Concilio Vaticano II (1962-1965)

7 dicembre 1965

PRESBYTERORUM ORDINIS

 

1. Proemio

1. Più di una volta questo sacrosanto sinodo ha ricordato a tutti l'alta dignità dell'ordine dei presbiteri. Ma poiché questo ordine ha un compito estremamente importante e sempre più arduo da svolgere nell'ambito del rinnovamento della chiesa di Cristo, è parsa di sommo interesse una trattazione più completa e più approfondita sui presbiteri. Quanto verrà qui detto va applicato a tutti i presbiteri - specialmente a quelli che si dedicano alla cura d'anime - fatti i dovuti adattamenti nel caso dei presbiteri religiosi. I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re, partecipando al suo ministero, per il quale la chiesa qui in terra è incessantemente edificata in popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito santo. Perciò questo sacrosanto sinodo, affinché il ministero dei presbiteri nelle attuali circostanze pastorali e umane, spesso radicalmente nuove, possa trovare sostegno più valido e affinché si provveda più adeguatamente alla loro vita, dichiara e stabilisce quanto segue.

2. Natura del presbiterato

2. Nostro Signore Gesù, "che il Padre santificò e inviò nel mondo" (Gv. 10, 36) rende partecipe tutto il suo corpo mistico di quella unzione dello Spirito con la quale è stato unto: in esso, infatti, tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale, offrono a Dio ostie spirituali per mezzo di Gesù Cristo e annunziano le grandezze di colui che li ha chiamati per trarli dalle tenebre e accoglierli nella sua luce meravigliosa. Non vi è dunque nessun membro che non abbia parte nella missione di tutto il corpo, ma ciascuno di essi deve santificare Gesù nel suo cuore e rendere testimonianza di Gesù con spirito di profezia.

Ma lo stesso Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo solo, di cui però " non tutte le membra hanno la stessa funzione " (Rom. 12, 4), promosse alcuni di loro come ministri, in modo che nel seno della società dei fedeli avessero il sacro potere dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, e che in nome di Cristo svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale. Pertanto, dopo aver inviato gli apostoli come egli stesso era stato inviato dal Padre, Cristo, per mezzo degli stessi apostoli, rese partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri, affinché questi, costituiti nell'ordine del presbiterato, fossero cooperatori dell'ordine episcopale, per il retto assolvimento della missione apostolica affidata da Cristo.

La funzione dei presbiteri, in quanto strettamente unita all'ordine episcopale, partecipa dell'autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio corpo. Per questo motivo, il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i sacramenti dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù della unzione dello Spirito santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo capo.

Dato che i presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione degli apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra i popoli mediante il sacro ministero del vangelo, affinché l'oblazione dei popoli sia accetta, santificata nello Spirito santo. E' infatti proprio per mezzo dell'annuncio apostolico del vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato, in modo che tutti coloro che appartengono a questo popolo, poiché sono santificati con lo Spirito santo, possano offrire se stessi come "ostia viva, santa, accetta a Dio" (Rom. 12,1). Inoltre, è attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la chiesa, viene offerto nell'eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore. A ciò tende e in ciò trova la sua perfetta realizzazione il ministero dei presbiteri. Infatti il loro servizio, che comincia con l'annuncio del vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo, e ha come scopo che " tutta la città redenta, cioè la riunione e società dei santi, si offra a Dio come sacrificio universale per mezzo del gran sacerdote, il quale ha anche offerto se stesso per noi nella sua passione, per farci diventare corpo di così eccelso capo ".

Pertanto, il fine cui tendono i presbiteri con il loro ministero e la loro vita è la gloria di Dio Padre che devono procurare in Cristo. E tale gloria consiste nel fatto che gli uomini accolgano con consapevolezza, con libertà e con gratitudine l'opera perfetta di Dio realizzata in Cristo e la manifestino in tutta la loro vita. Perciò i presbiteri, sia che si dedichino alla preghiera e all'adorazione, sia che predichino la parola, sia che offrano il sacrificio eucaristico e amministrino gli altri sacramenti, sia che svolgano altri ministeri in servizio degli uomini, contribuiscono all'aumento della gloria di Dio e nello stesso tempo a far avanzare gli uomini nella vita divina. E tutte queste cose - le quali scaturiscono dalla pasqua di Cristo - troveranno pieno compimento nella venuta gloriosa dello stesso Signore, allorché egli consegnerà il regno a colui che è Dio e Padre.

3. Condizione dei presbiteri nel mondo

3. I presbiteri, presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati, vivono in mezzo agli altri uomini come fratelli. Così infatti si comportò Gesù nostro Signore, Figlio di Dio, uomo inviato dal Padre agli uomini, il quale dimorò presso di noi e volle in ogni cosa essere uguale ai suoi fratelli, eccetto che per il peccato. E' un esempio, il suo, che già imitarono i santi apostoli; e san Paolo, dottore delle genti, "segregato per il vangelo di Dio" (Rom. 1, 1), dichiara di essersi fatto tutto per tutti, e allo scopo di salvare tutti. Così i presbiteri del nuovo testamento in forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di Dio; ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all'opera per la quale il Signore li assume. Essi non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma non potrebbero nemmeno servire gli uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente. Per il loro stesso ministero sono tenuti con speciale motivo a non conformarsi con il secolo presente; ma allo stesso tempo sono tenuti a vivere in questo secolo in mezzo agli uomini, a conoscere bene - come buoni pastori - le proprie pecorelle e a cercare di ricordare anche quelle che non sono di questo ovile, affinché anch'esse sentano la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un solo pastore. Per raggiungere questo scopo, di grande utilità risultano quelle virtù che giustamente sono molto apprezzate nella società umana, come ad esempio la bontà, la sincerità, la fermezza d'animo e la costanza, la continua cura per la giustizia, la gentilezza e tutte le altre virtù che raccomanda l'apostolo Paolo quando dice: " Tutto ciò che è vero, tutto ciò che è onesto, tutto ciò che è giusto,tutto ciò che è santo, tutto ciò che è degno d'amore, tutto ciò che merita rispetto, qualunque virtù, qualunque lodevole disciplina: questo sia vostro pensiero (Fil. 4, 8).

4. I presbiteri, ministri della parola di Dio

4. Il popolo di Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della parola del Dio vivente, che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei sacerdoti. Dato infatti che nessuno può essere salvo se prima non ha creduto, i presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei vescovi, hanno anzitutto il do vere di annunciare a tutti il vangelo di Dio, affinché seguendo il mandato del Signore: " Andate nel mondo intero a predicare il vangelo a ogni creatura " (Mc. 16, 15), possano costituire e incrementare il popolo di Dio. Difatti, in virtù della parola salvatrice, la fede si accende nel cuore dei non credenti e si alimenta nel cuore dei credenti, e con la fede ha inizio e cresce la comunità dei credenti, secondo quanto ha scritto l'apostolo: " La fede è possibile per l'ascolto, e l'ascolto è possibile per la parola di Cristo " (Rom. 10, 17). Verso tutti, pertanto, sono debitori i presbiteri, nel senso che a tutti devono comunicare la verità del vangelo la quale posseggono nel Signore. Quindi sia che offrano in mezzo alla gente la testimonianza di una vita esemplare, che induca a dar gloria a Dio; sia che annuncino il mistero di Cristo ai non credenti con la predicazione esplicita; sia che svolgano la catechesi cristiana o illustrino la dottrina della chiesa; sia che si applichino a esaminare i problemi del loro tempo alla luce di Cristo: in qualunque caso, il loro compito non è di insegnare una propria sapienza, bensì di insegnare la parola di Dio e di invitare tutti insistentemente alla conversione e alla santità. E la predicazione sacerdotale, che nelle circostanze attuali del mondo è spesso assai difficile, se vuole avere più efficaci risultati sulle menti di coloro che ascoltano, non può limitarsi ad esporre la parola di Dio in termini generali e astratti, ma deve applicare la perenne verità del vangelo alle circostanze concrete della vita.

