IV CONGRESSO INTERNAZIONALE di
MARIA AUSILIATRICE
TORINO-VALDOCCO / 1-4 Agosto 2003

"Chi viene a me non avrà più fame,
chi crede in me non avrà piu sete"
XVIII DOMENICA
(Es 16,2-4.12-15; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35)


Ci siamo radunati tutti i partecipanti al IV CIMA qui al Colle Don Bosco per visitare i luoghi degli origini della Famiglia Salesiana, per attingere alla ispirazione originale di Don Bosco, il nostro amato padre, e fare nostro il suo "sogno" a favore dei ragazzi specie quelli più bisognosi, e per celebrare la nostra eucaristia dominicale.

La Parola di Dio ci parla quest'oggi della esperienza umana caratterizzata da una fame e una sete tanto profonda che nessuno, tranne Dio, può saziare. Questa è stata l'esperienza d'Israele nel deserto in mezzo alla sua grande precarietà, quella che lo portò persino a sospirare per la loro situazione in Egitto, ove erano schiavi sì ma avevano da mangiare, quasi a dire: una libertà senza pane a che serve, come continuano a dire ancora oggi molti di quelli che vivevano sotto il regime comunista. La risposta di Dio è stata quella di dare a Israele un mezzo di sussistenza (la manna), che fa vedere la presenza efficace di Dio, al tempo che invita l'uomo a non fare assegnamento soltanto sui nutrimenti terreni, che, come la manna, ad un certo punto stancano e diventano insipidi. C'è un altro cibo misterioso che viene dal cielo, di cui la manna è simbolo: la parola di Dio (Dt 8,25).

Facendo anche esperienza del deserto, Gesù conferma e sottolinea questa lezione: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,1-4) e rinnova questo insegnamento nutrendo il popolo di Dio con un pane miracoloso, come ci racconta il branno del Vangelo che abbiamo sentito.

Il pane che Gesù dà è il "Pane di vita", un'espressione che si ricollega all'albero della vita del Paradiso, simbolo d'immortalità di cui il peccato ha privato l'uomo. La manna del deserto non era in grado di restituire questa immortalità, ma Gesù l'accorda in risposta alla fede. Nel pane di vita c'è dunque una sfumatura escatologica: Gesù è la vera vita di immortalità a cui l'uomo tende fin dall'inzio e che ora gli diventa possibile e accessibile attraverso la fede. Ma non solo con la fede: è necessario un pane concreto che esigerà una reale manducazione e che ci unirà in tal modo al mistero della morte e risurrezione di Gesù.

Attraverso il "segno" della molteplicazione e il lungo discorso sul "Pane di vita", Gesù vuole da una parte rivelare il senso della sua persona (Lui stesso è il Pane della vita), e dall'altra far capire che la risposta alle aspirazioni più profonde della persona umana non la si può cercare fuori Lui.

Da questo punto di vista, la pagina evangelica è un cammino di fede, quella che va dalla presa di coscienza dei nostri bisogni umani, i più immediati, a quelli più profondi. Solo nella fede gli uomini possono capire chi è Gesù e che solo Lui può donarsi a loro come cibo. Ebbene, per ottenere questo cibo non bisogna fare delle cose. L'unica opera da compiere è quella di credere in lui, cioè ricordarsi dei propri bisogni e ricordare che hanno bisogno di Lui. "Chi viene a me non avrà più fame, chi crede in me non avrà piu sete".

Quasi quattro mesi fa, il 17 aprile il Santo Padre Giovanni Paolo II ha rilasciato la lettera enciclica sull'Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa, invitandoci a stupirci (cf. n. 5.6), come due mille anni fa, perché oggi come ieri, l'Eucaristia è il sacramento per eccellenza della manifestazione dell'amore di Cristo. In egli facciamo memoria del suo amore portato sino all'estremo. In questo sacramento scopriamo il senso profondo della sua morte. Nell'eucaristia entriamo in comunione con lui e ci trasformiamo in lui, per continuare nella propria vita la manifestazione dell'amore di Dio servendo i confratelli, consegnando la vita per loro.

Direi proprio che questa è stata la scoperta fatta da Don Bosco, che volle fare dell'eucaristia uno dei pillari della sua educazione, del suo sistema preventivo.

Invitando ad abbeverarsi a questa sorgente di vita, Don Bosco volleva che i suoi ragazzi dell'oratorio trovassero risposta alla grande fame e sete di vita, di felicità e di amore che c'è nei loro cuori.

