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Attualità, cultura, eventi dal mondo delle donne
a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino


 

01 agosto 2002

GIOVANI DONNE NICARAGUENSI "RI-SCATTANO" LA REALTA'

di Valentina Pescetti, cooperante MAIS in Nicaragua


Il Nicaragua, terra di laghi, di vulcani, di poeti e rivoluzionari. Il Nicaragua, terra dilaniata da una dittatura feroce, dalla guerra contro la Rivoluzione, da terremoti, uragani e miseria. 


Poco si parla di questo Paese, e quando se ne parla poco si dice delle sue donne. Donne poetesse, donne rivoluzionarie, donne che da decenni ormai si organizzano e riescono a creare reti di denuncia, di solidarietà, di costruzione di una società e di una cultura differente. 
Seconda economia più povera dell'America Latina dopo Haiti, ultima preda delle multinazionali dello sfruttamento del lavoro, baluardo di un primo ministro corrotto e fornace di forza lavoro da "esportazione", il Nicaragua non riesce a godere delle risorse e meraviglie naturali che possiede. Ma, se il contesto del Paese è fragile, la situazione delle donne nicaraguensi è ancora più fragile, a causa di una pratica e di una cultura di discriminazione e sfruttamento maschilista. 

Le entrate individuali delle donne raggiungono a malapena il 40% di quelle ottenute dagli uomini, ed è limitata la possibilità di accesso agli incarichi direttivi sia nel settore pubblico che in quello privato. La maggior parte delle donne trova impiego nel lavoro informale: domestiche, venditrici ambulanti, cuoche di friggitorie a conduzione familiare. Come del resto accade anche nelle maquilas che da qualche anno stanno entrando nel paese, anche nel lavoro informale non c'è nessuna sicurezza, nessun tipo di assicurazione, nessun riconoscimento per la maternità. Eppure, nel Paese in cui il 42,6% della popolazione totale ha un'età inferiore ai 15 anni, il tasso di fecondità delle adolescenti è il più alto dell'America Latina e la mortalità materna resta ancora elevata. Nelle zone rurali soltanto un'adolescente ogni dieci frequenta la scuola secondaria ed entro il diciannovesimo anno di età almeno la metà delle giovani donne rurali sta aspettando o ha avuto almeno un figlio. 

Poche sono le donne che possiedono un terreno o una casa, così come poche sono le donne che ricevono crediti. Eppure sono proprio le donne ad aver maggior bisogno di investire per riscattare le loro famiglie dalla povertà estrema in cui si trovano, dato che ogni 3 famiglie urbane con una donna come capo famiglia, una si trova in condizioni di povertà estrema (PNUD, 2001). 
Moltissime sono le donne che, costrette dalla fame e gravate delle responsabilità familiari anche in giovane età, devono abbandonare gli studi, la famiglia, il paese per andare a lavorare nella capitale o nella vicina Costa Rica, per lo più come domestiche.
Ma la discriminazione non finisce qui; il lavoro, anzi, è solo il primo gradino della scala di sottomissione del sesso "debole".

Ogni mese si registrano 600 denunce di violenza commesse nei confronti di donne e bambine/i, tre casi su dieci sono delitti sessuali e per otto casi su dieci si tratta di violenze commesse nell'ambito domestico.
La rivoluzione del 1979 ha mutato molti aspetti della condizione femminile, ma il ritorno di un'economia neoliberista di sfruttamento e la permanenza di una cultura maschilista di marginalizzazione e discriminazione delle donne rendono arduo il lavoro delle tante organizzazioni di donne che in questi anni cercano di mantenere le conquiste degli anni '80 integrandole con le rivendicazioni di Pechino. 

Il lavoro delle associazioni di donne è arduo, e deve essere quotidiano, minuzioso quanto l'incidenza sulla cultura esige, efficace come è necessario in un contesto di estrema povertà. 
Una di queste, l'Associazione "Progetto Miriam", con il supporto dell'ONG italiana MAIS, da anni sta investendo nella promozione delle capacità, dell'esperienza e dell'intelligenza delle donne, offrendo alle bambine, alle giovani ed alle donne dei quartieri più poveri la possibilità di studiare, di trovarsi un lavoro degno e di affrontare e risolvere le situazioni di sfruttamento e violenza in cui si trovano.

Tra marzo e luglio del 2002 dieci bambine e ragazze dei quartieri periferici della città di Estelí, nel nord del Paese, hanno partecipato ad un laboratorio di fotografia finalizzato a creare consapevolezza e capacità di "riscatto" della realtà in cui vivono.
Il laboratorio è inserito in un più ampio progetto di donne finalizzato all'attenzione diretta, alla prevenzione, alla sensibilizzazione e rafforzamento della società civile rispetto alle problematiche della violenza intrafamiliare e dello sfruttamento del lavoro minorile.
Le giovani, attraverso la fotografia, hanno vissuto un percorso educativo che ha costruito la loro consapevolezza della realtà di discriminazione e della necessità di rivendicare diritti sociali e di genere.

Nel corso del laboratorio, intervistando e fotografando le loro coetanee, hanno riconosciuto la violenza intrafamiliare e la povertà che mina il loro benessere ed i loro sogni: terminare la scuola, trovare un lavoro degno, essere rispettate.
Il laboratorio ha restituito a queste ragazze il coraggio di voler "riscrivere" la loro realtà, tanto che ora vogliono specializzarsi come "ricercatrici sociali" con laboratori di giornalismo e fotoreportage. "Attraverso le testimonianze e le fotografie che saranno presentate nel corso di un foro sullo sfruttamento del lavoro minorile - dicono - vogliamo ri-scattare la nostra vita".

Per sostenere il progetto: c/c postale N° 34461103 intestato a MAIS, Via Saluzzo 23, 10125 Torino, specificando nella causale "Progetto Miriam - Nicaragua".
Per saperne di più: mais.vale@libero.it


 






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