In tal modo il ministero della parola viene esercitato sotto forme diverse, secondo le diverse necessità degli ascoltatori e i diversi carismi dei predicatori. Nelle regioni o negli ambienti non cristiani, per mezzo del messaggio evangelico gli uomini vengono attratti alla fede e ai sacramenti della salvezza; e nella stessa comunità dei cristiani, soprattutto per quanto riguarda coloro che mostrano di non capire o non credere abbastanza ciò che praticano, la predicazione della parola è necessaria per lo stesso ministero dei sacramenti, trattandosi di sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta con la parola: e questo vale soprattutto nel caso della liturgia della parola nella celebrazione della messa, in cui si realizza una unità inscindibile fra l'annuncio della morte e resurrezione del Signore, la risposta del popolo che ascolta e l'oblazione stessa con la quale Cristo ha confermato nel suo sangue la nuova alleanza; a questa oblazione si uniscono i fedeli sia con i loro voti sia con la ricezione del sacramento.

5. I presbiteri, ministri dei sacramenti e della eucaristia

5. Dio, il quale solo è santo e santificatore, ha voluto assumere degli uomini come soci e collaboratori, perché servano umilmente nell'opera di santificazione. Per questo i presbiteri sono consacrati da Dio, mediante il vescovo, in modo che, resi partecipi in modo speciale del sacerdozio di Cristo, nelle sacre celebrazioni agiscano come ministri di colui che ininterrottamente esercita la sua funzione sacerdotale in favore nostro nella liturgia, per mezzo dello Spirito. Essi infatti, con il battesimo, introducono gli uomini nel popolo di Dio; con il sacramento della penitenza, riconciliano i peccatori con Dio e con la chiesa; con l'olio degli infermi sollevano gli ammalati; e soprattutto con la celebrazione della messa offrono sacramentalmente il sacrificio di Cristo. Ma nel conferire tutti i sacramenti, i presbiteri - come già ai tempi della primitiva chiesa attesta sant'Ignazio martire - sono gerarchicamente collegati sotto diversi aspetti al vescovo, e così lo rendono in un certo modo presente in ciascuna adunanza dei fedeli.

Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d'apostolato, sono strettamente uniti alla sacra eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito santo e vivificante, dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, le proprie fatiche e tutte le cose create. Per questo l'eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a poco a poco alla partecipazione dell'eucaristia, e i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, sono pienamente inseriti nel corpo di Cristo per mezzo dell'eucaristia.

La sinassi eucaristica è dunque il centro della comunità dei fedeli presieduta dal presbitero. Pertanto, i presbiteri insegnano ai fedeli a offrire la divina vittima a Dio Padre nel sacrificio della messa, e a fare, in unione con questa vittima, l'offerta della propria vita. Nello spirito di Cristo pastore essi insegnano altresì a sottomettere con cuore contrito i propri peccati alla chiesa nel sacramento della penitenza, per potersi così convertire ogni giorno di più al Signore, ricordando le sue parole: " Fate penitenza, poiché si è avvicinato il regno dei cieli " (Mt. 4, 17). Insegnano inoltre ai fedeli a partecipare così intimamente alle celebrazioni liturgiche, da poter anche arrivare in esse alla preghiera sincera; li spingono ad avere per tutta la vita uno spirito di orazione sempre più attivo e perfetto, in rapporto alle grazie e ai bisogni di ciascuno; invitano tutti a compiere i doveri del proprio stato e inducono quelli che hanno fatto maggiori progressi a seguire i consigli del vangelo, nel modo che meglio convenga a ciascuno. Istruiscono dunque i fedeli in modo che possano cantare in cuor loro al Signore inni e cantici spirituali, rendendo sempre grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome di nostro Signore Gesù Cristo.

Le lodi e il ringraziamento che rivolgono a Dio nella celebrazione eucaristica, i presbiteri li estendono alle diverse ore del giorno con il divino ufficio, mediante il quale pregano Dio in nome della chiesa e in favore di tutto il popolo loro affidato, anzi in favore di tutto il mondo.

La casa di preghiera - in cui l'eucaristia è celebrata e conservata; in cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio nostro salvatore, che si è offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene venerata a sostegno e consolazione dei fedeli - dev'essere nitida e adatta alla preghiera e alle sacre funzioni. In essa i pastori e i fedeli sono invitati a rispondere con riconoscenza al dono di colui che di continuo infonde la vita divina, mediante la sua umanità, nelle membra del suo corpo. Abbiano cura i presbiteri di coltivare adeguatamente la scienza e l'arte liturgica, affinché, per mezzo del loro ministero liturgico, le comunità cristiane ad essi affidate elevino una lode sempre più perfetta a Dio, Padre e Figlio e Spirito santo.

6. I presbiteri, educatori del popolo di Dio

6. Esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità animata nell'unità, e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito santo. Per questo ministero, come per le altre funzioni del presbitero, viene conferito un potere spirituale, che è appunto concesso ai fini dell'edificazione. Ma nell'edificare la chiesa, i presbiteri devono avere con tutti dei rapporti improntati alla più delicata bontà, seguendo l'esempio del Signore. E nel trattare con gli uomini non devono regolarsi in base ai gusti di questi, bensì in base alle esigenze della dottrina e della vita cristiana, istruendoli e anche ammonendoli come figli carissimi, secondo le parole dell'apostolo: " Insisti a tempo e fuor di tempo: convinci, riprendi, esorta con ogni pazienza e dottrina " (2 Tim. 4, 2).

Perciò spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il vangelo, a praticare una carità sincera e operosa, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati. Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana. E per promuovere tale maturità, i presbiteri potranno contribuire efficacemente a far sì che ciascuno sappia scorgere negli avvenimenti stessi - siano essi di grande o di minore portata - quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio. I cristiani inoltre devono essere educati a non vivere egoisticamente, ma secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto, e che in tal modo tutti assolvano cristianamente i propri compiti nella comunità umana.

Ma, anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito, e la cui evangelizzazione è mostrata come segno dell'opera messianica. Anche i giovani vanno seguiti con cura particolare, e così pure i coniugi e i genitori; è auspicabile che tali persone si riuniscano amichevolmente in gruppo, per potersi aiutare a vicenda a vivere più facilmente e pienamente come cristiani nelle circostanze spesso difficili in cui si trovano. Ricordino inoltre i presbiteri che i religiosi tutti - sia uomini che donne - formano una parte di speciale dignità nella casa del Signore, e meritano quindi particolare attenzione, affinché progrediscano sempre nella perfezione spirituale per il bene di tutta la chiesa. E soprattutto abbiano cura, infine, dei malati e dei moribondi, visitandoli e confortandoli nel Signore.

Ma la funzione di pastore non si restringe alla cura dei singoli fedeli: essa va specialmente estesa alla formazione dell'autentica comunità cristiana. E per fomentare opportunamente lo spirito comunitario, bisogna che esso miri non solo alla chiesa locale ma anche alla chiesa universale. La comunità locale non deve limitarsi a prendersi cura dei propri fedeli, ma è tenuta anche a sentire lo zelo missionario di aprire a tutti gli uomini la strada che conduce a Cristo. Alla comunità, però, incombe il dovere di occuparsi in primo luogo dei catecumeni e dei neofiti, che vanno educati gradualmente alla conoscenza e alla pratica della vita cristiana.

D'altra parte, non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità. E la celebrazione eucaristica, a sua volta, per essere piena e sincera deve spingere sia alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto, sia all'azione missionaria e alle varie forme di testimonianza cristiana.

Inoltre, mediante la carità, la preghiera, l'esempio e le opere di penitenza, la comunità ecclesiale esercita una vera azione materna nei confronti delle anime da avvicinare a Cristo. Essa infatti viene ad essere, per chi ancora non crede, uno strumento efficace per indicare o per agevolare il cammino che porta a Cristo e alla sua chiesa; e per chi già crede è stimolo, alimento e sostegno per la lotta spirituale.

