RESPONSABILE DI BORSA

MARIA PIERDICCHI

    E' un fenomeno nuovo, la crescente presenza femminile nel complicato mondo della finanza.           Nell'Olimpo dei listini non mancano analiste di fama capaci di rovesciare con le loro previsioni l'andamento di Wall Street, la Borsa di New York, o quella londinese di Fleet Street. L' "avanzata rosa" nella finanza non ha confini. Se ne è accorto anche l'autorevole "Financial Time" nel descrivere legioni di signore davanti ai monitor rossi dei borsini di Shangai per seguire con trepidazione le quotazioni del listino cinese. Anche nella finanza italiana sono arrivate numerose donne, ma ai vertici sono ancora pochissime. Una di queste è Maria Pierdicchi, responsabile del Nuovo Mercato della Borsa italiana(1). Per questo importante ruolo ha ricevuto il premio "Fondazione Bellisario(2)" 2001. Ha un significato rilevante questo premio: essere testimone che le donne possono farcela in tutti i campi, anche i più difficili.

    Comunicativa, simpatica, semplice, Maria Pierdicchi intercala spesso l'italiano con termini anglosassoni che rivelano il suo forte legame con gli Stati Uniti. Un'infanzia felice a Valdagno, in provincia di Vicenza, dove ha sede l'industria tessile Marzotto. "Un piccolo centro dove ci si conosceva tutti; noi ragazzi si viveva praticamente in campagna, con molta libertà. Ho però sempre studiato molto.   Ho vissuto da teen ager gli effervescenti anni Settanta dell'impegno culturale al liceo scientifico Beccaria, poi ho scelto la Bocconi(3). Eppure mi consideravo più umanista che economista. E infatti mi attirava la macroeconomia".

    "I miei genitori, mio padre economista e mia madre casalinga, mi hanno dato molta libertà e fiducia; entrambi sono stati molto aperti e non mi hanno mai condizionata o posto dei limiti e, soprattutto, hanno sempre trattato me e mio fratello in modo paritario. Mi hanno lasciata viaggiare per il mondo fin da giovanissima. Non ho avuto quindi nessun problema a trasferirmi a Milano per studiare. Milano, una città dinamica, mi consentiva di uscire dalla provincia, anche se l'ambiente milanese non mi entusiasmava.

    Quando arrivò il momento della tesi, il mio professore, Demattè, mi consigliò di prepararla negli Stati Uniti. Non ho avuto dubbi: ho vissuto quattro mesi a Washington, seguendo uno "stage" alla World Bank, una banca per i paesi in via di sviluppo. Un'esperienza molto formativa; vi sono poi tornata per lavorarci come consulente, nell'85. Ho sempre avuto la vocazione della studiosa. Ero assistente all'Università Bocconi del professore Demattè, poi ho capito che dovevo completare la mia formazione, studiando anche la finanza. Così sono andata alla New York University dove ho seguito per un anno e mezzo un master sulla finanza.

    L'idea era di tornare poi a lavorare all'università, a Milano, invece sono stata tentata di restare negli Stati Uniti. Nell'88 sono stata assunta alla "City Bank Associate" per seguire le operazioni di finanza: e questi sono stati anni fondamentali. La mentalità negli Stati Uniti a livello professionale è pragmatica, basata su concretezza, sintesi, precisione. Ero a Wall Street, mi occupavo di nuova finanza e nello stesso tempo scrivevo articoli per la Bocconi".

    Maria Pierdicchi è convinta che in tutto questo abbia contato la sua esperienza personale: "Vivere fuori casa a diciotto anni è stato essenziale per imparare a gestire la mia vita e a prendere le mie responsabilità". Un consiglio molto semplice, ma a quanto pare prezioso, che Maria Pierdicchi consegna alle giovani generazioni. "La "City Bank" è stata una scuola di management importante per la mia formazione professionale - ricorda Maria Pierdicchi - I suoi punti forti: "Team work", crescita continua di conoscenza, multinazionalità perché lavori con i colleghi di tutti i paesi. Si lavorava sul campo, la sfida era elevata. Poi ho scelto la specializzazione di un prodotto finanziario in una filiale, ma mi stava un po' stretta. Così ho preferito il ruolo di vice executive in una società del gruppo Ligresti: dovevo portare la cultura finanziaria in una società impermeata ancora da una cultura familiare.

