Concilio Vaticano II (1962-1965)

Luogo: Roma (S. Pietro), 21 novembre 1964

Data: 1964/11/21

 

 

ORIENTALIUM ECCLESIARUM

 

 

Proemio

1. La chiesa cattolica ha in grande stima le istituzioni, i riti liturgici, le tradizioni ecclesiastiche e la disciplina della vita cristiana delle chiese orientali. In esse, infatti, poiché sono illustri per veneranda antichità, risplende la tradizione che deriva dagli apostoli attraverso i padri e che costituisce parte del patrimonio divinamente rivelato e indiviso della chiesa universale. Perciò questo santo ed ecumenico concilio, preso da sollecitudine per le chiese orientali, che di questa tradizione sono testimoni viventi, e desiderando che esse fioriscano e assolvano con nuovo vigore apostolico la missione loro affidata, oltre a quanto riguarda tutta la chiesa, ha deciso di stabilire alcuni punti, lasciando gli altri alla cura dei sinodi orientali e della sede apostolica.

 

DELLE CHIESE PARTICOLARI O RITI.

 

 

2 - La varietà dei riti non nuoce all'unità.

2. La chiesa santa e cattolica, che è il corpo mistico di Cristo, si compone di fedeli, che sono organicamente uniti nello Spirito santo dalla stessa fede, dagli stessi sacramenti e dallo stesso governo e che unendosi in vari gruppi, congiunti dalla gerarchia, costituiscono le chiese particolari o riti. Vige tra loro una mirabile comunione, di modo che la varietà nella chiesa non solo non nuoce alla sua unità, ma anzi, la manifesta; è infatti intenzione della chiesa cattolica che rimangano salve e integre le tradizioni di ogni chiesa particolare o rito, e ugualmente essa vuole adattare il suo tenore di vita alle varie necessità dei tempi e dei luoghi.

3 - I diversi riti godono della stessa dignità.

3. Queste chiese particolari, sia di oriente che d'occidente, sebbene siano in parte tra loro differenti in ragione dei cosiddetti riti, cioè per la liturgia, per la disciplina ecclesiastica e il patrimonio spirituale, tuttavia sono in egual modo affidate al pastorale governo del romano pontefice, il quale per volontà divina succede al beato Pietro nel primato sulla chiesa universale. Esse quindi godono di pari dignità, così che nessuna di loro prevale sulle altre per ragione del rito, e godono degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi, anche per quanto riguarda la predicazione del vangelo in tutto il mondo (cf. Mc. 16, 15), sotto la direzione del romano pontefice.

4 - I diversi riti vanno studiati accuratamente.

4. Si proceda perciò in tutto il mondo alla tutela e all'incremento di tutte le chiese particolari e a questo scopo si erigano parrocchie e una gerarchia propria, dove lo richieda il bene spirituale dei fedeli. Le gerarchie poi delle varie chiese particolari, che hanno giurisdizione sullo stesso territorio, procurino, col mutuo scambio di consigli in periodici incontri, di promuovere l'unità di azione e, con forze congiunte, di aiutare le opere comuni, per far progredire più speditamente il bene della religione e più efficacemente tutelare la disciplina del clero. Tutti i chierici e quelli che ascendono agli ordini sacri siano bene istruiti sui riti e specialmente circa le norme pratiche in materie inter-rituali; anzi vengano istruiti anche i laici, nelle spiegazioni catechistiche, sui riti e le loro norme. Infine, tutti e singoli i cattolici e i battezzati di qualsiasi chiesa o comunità acattolica, che vengano alla pienezza della comunione cattolica, mantengano dovunque il proprio rito, lo onorino e, secondo le proprie forze, lo osservino; salvo il diritto in casi particolari di persone, comunità o regioni, di far ricorso alla sede apostolica, che, quale suprema arbitra delle relazioni inter-ecclesiali, provvederà essa stessa alle necessità secondo lo spirito ecumenico o farà provvedere da altre autorità con opportune norme, decreti o rescritti.

 

PATRIMONIO SPIRITUALE DELLE CHIESE ORIENTALI CHE DEVE

ESSERE CONSERVATO.

 

 

5 - Benemerenze delle chiese orientali.

5. La storia, le tradizioni e moltissime istituzioni ecclesiastiche chiaramente dimostrano quanto le chiese orientali si siano rese benemerite di tutta la chiesa. Per questo il santo concilio non solo circonda di doverosa stima e di giusta lode questo patrimonio ecclesiastico e spirituale, ma lo considera fermamente come patrimonio di tutta la chiesa. Dichiara quindi solennemente che le chiese d'oriente come anche d'occidente hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline particolari, poiché si raccomandano per veneranda antichità, sono più corrispondenti ai costumi dei loro fedeli e più adatte a provvedere al bene delle loro anime.

