Ciao, ALEXIA

Don Emilio Gandolfo

Credo che il 18 gennaio 1995 resterà per Vernazza una data memorabile. Rientrando da Roma poco dopo mezzogiorno, Vernazza mi è apparsa un paese evacuato. Tutto chiuso, bar negozi panificio, giornalaio. Se qualcuno doveva dire qualcosa parlava sottovoce, come quando in una casa non si vuoi destare un bimbo che dorme. In un manifesto ho visto apparire il nome Alexia, mi sono avvicinato per leggere credendo di trovare la consueta espressione- "E' mancata all'affetto dei suoi cari..". E invece no" con grande sorpresa ho letto: "Un forte abbraccio a tutti coloro che mi sono vicini e mi vogliono bene. Ciao!". E subito l'invito alla festa in chiesa. Sì, alla festa! Un manifesto assolutamente inconsueto. Bellissimo. Abbiamo dimenticato che i santi vengono festeggiati nel giorno della loro morte, chiamato dies natalis. Significativi i verbi al presente: "coloro che mi sono vicini e mi vogliono bene". E il il "ciao!" affettuoso e festoso di Alexia m'è subito giunto al cuore con la sua ben nota dolce voce e lo sguardo luminoso dei suoi occhi. Tutta Vernazza si è raccolta in chiesa per far festa ad Alexia; e c'erano anche quelli che raramente osano varcare quella soglia.

Il caso di Alexia da quindici mesi era al centro dell'attenzione di tutto il paese. Una partecipazione affettuosa e discreta, una disponibilità piena: tutti decisi a non lasciar nulla d'intentato per salvare questa giovane vita, il fiore più bello di Vernazza. Quanti giovani si sono prodigati nel donare sangue e piastrine, e quante preghiere sono salite al cielo da ogni parte, in questa chiesa, in ogni casa, al santuario di Reggio, in tanti monasteri vicini e lontani: una gara di affettuosa generosità, a cui nessuno si è sottratto. E i medici, che con tutte le armi della scienza hanno affrontato il male oscuro, subdolo, insidioso, implacabile, e che solo in lacrime hanno accettato la loro sconfitta? E che dire di Giovannni e di Lorenza e di Nerina, che ora per ora, giorno e notte, in ospedale e a casa hanno prodigato le cure più affettuose e hanno come sofferto un'altra volta i travagli del parto, sperando che Alessia venisse alla luce una seconda volta" e tuttavia, pur supplicando il Signore che allontanasse da loro questo calice così amaro, l'hanno bevuto fino all'ultima goccia con tanta umana dignità e tanta cristiana nobiltà? Quanto sei stata amata, Alexia! Ma eri tu che suscitavi questa ondata potente, Hai saputo trasformare un dolore grande come il mare in altrettanto amore.

Ma allora - è consentito chiederci - allora è stato tutto inutile, se alla fine ha vinto il male, ha vinto la morte? Allora è stata inutile questa lunga e durissima lotta contro il male? Come si può ancora dire coi Cantico dei cantici, che l'amore è più forte della morte? Inutile tutto il sangue donato, inesaudite tutte le preghiere che da ogni parte sono salite al cielo? Il Dio dei cielo, che ascoltò i gemiti dei suo popolo oppresso in Egitto e scese a liberarlo, è rimasto sordo alla nostra voce? E con quale coraggio io ho fatto baciare a Lorenza e a Giovanni il vangelo che avevo appena letto e che sembrava chiaramente smentito dalla realtà presente?

Il vangelo raccontava di un padre che era corso incontro al Signore per supplicarlo di andare subito a casa sua perché la sua figlioletta era agli estremi. "Vieni, poni le mani su di lei, perché guarisca e viva". Ma il cammino dei Signore, ostacolato dalla folla, fra la quale c'era chi ad ogni costo voleva toccare il lembo dei suo mantello, durò tanto che da casa vennero a dire all'angosciato padre: "Tua figlia è morta; lascia in pace il Maestro", Ma Gesù guardò con intenso affetto quell'uomo e gli disse: "Non temere, ma continua a credere". Poi giunsero a casa dove giaceva la figlioletta di dodici anni, che era morta. S'era levato un coro di pianti e urla. Gesù fece tacere quelle voci dicendo: "La bambina, non è morta, ma dorme". L'evangelista nota che molti dei presenti deridevano Gesù per queste parole. Ma egli entrò, prese la mano della bambina e la fece alzare, cioè la risvegliò dal sonno della morte. A noi sembra tanto lungo il tempo che separa il sonno della morte e il risveglio della risurrezione, quando il Signore ritornerà e prenderà per mano Alexia, e prenderà per mano chiunque attende la sua venuta, per risvegliarci dal sonno della morte. La nostra speranza non sarà delusa, perché è fondata sull'evento pasquale:

Cristo è risorto ed è il primo dei risorti. E se noi partecipiamo alla sua passione, certamente parteciperemo alla sua risurrezione.

