68).

Di parole intorno a voi ne risuonano tante, ma Cristo soltanto ha parole che resistono all'usura del tempo e restano per l'eternità. La stagione che state vivendo vi impone alcune scelte decisive: la specializzazione nello studio, l'orientamento nel lavoro, lo stesso impegno da assumere nella società e nella Chiesa. E' importante rendersi conto che, tra le tante domande affioranti al vostro spirito, quelle decisive non riguardano il "che cosa". La domanda di fondo è " chi": verso "chi" andare, "chi" seguire, "a chi" affidare la propria vita.

Voi pensate alla vostra scelta affettiva, e immagino che siate d'accordo: ciò che veramente conta nella vita è la persona con la quale si decide di condividerla. Attenti, però! Ogni persona umana è inevitabilmente limitata: anche nel matrimonio più riuscito, non si può non mettere in conto una certa misura di delusione. Ebbene, cari amici: non c'è in questo la conferma di quanto abbiamo ascoltato dall'apostolo Pietro? Ogni essere umano, prima o poi, si ritrova ad esclamare con lui: "Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". Solo Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio e di Maria, il Verbo eterno del Padre nato duemila anni orsono a Betlemme di Giudea, è in grado di soddisfare le aspirazioni più profonde del cuore umano.

Nella domanda di Pietro: "Da chi andremo?" c'è già la risposta circa il cammino da percorrere. E' il cammino che porta a Cristo. E il Maestro divino è raggiungibile personalmente: è infatti presente sull'altare nella realtà del suo corpo e del suo sangue. Nel sacrificio eucaristico noi possiamo entrare in contatto, in modo misterioso ma reale, con la sua persona, attingendo alla sorgente inesauribile della sua vita di Risorto.

4. Questa è la stupenda verità, carissimi amici: il Verbo, che si è fatto carne duemila anni fa, è presente oggi nell'Eucaristia. Per questo l'anno del Grande Giubileo, in cui stiamo celebrando il mistero dell'Incarnazione, non poteva non essere anche un anno "intensamente eucaristico" (cfr Tertio millennio adveniente, 55).

L'Eucaristia è il sacramento della presenza di Cristo che si dona a noi perché ci ama. Egli ama ciascuno di noi in maniera personale ed unica nella vita concreta di ogni giorno: nella famiglia, tra gli amici, nello studio e nel lavoro, nel riposo e nello svago. Ci ama quando riempie di freschezza le giornate della nostra esistenza e anche quando, nell'ora del dolore, permette che la prova si abbatta su di noi: anche attraverso le prove più dure, infatti, Egli ci fa sentire la sua voce.

Sì, cari amici, Cristo ci ama e ci ama sempre! Ci ama anche quando lo deludiamo, quando non corrispondiamo alle sue attese nei nostri confronti. Egli non ci chiude mai le braccia della sua misericordia. Come non essere grati a questo Dio che ci ha redenti spingendosi fino alla follia della Croce? A questo Dio che si è messo dalla nostra parte e vi è rimasto fino alla fine?

5. Celebrare l'Eucaristia "mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue" significa accettare la logica della croce e del servizio. Significa cioè testimoniare la propria disponibilità a sacrificarsi per gli altri, come ha fatto Lui.

Di questa testimonianza ha estremo bisogno la nostra società, ne hanno bisogno più che mai i giovani, spesso tentati dai miraggi di una vita facile e comoda, dalla droga e dall'edonismo, per trovarsi poi nelle spire della disperazione, del non senso, della violenza. E' urgente cambiare strada nella direzione di Cristo, che è anche la direzione della giustizia, della solidarietà, dell'impegno per una società ed un futuro degni dell'uomo.

Questa è la nostra Eucaristia, questa è la risposta che Cristo attende da noi, da voi, giovani, a conclusione di questo vostro Giubileo. Gesù non ama le mezze misure, e non esita ad incalzarci con la domanda: "Volete andarvene anche voi?". Con Pietro, davanti a Cristo, Pane di vita, anche noi, oggi, vogliamo ripetere: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" (Gv 6,68).

6. Carissimi, ritornando alle vostre terre, mettete l'Eucaristia al centro della vostra vita personale e comunitaria: amatela, adoratela, celebratela, soprattutto la Domenica, giorno del Signore. Vivete l'Eucaristia testimoniando l'amore di Dio per gli uomini.