6 - Nessun mutamento sia introdotto arbitrariamente.

6. Sappiano e siano certi tutti gli orientali che sempre possono e devono conservare i loro legittimi riti liturgici e la loro disciplina, e che non si devono introdurre mutazioni, se non per ragione del proprio organico progresso. Pertanto tutte queste cose devono essere con somma fedeltà osservate dagli stessi orientali, i quali devono acquistarne una conoscenza sempre più profonda e un uso più perfetto, e qualora per circostanze di tempo o di persone fossero indebitamente venuti meno a esse, procurino di ritornare alle avite tradizioni. Quelli che per ragioni o dell'incarico o del ministero apostolico hanno frequente relazione con le chiese orientali o con i loro fedeli, secondo l'importanza della carica che occupano siano accuratamente istruiti nella conoscenza e nella pratica dei riti, della disciplina, della dottrina, della storia e del carattere degli orientali. Si raccomanda caldamente agli istituti religiosi e alle associazioni di rito latino, che prestano la loro opera nelle regioni orientali o tra i fedeli orientali, che per una maggiore efficacia dell'apostolato fondino, per quanto è possibile, case o anche province di rito orientale.

 

I PATRIARCATI ORIENTALI.

 

 

7 - L'istituzione dei patriarcati in oriente.

7. Da tempi antichissimi vige nella chiesa l'istituzione patriarcale, già riconosciuta dai primi concili ecumenici.

Col nome di patriarca orientale si intende un vescovo, cui compete la giurisdizione su tutti i vescovi, compresi i metropoliti, il clero e il popolo del proprio territorio o rito, a norma del diritto e salvo restando il primato del romano pontefice.

Dovunque si costituisce un gerarca di qualche rito fuori dei confini del territorio patriarcale, a norma del diritto esso rimane aggregato alla gerarchia del patriarcato dello stesso rito.

8. I Patriarcati orientali.

8. I patriarchi delle chiese orientali, sebbene gli uni siano per tempo posteriori agli altri, sono tutti uguali per ragione della dignità patriarcale, salva restando tra loro la precedenza di onore legittimamente stabilita.

9 - Speciale onore ai patriarchi orientali.

9. Secondo un'antichissima tradizione della chiesa è riserbato uno speciale onore ai patriarchi delle chiese orientali, dato che ognuno presiede al suo patriarcato come padre e capo.

Perciò questo santo concilio stabilisce che siano ripristinati i loro diritti e i loro privilegi, secondo le antiche tradizioni di ogni chiesa e i decreti dei concili ecumenici.

Questi diritti e privilegi sono quelli che vigevano al tempo dell'unione dell'oriente e dell'occidente, anche se devono essere alquanto adattati alle odierne condizioni.

I patriarchi coi loro sinodi costituiscono la superiore istanza per qualsiasi pratica del patriarcato, non escluso il diritto di costituire nuove eparchie e di nominare vescovi del loro rito entro i confini del territorio patriarcale, salvo restando l'inalienabile diritto del romano pontefice di intervenire nei singoli casi.

10 - Fondazione di nuovi patriarcati.

10. Quanto si è detto dei patriarchi vale anche, a norma del diritto, degli arcivescovi maggiori, che presiedono a tutta una chiesa particolare o rito.

11.

11. Siccome l'istituzione patriarcale nelle chiese orientali è una forma tradizionale di governo, il santo ed ecumenico concilio desidera che, dove sia necessario, si erigano nuovi patriarcati, la cui fondazione è riservata al concilio ecumenico o al romano pontefice.

 

DISCIPLINA DEI SACRAMENTI.

 

 

12 - Ristabilire l'antica disciplina dei sacramenti.

12. Il santo concilio ecumenico conferma e loda e, se occorra, desidera che venga ristabilita l'antica disciplina dei sacramenti vigente presso le chiese orientali, e così pure la prassi che si riferisce alla loro celebrazione e amministrazione.

13 - L'amministrazione della cresima.

13. La disciplina circa il ministro della s. cresima, vigente fino dai più antichi tempi presso gli orientali, sia pienamente ristabilita. Perciò i presbiteri hanno il potere di conferire questo sacramento col crisma benedetto dal patriarca o dal vescovo.

14.

