Da "la Repubblica" - rubrica lettere dell' 8/12/1999

 

Il nostro Natale senza Don Emilio

Don Emilio Gandolfo è morto. Come tutti gli anni, due volte l'anno, a Pasqua e a Natale, ci è giunto il tuo consueto dono, generoso e disinteressato.

Poche pagine stampate, un semplice frontespizio che riproduce un raffinato bassorilievo, la "Natività" della Chiesa di Notre Dame la Grande a Poitiers, e all'interno la tua "Lettera di Natale agli amici".

Ci siamo anche noi tra quegli amici che hanno mantenuto con te, a distanza di decenni, un affettuoso, confidente rapporto. Un tacito appuntamento che si rinnovava ogni anno. Tu, Emilio, invitavi, alle Nozze di Cana, i tuoi amati studenti, credenti e non credenti. Ci ritrovavamo insieme, studiavamo i visi dei compagni invecchiati, ci stupivamo del tuo volto ancora fanciullesco e del tuo sguardo penetrante e sorridente, quello di sempre.

Ottanta anni, avevi festeggiato nel 1992 i cinquant'anni di sacerdozio. Estraneo a qualsiasi banalità, a qualsiasi logica di potere, univi la tua vocazione alla spiritualità a una grande curiosità per le vicende umane, semplici o tormentate, a tutti ti avvicinavi umilmente. Spinto a comprendere scelte e vite diverse nelle tue piccole, preziose pubblicazioni.

Una vita da pellegrino, tra Gerusalemme, meta ricorrente dei tuoi viaggi, Vernazza, sede della tua amatissima canonica, e Roma, a Monteverde, dove ritrovavi i tuoi alunni di un tempo.

"Ecco, sto alla porta e busso. Se uno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me".

Queste parole dell'Apocalisse erano ben ferme nel tuo animo.

La tua porta era, per questo, sempre aperta.

 

I tuoi amici (seguono duecento firme)

 

 

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