Ma nell'edificare la comunità cristiana i presbiteri non si mettono mai al servizio di una ideologia o umana fazione bensì, come araldi del vangelo e pastori della chiesa, si dedicano all'incremento spirituale del corpo di Cristo.

7. Relazioni tra il vescovo e i presbiteri

7. Tutti i presbiteri, insieme ai vescovi, partecipano in tal grado dello stesso e unico sacerdozio e ministero di Cristo, che la stessa unità di consacrazione e di missione esige la comunione gerarchica dei presbiteri con l'ordine dei vescovi; a volte tale comunione viene ottimamente espressa nella concelebrazione liturgica, quando uniti ai vescovi, i presbiteri professano di celebrare la sinassi eucaristica. I vescovi, pertanto, grazie al dono dello Spirito santo che è concesso ai presbiteri nella sacra ordinazione, hanno in essi dei necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio. Ciò è vigorosamente affermato fin dai primi tempi della chiesa nei documenti liturgici, lì dove essi implorano solennemente da Dio sull'ordinando presbitero l'infusione dello "spirito della grazia e del consiglio, affinché aiuti e governi il popolo con cuore puro ", proprio come lo spirito di Mosè nel deserto fu trasmesso a settanta uomini prudenti, " con l'aiuto dei quali egli potè governare agevolmente la massa innumerevole del popolo ". Per questa comune partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministero, i vescovi abbiano dunque i presbiteri come fratelli e amici, e stia loro a cuore, in tutto ciò che possono, il loro benessere materiale e soprattutto spirituale. E' ai vescovi, infatti, che incombe in primo luogo la grave responsabilità della santificazione dei loro sacerdoti: devono pertanto prendersi cura con la massima serietà della continua formazione del proprio presbiterio. Siano pronti ad ascoltarlo, anzi, siano essi stessi a consultarlo e a esaminare assieme i problemi riguardanti le necessità del lavoro pastorale e il bene della diocesi. E perché ciò sia possibile nella pratica, vi sia - nel modo più confacente alle circostanze e ai bisogni di oggi, nella forma e secondo norme giuridiche da stabilire - una commissione o senato di sacerdoti in rappresentanza del presbiterio, il quale con i suoi consigli possa aiutare efficacemente il vescovo nel governo della diocesi.

I presbiteri, dal canto loro, avendo presente la pienezza del sacramento dell'ordine di cui godono i vescovi, venerino in essi l'autorità di Cristo supremo pastore. Siano dunque uniti al loro vescovo con sincera carità e obbedienza. Questa obbedienza sacerdotale, pervasa dallo spirito di collaborazione, si fonda sulla partecipazione stessa del ministero episcopale, conferita ai presbiteri attraverso il sacramento dell'ordine e la missione canonica.

L'unione tra i presbiteri e i vescovi è particolarmente necessaria ai nostri giorni, dato che oggi, per diversi motivi, le iniziative apostoliche debbono non solo rivestire forme molteplici, ma anche trascendere i limiti di una parrocchia o di una docesi. Nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la chiesa.

8. Unione e cooperazione fraterna dei presbiteri tra loro

8. I presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato mediante l'ordinazione, sono tutti tra loro uniti da intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono assegnati sotto il proprio vescovo. Infatti, anche se si occupano di mansioni differenti, sempre esercitano un unico ministero sacerdotale in favore degli uomini. Tutti i presbiteri, cioè, hanno la missione di contribuire ad una medesima opera, sia che esercitino il ministero parrocchiale o sopraparrocchiale, sia che si dedichino alla ricerca dottrinale o all'insegnamento, sia che esercitino un mestiere manuale - condividendo le condizioni di vita degli operai, nel caso che ciò risulti conveniente e riceva l'approvazione dell'autorità competente -, sia infine che svolgano altre opere d'apostolato o ordinate all'apostolato. E' chiaro che tutti lavorano per la stessa causa, cioè per l'edificazione del corpo di Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti, soprattutto in questi tempi. Pertanto, è assai necessario che tutti i presbiteri, sia diocesani che religiosi, si aiutino a vicenda, in modo da essere sempre cooperatori della verità. Pertanto, ciascuno è unito agli altri membri di questo presbiterio da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità: il che viene liturgicamente rappresentato, fin dai tempi più antichi, nella cerimonia in cui i presbiteri assistenti all'ordinazione sono invitati a imporre le mani, assieme al vescovo che ordina, sul capo del nuovo eletto, e anche quando concelebrano la sacra eucaristia con unanimità di sentimenti. Ciascuno dei presbiteri è dunque legato ai confratelli con il vincolo della carità, della preghiera e di ogni specie di collaborazione, manifestando così quella unità con cui Cristo volle i suoi resi perfetti in uno, affinché il mondo sappia che il Figlio è stato inviato dal Padre.

Per tali motivi, i più anziani devono veramente trattare come fratelli i più giovani aiutandoli nelle prime attività e responsabilità del ministero, sforzandosi anche di comprendere la loro mentalità, per quanto possa essere diversa, e guardando con simpatia le loro iniziative. I giovani, a loro volta, abbiano rispetto per l'età e l'esperienza degli anziani, sappiano studiare assieme ad essi i problemi riguardanti la cura d'anime, e collaborino con loro.

Animati da spirito fraterno, i presbiteri non trascurino l'ospitalità, pratichino la beneficenza e la comunione dei beni, avendo speciale cura di quanti sono infermi, afflitti, sovraccarichi di lavoro, soli, o in esilio, nonché di coloro che soffrono la persecuzione. E' bene anche che si riuniscano volentieri per trascorrere assieme in allegria qualche momento di distensione e riposo, ricordando le parole con cui il Signore stesso invitava gli apostoli stremati dalla fatica: "Venite in un luogo deserto a riposare un poco " (Mc. 6, 31). Inoltre, per far sì che i presbiteri possano reciprocamente aiutarsi a fomentare la vita spirituale e intellettuale, collaborare più efficacemente nel ministero, ed eventualmente evitare i pericoli della solitudine, sia incoraggiata fra di essi una certa vita comune, ossia una qualche comunità di vita, che può naturalmente assumere forme diverse, in rapporto ai differenti bisogni personali e pastorali: può trattarsi, cioè, di coabitazione, lì dove è possibile, oppure di una mensa comune, o almeno di frequenti e periodici incontri. Vanno anche tenute in grande considerazione e diligentemente incoraggiate le associazioni che, in base a statuti riconosciuti dall'autorità ecclesiastica competente, fomentano - grazie a un modo di vita convenientemente ordinato e approvato e all'aiuto fraterno - la santità dei sacerdoti nell'esercizio del loro ministero, e mirano in tal modo al servizio di tutto l'ordine dei presbiteri.

Infine, a causa della medesima partecipazione nel sacerdozio, sappiano i presbiteri che sono specialmente responsabili nei confronti di coloro che soffrono qualche difficoltà; procurino di aiutarli a tempo, anche con un delicato ammonimento, quando ce ne fosse bisogno. E per quanto riguarda coloro che fossero caduti in qualche mancanza, li trattino sempre con carità fraterna e comprensione, preghino per loro incessantemente e si mostrino in ogni occasione come veri fratelli e amici.

9. Rapporti dei presbiteri con i laici

9. I sacerdoti del nuovo testamento, anche se in virtù del sacramento dell'ordine svolgono la funzione eccelsa e insopprimibile di padre e di maestro nel popolo di Dio e per il popolo di Dio, sono tuttavia, come gli altri fedeli, discepoli del Signore, resi partecipi del suo regno in grazia della chiamata di Dio. In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo, i presbiteri sono fratelli tra fratelli, come membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti.

