Cristo del Delfinato, secondo un originale del XVI secolo

 

Lettera di Pasqua agli amici ~ 1993

"Un filo sottile tenace", così Anna, ex alunna del "Virgilio", definisce le mie lettere agli amici; e aggiunge che queste lettere l'hanno sempre aiutata "a ricucire gli strappi del tempo". Quando, più di trent'anni fa, incominciai a scriverle, queste lettere erano destinate unicamente ai giovani del "Virgilio" di Roma, poi di anno in anno la cerchia degli amici si è estesa a macchia d'olio; e questo filo sottile, senza suo merito, ha finito per diventare come l'ordito di una trama sul telaio. A proposito, quante volte in Anatolia ho visto le donne lavorare al telaio come lavorava san Paolo, che si definiva "tessitore di tende". E non è forse venuto a ricucire gli strappi del tempo, l'Eterno che è entrato nella storia facendone la sua veste di carne? Il Verbo che si è fatto carne è la Parola uscita dal silenzio, ed è venuto a dare il vero senso alle nostre parole.

Anna ricorda di Vernazza, cuore delle Cinque Terre, un "porticciolo a misura di barca" e "un microscopico molo per attraccare le barche alla sera, e l'anima". Noi tutti siamo "in piccioletta barca", direbbe Dante, affidati alle onde del mare, talora tempestoso, di questa vita. Il sentimento della nostra fragilità, che sempre deve accompagnarci, non può mai essere disgiunto dall'audacia con cui si deve affrontare il mare, e insieme da quella nostalgia che ai naviganti intenerisce il cuore e accende più vivo il desiderio di ritrovare l'attracco per gustare ancora il sapore del pane di casa, più forte del sapore del mare. Quanto più ci si rende conto del tempo che inesorabile fugge, più vivo si fa il bisogno di attraccare la barca, e l'anima, ad una fune più solida. Non solo il tempo, ma tutto fugge via velocemente, e occorre essere ben ancorati all'Eterno. Non possiamo non amare il tempo, il nostro tempo. Beato chi lo vive intensamente e generosamente, gettando l'àncora oltre il velo, nel gorgo profondo di quel mirabil regno "che solo amore e luce ha per confine", dove il Cristo ci ha preceduti come il primo dei risorti.

Penso alle donne smarrite davanti al sepolcro vuoto. In un primo momento sembrò loro che ogni speranza fosse perduta, che la vita fosse stata per sempre ingoiata dalla morte. In realtà la morte e la Vita si scontrarono in un formidabile duello, in cui la morte fu sconfitta per sempre, anche se talora sembra dominare la scena di questo mondo. "E' risorto Cristo, mia speranza!", canta la Chiesa con Maria Maddalena. E' risorto Cristo primizia della nostra risurrezione. "E se uno è in Cristo", assicura Paolo, "egli è una creatura nuova", capace sempre di cose nuove, nell'attesa di quel giorno in cui il Cristo dirà: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose ". Ma fin d'ora non siamo più in preda alla morte perché Cristo è risorto ed è giusto ed è bello accogliere l'invito profetico: "Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo" (Is 52,9). Il Signore ci assicura che un giorno asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi, ma fin d'ora, col suo primo dei "segni" ci fa gustare il vino delle nozze. Già fin d'ora Paolo ci dice: "Tutto è vostro, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" (1 Cor 4, 22-23).

Ciascun anello di questa catena è saldato l'un con l'altro. Fra questi anelli c'è la vita come dono di ogni giorno, e la morte, compimento dei giorni che passano, apre la porta del Regno. Gli anelli della catena stanno saldamente uniti se noi siamo di Cristo, e se ogni giorno più ci ancoriamo in lui. L'Agnello della nostra Pasqua, che è diventato il "bel" Pastore che ci guida, assicura che niente e nessuno potrà strapparci dalla sua mano. Egli dunque mi tiene saldamente in mano. La mia vita è nelle sue mani. Non più in balìa delle onde. Sono nelle mani che mi hanno plasmato, nelle mani che sono state inchiodate alla croce, nelle mani che spezzano il pane della comunione e della vita senza fine.

Roma, Pasqua 1993

 

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