Omelia che don Emilio ha tenuto durante la solenne Eucarestia celebrata la vigilia della festa dell'immacolata nella chiesa parrocchiale degli Angeli Custodi (7 dicembre 1981).

... Quando l'animo è pieno, le parole vengono a fatica. Penso in questo momento, ci ho pensato fin dall'inizio, ad un episodio che mi è rimasto profondamente impresso. Era l'anno 1967. Allora insegnavo religione al liceo Virgilio di Roma e c'erano tanti ragazzi. Con un gruppo di questi ragazzi, erano circa un centinaio ed erano quelli che si preparavano alla maturità, insieme ad alcuni professori andammo ad Assisi e alla sera di una domenica ci trovammo a S. Damiano. Ormai non c'era più nessuno, erano ripartiti tutti. C'eravamo soltanto noi in quella chiesetta dove c'è il crocifisso, forse una copia, che parlò a S. Francesco: "Vedi questa chiesa che va in rovina? Và subito a ripararla". lo dissi ai ragazzi: ecco, guardate questo crocifisso che ha parlato a San Francesco. Poi la Messa terminò. Qualcuno, molti, fecero la Comunione, qualcuno no. Io rimasi ancora seduto, in silenzio, ormai solo, perché frattanto il gruppo si era recato a far visita al convento di S. Damiano. Allora un ragazzo mi si avvicinò e mi disse: "lei sa che io sono ateo? Si! Quando lei ha detto "guardate il crocifisso" anch'io ho alzato gli occhi ma ho dovuto subito abbassarli. Non so che cosa mi sta succedendo". Era sconvolto. "Non temere", ricordo che gli dissi, "lascia che lo sguardo dei crocifisso si abbassi su di te se tu ora non hai il coraggio di guardarlo. Lascia che Lui ti guardi!".

Ecco. All'inizio di questa Liturgia ho pensato a questo episodio, sentivo di non aver coraggio di alzare gli occhi per guardare questa piccola Maria che noi ora abbiamo così teneramente invocato. E sentivo fin dall'inizio che stavo con gli occhi bassi un po' nella condizione di Adamo quando fu espulso dal Paradiso. In qualche modo un po' di quella paura ritornava in me: "Ho sentito il tuo passo e sono fuggito perché ho avuto paura". Ma poi ho sentito nel canto del Salmo che qualcuno è sceso in questa "valle del pianto" e ha pianto le nostre lacrime. Dove? Ricordate il Getsemani? Ricordate come al Getsemani, in quella grotta dei frantoio, si parla di paura, di angoscia e di tristezza mortale? E' proprio Gesù, il Figlio di Dio, che ha fatto l'esperienza della nostra condizione umana, che conosce l'uomo, che come uomo anche lui ha avuto paura. E tuttavia è lui che ha visto "squarciarsi" i cieli. Nella prima domenica di Avvento, la nostra traduzione sempre debole diceva: "Vide i cieli aprirsi", come si vede aprire un sipario! No! C'è "schizo" da cui viene schizofrenia. Il verbo usato da Marco quando Gesù usciva dalle acque dei Giordano è forte, violento: "Gesù vide squarciarsi i cieli". Ecco, i cieli squarciati! La stessa cosa avvenne quando Gesù morì in croce: "Il velo dei Tempio si squarciò in due dall'alto in basso". Ricordate quando eravamo sul Calvario? Questo squarciarsi di un velo è lo squarciarsi di un impedimento, è spazzar via l'ostacolo perché potessimo ancora alzare gli occhi al Cielo. E quando ho sentito S. Paolo dire: "In lui ci ha scelti prima della creazione dei mondo", mi è venuto in mente quello che dice Bernanos parlando di Maria: "Lei è più giovane del peccato". Vuol dire che alla nostra origine non c'è il peccato ma la Grazia!

E lei, Maria, è alle nostre origini; è la radice più profonda, giustamente piccola Maria, Fanciulla di Gerusalemme, Madre di tutti i popoli, Vergine di Nazareth. E' Lei questa radice santa, è Lei lo specchio limpidissimo, la sorgente limpida dove lo sguardo di Dio si è posato e mai si è allontanato, dove Dio veramente può specchiarsi.

Ora leggendo la pagina evangelica ho sentito: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio". Il turbamento di Maria non è la paura di Adamo. Il turbamento di Maria è piuttosto lo stupore di un bambino. Lo stupore, la meraviglia, la sorpresa. Avete davanti agli occhi i bambini pieni di sorpresa, di stupore, davanti a quello che vedono per la prima volta, una cosa bella che li riempie dì gioia? Ecco, Lei rimane stupita, sorpresa, potremmo dire incredula, ma non nei senso di miscredente, che non crede quasi alle sue orecchie! E' colta di sorpresa, perché il "saluto" dell'Angelo non è così in termini quasi cortigianeschi come qui è tradotto: "Ave!" No! E' la profezia vigorosa che esprime tutta la speranza di Israele, di tutte le genti. "Gioisci, esulta figlia di Sion perché il Signore è in mezzo a noi, il Santo. Egli è con te!". E' con noi, dunque! E' con te il "Dio con noi", l'Emmanuele! "Gioisci, esulta!". Come a dire: è una cosa mai udita prima d'ora, assolutamente inaudita, una novità.

Ora la paura è vinta, ora gli uomini scoprono di essere sempre stati amati, anche quando hanno temuto di essere stati abbandonati, dimenticati, di essere perduti. Questa lunga attesa, questo esilio, questo deserto arido dove nulla fiorisce sembra proprio indicato. "Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile". Il deserto è sterile. Il cuore dell'uomo è sterile. Ora è la Grazia divina che lo rende fecondo.