Perciò i presbiteri, nello svolgimento della propria funzione di presiedere la comunità, devono agire in modo tale che, non mirando ai propri interessi, ma solo al servizio di Gesù Cristo, uniscano i loro sforzi a quelli dei fedeli laici, comportandosi in mezzo a loro come il maestro, il quale fra gli uomini " non venne per essere servito, ma per servire, e per dare la propria vita per la redenzione di molti " (Mt. 20, 28). I presbiteri devono riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell'ambito della missione della chiesa.Abbiano inoltre il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta a tutti nella città terrestre. Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell'attività umana, in modo da poter assieme a loro riconoscere i segni dei tempi. Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, essi devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza. Dei doni di Dio che si trovano abbondantemente fra i fedeli, meritano speciale attenzione quelli che spingono non pochi a una vita spirituale più elevata. Allo stesso modo, non esitino ad aver fiducia di affidare ai laici degli incarichi al servizio della chiesa, lasciando loro libertà d'azione e il conveniente margine di autonomia, anzi invitandoli opportunamente a intraprendere anche delle iniziative per proprio conto.

Infine, i presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all'unità della carità, " amandosi l'un l'altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza " (Rom. 12, 10). A loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno,nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo.Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano in nome del vescovo, e sono allo stesso tempo strenui assertori della verità, evitando che i fedeli siano sconvolti da qualsiasi vento di dottrina. Specialmente devono aver cura di quanti hanno abbandonato la frequenza dei sacramenti o forse addirittura la fede, e come buoni pastori non devono tralasciare di andare alla loro ricerca.

Avendo presenti le disposizioni sull'ecumenismo, non trascurino i fratelli che non godono della piena comunione ecclesiastica con noi.

Devono infine considerare come oggetto della propria cura tutti coloro che non conoscono Cristo loro salvatore.

I fedeli, dal canto loro, abbiano coscienza del debito che hanno nei confronti dei presbiteri, e li trattino perciò con amore filiale, come loro pastori e padri; e inoltre, condividendo le loro preoccupazioni, si sforzino, per quanto è possibile, di esser di aiuto ai loro presbiteri con la preghiera e con l'azione, in modo che essi possano superare più agevolmente le eventuali difficoltà e assolvere con maggior efficacia i propri compiti.

10. Sollecitudine per tutta la chiesa

10. Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, " fino agli ultimi confini della terra" (Atti 1, 8), dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di cui i presbiteri sono resi realmente partecipi, si dirige necessariamente a tutti i popoli e a tutti i tempi, nè può subire limite alcuno di stirpe, nazione o età, come già veniva prefigurato in modo arcano con Melchisedec. Ricordino quindi i presbiteri che a loro incombe la sollecitudine di tutte le chiese. Pertanto, i presbiteri di quelle diocesi che hanno maggior abbondanza di vocazioni, si mostrino disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il consenso o l'invito del proprio ordinario, in quelle regioni, missioni o opere che soffrano di scarsezza di clero.

Inoltre, le norme sull'incardinazione e l'escardinazione vanno rivedute in modo che questo antichissimo istituto, pur rimanendo in vigore, sia però più rispondente ai bisogni pastorali di oggi. E lì dove ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti non solo una funzionale distribuzione dei presbiteri, ma anche l'attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura in tutto il mondo. A questo scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno essere iscritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la chiesa, secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo.

Comunque, per quanto è possibile, i presbiteri non devono essere mandati soli in una nuova regione, soprattutto quando non ne conoscono ancora bene la lingua e le usanze: è meglio che vadano a gruppi di almeno due o tre, come i discepoli del Signore, in modo da aiutarsi a vicenda. Conviene anche che si prenda attenta cura della loro vita spirituale e della loro salute fisica e mentale, inoltre, nei limiti del possibile, è bene che siano preparati per loro il luogo e le condizioni di lavoro che meglio si adattano alle circostanze personali di ciascuno di essi. Nello stesso tempo è grandemente conveniente che coloro i quali si avviano a una nuova nazione cerchino di conoscere non solo la lingua che là si parla, ma anche gli speciali caratteri psicologici e sociali di quel popolo al cui servizio essi umilmente desiderano mettersi, fondendosi con esso nel modo più pieno, così da seguire l'esempio dell'apostolo Paolo, il quale potè dire di sè: " Io infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servitore di tutti, per guadagnare il più possibile. E per i giudei mi sono fatto giudeo, per guadagnare i giudei... " (1 Cor. 9, 19-20).

11. Cura per le vocazioni sacerdotali

11. Pastore e vescovo delle nostre anime, Cristo costituì la sua chiesa in tal modo, che il popolo da lui scelto e acquistato a prezzo del suo sangue dovesse avere sempre, fino alla fine del mondo, i propri sacerdoti, e quindi i cristiani non venissero mai a trovarsi come pecore senza pastore. Conoscendo questa volontà di Cristo, gli apostoli, per suggerimento dello Spirito santo, considerarono proprio dovere di scegliere dei ministri " i quali fossero capaci di insegnare anche ad altri " (2 Tim. 2,2). Questa è appunto una funzione che fa parte della stessa missione sacerdotale, in virtù della quale il presbitero partecipa della sollecitudine per la chiesa intera, affinché nel popolo di Dio qui sulla terra non manchino mai gli operai. Ma siccome " vi è comunità di interessi fra il nocchiere e i viaggiatori della nave ", a tutto il popolo cristiano va insegnato che è suo dovere di collaborare in vari modi con la preghiera insistente e anche con gli altri mezzi a sua disposizione - a far sì che la chiesa disponga sempre dei sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. In primo luogo, quindi, abbiano i presbiteri la massima preoccupazione per far comprendere ai fedeli con il ministero della parola e con la propria testimonianza di una vita in cui si rifletta chiaramente lo spirito di servizio e la vera gioia pasquale - l'eccellenza e la necessità del sacerdozio; e senza badare a fatiche o difficoltà, aiutino quanti prudentemente considerino idonei a un così elevato ministero, siano essi giovani o adulti, in modo che abbiano modo di prepararsi convenientemente e possano quindi essere infine chiamati dai vescovi, sempre naturalmente nel pieno rispetto della loro libertà sia esterna che interna. A questo scopo è oltremodo utile una attenta e prudente direzione spirituale. Quanto poi ai genitori e ai maestri, e in genere a tutti coloro cui spetta in un modo o nell'altro l'educazione dei bambini e dei giovani, essi devono istruirli in modo tale che questi, conoscendo la sollecitudine del Signore per il suo gregge e avendo presenti i bisogni della chiesa, siano pronti a rispondere con generosità alla chiamata del Signore, dicendogli con il profeta: " Eccomi qui, manda me " (Is. 6, 8). Ma si badi che questa voce deI signore che chiama non va affatto attesa come se dovesse giungere all'orecchio del futuro presbitero in un qualche modo straordinario. Essa va piuttosto riconosciuta ed esaminata attraverso quei segni di cui si serve ogni giorno il Signore per far capire la sua volontà ai cristiani prudenti; e ai presbiteri spetta di studiare attentamente questi segni.

Ad essi pertanto si raccomandano caldamente le opere per le vocazioni, sia quelle diocesane che quelle nazionali. Nella predicazione, nella catechesi, sulla stampa, vanno eloquentemente illustrate le necessità della chiesa locale e della chiesa universale, e devono essere messi in piena luce il significato e l'importanza del ministero sacerdotale, facendo vedere che esso comporta pesanti responsabilità, ma allo stesso tempo anche gioie ineffabili, e soprattutto che attraverso di esso, come insegnano i padri, si può dare a Cristo la più grande testimonianza d'amore.

12. L'obbligo di tendere alla perfezione

12. Con il sacramento dell'ordine i presbiteri si configurano a Cristo sacerdote come ministri del capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il suo corpo che è la chiesa, in qualità di cooperatori dell'ordine episcopale. Già fin dalla consacrazione del battesimo, essi, come tutti i fedeli, hanno ricevuto il segno e il dono di una vocazione e di una grazia così grande che, pur nell'umana debolezza, possono e devono tendere alla perfezione, secondo quanto ha detto il Signore: "Siate dunque perfetti così come il Padre vostro celeste è perfetto" (Mt. 5, 48). Ma i sacerdoti sono specialmente obbligati a tendere a questa perfezione, poiché essi - che hanno ricevuto una nuova consacrazione a Dio mediante l'ordinazione - vengono elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha reintegrato con divina efficacia l'intero genere umano. Dato quindi che ogni sacerdote, nel modo che gli è proprio, agisce a nome e nella persona di Cristo stesso, fruisce anche di una grazia speciale, in virtu della quale, mentre è al servizio della gente che gli è affidata e di tutto il popolo di Dio, egli può avvicinarsi più efficacemente alla perfezione di colui del quale è rappresentante, e l'umana debolezza della carne viene sanata dalla santità di lui, il quale è fatto per noi pontefice " santo, innocente, incontaminato, segregato dai peccatori " (Ebr. 7, 26).

