Il Anniversario della morte di Emilio Gandolfo

La Messa a Villa Bassi del 2.XII.2001. Schema dell'omelia di don Silvano Nistri

 

I-Rileggere l'Avvento, facendosi guidare da Emilio, soprattutto da quel Breviario patristico-spirituale dell'anno liturgico (edizioni Queriniana 1979) che egli ci ha lasciato e che è preziosissimo. Preziosissimo in sé, preziosissimo per ritrovare lui, i temi delle sue riflessioni, le linee guida del suo cammino spirituale. Preziosissimo per noi perché è una guida a scoprire e vivere la liturgia. Don Emilio è un uomo del Concilio: il Concilio l'ha veramente vissuto nella sua dimensione spirituale più autentica.

2 *Della prima lettura mi fermo su un tema caro ad Emilio: il tema del pellegrinaggio. "Verranno ... salite ... camminiamo ... andiamo..." Soprattutto il salmo: Quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore ... Ricordo uno degli ultimi nostri pellegrinaggi a Gerusalemme, quando uno dei nostri ragazzi suonava sulla chitarra questo salmo. Quale commossa partecipazione! E il saluto finale, la sera della partenza, l'addio a Gerusalemme. "Le tue fondamenta sono sui monti santi: il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe ... Ecco, Palestina, Tiro, Etiopia tutti là sono nati..."

La nostra vita è un cammino, una ricerca. E' un tema che gli era caro e che, forse, ha vissuto con estrema coerenza fino in fondo. Ci sembrava un giovane, un uomo sempre in ricerca. "Dio è nascosto", amava ripetere. Per trovarlo bisogna cercarlo. Dio è immenso: quando si è trovato, bisogna cercarlo ancora. *Un cammino. E' proprio di chi cammina sapere dove è diretto, non dimenticare la meta. La meta è Gerusalemme. E credo di poter dire che più rileggo le cose di Emilio, anche l'ultimo scritto su "La carne gloriosa e santa", più mi sembra misteriosa questa preparazione alla morte, certo improvvisa e tragica, ma non imprevista. Ci sono dei passi nei quali Emilio sembra riconoscersi particolarmente e sono passi pieni di misticismo. Si parla della meta. Penso alla conclusione del trattato su Giovanni di Agostino; penso al commento al salmo 138: " La notte è diventata la mia luce deliziosa. La notte si è mutata per me in letizia. La nostra letizia è Cristo. Vediamo come godiamo di lui adesso. Queste vostre grida gioiose che cosa dimostrano se non che voi siete felici? E felici, se non perché la notte si è illuminata, e si è illuminata perché viene annunciato Cristo, il signore? Perché egli è venuto a cercarvi prima che voi lo cerchiate e vi ha trovati perché voi possiate trovarlo: quaesivit vos antequam quaereretis eum et invenit vos ut inveniretis eum. "

Un cammino. Ed è proprio di chi cammina anche guardare dove si mettono i piedi, tenerli ben piantati per terra. "Mi sembra che oggi ci sia penuria di profeti, scriveva il Card. Martini, cioè di persone che sanno unire insieme il guardare in alto senza perdere il contatto con la terra." Non se Emilio era tra questi. Nella sua Compagnia mi pare di aver colto in certe sue confidenze qualche suo intervento era considerato un po' evanescente, poco concreto. Certo sembrava molto distaccato da faccende terrene come ad esempio la politica; mi biasimava perché perdevo troppo tempo a leggere il giornale - "ti cibi di queste cose" - ma suoi giudizi erano sempre puntuali. E' proprio della profezia guardare dentro, in profondità.

Un cammino o una corsa? "Una corsa fervida ma non ansiosa" diceva. Certo gli piaceva che Paolo usasse questa immagine sportiva della corsa, immaginava che avesse qualche volta assistito alle corse allo stadio. Un'immagine, quella della corsa, che dice prontezza, agilità, docilità di cuore, che non consente indugi o rimpianti, pigrizie o ripiegamenti su di sé. Dice fretta ma soprattutto passione ed entusiasmo.

"Egli è venuto, ci ha raggiunti, ci ha toccati, ci ha "segnati", ha acceso in noi un fuoco incontenibile, che ci ha costretti a correre dietro di lui desiderosi di raggiungerlo. Non l'abbiamo ancora raggiunto. Attendiamo la sua venuta e camminiamo verso di lui. Lo cerchiamo perché egli è venuto a cercarci, perché ci ha amati per primo. " (Breviario patristico spirituale vol.I p. 9).

3-Nella seconda lettura mi fermerei su quelle che si potrebbero chiamare la virtù del pellegrino, del

viandante: un comportamento morale onesto, chiaro, nella luce, un rivestirsi di Cristo. Essere Cristo. La vita nuova in Cristo. La vita della grazia. "Non son più io che vivo, è Cristo che vive in me." " C'è

sempre nel Breviario un intervento che prende spunto proprio da questo brano della lettera ai Romani.