14. Tutti i presbiteri orientali possono validamente conferire questo sacramento, sia insieme col battesimo sia separatamente, a tutti i fedeli di qualsiasi rito, non escluso il latino, osservando, per la liceità, le prescrizioni del diritto sia comune sia particolare. Anche i presbiteri di rito latino, secondo le facoltà che godono circa l'amministrazione di questo sacramento, hanno il potere di amministrarlo anche ai fedeli delle chiese, orientali, senza pregiudizio al rito, osservando per la liceità le prescrizioni del diritto sia comune che particolare.

15 - Il precetto festivo.

15. I fedeli sono tenuti la domenica e le feste a intervenire alla divina liturgia o, secondo le prescrizioni o consuetudini del proprio rito, alla celebrazione delle lodi divine. Perché più facilmente i fedeli possano adempiere quest'obbligo, si stabilisce che il tempo utile per compiere questo precetto decorra dai vespri della vigilia fino alla fine della domenica o giorno festivo. Si raccomanda caldamente ai fedeli che in questi giorni, anzi con più frequenza o anche quotidianamente, ricevano la santa eucaristia.

16 - Estensione della giurisdizione per le confessioni.

16. Per la mescolanza d'ogni giorno dei fedeli di diverse chiese particolari nella medesima regione o territorio orientale, la facoltà dei presbiteri di qualsiasi rito di ricevere le confessioni, concessa legittimamente e senza alcuna restrizione dai propri gerarchi, si estende a tutto il territorio del concedente e anche a tutti i luoghi e ai fedeli di qualsiasi rito nello stesso territorio, a meno che l'autorità del luogo l'abbia espressamente negata per i luoghi del suo rito.

7- Il sacramento dell'ordine.

17. Perché nelle chiese orientali abbia nuovamente ad aver vigore l'antica disciplina del sacramento dell'ordine, questo santo concilio caldamente desidera che sia ristabilita, dove sia caduta in disuso, l'istituzione del diaconato permanente. Quanto al suddiaconato e agli ordini inferiori e ai loro diritti e doveri, provveda l'autorità legislativa di ciascuna chiesa particolare.

18 - La forma canonica della celebrazione dei matrimoni misti.

18. Per prevenire i matrimoni invalidi, quando i cattolici orientali contraggono matrimonio con gli acattolici orientali battezzati, e per provvedere alla stabilità e alla santità delle nozze e alla pace domestica, il santo concilio stabilisce che per questi matrimoni la forma canonica della celebrazione è obbligatoria soltanto per la liceità, mentre per la validità basta la presenza del sacro ministro, salvo restando gli altri punti da osservarsi, secondo il diritto.

 

 

 

IL CULTO DIVINO

 

 

 

19 - I giorni festivi.

19. D'ora in poi spetta al solo concilio ecumenico o alla santa sede stabilire, trasferire o sopprimere i giorni festivi comuni a tutte le chiese orientali. Invece lo stabilire, trasferire o sopprimere le feste per le singole chiese particolari compete, oltre che alla sede apostolica, ai sinodi patriarcali o arcivescovili, avuto tuttavia il debito riguardo di tutta la regione e delle altre chiese particolari.

20 - La celebrazione della pasqua.

20. Fino a che tra tutti i cristiani non si sarà giunti al desiderato accordo circa la fissazione di un unico giorno per la comune celebrazione della festa di pasqua, nel frattempo, per promuovere l'unità fra i cristiani che vivono nella stessa regione o nazione, è data facoltà ai patriarchi o alle supreme autorità ecclesiastiche del luogo di accordarsi, con unanime consenso e sentiti i pareri degli interessati, sulla festa di pasqua da celebrarsi nella stessa domenica.

21 - I tempi sacri.

21. I singoli fedeli, che si trovano fuori della regione o territorio del proprio rito, quanto alla legge dei tempi sacri possono pienamente conformarsi alla disciplina vigente nel luogo della loro permanenza. Nelle famiglie di rito misto si può osservare questa legge secondo uno stesso rito.

22 - L'ufficio divino.

22. Il clero e i religiosi orientali celebrino secondo le prescrizioni e le tradizioni della propria disciplina le laudi divine, che fino dall'antica età furono in grande onore presso tutte le chiese orientali. E anche i fedeli, seguendo l'esempio dei propri antenati, nella misura delle proprie forze e devotamente attendano alle laudi divine.

23 - La lingua liturgica.

23. Al patriarca col sinodo o alla suprema autorità di ciascuna chiesa con il consiglio dei gerarchi compete il diritto di regolare l'uso delle lingue nelle sacre funzioni liturgiche e di approvare, dopo averne data relazione alla sede apostolica, le versioni dei testi in lingua volgare.

