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Attualità, cultura, eventi dal mondo delle donne
a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino


 

01 dicembre 2002

STORIA DI UNA DONNA CHE DIVENNE TEATRO: 
LA NAUTANKI DELL'INDIA
di Sara Andreis 

 

La fama della bellezza della principessa Nautanki raggiungeva i quattro angoli della terra e, 


benché fossero stati molti a richiederne al re la mano, ancora nessun pretendente si era dimostrato all'altezza della ragazza.
Intanto, in un lontano villaggio, il giovane e caparbio Phul Sinh, decise di mettersi in viaggio e di non far ritorno a casa prima di aver conquistato il cuore della leggendaria principessa Nautanki.
Giunto nel regno del padre della ragazza, Phul Sinh chiese ospitalità alla fioraia di corte e il giorno seguente preparò una preziosa ghirlanda per la principessa Nautanki. Affascinata dalla bellezza dei fiori, la principessa chiese alla fioraia a chi si dovesse il merito di tanto splendore e la donna rispose che era opera di una sua cugina venuta a visitarla. Allora la principessa insistette fintanto da ottenere il permesso di incontrare la cugina. Phul Sinh camuffandosi da donna si presentò alla presenza di Nautanki. Tra i due giovani, nonostante il travestimento, si scatenò immediatamente l'amore e allorquando la principessa dichiarò che se vi fosse stato un uomo davanti a lei gli si sarebbe donata, Phul Sinh si spogliò delle vesti femminili e i due innamorati si lasciarono cullare dagli effluvi della passione.
Si deve sapere che ogni mattina Nautanki veniva pesata per controllare che il suo lievissimo peso (nau tanka, ovvero 9 tank, circa 36 grammi) fosse inalterato e con esso la sua purezza. Ma quel giorno il piatto delle bilancia con i cinque fiori, che dovevano controbilanciare la principessa, si alzò inesorabilmente nell'aria. Il re andò su tutte le furie, fece condurre alla sua presenza il giovane e lo condannò a morte per offesa al suo onore. 
Il giorno dell'esecuzione Nautanki, trasformata dalla passione, si presenta sul patibolo vestita da guerriera in sella ad un cavallo. Impavida dichiara al padre, il sentimento profondo che la lega al condannato e minaccia di togliersi la vita se la condanna verrà eseguita. Il re ammutolisce davanti alla forza dell'amore, si arrende alla risolutezza della figlia e acconsente al matrimonio dei due innamorati. L'amore abbatte tutte gli ostacoli che si frappongono e ottiene, infine, la legittimazione.