Affido a voi, carissimi amici, questo che è il più grande dono di Dio a noi, pellegrini sulle strade del tempo, ma recanti nel cuore la sete di eternità. Possa esservi sempre, in ogni comunità, un sacerdote che celebri l'Eucaristia! Chiedo per questo al Signore che fioriscano tra voi numerose e sante vocazioni al sacerdozio. La Chiesa ha bisogno di chi celebri anche oggi, con cuore puro, il sacrificio eucaristico. Il mondo ha bisogno di non essere privato della presenza dolce e liberatrice di Gesù vivo nell'Eucaristia!

Siate voi stessi ferventi testimoni della presenza di Cristo sui nostri altari. L'Eucaristia plasmi la vostra vita, la vita delle famiglie che formerete. Essa orienti tutte le vostre scelte di vita. L'Eucaristia, presenza viva e reale dell'amore trinitario di Dio, vi ispiri ideali di solidarietà e vi faccia vivere in comunione con i vostri fratelli sparsi in ogni angolo del pianeta.

Dalla partecipazione all'Eucaristia scaturisca, in particolare, una nuova fioritura di vocazioni alla vita religiosa, che assicuri la presenza nella Chiesa di forze fresche e generose per il grande compito della nuova evangelizzazione. Se qualcuno di voi, cari ragazzi e ragazze, avverte in sé la chiamata del Signore a donarsi totalmente a Lui per amarlo "con cuore indiviso" (cfr 1 Cor 7,34), non si lasci frenare dal dubbio o dalla paura. Dica con coraggio il proprio "sì" senza riserve, fidandosi di Lui che è fedele in ogni sua promessa. Non ha Egli forse assicurato, a chi ha lasciato tutto per Lui, il centuplo quaggiù e poi la vita eterna? (cfr Mc 10, 29-30).

7. Al termine di questa Giornata Mondiale, guardando a voi, ai vostri giovani volti, al vostro entusiasmo sincero, voglio esprimere, dal profondo del cuore, un grazie sentito a Dio per il dono della giovinezza, che per mezzo vostro permane nella Chiesa e nel mondo.

Grazie a Dio per il cammino delle Giornate Mondiali della Gioventù! Grazie a Dio per i tanti giovani che esse hanno coinvolto lungo questi sedici anni! Sono giovani che ora, divenuti adulti, continuano a vivere nella fede là dove risiedono e lavorano. Sono certo che anche voi, cari amici, sarete all'altezza di quanti vi hanno preceduto. Voi porterete l'annuncio di Cristo nel nuovo millennio. Tornando a casa, non disperdetevi. Confermate ed approfondite la vostra adesione alla comunità cristiana a cui appartenete. Da Roma, dalla Città di Pietro e di Paolo, il Papa vi accompagna con affetto e, parafrasando un'espressione di Santa Caterina da Siena, vi dice: "Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!" (cfr Lett. 368).

Guardo con fiducia a questa nuova umanità che si prepara anche per mezzo vostro, guardo a questa Chiesa perennemente ringiovanita dallo Spirito di Cristo e che oggi si rallegra dei vostri propositi e del vostro impegno. Guardo verso il futuro e faccio mie le parole di un'antica preghiera, che canta insieme il dono di Gesù, dell'Eucaristia e della Chiesa:

"Ti rendiamo grazie, Padre nostro,
per la vita e la conoscenza
che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo.
A Te gloria nei secoli!

Come questo pane spezzato
era sparso qua e là sopra i colli
e raccolto divenne una sola cosa,
così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno
dai confini della terra ...

Tu, Signore onnipotente,
hai creato l'universo,
a gloria del tuo nome;
hai dato agli uomini il cibo
e la bevanda a loro conforto,
affinché Ti rendano grazie;
ma a noi hai donato un cibo
e una bevanda spirituale
e la vita eterna per mezzo del tuo Figlio ...
Gloria a Te, nei secoli!" (Didaché 9, 3-4; 10, 3-4).

Amen.