 

 

RAPPORTI CON I FRATELLI DELLE CHIESE SEPARATE.

 

 

24 - Promuovere l'unità degli orientali separati.

24. Alle chiese orientali che sono in comunione con la sede apostolica romana compete lo speciale compito di promuovere l'unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo i principi del decreto " sull'ecumenismo" promulgato da questo santo concilio, in primo luogo con la preghiera, l'esempio della vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi.

25.

25. Dagli orientali separati che, mossi dalla grazia dello Spirito santo, vengono all'unità cattolica, non si esiga più di quanto esige la semplice professione della fede cattolica. E poiché presso di loro è stato conservato il sacerdozio valido, il clero orientale che viene nell'unità cattolica ha la facoltà di esercitare il proprio ordine, secondo le norme stabilite dalla competente autorità.

26 - Principi della " comunicazione in cose sacre ".

26. La comunicazione in cose sacre che offende l'unità della chiesa o include la formale adesione all'errore o il pericolo di errare nella fede, di scandalo e di indifferentismo, è proibita dalla legge divina. Ma la prassi pastorale dimostra, per quanto riguarda i fratelli orientali, che si possono e si devono considerare varie circostanze di singole persone, nelle quali né si lede l'unità della chiesa, né vi sono pericoli da evitare, e invece urgono la necessità della salvezza e il bene spirituale delle anime. Perciò la chiesa cattolica, secondo la circostanze di tempi, di luoghi e di persone, ha usato spesso e usa una più mite maniera di agire, offrendo a tutti tra i cristiani i mezzi della salvezza e la testimonianza della carità, per mezzo della partecipazione nei sacramenti e nelle altre funzioni e cose sacre. In considerazione di questo, il santo concilio, " per non essere noi, per la severità della sentenza, di impedimento a coloro che sono salvati" e per fomentare di più l'unione con le chiese orientali da noi separate, stabilisce il seguente modo di agire.

27 - Applicazione pastorale della "comunicazione in cose sacre".

27. Posti i principi sopra ricordati, agli orientali, che in buona fede si trovano separati dalla chiesa cattolica, si possono conferire, se spontaneamente li chiedono e siano ben disposti, i sacramenti della penitenza, dell'eucaristia e dell'unzione degli infermi; anzi, anche ai cattolici è lecito chiedere questi sacramenti da quei ministri acattolici, nella cui chiesa si hanno validi sacramenti, ogni volta che la necessità o una vera spirituale utilità a ciò induca, e l'accesso a un sacerdote cattolico riesca fisicamente o moralmente impossibile.

28.

28. Similmente, posti gli stessi principi, per una giusta ragione è permessa la partecipazione in funzioni, cose e luoghi sacri tra cattolici e fratelli separati.

29.

29. Questa maniera più mite di comunicazione in cose sacre con i fratelli delle chiese orientali separate è affidata alla vigilanza e al governo delle autorità gerarchiche locali, affinché, consigliatesi tra di loro e, se occorra, udite anche le autorità gerarchiche delle chiese separate, abbiano a regolare con efficaci e opportune prescrizioni e norme i rapporti dei cristiani tra di loro.

 

CONCLUSIONE

30.

30. Il santo concilio molto si rallegra della fruttuosa e attiva collaborazione delle chiese cattoliche d'oriente e d'occidente e insieme dichiara: tutte queste prescrizioni giuridiche sono stabilite per le presenti condizioni, fino a che la chiesa cattolica e le chiese orientali separate vengano nella pienezza della comunione.

Nel frattempo però tutti i cristiani, orientali e occidentali, sono ardentemente invitati a innalzare a Dio preghiere ferventi e assidue, anzi quotidiane, affinché, con l'aiuto della santissima Madre di Dio, tutti diventino uno. Preghiamo pure perché su tanti cristiani di qualsiasi chiesa, i quali confessano strenuamente il nome di Cristo, soffrono e sono oppressi, si effonda la pienezza del conforto e della consolazione dello spirito santo paraclito.

Con amore fraterno vogliamoci tutti bene scambievolmente, facendo a gara nel renderci onore l'un l'altro. Tutte e singole le cose, stabilite in questo decreto, sono piaciute ai padri del sacro concilio. E noi, in virtù della potestà apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai venerabili padri, nello Spirito santo le approviamo, le decretiamo e stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmnte stabilito, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso S. Pietro, 21 novembre 1964.

Io Paolo, vescovo della chiesa cattolica.

(Seguono le firme dei padri)