Cristo, che il Padre santificò e consacrò, inviandolo al mondo, " offerse se stesso in favor nostro per redimerci da ogni iniquità e rifarci un popolo non più immondo, che fosse oggetto di compiacenza e cercasse di compiere il bene " (Tito 2, 14), e così con la passione entrò nella sua gloria; allo stesso modo i- presbiteri, consacrati con l'unzione dello Spirito santo e inviati da Cristo, mortificamo in se stessi le opere della carne e si dedicano interamente al servizio degli uomini, e in tal modo possono progredire nella santità della quale sono stati dotati in Cristo, fino ad arrivare all'uomo perfetto.

Pertanto, esercitando il ministero dello Spirito e della giustizia, essi vengono consolidati nella vita dello spirito, a condizione però che siano docili agli insegnamenti dello Spirito di Cristo che li vivifica e li conduce. I presbiteri, infatti, sono ordinati alla perfezione della vita in forza delle stesse sacre azioni che svolgono quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero, che esercitano in stretta unione con il vescovo e tra di loro. Ma la stessa santità dei presbiteri, a sua volta, contribuisce moltissimo al compimento efficace del loro ministero: infatti, se è vero che la grazia di Dio può realizzare l'opera della salvezza anche attraverso ministri indegni, ciò nondimeno Dio, ordinariamente, preferisce manifestare le sue grandezze attraverso coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla direzione dello Spirito santo, possono dire con l'apostolo, grazie alla propria intima unione con Cristo e alla santità di vita: "Ormai non sono più io che vivo, bensì è Cristo che vive in me"(Gal. 2, 20).

Perciò questo sacrosanto sinodo, per il raggiungimento dei suoi fini pastorali di rinnovamento interno della chiesa, di diffusione del vangelo in tutto il mondo e di dialogo con il mondo moderno, esorta vivamente tutti i sacerdoti ad impiegare i mezzi efficaci che la chiesa ha raccomandato, in modo da tendere a quella santità sempre maggiore che consentirà loro di divenire strumenti ogni giorno più validi al servizio di tutto il popolo di Dio.

13. L'esercizio della triplice funzione esige la santità

13. I presbiteri raggiungeranno la santità nel loro modo proprio se nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni con impegno sincero e instancabile.

Essendo ministri della parola di Dio, essi leggono ed ascoltano ogni giorno questa stessa parola che devono insegnare agli altri: e se si sforzano anche di realizzarla in se stessi, allora diventano dei discepoli del Signore sempre più perfetti-, secondo quanto dice l'apostolo Paolo a Timoteo: " Occupati di queste cose, dèdicati ad esse interamente, affinché siano palesi a tutti i tuoi progressi. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento, persevera in tali cose, poiché così facendo salverai te stesso e quelli che ti ascoltano " (1 Tim. 4, 15-16). Infatti, pensando a come possono trasmettere meglio agli altri ciò che hanno contemplato, assaporeranno più intimamente " le insondabili ricchezze di Cristo " (Ef. 3, 8) e la multiforme sapienza di Dio. Non dimenticando mai che è il Signore ad aprire i cuori, e che l'efficacia non proviene da loro stessi ma dalla potenza di Dio, all'atto stesso di predicare la parola si uniranno più intimamente con Cristo maestro e saranno guidati dal suo Spirito. Comunicando così con Cristo, partecipano della carità di Dio, il cui mistero, nascosto nei secolo, è stato rivelato in Cristo.

Nella loro qualità di ministri delle realtà sacre, e soprattutto nel sacrificio della messa, i presbiteri agiscono in modo speciale in nome e nella persona di Cristo, il quale si è offerto come vittima per santificare gli uomini; sono pertanto invitati a imitare ciò che trattano, nel senso che, celebrando il mistero della morte del Signore, devono cercare di mortificare le proprie membra dai vizi e dalle concupiscenze. Nel mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra redenzione, e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli. Così i presbiteri, unendosi con l'atto di Cristo sacerdote, si offrono ogni giorno totalmente a Dio, e nutrendosi del corpo di Cristo partecipano nell'anima della carità di colui che si dà come cibo ai fedeli. Allo stesso modo, quando amministrano i sacramenti si uniscono all'intenzione e alla carità di Cristo; il che realizzano in modo particolare nell'esercizio del sacramento della penitenza, se si mostrano sempre e pienamente disposti ad amministrarla ogniqualvolta i fedeli ne facciano ragionevolmente richiesta. Nella recitazione dell'ufficio divino essi dànno voce alla chiesa, la quale persevera in preghiera in nome di tutto il genere umano assieme a Cristo, che è " sempre vivente per intercedere in favor nostro " (Ebr. 7, 25).

Reggendo e pascendo il popolo di Dio, i presbiteri sono stimolati dalla carità del buon pastore a dare la loro vita per il gregge, pronti anche al supremo sacrificio, seguendo l'esempio di quei sacerdoti che anche ai nostri tempi non sono indietreggiati di fronte alla morte; e poiché sono educatori nella fede, avendo anch'essi " fiducia nell'accesso dei santi al sangue di Cristo " (Ebr. 10, 19), si rivolgono a Dio " con cuore sincero nella pienezza della fede " (Ebr. 10, 22); assumono una speranza incrollabile al cospetto dei loro fedeli, in modo da poter consolare coloro che sono in qualsiasi tribolazione, con la medesima esortazione con cui loro stessi sono consolati da Dio, nella loro qualità di reggitori della comunità praticano l'ascetica propria del pastore d'anime, rinunciando ai propri interessi e mirando non a ciò che a loro è utile, bensì a ciò che è utile a molti, in modo che siano salvi, in un continuo progresso nella perfezione del compimento del lavoro pastorale e, all'occorrenza, pronti anche ad adottare nuovi sistemi pastorali, sotto la guida dello Spirito d'amore, che soffia dove vuole.

14. Unità e armonia nella vita dei presbiteri

14. Al mondo d'oggi, essendo tanti i compiti che devono affrontare gli uomini e così grande la diversità dei problemi che li preoccupano, e che molto spesso devono risolvere con urgenza, in molte occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si disperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri, immersi e dispersi in un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare nell'unità la vita interiore con l'azione esterna. Ed effettivamente, per ottenere questa unità di vita, non bastano nè l'ordine puramente esterno delle attività pastorali, nè la sola pratica degli esercizi di pietà, quantunque siano di grande utilità per fomentarla. L'unità di vita può essere raggiunta invece dai presbiteri seguendo nello svolgimento del loro ministero l'esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il compimento della volontà di colui che lo aveva inviato a realizzare la sua opera.

In effetti Cristo, per continuare a realizzare incessantemente questa stessa volontà del Padre nel mondo per mezzo della chiesa, opera attraverso i suoi ministri, e pertanto rimane sempre il principio e la fonte della unità di vita dei presbiteri. Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a Cristo nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sè per il gregge loro affidato. Così, rappresentando il buon pastore, nello stesso esercizio pastorale della carità troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà l'unità nella loro vita e attività. D'altra parte, questa carità pastorale scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbiterio, cosicché l'anima sacerdotale si studia di di rispecchiare in sè ciò che viene realizzato sull'altare. Ma ciò non è possibile se i sacerdoti non penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la preghiera.

