Da "la Nazione" del 12/03/2000

Don Emilio Gandolfo, un personaggio scomodo

Don Emilio Gandolfo, ex parroco di Vernazza, era un personaggio scomodo. Perché era a conoscenza di molti segreti, piccoli e grandi. Nei suoi cinquantasette anni di sacerdozio e soprattutto in quelli passati a Roma - prima (dal '52 al '72) per insegnare al liceo classico Virgilio e poi (con cadenza mensile fino al novembre scorso) per ritrovare gli amici e coltivare rapporti di vario genere e vari livelli - era entrato in contatto con alcuni personaggi del terrorismo rosso. "Fra i suoi allievi - racconta il suo migliore amico romano, che neppure gli inquirenti hanno ancora sentito - c'erano stati brigatisti o amici di brigatisti. Non solo. Poche settimane prima della sua morte parlammo di piazza Fontana e di alcuni risvolti strani di quella strage. Don Emilio sapeva troppe cose: se in Italia c'è un mistero lui aveva qualche informazione che poteva aiutare a svelarlo". Non obbligatoriamente tutto questo potrà essere collegato al delitto, ma di certo alza il tiro delle indagini.

Secondo gli amici da qualche tempo il parroco di Vernazza era visibilmente preoccupato: chi lo conosceva bene se ne era accorto. "Don Emilio era scomodo per molti, anche nelle piccole cose dava fastidio a qualcuno. Si è trovato in mezzo a piccole beghe di provincia: storie legate a litigi fra compaesani (di Vernazza) che poi magari sono andati da lui per raccontarsi e trovare un paciere, e altre vicende, sempre d'interesse locale, come quella in cui il parroco è rimasto coinvolto per un luogo che qualcuno voleva trasformare in centro per banchetti e matrimoni".

Gli amici di don Emilio, e sono moltissimi - gli stessi cui lui stesso scriveva due volte l'anno, per Natale e Pasqua, compilando le buste, ben 1.500, di suo pugno, e che periodicamente incontrava o guidava nei viaggi e pellegrinaggi all'estero (in Turchia, Grecia ed Egitto) - si consultano quotidianamente per tentare di capire il perché di questo omicidio e dare un volto agli assassini. "Di due cose siamo al momento assolutamente certi: la prima è che sono stati più d'uno" sostengono "l'altra che non si è trattato di rapina".

L'ipotesi che ora stanno valutando è che gli assassini l'abbiano già contattato il 30 ottobre, poche settimane prima di ammazzarlo. Devono averlo atteso, al rientro dall'Egitto, dove s'era recato con un gruppo di Sesto Fiorentino. E forse averlo incontrato, faccia a faccia, nella sua casa, la sera di quel sabato. Avvertendolo e minacciandolo di morte. Tanto che quando il suo amico gli ha telefonato "lui stranamente, molto stranamente, è stato sfuggente". E lo ha liquidato, lui che solitamente era molto caloroso e che in quell'occasione avrebbe dovuto esserlo ancora di più per vari motivi (perché non si sentivano da tempo e perché durante quel viaggio don Emilio s'era molto preoccupato per la famiglia del suo amico giacché la moglie era gravemente malata). In quell'occasione invece gli ha detto solo: "Tutto bene, ci sentiamo domani". Con voce trepidante.

Maurizio La Ferla

  

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