La notizia della scomparsa di Alexia è apparsa sui giornali, ma quale giornalista potrà mai raccontare quello che è avvenuto a Vernazza durante questi quindici mesi, durante i quali un grande capitale di dolore è stato trasformato in amore e grande speranza; e quello che è avvenuto nel pomeriggio dei 18 gennaio, quando la folla che accompagnava Alexia, portata sulle spalle dei suoi coetanei, era giunta al cimitero ed era ancora in cammino per tutta la lunga strada. Gli occhi han potuto vedere solo una piccola parte. Han potuto vedere la folla che gremiva la chiesa e la piazza, i fiori che le ragazze recavano, tanto che sembrava di vedere la bara in un giardino fiorito. Ho pensato al paradiso che vuoi dire 'giardino', al quale Alexia ha guardato chiaramente come alla meta dei suo breve e intenso pellegrinaggio terreno, pur nel desiderio di vivere ancora fra noi. Ma chi potrà raccontare quello che è avvenuto dentro di ciascuno di noi? Un grande silenzio avvolgeva ogni cosa, come nella notte in cui Gesù è nato.

Ho pensato che in questo grande silenzio stava nascendo qualcosa di nuovo. Ho osato sperare che Vernazza stesse per ricuperare la sua anima profonda. Ho pensato e penso che Alexia ha segnato profondamente il cuore di Vernazza. Ha richiamato tutti, e in primo luogo i suoi coetanei, al grande mistero della vita e della morte, ai valori che contano oltre la morte. D'ora in poi non è più consentito vivere superficialmente e perdere tempo in frivolezza. La vera letizia, di cui non si può fare a meno, fiorisce dalla speranza che non delude; la speranza nasce da una fede solida; e la fede si deve tradurre in amore, verso il prossimo che si vede, e verso Dio che non si vede, ma che è vicino a chi lo cerca con cuore sincero. Si può forse ridurre la religione ad una pratica esteriore confinante con la superstizione? Si può ridurre la tradizione religiosa a portare in processione il Cristo morto e dimenticarlo il giorno in cui risorge da morte, come primizia della nostra risurrezione?

Perché - è ancora lecito chiederci - perché il Signore non ha esaudito la nostra insistente e accorata preghiera? Perché non ci ha restituito Alexia? Il vangelo riferisce di preghiere esaudite, ma anche di preghiere inesaudite. Rimase inesaudito il Figlio stesso di Dio, nostro fratello, quando con forti grida e lacrime supplicò il Padre che lo liberasse dalla morte. Ma la lettera agli Ebrei sostiene che fu esaudito. In che senso fu esaudito? Fu esaudito nel senso che con la sua morte liberò noi dalla morte. Davanti alla bara di Alexia, alla luce del cero pasquale, ho letto l'atto del suo battesimo; perché coi battesimo si entra nella vera vita, la vita eterna, che è già cominciata in noi in questa nostra carne mortale, e che un giorno, quando il Signore ritornerà, si disvelerà in tutta la sua meravigliosa bellezza. "lo non muoio, entro nella vita, a vele spiegate!", ha potuto dire la piccola Teresa alla vigilia della sua morte.

Un grande scrittore russo ha detto che la bellezza salverà il mondo. Sì, la bellezza di Alexia, di cui si è già visto un primo piccolo saggio sul suo volto, quando era già composta nella bara, potrà aiutare giovani, e meno giovani, a liberarsi da ogni espressione di volgarità e di grossolanità. Ma è soprattutto la sua bellezza spirituale, la sua trasfigurazione attraverso la lunga dolorosa prova, che costituisce un prezioso patrimonio e un solenne messaggio per Vernazza e le Cinque Terre, e in particolare per tutti i giovani che l'hanno conosciuta e che di lei sentiranno parlare. Grazie a te, Alexia, che ci richiami con forza e soavità la figura dell'Agnello di Dio, che ha preso su di sé il peccato e la sofferenza dei mondo, per tramutare il peccato in grazia, la sofferenza nella speranza che non delude, Grazie a voi, Giovanni e Lorenza e Lerina, certo i più vicini ad Alexia, che ci avete insegnato come si può donare tutto con semplicità, senza calcolo e senza limiti. Grazie anche a te Giancarlo, che hai insegnato come anche oggi un giovane può amare in maniera disinteressata, convinto che l'amore basta a se stesso. Sia con tutti voi, parenti e amici, la pace vera che viene dall'altare, dove il Cristo ha associato al suo sacrificio Alexia, che ora, più di prima, splende sul nostro cammino come luce inestinguibile.

Vernazza 19 gennaio 1995 d. Emilio

Torna all'indice