E per poter anche verificare nella pratica l'unità di vita, considerino ogni loro iniziativa- esaminando quale sia la volontà di Dio, vedendo cioè se tale iniziativa va d'accordo con le norme della missione evangelica della chiesa. Infatti la fedeltà a Cristo non può essere separata dalla fedeltà alla sua chiesa. Per questo, la carità pastorale esige che presbiteri, se non vogliono correre invano, lavorino sempre nel vincolo della comunione con i vescovi e gli altri fratelli nel sacerdozio. Se procederanno con questo criterio, i presbiteri troveranno l'unità della propria vita nella unità stessa della missione della chiesa, e così saranno uniti al loro Signore, e per mezzo di lui al Padre nello Spirito santo, per poter essere colmati di consolazione e di gioia.

15. Umiltà e obbedienza

15. Tra le virtù che più sono necessarie nel ministero dei presbiteri, va ricordata quella disposizione di animo per cui sempre sono pronti a cercare non la propria volontà, ma il compimento della volontà di colui che li ha inviati. Infatti l'opera divina per la quale sono stati assunti dallo Spirito santo trascende ogni forza umana e l'umana sapienza: " Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere quelle forti " (1 Cor. 1, 27). Consapevole quindi della propria debolezza, il vero ministro di Cristo lavora con umiltà, cercando di sapere ciò che è gradito a Dio (29) e, come avvinto dallo Spirito, si fa condurre in ogni cosa dalla volontà di colui che vuole che tutti gli uomini siano salvi;e questa volontà la può scoprire e seguire nelle circostanze di ogni giorno, servendo umilmente tutti coloro che gli sono affidati da Dio in ragione della funzione che deve svolgere e dei molteplici avvenimenti della sua vita.

D'altra parte, il ministero sacerdotale, dato che è il ministero della chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo. La carità pastorale esige pertanto che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con l'obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le prescrizioni o le raccomandazioni del sommo pontefice, del loro vescovo e degli altri superiori; dando volentieri tutto di sè in ogni incarico che venga loro affidato, anche se molto umile e povero. Perché con questo atteggiamento custodiscono e rafforzano la necessaria unità con i fratelli nel ministero, specialmente con quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili della sua chiesa, e lavorano per l'edificazione del corpo di Cristo, il quale cresce " per ogni articolazione di servizio ". Questa obbedienza, che porta a una più matura libertà di figli di Dio, esige per sua natura che i presbiteri, nello svolgimento della loro missione, mentre sono indotti dalla carità a cercare prudentemente vie nuove per un maggior bene della chiesa, facciano sapere con fiducia le loro iniziative ed espongano chiaramente i bisogni del proprio gregge, disposti sempre a sottomettersi al giudizio di coloro che esercitano una funzione superiore nel governo della chiesa di Dio.

Con questa umiltà e obbedienza responsabile e volontaria, i presbiteri si conformano a Cristo, e arrivano ad avere in sè gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale " annientò se stesso prendendo forma di servo...; fatto obbediente fino alla morte " (Fil. 2, 7-8), e con questa obbedienza ha vinto e redento la disobbedienza di Adamo, come dice l'apostolo: " Infatti come per la disobbedienza di un solo uomo, i molti furono costituiti peccatori, così per l'obbedienza di un solo, i molti saranno costituiti giusti " (Rom. 5, 19).

16. Abbracciare e considerare il celibato come una grazia

16. La perfetta e perpetua continenza per il Regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore, nel corso dei secoli e anche ai nostri giorni volentieri abbracciata e lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. E' infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, e fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo. Certamente essa non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente dalla prassi della chiesa primitiva e dalla tradizione delle chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia di osservare il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: ma questo sacrosanto sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano allo stato matrimoniale, a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato.

Il celibato, comunque, ha molteplici rapporti di convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è tutta dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo, vincitore della morte, suscita nel mondo con il suo Spirito, e che deriva la propria origine " non dal sangue, nè da volontà di carne, nè da volontà d'uomo, ma da Dio " (Gv. 1, 13). Ora, con la verginità o celibato osservato per il regno dei cieli, i presbiteri si consacrano a Cristo con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a lui con un cuore non diviso, si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini, servono più prontamente il suo regno e la sua opera di rigenerazione divina, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo. In questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di volersi dedicare esclusivamente alla missione di condurre i fedeli alle nozze con un solo sposo, e di presentarli a Cristo come vergine casta, evocando così quell'arcano sposalizio istituito da Dio e che si manifesterà pienamente nel futuro per il quale la chiesa ha come suo unico sposo Cristo. Essi inoltre diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniranno in matrimonio.

Per questi motivi - fondati sul mistero di Cristo e della sua missione - il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere l'ordine sacro. Questo sacrosanto sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo fiducia nello Spirito che il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della nuova legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento dell'ordine, anzi la chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza. Il sacro sinodo esorta inoltre i presbiteri, i quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo l'esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi con decisione e con tutta l'anima e a perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare questo dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato, e avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo d'oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la chiede, ricorrendo allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali di cui tutti dispongono. E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie. Questo sacrosanto sinodo prega perciò i sacerdoti - e non solo essi, ma anche tutti i fedeli - di avere a cuore questo dono prezioso del celibato sacerdotale, e di supplicare tutti Dio affinché lo conceda sempre abbondantemente alla sua chiesa.

17. Povertà volontaria e attegiamento verso i beni terreni

17. Grazie ai rapporti d'amicizia e di fraternità fra di loro e con gli altri uomini, i presbiteri sono in grado di imparare ad avere stima per i valori umani e ad apprezzare i beni creati come doni di Dio. Vivendo in mezzo al mondo devono però avere sempre presente che, come ha detto il Signore nostro maestro, essi non appartengono al mondo. Perciò, usando del mondo come se non ne usassero, possono giungere a quella libertà, per la quale, liberati da ogni disordinata preoccupazione, sono resi docili all'ascolto della voce di Dio nella vita di tutti i giorni. Da questa libertà e docilità si sviluppa la discrezione spirituale che consente di mettersi nel giusto rapporto con il mondo e le realtà terrene. Tale rapporto è importante nel caso dei presbiteri, dato che la missione della chiesa sl svolge in mezzo al mondo, e i beni creati sono del tutto necessari per lo sviluppo personale dell'uomo. Siano perciò riconoscenti per tutte le cose che concede loro il Padre perché possano condurre una vita ben ordinata. E' però indispensabile che sappiano esaminare attentamente alla luce della fede tutto ciò con cui hanno a che fare, in modo da sentirsi spinti a usare rettamente dei beni in conformità con la volontà di Dio, respingendo quanto possa nuocere alla loro missione.

I sacerdoti infatti, dato che il Signore è la loro " parte ed eredità " (Num. 18, 20), debbono usare dei beni temporali solo per quei fini ai quali tali beni possono essere destinati d'accordo con la dottrina di Cristo Signore e gli ordinamenti della chiesa.

Quanto ai beni ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono amministrarli, come esige la natura stessa di tali cose, a norma delle leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l'aiuto di esperti laici; devono sempre impiegarli per quegli scopi per il cui raggiungimento la chiesa può possedere beni temporali, vale a dire: la sistemazione del culto divino; il dignitoso mantenimento del clero, il sostenimento delle opere di apostolato e di carità, specialmente per i poveri. Quanto poi ai beni che si procurano in occasione dell'esercizio di qualche ufficio ecclesiastico, i presbiteri, come pure i vescovi, salvi restando eventuali diritti particolari, devono impiegarli anzitutto per il proprio onesto mantenimento e per l'assolvimento dei doveri del proprio stato; il rimanente vogliano destinarlo per il bene della chiesa e per le opere di carità. Non trattino dunque l'ufficio ecclesiastico come occasione di guadagno, nè impieghino il reddito che ne derivi per aumentare le sostanze della propria famiglia. I sacerdoti, quindi, senza affezionarsi in modo alcuno alle ricchezze, debbono evitare sempre ogni bramosia e astenersi accuratamente da qualsiasi tipo di commercio.

