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SULL’ALTRO E L’ALTERITÀ

"(…) Se ogni gruppo umano, ogni società, ogni cultura si pensa e si vede come la civiltà di cui bisogna conservare l’identità ed assicurarne la continuazione contro le irruzioni esterne e le pressioni interne, ognuna è anche confrontata col problema dell’alterità, in tutta la varietà delle sue forme: dalla morte, l’Altro assoluto, fino a quelle alterazioni che continuamente si producono all’interno del corpo sociale con il flusso delle generazioni, facendo posto anche ai necessari contatti, agli scambi con lo "straniero" di cui nessuna città può fare a meno. Ora i Greci, nella loro religione, hanno espresso questo problema in tutte le sue dimensioni – compresa quella filosofica, quella che svilupperà Platone: l’identico non si può concepire ne’ si può definire se non in rapporto con l’Altro, con la molteplicità degli altri. Se l’Identico rimane chiuso su di sé, non è possibile il pensiero. Bisogna aggiungere: e nemmeno la civiltà. Facendo della dea dei margini una potenza di integrazione e di assimilazione e situando Dioniso, che incarna nel pantheon greco la figura dell’altro, al centro dei dispositivo sociale, in pieno teatro, i Greci ci danno una grande lezione. Non ci invitano a diventare politeisti, a credere in Artemide e in Dioniso, ma a dare lo spazio conveniente e necessario, nell’idea di civiltà. Ad un atteggiamento dello spirito che ha valore non soltanto morale e politico, ma anche propriamente intellettuale, e che si chiama tolleranza."

Jean-Pierre Vernant, La morte negli occhi. Figure dell’Altro nell’antica Grecia