MANAGER

MARIA TERESA DE SANCTIS

    "Sono stata l'unica donna della mia generazione, laureata, che nel mio settore ha fatto un figlio; molte donne vi hanno rinunciato per la carriera, salvo poi venirti a dire "brava tu che hai avuto il coraggio di diventare mamma". Era il '95 e avevo 37 anni; sono rimasta a casa solo 5 mesi. Un consiglio che do alle colleghe giovani: acchiappate tutte le occasioni professionali prima della maternità, dopo è più dura... Io però non ho rimpianti perché la maternità l'ho scelta e desiderata, racconta Maria Teresa De Sanctis, 43 anni, manager Fiat e mamma di un bimbo di sei anni, laureata in Economia e commercio. Un interesse spiccato per la macroeconomia, tesi in scienza delle finanze sulla cassa integrazione: "Non ho voluto incanalarmi in una laurea tradizionale; in realtà avrei voluto diventare sociologa., mi piaceva la statistica. Mi sono laureata nell'85, e mi sono arrivate a casa le offerte di lavoro: altri tempi! Avrei voluto continuare nella carriera universitaria, lunga e non facile, ma la morte di mio padre mi ha indotta a scegliere un lavoro dai risultati più immediati.

    Tra le tante offerte ho scelto la Fiat.     Ho iniziato a lavorare nella pianificazione strategica dove si prevede l'offerta futura dei prodotti. Si elaborava il "briefing" di un prodotto, cioè si doveva decidere come realizzare un prodotto, attraverso l'analisi del mercato. E' un'attività molto interessante. Poi in Fiat è partito il programma sulla qualità, secondo metodi giapponesi, che portava a una maggiore conoscenza del mercato e dei clienti.     Serviva quindi chi conosceva il prodotto per applicare al meglio queste tecniche.    Ho guardato al futuro, volevo andare oltre, cambiare per migliorare. Ora  i giovani hanno codificato meglio questo comportamento di disponibilità al cambiamento. Per la mia generazione è stato invece più difficile.

    Sono poi passata ad un'attività più operativa, che mi ha vista coinvolta nella gestione e nel lancio di nuovi prodotti: Croma, Ulysse, Z. Un impegno che ho seguito fino alla maternità, poiché al rientro mi hanno destinata ai mercati extraeuropei, così il mio lavoro è cambiato. Si iniziava a parlare di globalizzazione. Ora mi occupo dei mercati asiatici: India, Cina, Thailandia, Giappone.

    Sono responsabile del lancio del prodotto in quei mercati, così ogni giorno "vivo" la realtà della globalizzazione: ad esempio la "World Car" ideata in Brasile va sui mercati interni dell'America, dell'Asia, compresa la Cina. I materiali arrivano da altri poli produttivi: l'obiettivo è ridurre i costi e vendere un prodotto che soddisfi le esigenze dei nostri clienti. Il mio compito è quello di individuare le necessità del prodotto, e di seguire il suo lancio sul mercato. Viaggio molto per lavoro: in un mese mi sono recata tre volte in quei paesi.

    Ho potuto accettare questo lavoro perché ho l'aiuto di mia madre e di una baby sitter; mio marito lavora a Milano e va in giro per il mondo, non avrebbe certo potuto sostituirmi.

    Mio figlio non era contento quando andavo via ma sapeva che durante il week-end ero sempre a casa, ora invece è già successo che mi tocchi star via anche durante il fine settimana, e ciò non lo fa impazzire di gioia, anche se gli piace molto quando gli racconto episodi o situazioni buffe che mi capitano viaggiando. Dopo gli attentati di New York, ogni volta che parto ho più paura. Mi ha fatto una certa impressione viaggiare su un aereo praticamente vuoto, come dopo l'11 settembre dell'anno scorso. Inutile nasconderlo, seguo dei mercati "caldi". Recentemente sono arrivata a Nuova Delhi proprio il giorno dell'attentato al Parlamento...

    Come mi vedono in quei Paesi? E' chiaro che vengo vissuta come una occidentale, diversa da loro, ma hanno rispetto; sono riuscita a conquistare la loro fiducia, anche se ti ritrovi prima o poi a fare i conti con chiusure maschiliste. Mi è successo che appena è arrivato un mio collega, il mio interlocutore indiano mi ha ignorata. Sono molto cavalieri, ma quando c'è da prendere una decisione tendono a dare più ascolto al collega maschio.

    D'altronde non sono abituati a vedere una donna manager, le indiane le ritrovi nei ruoli più tradizionali. E' stata lunga la strada per arrivare a questo punto della mia carriera. E non è facile nemmeno per le altre colleghe più giovani. Io ho sempre taciuto sui miei bisogni personali di donna.   Vogliono mandarmi tre mesi ad Hong Kong? Non tiro mai fuori i miei problemi familiari ma solo quelli professionali, proprio perché noi donne dobbiamo sempre dimostrare di essere più brave, di sapere dare di più. Altrimenti entri nella spirale dell' "autoghettizzazione" e non ne esci più. Per fortuna qualcosa sta cambiando, soprattutto tra i giovani, che riescono con più facilità a dichiarare le loro esigenze personali. 

    Un'azienda grande e all'avanguardia come la Fiat mi ha dato molte chances professionali, mi ha permesso di seguire degli interessanti corsi di aggiornamento, di imparare i sistemi del computer, di conoscere realtà lavorative diverse dalle nostre.

    Ora in Fiat ci sono molte più donne impiegate nell'area commerciale, del personale, tecnica e produttiva, ma meno nella finanza pura.  Mi trovo spesso ad essere l'unica donna tra molti uomini, ma non sempre è facile anche lavorare tra donne, a volte scatta l'invidia. Mi piace lavorare coi giovani, portano freschezza e non sono pochi quelli che ti riconoscono la tua esperienza. Ho ancora un desiderio nel cassetto. Nella seconda parte della mia vita scoprire un nuovo mondo...".

 

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