PILOTA ALITALIA

ANTONELLA CELLETTI

    Nell'89 cadeva il muro di Berlino, e all'Alitalia cadeva un altro "muro": nell'agosto di quell'anno veniva assunta la prima donna pilota. Il battesimo del volo per Antonella Celletti, simpatica romagnola di Ravenna, è su un jet di linea da Roma a Ginevra: "Ero emozionata, certo, ma la notte prima ho dormito profondamente". Sarà anche la prima a diventare per la compagnia di bandiera, dieci anni dopo, comandante pilota. E' il secondo primato di Antonella Celletti, occhi azzurri come il cielo che lei conosce bene, carina e con il fascino della divisa. "Ho sempre sognato volare, fin da piccola m'incantavo ad osservare tutto ciò che passava in cielo". E' naturale che a quattordici anni si iscriva all'istituto tecnico aeronautico di Forlì: selezioni durissime e brevetti difficili. Niente paura per Antonella: "Entravo in competizione con i maschi e non era semplice superarmi perché ce la mettevo tutta". Non c'è da stupirsi quindi se si diploma con il massimo dei voti. "L'Istituto è stato il mio trampolino di lancio perché conferisce alla fine un brevetto che si può usare per diletto". Ma Antonella punta alla divisa da pilota di linea. Il sogno non è però di facile realizzazione: prendere lezioni di volo costa e lei non vuole pesare sulla famiglia. Così partecipa a un concorso per vigile urbano a Cesenatico, lo vince e guadagna quel tanto che serve per continuare a volare.

    "Prima era molto difficile che le compagnie aeree chiamassero le donne per le selezioni - racconta Antonella Celletti - nonostante facessero domanda e nonostante le leggi di parità. Io ho dovuto aspettare molto prima di essere assunta. Attualmente siamo tre donne comandanti-pilota, quindi responsabili del volo, e 23 pilota-donne. Questo lavoro non è facile per nessuno, nemmeno per gli uomini, ma una donna deve fare sempre più fatica per superare le diffidenze, anche se ora abbiamo maggiori opportunità. Negli Stati Uniti le pilota-donne sono più numerose ma anche per loro non è stato facile: hanno dovuto aspettare che venisse approvata una legge sulle quote per farsi accettare. La prima donna americana pilota di linea è stata assunta nel 1978. E' buffo, ma scopro ancora stupore negli occhi della gente quando mi vedono passare con la mia divisa da comandante; qualcuno si lascia anche scappare battute cretine e commenti negativi. Una volta un passeggero mi ha vista alla "cloche" di pilotaggio ed è andato in escandescenze "se mi avessero detto che in cabina c'era una donna avrei cambiato aereo". Un'altra volta, otto anni fa, un giovane mi ha affrontata in malo modo "io sono disoccupato e ora assumono anche le donne". Aveva i suoi problemi... ma la reazione si commenta da sola. Per fortuna sono comunque episodi sporadici e la maggior parte dei passeggeri ha reazioni simpatiche e carine. Molti vengono a complimentarsi. C'è chi lo fa anche con gesti molto belli: solo ieri un passeggero, al termine del volo, mi ha portato un fiore a forma di tulipano fatto con la carta. Certo, tutto è però amplificato nei nostri confronti, il che testimonia di una normalità non ancora del tutto acquisita e scontata, per non dire di un certo paternalismo per cui se facciamo bene è benissimo, se facciamo un tantino male è malissimo.

    Sposarmi, fare figli? Perché no? Certo ci vuole un marito comprensivo e non tradizionale, ma questo vale per tanti altri lavori e professioni. Una pilota incinta non è più idonea a volare perché le alte quote possono creare dei problemi al bambino: in pratica si sta ferme per un anno e mezzo. Al rientro dalla maternità si deve rifare il corso macchina, una specie di reintegro per il brevetto per cui dopo si è di nuovo riabilitate al volo. E' un tema comunque discusso, ma anche già risolto in diversi casi. Tra le pilota donne ci sono già sei mamme che riescono a conciliare molto bene il loro doppio ruolo, grazie alle norme attuali. Credo che anche per me non sarà un problema se avrò un figlio.

    All'Alitalia viviamo una buona realtà, allineata con il resto d'Europa. C'è un'associazione di pilota donne, fondata da Fiorenza De Bernardi, che ne è la presidente, la prima pilota in Italia.

    C'è pure un'associazione internazionale pilota-donne di linea, ISA (International Society Airpilot), fondata da americane nel '78, con lo scopo di sostenere le donne che intendono avviarsi a questa attività, anche attraverso borse di studio, di promuovere azioni a difesa del loro lavoro. Ci sono pure occasioni conviviali: ogni anno ci si trova in una località sparsa nel mondo per scambiarci informazioni, esperienze. Donne pilota di linea le trovi ora in Paesi che non immagineresti, come Egitto, Algeria, Bangladesh, ma non ci sono ad esempio in Arabia Saudita, Giappone, Israele, Cina. Poi ci sono le compagnie maschiliste che proprio le donne pilota non le vogliono, come Meridiana, Air Europe. Stipendio? Nessuna cifra astronomica, all'inizio non si va oltre i 3 milioni, certo poi sale con l'anzianità di servizio.

    Consiglio di scegliere questo lavoro, ma solo se si ha una vera passione per volare e la tenacia sufficiente a superare tutte le difficoltà per stare in alta quota, ovviamente questo vale per tutti, uomini e donne. Io resto entusiasta della mia professione, rifarei tutto quello che ho fatto anche se è stato faticoso per farsi accettare come donna, essere selezionata superando i non pochi pregiudizi.

Ora volo sull'airbus A321-A320, due aerei simili di medio raggio su tratte europee, in Medio Oriente e in Nord Africa. Si cambia aereo in base a meccanismi di anzianità di volo e ad accordi contrattuali". Stanchezza, turni stressanti con in più il logorio da fuso orario? E forse tutto questo è più penalizzante per le donne? "I turni sono stressanti, e questo vale per tutti, ma non più di altri turni di lavoro. Oggi donne e uomini fanno una vita meno regolare e più stressante rispetto a decenni fa e come in ogni lavoro ci sono le cosiddette malattie professionali".

    Paura? "Certo ci sono dei momenti adrenalinici, ma per fortuna siamo addestrati e preparati a non perdere mai la testa, ad affrontare con lucidità i momenti critici che possono presentarsi. No, non conosco il panico. E' un lavoro che richiede un buon rapporto con se stessi, la capacità di restare bene da soli, non devi amare la vita regolare, deve ovviamente piacerti il viaggiare. E poi c'è una pausa di alcuni giorni durante il mese che ti consente di coltivare la tua vita sociale, gli hobby. Ogni volta si cambia equipaggio: le persone con cui voli, il più delle volte non le hai mai viste

prima, per cui devi avere una buona capacità di relazione con persone e caratteri diversi.

    Il bello della mia professione è che dopo tutti questi anni non lo vivo come routine. E mi ritrovo ancora ad incantarmi a guardare il cielo, a stupirmi nel vedere la luna, tramonti bellissimi, albe indimenticabili. Stare in alto sopra le nubi è per me fonte continua di emozioni...".

 

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