CUOCA

MARY BARALE

  A pochi chilometri c'è il confine francese, ma la strada si ferma a San Giacomo di Boves, a 800 metri di altitudine, tra i castagneti: c'è la chiesetta che si affaccia sulla piccola piazza, una manciata di case e " Il Rododendro", regno di una grande cuoca, Mary Barale, due figlie di 22 e 29 anni, 51 anni, già nonna. "Il Rododendro" è da tempo nell'Olimpo dei grandi ristoranti. Si è conquistato una stella Michelin (e si sa che i francesi non sono teneri), il grande buongustaio Raspelli le ha assegnato ben 16/20 punti. I riconoscimenti sono arrivati anche da lontano: nell'87 Mary Barale è stata chiamata a New York, con altre tre brave cuoche piemontesi (Claudia Verro del ristorante la Contea di Neive, Maria Vittoria Bovio del Belvedere di La Morra e Giuseppina Fassi del Gener Neuv di Asti), a far gustare a duecento selezionatissimi ospiti le prelibatezze della cucina piemontese.

  E' la fine di un antico e radicato luogo comune? Quante volte si è sentito ripetere il ritornello da parte di incalliti maschilisti: anche in cucina le donne non riescono a primeggiare, tutti i grandi chef sono uomini..Ma la storia è sempre la stessa, o almeno, a quanto pare, lo è stata: quando stare ai fornelli non è più un oscuro e routiniero lavoro che si consuma tra le pareti domestiche ma è un'attività ben pagata e spesso anche di prestigio, ecco allora un compito prettamente femminile trasformarsi in un dominio maschile.

  Come è riuscita ad entrare nella hit parade dei cuochi italiani e a farsi scoprire pur lavorando in un solitario angolo del Cuneese? La sua storia è piuttosto inconsueta. Originaria di Boves, Mary va a lavorare come cameriera di camera in un grande albergo di Limone Piemonte, nota località sciistica, dove conosce il futuro marito, cameriere di ristorante. Si sposano e decidono di mettersi in proprio. Trovano un'osteria a San Giacomo.

  "All'inizio abbiamo preso un cuoco perché nessuno dei due aveva esperienza, ma dopo pochi mesi siamo stati costretti a lasciarlo: costava troppo. Mio marito era negato in cucina, e così mi sono messa io ai fornelli. Nel frattempo rimango incinta della prima figlia. Nei primi tempi offrivamo i piatti della cucina tradizionale piemontesi. Ho cominciato ad appassionarmi, a divertirmi e a sperimentare ricette nuove. Per riuscire in cucina servono tre qualità: tempo, pazienza e passione, ma per distinguersi ci vuole creatività, la capacità di trasformare semplici ingredienti in piccoli capolavori. E dietro a tutto questo, oltre alla voglia di sperimentare, ci vuole anche molta scuola". E così Mary Barale se ne va in Francia per apprendere i segreti della cuisine d'oltralpe. "Erano tutti uomini ed ero vista un po' come una bestia rara. Ho notato che in Francia i grandi chef sono tutti uomini, ho visto pochissime donne e tutte relegate a ruoli meno prestigiosi". Mary Barale non vuol sentir parlare di nouvelle cuisine: "La mia è una cucina reinventata". In effetti è personalissima, lei è una perfezionista.

  E' rimasta vedova nell'83, e con le figlie Verusca e Verena che non hanno mostrato interesse per la cucina: "Non potevo certo obbligarle a seguire la mia strada. Le figlie hanno scelto un altro lavoro, forse perché da piccole si sono sentite trascurate per la mia attività: non avevo mai tempo da dedicare loro e quindi hanno preferito non seguire le mie orme. Non ho rimpianti per il tempo destinato al lavoro, ma per il poco tempo dedicato alle figlie. D'altronde non è facile condurre un ristorante ad un alto livello: richiede impegno e passione. Ho sempre pensato che per mantenere la stessa qualità del mio ristorante dovevo essere sempre presente e questo voleva dire lavorare 10-12 ore. Ora ho meno pranzi d'affari, si sta più leggeri quando si lavora, ma ho un numero maggiore di gourmet, i buongustai che arrivano da diversi paesi: svizzeri, tedeschi, francesi, americani. Ho due aiuti, un uomo e una donna. Prima andavo ogni anno in Francia durante le vacanze per aggiornarmi e perfezionarmi: ho seguito stage con Alain Sapin, ho frequentato la scuola di Le Notre a Parigi. L'ho fatto perché mi mancavano le basi della cucina. Tutti possono diventare dei bravi cuochi, bisogna solo avere pazienza a stare in cucina a sperimentare, e molto impegno. Ora però cucino piatti più tradizionali". I suoi chef-d'oeuvre, veri capolavori, sono i ravioli di gallina, le quaglie con le castagne, carrè di agnello, dolci con frutti di bosco con gelato, crépes al mandarino. "Mi occupo io degli approvvigionamenti, cerco di fare il massimo. Le difficoltà maggiori comunque non derivano tanto dai fornelli, quanto dal doversi occupare di tutt'altro, come la contabilità, le pratiche burocratiche..". Ancora sempre felice di stare ai fornelli? "Sì - risponde senza esitazioni Mary Barale - anche se avrei voluto fare di più. Ricevo inviti dall'estero, ma il mio posto è qui, a San Giacomo di Boves". Un piccolo angolo del Cuneese trasformato nell'Olimpo della ristorazione piemontese.

 

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