 

ANGELUS

Tor Vergata, 20 agosto 2000

Al termine di questa celebrazione eucaristica, il nostro pensiero va alla "Donna" di cui ci ha parlato san Paolo nella seconda Lettura della Messa (Gal 4,4), alla Vergine Maria, nella cui festa dell'Assunzione abbiamo dato inizio a questa quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù. Con la sua presenza premurosa e materna, Maria ha guidato queste giornate romane di intensa esperienza di fede. A Lei vogliamo dire tutta la nostra gratitudine per quel "sì" che ha dato inizio all'"avventura" della Redenzione.

Mentre chiedo alla Vergine Santa di vegliare sui giovani e le giovani del mondo, ringrazio cordialmente tutti voi che avete preso parte alla quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù.

Saluto e ringrazio innanzitutto coloro che hanno organizzato questo evento: il Pontificio Consiglio per i Laici, guidato dal Cardinale James Francis Stafford; il Vicariato di Roma e la Conferenza Episcopale Italiana, con a capo il Cardinale Camillo Ruini; il Presidente ed i membri del Comitato Italiano per la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, come pure le comunità parrocchiali di Roma e delle Diocesi limitrofe, le loro associazioni, movimenti e gruppi che da circa tre anni hanno pregato e lavorato con entusiasmo per preparare questo evento. A tutti chiedo di non lasciare disperdere quel ricco patrimonio di bene che il lavoro comune ha prodotto.

Un ringraziamento giunga anche alle pubbliche Autorità, che con grande impegno si sono prodigate per far sì che la complessa macchina organizzativa della Giornata Mondiale della Gioventù funzionasse al meglio.

Un saluto, infine, ai tanti Cardinali e Vescovi presenti, ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi, agli educatori e a voi, giovani del mondo, "mia gioia e mia corona" (Fil 4,1).

Prima di sciogliere questa grande e bella assemblea, desidero annunciare che il prossimo Incontro Mondiale dei Giovani avrà luogo a Toronto in Canada nell'estate del Duemiladue. Mentre fin d'ora invito i giovani del mondo ad incamminarsi verso quella meta, rivolgo uno speciale saluto alla Delegazione canadese, che ha voluto essere presente a questa celebrazione per raccogliere la consegna del futuro impegno. Su di loro e sull'incarico che oggi assumono invoco la protezione della Vergine Santissima.

Dopo l'Angelus

Dear young people, we must say good-bye until the next time. Your pilgrim journey in the footsteps of Jesus must continue wherever you go. Take with you Jesus=s words of life, and spread them everywhere! God be with you!

Chers jeunes de langue française, bon retour dans vos pays ! Soyez parmi vos frères et vos sSurs des témoins toujours plus audacieux de l'amour qui vous fait vivre ! Que Dieu vous bénisse!

Saludo ahora a los jóvenes de América Latina y España presentes en la Jornada Mundial de la Juventud. Al regresar a los lugares de origen contad a vuestros coetáneos la experiencia vivida y dadles un abrazo del Papa.

Liebe Jugendliche deutscher Sprache! Ihr seid in eurer Umgebung der lebendige Brief Christi, Jesu Visitenkarte. Der Herr braucht euch als Hoffnungsträger. Geht hinaus in eure Heimat! Ihr seid gesandt! Mit einem besonderen Segen.

Aos jovens de língua portuguesa e a quantos lhes servem de guia e apoio, digo: Muito obrigado pela vossa romagem, com a minha Bênção para o caminho da vida que vos espera. Sêde a tenda do divino Emanuel no meio da vossa gente e deixai entrar os famintos de Deus!

Pozdrawiam m"odych pielgrzymów z Polski i z innych krajów Ñwiata. Prosz" Boga, aby to jubileuszowe spotkanie owocowa"o w waszym codziennym óyciu. Trwajcie w jednoÑci z Chrystusem i z braƒmi. ZanieÑcie waszym rówieÑnikom pokój i radoу tych dni.

[Traduzione: Saluto voi, giovani pellegrini provenienti dalla Polonia e dai diversi paesi del mondo. Prego Dio che questo giubilare incontro fruttifichi nella vostra vita quotidiana. Siate fermi nell'unione con Cristo e con i fratelli. Portate ai vostri coetanei la pace e la gioia di questi giorni.]

(in lingua russa)

Dorogije junoszy i diewuszki! òelaju wam szczastliwowo wozwraszczenija na rodinu. Sredi waszych swierstnikow bu‹te smielymi swidieteljami.