    Poi è arrivata l'esperienza all' "Investment Bank": facevo parte di una "task force", un lavoro di grande responsabilità. Dopo sei anni mi sono occupata delle "controllate"(4); tenevo rapporti con gli investitori per cui mi sono avvicinata ai mercati finanziari.

    A 38 anni ho avuto una figlia. La mia scelta personale ha coinciso con la privatizzazione della Borsa che apriva molte e nuove opportunità di lavoro.

    Mi fu proposto di seguire il Nuovo Mercato, un'esperienza che porto avanti tuttora. E' una grossa sfida perché tratto con imprese innovative. Ed è anche un bel progetto perché corrisponde a un impegno più istituzionale: ora lavoro per una realtà più ampia, dalle molte sfaccettature e con un forte impatto sul sociale. Tra l'altro mi consente di avere orari più equilibrati anche rispetto a mia figlia. Come donna mi scontro ancora con una certa diffidenza, specie in un contesto di soli uomini: devi comunque sempre dimostrare qualcosa in più, non puoi permetterti sbavature, ma quando dimostri che sai impegnarti, che sai affrontare le sfide allora le buone opportunità non mancano, anche se in Italia la strada è ancora un po' in salita.

    Negli Stati Uniti la cultura è diversa: c'è più attenzione per la differenza, per la diversità, c'è più spazio e attenzione per le donne in gamba. Comunque qualcosa sta cambiando anche nella finanza italiana: sono arrivate numerose donne, parlo delle junior, ma ai vertici, siamo ancora pochissime senior. Lo stesso vale per la Borsa: ci sono più donne ma ancora non ai vertici. In Italia da questo punto di vista siamo molto indietro; negli Stati Uniti invece sono molte le donne manager, ci sono intere organizzazioni finanziarie gestite da donne.

    Il mio team è un po' anomalo, almeno qui in Italia, perché c'è un solo maschio, che ha portato comunque una sana competizione. E' più facile trovare le donne là dove gli orari sono fissi, ovviamente per ragioni familiari. Ma nella finanza locale e nell'investment bank non ci sono orari; può succedere di stare anche cinque giorni di fila senza uscire dall'ufficio: è chiaro che non devi avere problemi a casa e serve pure una resistenza fisica pazzesca. Certo in questi casi il "reward" (compenso) è alto, ma c'è una selezione molto esigente, è difficile entrarvi perché è un ambiente ancora maschilista. Per capirci, è difficile che un personaggio come Colaninno(5), si rivolga a una donna della finanza per privatizzare una sua società. Anche perché nell'alta finanza le relazioni pubbliche sono importantissime. Per una donna non è semplice entrare in questo club maschile dove contano molto le public relations, poter andare a cena insieme per portare a buon fine un'operazione finanziaria importante. Invece per me attualmente conta di più arrivare a casa all'ora di cena per stare con mia figlia. Stai meno in ufficio e fai meno politica e strategia: tutto questo però alla fine ha delle conseguenze negative dal punto di vista strettamente professionale". Forse non sarebbe male se i padri si preoccupassero di stare di più con i propri figli, ciò che è importante non solo per il loro rapporto affettivo, ma pure per ristabilire un giusto equilibrio tra uomini e donne nel mondo del lavoro, finanza compresa".

 

(1) E' un segmento della Borsa riservato alle piccole società ad alta capacità di crescita, in primo luogo hi-tech e nuove tecnologie. A differenza del listino principale non sono richiesti i classici tre anni di bilanci in utile per essere quotati.

(2) La "Fondazione Bellisario" lavora per affermare, coltivare e diffondere la cultura della parità tra i due sessi, secondo l'esempio di Marisa Bellisario, che è stata amministratrice delegata di Italtel.

(3) La più importante università privata, specializzata soprattutto in economia.

(4) Società il cui capitale fa capo a un'altra società in misura tale da averne il controllo.

(5) Ex presidente e amministratore delegato di Telecom Italia.

 

 

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