Ora Dio rivolge il Suo sguardo a Nazareth. Ricordate Nazareth? Ricordate quella grotta povera, spoglia? La Basilica no, la Basilica è bella, troppo bella, lucida, tirata a lucido anche troppo, e questo forse non giova a noi. E non siamo riusciti a visitare il villaggio, le grotte, perché c'è pericolo e l'accesso è impedito. Ma non bisogna proprio dimenticare che quel villaggio era completamente tagliato fuori da ogni via di comunicazione. Era dimenticato dagli uomini e sembrava dimenticato anche da Dio. Eppure lo sguardo di Dio s'è posato proprio su quel villaggio! Dicevano: "Da Nazareth non verrà mai nulla di buono". Eppure lo sguardo di Dio s'è posato su Nazareth.

Quando noi, a Giugno, siamo stati in Terra Santa non potevamo pretendere di vedere il deserto fiorito. Ma a Marzo... come era fiorito! Che meraviglia di fiori nel deserto di Giuda! Voi avete ancora davanti agli occhi quel deserto. Il deserto fiorito!! Come dire: l'umanità che era condannata alla sterilità, alla morte comincia a vivere. E' la vita che risorge. "Gioisci, Maria, esulta!!". E la gioia è la gioia di tutti gli uomini perché lei in qualche modo ha la capacità di contenerla in sè e di comunicarla. Ecco il mistero di questa creatura cosi umile, che non presume di se stessa, che lascia tutta intatta la gloria di Dio, che non se ne appropria in nessun modo, che ha una trasparenza tale che la luce passa tutta, non viene offuscata in alcun modo. Eppure questa creatura non ci umilia. Eppure quel sentimento che mi faceva abbassare gli occhi all'inizio, adesso è scomparso. Io alzo gli occhi e la contemplo e ripenso a quello che dice Dante quando andava dietro a Beatrice di cielo in cielo, e vedeva che il sorriso di Beatrice quanto più si avvicinava a Dio tanto più diventava luminoso e gioioso, e ad un certo momento Dante dice: "La vidi rider tanto lieta che Dio parea nel suo volto gioire". Oh! Dio non è più lontano, ora! Maria è la creatura in cui si esprime la gioia di Dio, in cui è consentito a noi di credere nella grazia, in cui troviamo la certezza di essere amati.

Questo grido "Abbà" è il grido che è salito dal Getsemani, lo ricordate? Questo grido vuol dire la paura, l'angoscia e la tristezza mortale. Lo ripeto perché questi sono termini usati da Marco e voi amate molto Marco, perché Marco è il catecumeno, è l'emblema. Il Vangelo di Marco è l'espressione più viva di questa salvezza insperata, impossibile. Perché sulla bocca di un pagano è l'espressione di fede. "Egli era veramente il Figlio di Dio". Così, sulla bocca di noi, pagani di oggi, risuoni ancora questa confessione di fede stupefatta, commossa: " E' veramente il Figlio di Dio quello che è nato da Maria!!". Ed è ancora il grido filiale di Gesù di Nazareth al Getsemani, nella solitudine più grande, nell'angoscia totale: "Abbà, Abbà!!". Ricordate quel bambino che gridava sul lago di Tiberiade: "Abbà, Abbà!"

Io questo grido l'ho sentito più di una volta. Il grido di un bambino, come voi sentite un bambino gridare: "Babbo, Mamma". Ma è un grido così confidenziale, così tenero, così confidente, senza enfasi e senza timore. Ah! Ecco quello che ha detto San Paolo e concludo proprio con questo: "Non dobbiamo ricadere nella paura, perché non siamo più schiavi". Non siamo più oppressi dal peccato, anche se siamo peccatori. Siamo figli e perciò capaci di poter dire come Gesù ha detto: "Abbà". E' la stessa parola di Gesù e lo stesso sentimento di Gesù quando saremo a questa medesima ed unica tavola nel momento di spezzare il pane, come sigillo e sorgente della nostra comunione fraterna. Noi alzeremo gli occhi come Gesù li ha alzati verso il Padre e diremo la sua stessa parola: "Abbà, Abbà!". Che non sia una formula, che non sia una parola ripetuta ma che sia l'accento filiale che ci suggerisce lo Spirito Santo che noi abbiamo invocato.

Invochiamo su questa santa assemblea riunita lo Spirito Santo che ha riunito la prima comunità con Maria presente a Gerusalemme. Che lo Spirito Santo ci conceda di rivolgerci al Padre non solo con le parole del Figlio, con la parola "Abbà", ma con i sentimenti stessi dei figlio, con la gioia filiale, con la gioia di essere amati. Così piccoli come siamo. Anzi, proprio perché inciampiamo, proprio perché balbettiamo, proprio perché siamo insicuri ed incerti la nostra audacia aumenta.

Allora il turbamento diventa l'audacia stessa di Maria che è la Figlia di Dio prima che esserne Madre ed è in piena consonanza con lo Spirito Santo. Non potremmo avere pienamente questa audacia e questa gioiosa esperienza di chiamare Dio "Padre" senza di lei perché il Figlio di Dio è nato da lei, perché l'Altissimo è diventato pane che spezziamo, è diventato piccolo, l'ultimo dei fratelli per dare la Vita ad ognuno dei fratelli.

 

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