Scrive Emilio: "I credenti sanno che quando sono stati battezzati in Cristo si sono rivestiti di Cristo ma

sanno altresì che questo fu soltanto un inizio perché allora è nato l'impegno di rivestirsi di Cristo fino a raggiungere la sua natura perfetta .... Si tratta di diventare quello che si è. La storia consiste in questo divenire legato alla grazia di Dio e alla libertà dell'uomo. Siamo stati salvati nella speranza e soltanto nella speranza si può essere lieti. (I, 38) -

Questo inizio di grazia, la grazia del battesimo, questo seme è accolto è comunque sempre una garanzia. Emilio raccoglie nel suo breviario un commento di Jeremias sulla parabola del seme che cresce da solo che vuol essere di conforto ai nostri fallimenti e alle nostre cadute: "Presso Dio nulla rimane incompiuto. Il suo inizio è garanzia di compimento. Sino allora bisogna attendere pazientemente e non precorrere Dio, bensì rimettere tutto a lui in piena fiducia."

Ma l'immagine della luce, - camminiamo nella luce del Signore- l'immagine della lampada, riferita al tempo di Avvento, assume per lui anche un altro significato: il nostro cammino è sempre un cammino nella notte. La notte è avanzata, si intravede la luce ma è sempre un cammino nell'oscurità. E ci vuole una lampada. La lampada, ci ricorda Emilio, è la parola del Signore. Don Emilio si nutriva di questo.

Ritorna S. Agostino: "E' notte finché dura questa vita. Christus discendit in noctem. Ha illuminato per noi la notte. Quella donna che aveva perduto la moneta accese la lucerna, la lucerna della sapienza. Così la notte è diventata la mia luce deliziosa. La notte si è mutata per me in letizia. La nostra letizia è Cristo ". "In confronto a quella luce alla quale stiamo per giungere, anche il giorno in cui ci troviamo è quasi notte. " L'apostolo Pietro che aveva avuto il privilegia di ascoltare sul Tabor la voce del Padre, - noi l'abbiamo udita - aggiunge.: "Noi abbiamo una conferma migliore nella parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro". Tra i sussidi sarebbe importante anche prendere contatti con la Queriniana e sentire quali sono le loro intenzioni.

E i salmi. All'inizio del breviario dedica una pagina molto bella ai Salmi come canti dell'Avvento. a)"Agostino era a Milano quando Ambrogio, ispirandosi all'esempio della Chiese di Oriente, introdusse nella liturgia il canto dei Salmi; "quel canto - egli dice - mi commosse fino alle lacrime". Cristo prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, Cristo è pregato da noi come nostro Dio." b)Essendo i Salmi i canti della speranza messianica, essi sono anzitutto i canti dell'Avvento, inizio dei tempi messianici e della redenzione umana. "Signore ti affido la mia vita - Dio mio mi abbandono a te": è così che la Chiesa esprime la sua speranza e interpreta le attese del mondo: "E tutti quelli che sperano in te - non siano delusi". "

c)La speranza sale dal profondo della miseria umana, sofferta e confessata. Il primo atteggiamento dell'uomo davanti a Dio dev'essere quello dell'umiltà. Ma l'umiltà apre il cuore alla speranza; e la speranza è fondata sulla parola di Dio, sulla fedeltà alle sue promesse: si eleva fino all'assoluta certezza della misericordia divina: "Dal fondo dell'abisso grido a te Signore - tendi il tuo orecchio al mio grido che implora" (salmo 129).

4 -Finalmente il Vangelo dove è centrale il tema della veglia: la vigilanza.

*La vigilanza, di cui il Signore parla con particolare insistenza nell'ultima fase della sua vita terrena è la virtù tipica del tempo intermedio, il tempo della storia, il nostro tempo. Si nutre di carità, di preghiera, di concordia

*Le catastrofi, le distruzioni viste come segno della fine. . Le civiltà invecchiano e muoiono, come si invecchia e si muore noi. Causa di questo invecchiamento è il chiudersi, il non aprire agli altri; non il

mescolarsi, ma l'opposto, l'incapacità di accogliere.

*La fine, intesa alla maniera greca, come tèlos, come compimento. 1 credenti, "coloro che aspettano con amore l'apparizione del Signore, coloro che ogni giorno lo invocano dicendo: "Vieni Signore Gesù!" non vivono nella paura ma vivono nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo.

*E' attesa nella fiducia. Un attender certo. Sì, l'Avvento è una lunga notte d'attesa, una veglia faticosa come quella della sentinella, che scruta ansiosa i primi segni dell'alba. L'anima attende la liberazione, attende il Signore che viene. Questo è il tempo della pazienza di Dio che aspetta la nostra conversione e la nostra maturazione e la sollecita incessantemente. 1 ritardi di Dio sono tutti ispirati alla sua pazienza Mi pare di poter dire che nelle linee del suo breviario patristico si coglie una dimensione di grande ottimismo: fiducia in Dio, nell'azione di Dio, nella grazia di Dio, più che sullo sforzo dell'uomo, sull'ascesi. E' importante amare, non meritare, come la protagonista del romanzo di Mauriac, come S. Teresa di Lisieux: alla sera della mia vita io mi presenterò a te a mani vuote ... Tu sei la mia giustizia.

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