S. MARTINO
d. Emilio Gandolfo
La prima cosa che vorrei dire è come è cominciata l'avventura di san Martino. Lo sapete bene. Era ancora catecumeno ma conosceva il Vangelo e sapeva che alla sera della vita saremo esaminati sull'amore; pIù precisamente, il criterio dei Giudizio sarà il Signore stesso presente nella storia umana e in ogni rapporto umano. "Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Egli si è voluto identificare con l'ultimo dei fratelli, con il più piccolo. "Ero nudo e mi avete vestito. L'avete fatto a me". Per coprire quel poveretto che tremava di freddo, Martino non aveva altro che il mantello. Lo condivise con lui. E lui era il Signore stesso. Il quale, la notte seguente, gli apparve in sogno per dire: "Martino, ancora catecumeno, mi ha rivestito con questo mantello".La prima cappella a sinistra nella basilica inferiore di san Francesco in Assisi, affrescata da Simone Martini, è dedicata a san Martino. Che legame c'è tra san Martino e san Francesco? Sì sa che Martino crebbe alla scuola di sant'Ilario di Poítíers. Ma l'ispirazione che guidò Martíno a condividere il suo mantello con quel poveretto infreddolito è la stessa che guidò Francesco a spogliarsi delle sue vesti e dei suoi privilegi per condividere la sorte dei suoi fratelli più piccoli, nei quali ravvisò il volto di Cristo. "Quando mai ti abbiamo visto nudo e ti abbiamo vestito?" chiederanno sorpresi, i giusti. Certamente avremo tutti delle sorprese, quando il Cristo ci rivelerà il suo volto, ora nascosto in molti modi.
La seconda cosa che vorrei dire è che con san Martino comincia il monachesimo in Occidente, molto prima di san Benedetto. A questa scelta contribuì forse sant'Ilario, il suo grande maestro di vita spirituale. Ora Ilario attinse molto dall'Oriente, dove fu esiliato a motivo della fede nicena. E probabilmente egli venne a contatto con i Padri Cappadoci, soprattutto con san Basilio. Abbiamo ammirato molto in Siria san Simone stilita: quanto più si innalzava con la colonna verso il cielo più attraeva a sé i fedeli. Ma quel tipo di santità non ci ha convinti quanto il monachesimo basiliano in Cappadocia. Basilio seppe conciliare in modo mirabile contemplazione ed evangelizzazione. Martino, che poi diventò vescovo di Tours, fu monaco e pastore. Visse l'ideale del pastore praticato da Gregorio Magno: " Quanto più uno si dilata nel servizio dei prossimo tanto più si eleva nella conoscenza di Dio". Quanto più Martino si spendeva senza risparmio nell'evangelizzare i poveri delle campagne tanto più poteva dire con san ]Paolo: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20). Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Fil 1,21).
Il morire un guadagno. Eccoci al terzo punto.Il biografo di san Martino, Sulpicio Severo, narra la sua morte con dei particolari commoventi, che richiamano in modo chiarissimo la lettera che san Paolo scrisse ai Filippesi dal carcere di Efeso, quando l'apostolo era all'oscuro del suo futuro e combattuto fra il desiderio di essere ancora utile ai suoi amici e il desiderio di andarsene per essere con Cristo: 'Sono preso da due sentimenti (coartor e duobus ): desidero andarmene ed essere con Cristo, e sarebbe preferibile; ma continuare a vivere nella carne è più necessario per il vostro bene" (Fil 1,23-24). Ma prima 'l'apostolo dichiara: "Con tutta franchezza, anche ora, come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Fil 1,20-21).
"Uomo meraviglioso! esclama Sulpicio Severo. Non ebbe paura della morte, e non rifiutò le fatiche della vita". I due atteggiamenti compongono armoniosamente la figura (Si san Martino, per intercessione del quale, chiediamo al Signore della vita di non aver paura della morte e di non rifiutare le fatiche della vita, sicché la morte possa essere il vero compimento della vita, il fine supremo che le dà il senso pieno, su l'esempio del Signore, del quale l'evangelista Giovanni presenta la morte come l'atto supremo del suo amore per gli uomini: "in finem dilexit eos : li amò sino alla fine" (Gv 13,1)
"Martino - conclude il suo biografo - sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile (pauper et humilis ) entra ricco (dives) in paradiso". Sono le stesse parole che la liturgia applica a san Francesco; conferma, (questa, della grande affinità che c'è tra san Martino e san
Francesco.
Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch'el meritò nel suo farsi pusillo...
* Omelia agli amici della Parrocchia di san Martino di Sesto Fiorentino