Infatti, siamo nati dall'amore, perché siamo nati da Dio, e siamo nati per amare. L'amore è la nostra vocazione. Come dice Paolo nella prima lettera ai Corinzi, qualsiasi altro dono e carisma senza l'amore sono nulla.

Il lavoro compiuto da Don Bosco come educatore ci fa capire fino a quale punto lui abbia fatto leva sulla eucaristia come un elemento indispensabile per la maturazione dei suoi ragazzi. Non penso che oggi possa essere diversamente.

La società odierna, così presa dallo sviluppo materiale porta i cittadini a chiudersi nella sodisfazione dei beni materiali senza riuscire però a spegnere la sete infinita di trascendenza. Diventano così sazi di cose e affamati e assetati di eternità. Purtroppo, questo il mondo che gli adulti stiamo creando per loro, rendendo loro dei consumatori, camminanti nel deserto della vita, senza direzione, senza bussola, senza senso. Non so fino a quando impareremo che la libertà - anche se tanto preziosa - non è il valore più importante della vita, ma l'amore. Essere liberi, senza finalità alcuna, senza sapere perché rende più scomoda la libertà e ci si finisce per essere schiavi di altri signori, sottomessi al altre servitù, come il popolo di Israele appena uscito dall'Egitto e tentato di tornarci indietro.

La libertà, appunto perché è una condizione nuova del popolo di Dio, si deve tradurre in novità di criteri e di comportamenti, quelli che caratterizzano la vita cristiana (cf. Ef 4,17.20-24). Vivere con novità di vita significa rompere con lo stile precedente di vita, quando ancora non avevamo incontrato il Cristo. Questo è possibile nella misura che ci si lascia spazio allo Spirito Santo perché sia lui la nostra guida, e ci porti a rivestire l'uomo nuovo, creato in grazia e santità. Scegliere Cristo significa rompere la propria solidarietà con il peccato del mondo per essere disponibili ad un continuo "rinnovamento" nello spirito.

Ecco, cari confratelli e care consorelle, una parola che è veramente luce e forza per la nostra vita, anzi un programma completo di vita per ognuno di noi. Cerchiamo di andare contro corrente. Non conformiamoci alla mentalità di questo mondo, ma lasciasmoci trasformare dallo Spirito di Dio.

Questo significa non sprecare energie - e soldi - per ottener cibi che non fanno altro che aumentare la nostra fame.

Cerchiamo piutostto Dio e Gesù soltanto quando abbiamo bisogno, come se Dio fosse Dio per il fatto d'essere utile e non per il fatto d'essere Dio, cioè il Pane di Vita. Non c'e di meravigliare che Gesù risponda alla folla che lo cercava volendo proclamarlo re rinfacciando la sua concezione utilitaristica di Dio: "In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà…".

Il loro peccato è non essere riusciti a scoprire che se Gesù era stato capace di molteplicare il pane era perché lui stesso è il Pane sceso dal cielo, che dà la vita eterna. La loro colpa era precisamente questa, essere fermati al "dono" invece che al "donatore".

È lui, la sua persona, l'oggetto primordiale della fede, perché è lui, nella sua persona concreta, il "cibo" vero che sazia tutti i desideri dell'uomo, anche quelli che vanno al di là della nostra stessa vita che si consuma giorno per giorno.

Chiediamo al Signore la grazia della fede per avere acceso al mistero di Cristo che, proprio in quanto Figlio di Dio fatto uomo, è "pane di vita" per gli uomini. Don Bosco ci insegni a conoscere il cuore dei ragazzi, che hanno forse bisogno di molte cose per vivere ma di una sola cosa per essere felici, chi li ami, chi creda a loro, che sia disposto a dare la vita per loro. Per questo sviluppò tanto l'amore all'Eucaristia, sino a farla un elemento indispensabile della spiritualità salesiana.

Signore, oggi vogliamo fare nostra la richiesta della folla che, anche senza comprendere del tutto la tua identità profonda, ti pregava: "Signore, dacci sempre questo pane". Non permettere che diventiamo sazi di noi stessi, non lasciare che siamo talmente autosuficienti da non sentire più bisogno di te. Ma fa che capiamo che solo tu sei il nostro bene, il pane per la nostra fame e il sostegno per la nostra vita. Amen.

                              D. Pascual Chávez V.
                                          
Colle Don Bosco, 03 Agosto 2003
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