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Attualità, cultura, eventi dal mondo delle donne
a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino


 

4 dicembre 2001

IN UN LIBRO AVVINCENTE, LA STORIA DELLA PRIMA SPEDIZIONE FEMMINILE AL PIK LENIN, IN PAMIR 

 

 

Elvira Shataeva ha aspettato venticinque anni perché qualcuno raccontasse la sua storia. Nel 1999 al campo base di Acik Tash, ai piedi del Pik Lenin, in Pamir, è arrivata Linda Cottino, giornalista, alpinista, redattrice del mensile Alp. Era lì per un reportage e in una giornata di brutto tempo, passeggiando nei pressi del campo, si è imbattuta nella tomba di Elvira e di altre alpiniste.

Quasi un segno del destino, un richiamo.

 Ha cominciato a fare domande mentre i fili delle vite di persone vissute in tempi e luoghi diversi si intrecciavano: una di quelle sere c'era al campo una vecchia guida, Georgy Korepanov, che nel 1974 aveva scalato il Pik Lenin dal versante sud ed era stato testimone di quella tragedia.

 

"Con un po' di tedesco e l'aiuto di una traduttrice, Korepanov mi ha raccontato la storia della spedizione femminile di Elvira. Grazie a Liana Darenskaja, responsabile del sito della federazione russa di alpinismo, avevo rintracciato Vladimir Shataev, il marito di Elvira. Mi ha offerto immediatamente la sua collaborazione: non gli era stato permesso di parlare di quegli avvenimenti per molto tempo. Dopo l'inchiesta ufficiale, era stato messo tutto a tacere. Solo nell'87 Shataev aveva pubblicato un libro: Degrees of difficulty, di cui due capitoli erano dedicati agli avvenimenti del '74".
Shataev ha inviato a Linda Cottino uno scatolone di documenti, foto ingiallite, diapositive sbiadite, il diario di una delle alpiniste, Valentina Fateeva, ritagli di giornali. "Quando ho aperto lo scatolone mi è sembrato di aprire la vita di quest'uomo che si era fidato ciecamente di me, perché qualcuno finalmente raccontasse questa vicenda in modo meno burocratico." 

 

È cominciata la cernita del materiale e il lavoro di traduzione dal russo di parte della documentazione. "Mi ero preparata un prospetto con tutte le cordate presenti in quei giorni sul Pik Lenin, con i loro movimenti. Disponevo sul tavolo le foto delle alpiniste, le guardavo, le riponevo, le riguardavo e a poco a poco ho cominciato a pensare e a rivivere la loro storia." 
Così è nato il libro, "Qui Elja, mi sentite? Otto donne sul Pik Lenin" di Linda Cottino, edito da Vivalda editore- ottobre 2001- €14,98.: avvincente, triste, commovente. 
La storia della prima spedizione femminile al Pik Lenin si dipana attraverso testimonianze dirette, trascrizione di registrazioni, pagine di diario, brani del protocollo d'inchiesta e momenti in cui Elvira e le altre parlano, attraverso Linda, in prima persona. 

 

"Un destino imperscrutabile - afferma Linda - conduce queste donne su una rotta da cui non possono tornare indietro. Sono tutte donne e hanno addosso gli occhi dell'alpinismo internazionale: quell'estate al Pik Lenin c'erano americani, inglesi, francesi, italiani, svizzeri, giapponesi, perché veniva inaugurata la nuova struttura fissa del campo base. Dovevano dimostrare il valore della loro scuola alpinistica, come sovietiche e come donne e insieme realizzare il loro intimo desiderio di affermare la propria capacità. E nella programmazione totale, si inserisce l'imprevisto, si scatena una terribile bufera ed è la fine." 
Una fine drammatica, vissuta addirittura con colpa. Abbiamo provato, ma non abbiamo potuto…Vi prego, scusateci, dicono Elvira e Galina, le ultime rimaste, nel collegamento radio prima di morire. 

 

Nel '74 l'alpinismo femminile, pur non essendo più agli esordi, non aveva ancora rilevanza internazionale e le cordate e le spedizioni di sole donne erano una rarità. Le donne dovevano conquistare il loro spazio con fatica e determinazione, talvolta addirittura colpevolizzate per l'intrusione in un campo ritenuto non loro. 
Nel libro è riportata la risposta della Shataeva a chi affermava che le donne non sarebbero state in grado di compiere scelte decisive in condizioni estreme, né avrebbero avuto le caratteristiche di forza e resistenza che l'alta quota richiede. Per noi la politica, la scienza e lo sport sono la sola possibilità di toglierci dalla ripetizione eterna del quotidiano, accanto a uomini e figli. Noi vogliamo metterci alla prova, vogliamo trovare un nuovo orizzonte femminile. La citazione compare quasi identica nel film di Bernard Germain, Un Pik pour Lenin, girato in quella stessa estate. 

 

La Tatiana del film non scala la montagna né per Dio né per Lenin, ma per se stessa, e rivendica la sua libertà, anche di morire, per questa scelta personale. Quel film mi aveva profondamente colpita e ricordo tuttora nitidamente quell'episodio, quasi vent'anni dopo averlo visto. Anche Linda è rimasta colpita, non a caso, dallo stesso episodio; la sensibilità per certi particolari, anche se siamo di generazioni diverse, è comune. 

 

Così, per concludere, mi viene spontaneo chiederle cosa pensa dell'alpinismo femminile italiano di oggi: "Mi sembra che sia lontano anni luce dall'atmosfera del libro, è come polverizzato, frammentato, anche se ha ancora un senso perché penso si vivano aspetti dell'arrampicata e della montagna in modo diverso, che altrimenti non verrebbero fuori e questo è piacevole. Oggi forse non c'è più bisogno di rivendicare, le donne hanno acquisito sicurezza ed è normale andare in montagna tra donne. E questo è un risultato". 

Oriana Pecchio 

 


 

 

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