Questa è la storia della principessa Nautanki che entrò a far parte del repertorio dello svang, una forma popolare di teatro lirico del nord dell'India, verso la metà del diciannovesimo secolo ed ottenne un tale successo che ogni rappresentazione teatrale della zona cominciò allora ad essere chiamata nautanki. 
E' significativo che proprio il nome dell'eroina sia passato ad indicare il genere teatrale (ipotesi che però non tutti condividono). Sia la storia, sia lo stesso teatro, ruotano infatti attorno alla seducente immagine della donna, percepita e mostrata come oggetto di desiderio e temuta per la potenziale carica di distruzione dell'ordine sociale che l'abbandono al desiderio comporta. Phul Sinh rimane passivo e si rimette al potere della donna guerriero, insinuando il dubbio che mai più la sua mascolinità prevarrà. Lo spettatore è attratto dalla sensualità delle protagoniste femminili che si muovono sul palco, ma la minaccia veicolata dalla libera spavalderia con cui la donna si mostra pubblicamente lo porta a escludere l'attrice dalla società famigliare e a etichettarla come donna dai facili costumi.
In India, in particolar modo in quella rurale, la donna è sempre sotto il diretto controllo degli uomini del suo nucleo famigliare e il suo spazio ideale è quello domestico, lontana dagli sguardi maschili. Nel teatro tradizionalmente i ruoli femminili venivano eseguiti da giovani attori e così avveniva anche nella nautanki. 
Solo verso il finire degli anni trenta, per competere con il cinema e con le compagnie del teatro parsi , la nautanki aprì le sue porte all'universo femminile. 
La prima donna a salire sul palco fu Gulabbai, che lavorò dapprima con la compagnia di Trimohan, successivamente con Pahalvan e fondò infine un suo gruppo (ancora oggi attivo e diretto dalla figlia). 
Gulabbai di distinse per la bravura e la sua vita è entrata nella leggenda, ma poche donne godettero di ugual fortuna. Benché di molte artiste venga riconosciuto il talento , più diffuso è il sospetto che l'unica ragione della loro presenza scenica sia la bellezza e la seduzione che può incantare il pubblico. 
La scandalosa fama delle donne della nautanki andò peggiorando dopo il 1959, anno che vide la chiusura dei bordelli e l'inserimento all'interno delle compagnie teatrali di molte ragazze che erano rimaste senza lavoro. La cattiva reputazione delle donne 'pubbliche' ricadde specularmene sul teatro stesso, facendo precipitare la nautanki nella sfera dell'immoralità e della volgarità.
Il ruolo ambivalente della donna nel teatro manifesta la profonda paura che la società indiana ha nei confronti dell'universo femminile e la necessità di controllarla, facendola rientrare negli schemi precostituiti della gerarchia patriarcale. L'attrice sul palco deve essere bella e sensuale, essa simboleggia la pericolosa dimensione del desiderio proibito, ma deve al contempo riproporre, attraverso i personaggi che interpreta, il modello della donna onesta, chiusa tra le mura domestiche e dedita esclusivamente al servizio della famiglia. La narrativa della nautanki ripropone infatti i canoni etici su cui si fonda la società indiana contemporanea, una società in cui la donna deve essere figlia, moglie e madre, sempre in funzione dell'uomo e sempre raccontata da uomini. 
Nei testi più antichi (metà del XIX sec.) la retta condotta femminile viene promossa soprattutto attraverso esempi di amoralità e raramente con modelli tratti dalle grandi epiche (come la moglie del re Harischandra che segue il marito nelle sue sventure senza mai dissentire, nemmeno quando sono la sua stessa vita e quella di suo figlio ad essere messe in pericolo). 
Le figure femminili di questo periodo acquistano spessore per la meschinità di cui sono capaci: compito dell'uomo è raggiungere la perfezione e guidare la donna sulla giusta via. Solo con la completa abnegazione al marito e l'accettazione del ruolo di moglie e madre essa può aspirare a redimersi dalla condizione di peccaminosità a cui è soggetta per natura. 
Nei decenni a cavallo del 1900 compaiono personaggi forti, le donne dei rajput (signorotti legati al codice cavalleresco), pronte a lottare e a sacrificarsi per l'onore del clan a cui appartengono. La massima prova di valore a cui la donna di questi testi può aspirare è la sati, l'auto-immolazione sul rogo del marito, che salvaguarda l'onore maschile con la distruzione del corpo femminile. Le eroine possono essere mogli fedeli o amanti coraggiose (come la bella Nautanki), ma la loro esistenza deve essere comunque in funzione del marito. 
Verso gli anni venti entrano in scena le donne guerriere, in grado di lottare per ristabilire l'ordine morale in pericolo. Sono le virangana, che per una giusta causa (e spesso con l'intervento divino) si travestono da uomini e combattono come uomini. Fino all'Indipendenza dell'India (1947) le donne guerriere vennero utilizzate per veicolare messaggi nazionalistici soggetti a una forte censura governativa, godendo di molto successo per l'allegoria politica a loro sottesa. 
Dopo gli anni quaranta la guerriera si trasforma nella banditessa che si batte non più per un regno, bensì per difendere i poveri e gli oppressi. Tra le storie delle donne bandito quella che gode di maggior fortuna è certamente quella di Phulan Devi, la regina dei banditi, personaggio reale che operò sui monti della Chambal Valley negli anni ottanta. Intorno a Phulan si crearono miti e leggende, anche grazie alle numerose rappresentazioni teatrali che ancora adesso riscuotono sicuro successo. 
L'immagine della donna bandito veicolata dalla nautanki rispecchia pienamente l'ambivalenza che soggiace alla figura di una donna forte, che ostinatamente lotta per l'autoaffermazione in una società di stampo patriarcale. La donna povera, non protetta dallo scudo della ricchezza, deve lottare per ottenere il rispetto degli uomini che la circondano o ne diventa la vittima, ma per le donne che escono dalla legalità non è concessa amnistia. 
Nessuna delle protagoniste bandite torna ad essere accolta dalla società. Si può forse presumere che il lieto fine non sia concesso alle bandite perché non vi è alcun uomo che le possa accogliere al ritorno nella vita civile. Gli uomini le temono e le ammirano, ma la loro fermezza e la loro forza di volontà sono percepite come una minaccia troppo grande per poter essere accettata. 
A partire dagli anni sessanta compaiono infine protagoniste di basso rango, ragazze madri, vedove e lavoratrici, eroine che denunciano la società che le condanna ad una vita di sofferenze. Tuttavia anche qui non vi è alcuna riesaminazione critica dei ruoli all'interno della famiglia o dei privilegi maschili: la donna continua ad essere presentata secondo i tradizionali canoni etici e le riforme legislative, come ad esempio il matrimonio delle vedove, si rendono necessarie per l'incapacità delle donne di autogestirsi senza un uomo. Il punto di vista rimane sempre quello dell'uomo. 
Come è stato detto, la nautanki godette di buona fortuna fino agli anni quaranta e in seguito si incamminò lentamente sulla via del tramonto. Oggi sopravvive in stato di povertà, in svariate forme. Le donne sono da molti indiani considerate, direttamente o indirettamente, la causa prima dello sfacelo di questa tradizione. 
Secondo alcuni critici le donne hanno abbassato gli standard artistici, perché non padroneggiano l'arte, le donne sono diventate impresarie di compagnie e hanno cercato solo il guadagno, le donne abbagliano l'uomo che diventa cieco e sordo alla musica e alla poesia cercando solamente il piacere sensuale evocato dalla danza della ballerina. Bisogna considerare che la nautanki ha attraversato un tempo di grandi mutamenti sociali e tecnologici. La diffusione del cinema e della televisione, l'incontro-scontro con l'occidente hanno influenzato e trasformato il suo pubblico. Per competere con il cinema molti elementi tradizionali, sentiti come vetusti e poco fruibili dai giovani, sono stati abbandonati per far posto alle canzoni e alle danze simili a quelle dei film; certamente anche l'introduzione di accattivanti fanciulle rispondeva ad una legge del mercato che mette in primo piano il riscontro economico a discapito della qualità artistica, ma si può sobbarcare l'intera responsabilità della decadenza alle sole donne?
Nonostante tutto la nautanki resiste. Per assicurarle un futuro vi sono compagnie che promuovono spettacoli su tematiche attuali (come il matrimonio delle vedove, il lavoro minorile, il sistema deformato della dote, il terrorismo…), altre che ripropongono un repertorio più classico e dimostrano, curando la preparazione degli artisti e delle artiste, che l'arte e la tradizione non possono rimanere ancorati ostinatamente al passato e che, se ci sarà un futuro per la nautanki, ci sarà nelle misura in cui la nautanki saprà cogliere i frutti dei cambiamenti, assimilarli e riproporli nella sua cangiante veste teatrale.


Sara Andreis


 




 






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