Anzi, essi sono invitati ad abbracciare la povertà volontaria, con cui possono conformarsi a Cristo in un modo più evidente ed essere in grado di svolgere con maggiore prontezza il sacro ministero. Cristo infatti da ricco è diventato per noi povero, affinché la sua povertà ci facesse ricchi. Gli apostoli, dal canto loro, hanno testimoniato con l'esempio personale che il dono di Dio, che è gratuito, va trasmesso gratuitamente, sapendo ugualmente avere grandi disponibilità che essere nell'indigenza. Ma anche un certo uso in comune delle cose - sul modello di quella comunità di beni che viene esaltata nella storia della chiesa primitiva - contribuisce in misura notevolissima a spianare la via alla carità pastorale; inoltre, con questo tenore di vita i presbiteri possono mettere lodevolmente in pratica lo spirito di povertà raccomandato da Cristo.

Mossi perciò dallo Spirito del Signore, che unse il Salvatore e lo mandò ad evangelizzare i poveri, i presbiteri come pure i vescovi, cerchino di evitare tutto ciò che possa in qualsiasi modo indurre i poveri ad allontanarsi, e più ancora degli altri discepoli del Signore eliminino nelle proprie cose ogni ombra di vanità. Sistemino la propria abitazione in modo tale che nessuno possa ritenerla inaccessibile, nè debba, anche se di condizione molto umile, aver timore di frequentarla.

8. Mezzi per favorire la vita spirituale

18. Per poter alimentare in ogni circostanza della propria vita l'unione con Cristo, i presbiteri, oltre all'esercizio consapevole del loro ministero dispongono dei mezzi sia comuni che specifici, sia tradizionali che nuovi, che lo Spirito santo non ha mai cessato di suscitare in mezzo al popolo di Dio, e la chiesa raccomanda - anzi talvolta prescrive addirittura - per la santificazione dei suoi membri. Al di sopra di tutti i sussidi spirituali occupano un posto di rilievo quegli atti per cui i fedeli si nutrono del verbo divino alla duplice mensa della sacra scrittura e dell'eucaristia; a nessuno sfugge, del resto, l'importanza di un frequente uso di questi ai fini della santificazione propria dei presbiteri. Essi, che sono i ministri della grazia sacramentale, si uniscono intimamente a Cristo salvatore e pastore attraverso la fruttuosa ricezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione sacramentale frequente, giacché essa - che va preparata con un quotidiano esame di coscienza - favorisce tanto la necessaria conversione del cuore all'amore del Padre delle misericordie. Alla luce della fede, che si alimenta della lettura divina, essi possono cercare diligentemente di scoprire nelle diverse vicende della vita i segni della volontà di Dio e gli impulsi della sua grazia, divenendo così sempre più pronti a corrispondere a ogni esigenza della missione cui si sono dedicati nello Spirito santo. Un esempio meraviglioso di tale prontezza lo possono trovare sempre nella beata vergine Maria, che sotto la guida dello Spirito santo si consacrò pienamente al mistero della redenzione umana. Ella è la madre del sommo ed eterno sacerdote, la regina degli apostoli, l'ausilio dei presbiteri nel loro ministero: essi devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale.

I presbiteri abbiano inoltre a cuore, se vogliono compiere con fedeltà il proprio ministero, il dialogo quotidiano con Cristo Signore andandolo a visitare nel tabernacolo e praticando il culto personale della sacra eucaristia. Siano anche disposti- a dedicare volentieri del tempo al ritiro spirituale, e abbia grande stima la direzione spirituale. In modi assai diversi - soprattutto con l'orazione mentale, di così provata efficacia, e con le varie forme di preghiera che ciascuno preferisce - possono i presbiteri ricercare e ardentemente implorare da Dio quell'autentico spirito di adorazione col quale essi, insieme col popolo a loro affidato, si uniscono intimamente con Cristo, mediatore della nuova alleanza, e così potranno gridare come figli adottivi: " Abba, Padre! " (Rom. 8, 15).

19. Studio e scienza pastorale

19. Nel sacro rito dell'ordinazione, il vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere " maturi nella scienza ", e che la loro dottrina dovrà risultare come "una spirituale medicina per il popolo di Dio". Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch'essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto sacro. Deve pertanto essere tratta in primo luogo dalla lettura e dalla meditazione della sacra scrittura; ma suo fruttuoso alimento è anche lo studio dei santi padri e dottori e degli altri documenti della tradizione. In secondo luogo, per poter dare una risposta esauriente ai problemi sollevati dagli uomini d'oggi, è necessario che i presbiteri conoscano a fondo i documenti del magistero - specie quelli dei concili e dei romani pontefici - e che consultino le opere di teologi seri e di dottrina sicura.

Ma ai nostri giorni la cultura umana e anche le scienze sacre avanzano a un ritmo prima sconosciuto; è bene quindi che i presbiteri si preoccupino di perfezionare sempre adeguatamente la propria scienza teologica e la propria cultura, in modo da essere in condizione più opportuna per poter sostenere il dialogo con gli uomini del loro tempo.

D'altra parte, perché si possa agevolare ai presbiteri il compito di approfondire i propri studi e apprendere i migliori metodi di evangelizzazione e apostolato, si preparino per loro con ogni cura i sussidi opportuni, adattandoli logicamente alle situazioni locali. Tali sussidi comprendono l'istituzione di corsi o congressi, l'erezione di centri destinati agli studi pastorali, la creazione di biblioteche e una intelligente direzione degli studi da parte di persone capaci.I vescovi devono studiare altresì da soli o a livello interdiocesano - il sistema migliore per far sì che tutti i loro presbiteri - soprattutto qualche anno dopo l'ordinazione - possano frequentare periodicamente dei corsi di perfezionamento nelle scienze teologiche e nei metodi pastorali; questi corsi dovranno servire anche a rafforzare la vita spirituale e consentiranno un proficuo scambio di esperienze apostoliche con i confratelli. Mediante tutti questi sussidi e altri del genere, si abbia una cura particolare dei parroci di nomina recente e di tutti coloro che iniziano una nuova attività pastorale e sono trasferiti a un'altra diocesi o nazione.

Infine, i vescovi devono anche procurare che alcuni presbiteri si dedichino allo studio approfondito delle scienze divine, in modo che non vengano mai a mancare dei professori competenti per le scuole ecclesiastiche, e specialisti in grado di orientare gli altri sacerdoti e i fedeli verso una dottrina a tutti indispensabile; inoltre, con questo lavoro di ricerca si stimola quel sano progresso delle scienze sacre che è del tutto necessario alla chiesa.

20. Provvedere a un giusto compenso

20. I presbiteri si dedicano pienamente al servizio di Dio nello svolgimento delle funzioni che sono state loro assegnate; è logico pertanto che siano equamente retribuiti, dato che " l'operaio ha diritto alla sua paga " (Lc. 10, 7), e che "il Signore ha disposto che coloro i quali annunciano il vangelo vivano del vangelo" (1 Cor. 9, 14). In base a ciò, se non si provvede in un altro modo a retribuire equamente i presbiteri, sono i fedeli stessi che vi devono pensare, dato che è per il loro bene che essi lavorano; i fedeli, cioè, sono da vero obbligo tenuti a procurare che non manchino ai presbiteri i mezzi per condurre una vita onesta e dignitosa. Spetta ai vescovi ricordare ai fedeli questo loro obbligo, e provvedere - ognuno per la propria diocesi, o meglio ancora riunendosi in gruppi interessati a uno stesso territorio - all'istituzione di norme che garantiscano un mantenimento dignitoso per quanti svolgono o hanno svolto una funzione al servizio del popolo di Dio. Quanto poi al tipo di retribuzione che deve essere assegnata a ciascuno, bisogna considerare sia la natura stessa della funzione sia le diverse circostanze di luogo e di tempo. Comunque tale retribuzione sia essenzialmente la stessa per tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni, e che soddisfi veramente i loro bisogni ed esigenze: il che significa che deve anche consentire ai presbiteri di retribuire debitamente il personale che presta servizio presso di loro e di soccorrere personalmente in qualche modo i bisognosi, dato che questo ministero a favore dei poveri è stato tenuto in grande considerazione da parte della chiesa fin dai primi tempi. Nello stabilire la quantità della retribuzione per i presbiteri, occorre pensare che essa deve consentire anche un tempo sufficiente di ferie ogni anno; e i vescovi hanno il dovere di controllare se i presbiteri dispongono di questo necessario riposo.

