LA STELLA DEL MATTINO

"Riflessioni pasquali" salendo sul Sinai

Era notte fonda, poco più delle due del mattino, quando dal monastero di S. Caterina, in prossimità dei Roveto Ardente, si cominciò a salire verso la vetta della Teofania.

Nel cielo terso e cristallino risplendeva la luce di una luna immacolata e scendevano a grappoli le stelle, mentre verso oriente dove sarebbe nato il sole, brillava la stella dei mattino.

Ho pensato a Giustino martire (II secolo) che nella sua prima Apologia ha scritto: "Sorgerà un astro da Giacobbe e un fiore crescerà dalla radice di lesse, e le nazioni spereranno nel suo braccio. Questo astro radioso che sorge, questo fiore che germoglia dalla radice di lesse è Cristo".

Giustino aveva presente la profezia di Balaam e di Isaia, nonché il cammino dei Magi che dissero: "Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti, per adorarlo". Ma soprattutto egli aveva presente la dichiarazione dei Signore Gesù stesso, contenuta nell'Apocalisse, il libro della suprema rivelazione: "Io sono la radice, la stirpe di Davide e la stella radiosa dei mattino" (Apoc. 22,16), dove si trovano fuse insieme la profezia di Balaam e di Isaia, nonché il cammino avventuroso dei Magi venuti da lontano.

Questa dichiarazione ("Io sono la radice e la stella dei mattino") corrisponde all'altra che più volte ricorre nell'Apocalisse: "Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo". E' la dichiarazione che faceva dire a Giustino del Cristo: Egli è venuto a congiungere la Fine con il Principio. Ma è molto significativa la duplice immagine della "radice" e dalla "stella del mattino". E' la radice che ci porta perché è dalla radice che proviene la linfa, il fiore e il frutto, tanto che egli può dire: "Senza di me non potete far nulla".

Ma è la stella dei mattino che costituisce la speranza che non delude, la stella che inaugura il giorno nuovo, il giorno senza tramonto.

Mentre si saliva la montagna della Teofania, ciascuno teneva in mano una luce. Non si poteva non pensare al corteo festoso delle dieci vergini, che "prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo". Sembrava che lo sposo tardasse a venire, quando si levò il grido: "Ecco lo sposo, andategli incontro!".

Mentre pensavo a queste cose, uno del gruppo cade in terra e muore. La morte, entrata in scena improvvisa e imprevista, sembrò voler confinare nel regno della pura poesia il realismo del Vangelo, l'annuncio della buona notizia dell'incontro con il Signore, al quale pure è orientato il nostro cammino fin dal battesimo quando si riceve in consegna la lampada della fede per andare incontro al Signore che viene.

Quando riusciremo a far prevalere il mistero pasquale, la notte in cui compare la stella radiosa del mattino, l'astro dei giorno senza tramonto, sul pianto di chi non è senza speranza ma non ha ancora scoperto il senso di questa vita come pellegrinaggio incontro al Signore, vigilia di nozze in cui si attende lo Sposo e si desidera ardentemente che venga?

 

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