[Traduzione: Carissimi giovani, buon ritorno nei vostri Paesi. Siate in mezzo ai vostri coetanei testimoni coraggiosi del Vangelo! Dio vi benedica!]

(in lingua swahili)

Wapendwa, vijana wa Afrika, ichukueni furaha ya Kristu katika nchi zenu! Papa yuko pamoja nanyi katika sala.

[Traduzione: Cari giovani africani, portate la gioia di Cristo nei vostri Paesi! Vi accompagna la preghiera del Papa.]

(in lingua filippina)

Mahal kong kaibigan na Pilipino at mga taga Asia: Nawa'y, ma-isapuso ninyo, and kaligayahan na inyong naranasan sa mga araw na eto, at ipapahayag sa pamamagita ng inyong buhay, na si Kristo ay Tagapagligtas ng buong mundo.

[Traduzione: Cari amici delle Filippine e dell'Asia, conservate nel cuore la gioia di questi giorni e testimoniate con la vostra vita Cristo, salvezza del mondo!]

A tutti il mio saluto con affetto e con riconoscenza.

Sul cammino di ciascuno di noi invochiamo ora insieme la protezione della Madonna.

 

 

 n.493 del 21/08/2000

XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (CONTINUAZIONE)

Pubblichiamo di seguito le variazioni nel discorso pronunciato dal Santo Padre nel corso della Grande Veglia a Tor Vergata di sabato 19 agosto [cfr. Bollettino n. 490 del 19.08.2000] nonché le aggiunte durante la recita dell'Angelus di domenica 20 agosto [cfr Bollettino n. 491 del 20.08.2000]:

GRANDE VEGLIA A TOR VERGATA [Cfr. Bollettino 490 del 19.08.2000]

Alla fine del suo discorso ai giovani, Giovanni Paolo II ha così proseguito:
Voglio concludere questo mio discorso, questo mio messaggio, dicendovi che ho aspettato tanto di potervi incontrare, vedere, prima nella notte e poi nel giorno. Vi ringrazio per questo dialogo, scandito con grida ed applausi. Grazie per questo dialogo. In virtù della vostra iniziativa, della vostra intelligenza, non è stato un monologo, è stato un vero dialogo.

Al termine della celebrazione il Papa ha salutato i giovani con queste parole:
C'è un proverbio polacco che dice: "Kto z kim przestaje, takim si_ staje". Vuol dire: se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane. Così ritorno ringiovanito. E saluto ancora una volta tutti voi, specialmente quelli che sono più indietro, in ombra, e non vedono niente. Ma se non hanno potuto vedere, certamente hanno potuto sentire questo "chiasso". Questo "chiasso" ha colpito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!

RECITA DELL'ANGELUS A TOR VERGATA [Cfr. Bollettino 491 del 20.08.2000]

A pagina 2 del Bollettino, il secondo paragrafo va letto così:
Mentre chiedo alla Vergine Santa di vegliare sui giovani e le giovani del mondo, ringrazio cordialmente tutti voi che avete preso parte alla quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù. Tutti! Tutti! Non so quanti, ma tutti!

Sempre a pagina 2 del Bollettino, il quarto paragrafo deve essere letto come segue:
Un ringraziamento giunga anche alle pubbliche Autorità dello Stato e del Comune di Roma, che con grande impegno si sono prodigate per far sì che la complessa macchina organizzativa della Giornata Mondiale della Gioventù funzionasse al meglio. Ringrazio cordialmente tutta la città di Roma e l'intera Italia per la premurosa e generosa accoglienza dei giovani che qui sono convenuti. Grazie di cuore! E poi come non ringraziare questa Tor Vergata? Tor Vergata, grazie a te! Grazie per la tua ospitalità nei vari giorni, specialmente ieri e oggi.

Alla fine, il Papa ha aggiunto:
Ancora una volta vorrei ringraziare il Signore nostro Dio per questa eccezionale e splendida assemblea, che ha superato tutte le nostre aspettative. Roma non soltanto è stata conquistata da voi, ora è diventata vostra, perché qui è Pietro! Voi siete il cuore giovane della Chiesa! Andate in tutto il mondo e portate la pace. Il Signore è risorto. Egli cammina con voi. Siate suoi testimoni tra i vostri coetanei all'alba del nuovo millennio!