Comunque, il rilievo maggiore va dato all'ufficio che svolgono i sacri ministri. Per questo, il sistema noto sotto il nome di sistema beneficiale deve essere abbandonato, o almeno riformato a fondo, in modo che la parte beneficiale - ossia, il diritto al reddito di cui è dotato l'ufficio ecclesiastico - sia trattata come cosa secondaria, e venga messo in primo piano, invece, l'ufficio ecclesiastico stesso. D'ora in avanti, inoltre, per ufficio ecclesiastico si deve intendere qualsiasi incarico conferito in modo stabile per un fine spirituale.

21. Fondo comune e previdenza sociale

21. Deve essere sempre tenuto presente l'esempio dei fedeli della primitiva chiesa di Gerusalemme, dove " tutto era ad essi comune " (Atti 4, 32) e " veniva diviso fra tutti in base ai bisogni di ciascuno " (Atti 4, 35). In conseguenza, è estremamente conveniente che le offerte fatte per il mantenimento del clero siano concentrate da una istituzione diocesana, amministrata dal vescovo con la collaborazione di sacerdoti delegati, e anche di laici esperti in economia, se ce ne fosse bisogno. Questa istituzione sia fatta almeno nelle regioni in cui il mantenimento del clero dipende totalmente o in massima parte dalle offerte dei fedeli. E' anche auspicabile che, nei limiti del possibile, venga costituita in ogni diocesi o regione una cassa comune da cui possano attingere i vescovi per far fronte agli altri impegni nei riguardi delle persone che prestano servizio a favore della chiesa e per affrontare i diversi bisogni della diocesi. Con questa cassa comune, inoltre, le diocesi più dotate potranno venire incontro a quelle più povere, in modo da bilanciare con la propria abbondanza la loro scarsezza. Anche questa cassa comune è bene che sia formata soprattutto in base alle offerte dei fedeli; ma vi potranno affluire anche i beni derivanti da altre fonti, da determinarsi per legge.

Oltre a ciò, nelle nazioni in cui la previdenza sociale a favore del clero non è ancora sufficientemente disposta, le conferenze episcopali vi devono provvedere, sempre nel massimo rispetto delle leggi ecclesiastiche e civili, ad esempio, con istituti di previdenza di ambito diocesano che operano per proprio conto o uniti in federazione; con istituti che operano in una zona comprendente varie diocesi; e infine con organismi che coprono tutto il territorio nazionale. In ogni caso, queste istituzioni devono sufficientemente provvedere, sotto la vigilanza della gerarchia, sia alla conveniente prevenzione e all'assistenza sanitaria, sia al decoroso mantenimento dei presbiteri che patiscono malattia, invalidità o vecchiaia. I sacerdoti, dal canto loro, devono appoggiare l'istituzione che sia stata creata, spinti da un senso di solidarietà verso i confratelli, che li porta a condividere le loro pene; e abbiano anche presente che in tal modo si risparmieranno eccessive preoccupazioni per il futuro, potendosi invece dedicare totalmente con più alacre spirito evangelico alla pratica della povertà e alla salvezza delle anime. In ultimo luogo, coloro che hanno tale obbligo facciano in modo che gli istituti di previdenza di diverse nazioni che operano in uno stesso settore siano collegati fra di loro, perché così maggiormente si consolideranno e si estenderanno.

22. Fiducia in Dio nel compimento dell'altissima missione

22. Questo sacrosanto sinodo ha presenti le grandi gioie di cui è ricca la vita sacerdotale; ma ciò non significa che dimentichi le difficoltà che devono affrontare i presbiteri nelle circostanze della vita di oggi. Nè ignora la profonda trasformazione che i tempi hanno operato nelle strutture economiche e sociali e nel costume; e sa benissimo che c'è stato un profondo mutamento nella gerarchia dei valori che viene comunemente adottata. Per questo i ministri della chiesa, e talvolta gli stessi fedeli, si sentono quasi estranei nei confronti del mondo di oggi, e si domandano angosciosamente quali sono i mezzi e le parole adatte per poter comunicare con esso. E non c'è dubbio che i nuovi ostacoli per la fede, l'apparente inutilità degli sforzi che si son fatti finora e il crudo isolamento in cui vengono a trovarsi, possano costituire un serio pericolo di scoraggiamento.

Ma sta di fatto che Dio ha amato tanto il mondo - così come esso oggi si presenta all'amore e al ministero dei presbiteri della chiesa - da dare per esso il Figlio suo unigenito. Ed effettivamente questo mondo - vincolato certamente a tanti peccati, ma allo stesso tempo dotato di risorse non irrilevanti - fornisce alla chiesa pietre vive, che tutte insieme servono a edificare l'abitazione di Dio nello Spirito. E lo stesso Spirito santo, mentre da una parte spinge la chiesa ad aprire vie nuove per arrivare al mondo di oggi, dall'altra suggerisce e fomenta gli opportuni adattamenti del ministero sacerdotale.

I presbiteri non devono perdere di vista che nel loro lavoro non sono mai soli, perché hanno come sostegno l'onnipotenza di Dio. Abbiano fede in Cristo che li chiamò a partecipare del suo sacerdozio: e con questa fede si dedichino con tutta fiducia al loro ministero, nella consapevolezza che potente è Dio per aumentare in essi la carità. E non dimentichino che hanno al loro fianco i propri confratelli nel sacerdozio, anzi, tutti i fedeli del mondo. C'è infatti una cooperazione di tutti i presbiteri per la realizzazione del disegno di salvezza di Dio, che è il mistero di Cristo, ossia il sacramento nascosto da secoli in Dio; e questo disegno non viene condotto a termine se non a poco a poco, attraverso la collaborazione organica di diversi ministeri che tendono tutti all'edificazione del corpo di Cristo, fin tanto che non venga raggiunta la misura della sua età. Tutto ciò è nascosto con Cristo in Dio, e quindi è con la fede soprattutto che può essere avvertito. Effettivamente, con la fede si devono guidare nel loro cammino i condottieri del popolo di Dio, seguendo l'esempio del fedele Abramo, il quale per la fede " obbedì all'ordine di dirigersi verso il luogo che avrebbe ricevuto in eredità: e si mosse senza sapere dove sarebbe andato a finire" (Ebr. 11, 8). Realmente il dispensatore dei misteri di Dio può essere paragonato all'uomo che semina nel campo, di cui dice il Signore: " Dorma, o si alzi di notte e di giorno, nel frattempo il seme germoglia e cresce senza che lui se ne accorga " (Mc. 4, 27).

Del resto, Gesù ha detto: " Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo " (Gv. 16, 33); ma con queste parole non ha voluto promettere alla sua chiesa una perfetta vittoria prima della fine dei tempi. Il sacrosanto sinodo si rallegra nel vedere che la terra seminata con il seme del vangelo dà ora molti frutti in diversi luoghi, grazie all'azione dello Spirito del Signore, il quale riempie l'orbe della terra e ha fatto nascere nel cuore di molti sacerdoti e di molti fedeli uno spirito autenticamente missionario. Per tutto ciò il sacrosanto sinodo ringrazia con il cuore colmo di affetto i presbiteri di tutto il mondo: " A colui poi che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che possiamo domandare o pensare: a lui sia la gloria nella chiesa e in Cristo Gesù" (Ef. 3, 20-21). Tutte e singole le cose, stabilite in questo decreto, sono piaciute ai padri del sacro concilio. E noi, in virtù della potestà apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai venerabili padri, nello Spirito santo le approviamo, le decretiamo e stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmente stabilito, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso S. Pietro, 7 dicembre 1965.

Io Paolo, vescovo della chiesa cattolica.

(Seguono le firme dei padri)