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Attualità, cultura, eventi dal mondo delle donne
a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino


15 luglio 2001

A COLPI D'ASCIA LE PAKISTANE CADONO VITTIME DEL DELITTO D'ONORE

 

La situazione dei diritti umani in Pakistan è senz'altro critica: situato in una zona calda del pianeta, segnato da instabilità politica, questo Paese sembra muoversi lungo due direzioni opposte, tra tentativi di innovazione (ben due i governi guidati da una donna, Benazir Bhutto, in dieci anni) e forti 

spinte in senso conservatore (tentativi di "islamizzazione" in un'ottica integralista). 

Come spesso accade in questi casi, le categorie più deboli sono i bambini e le donne, quotidianamente sfruttati e maltrattati, nonostante il Pakistan abbia ratificato sia la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo (nel 1990) sia la Convenzione delle Nazioni Unite sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (nel 1996). 
A rendere estremamente complessa la situazione, concorrono diversi fattori: lo status delle donne in Pakistan è stato infatti definito come un gioco di codici tribali, leggi islamiche, tradizioni giudiziarie indo-britanniche e tradizioni consolidate che hanno creato un'atmosfera di oppressione, dove ogni vantaggio ed opportunità offerta alle donne da una legge, viene immediatamente cancellata da un'altra. 

In un clima di violenza generalizzata contro le donne, la giustificazione degli abusi si basa su fattori sociali (la donna è percepita come "merce"; come una proprietà degli uomini della famiglia, di cui incarna l'onore) e su alcune leggi dello Stato che risultano discriminatorie (come la Legge di quisas e diyat, e la Legge di zina). 
La prima (quisas e diyat), seguendo un criterio di punizione-compensazione dell'offesa ricevuta, privilegia una giustizia che mira a compensare il danno, ma senza portare alla luce la verità e punire i colpevoli, instaurando un clima di diffusa impunità nei confronti di molti crimini anche efferati. 
La seconda (zina) definisce il reato di fornicazione, per il quale sono previste pene severissime (anche la morte). Definisce inoltre il reato di stupro come un rapporto sessuale senza il consenso della vittima tra un uomo e una donna che non siano legalmente sposati, per cui una violenza compiuta dal marito non è un crimine. Se a ciò si aggiunge che l'onere della prova è a carico della vittima, risulta evidente che anche subire violenza può diventare un motivo di denuncia per zina, se la donna non riesce a dimostrare di essere stata violentata. 

I maltrattamenti (subiti sia nella sfera privata sia in quella pubblica: diffusissimi sono gli stupri durante la detenzione da parte degli agenti di polizia) spesso sfociano nella morte, ma l'effettiva possibilità di difendersi è quasi nulla: pochissimi sono i crimini denunciati, ancor meno i colpevoli puniti. 

Chi maltratta o addirittura uccide una donna in Pakistan riesce facilmente a rimanere impunito. Le donne vengono sfigurate con l'acido (come nel vicino Bangladesh), e si registrano moltissimi casi di "rogo delle mogli", compiuti simulando incidenti domestici: sono più di 1000 le donne morte lo scorso anno in "incidenti" di questo tipo. Ogni ventiquattro ore in Pakistan 8 donne vengono rapite, seviziate, stuprate. Tra gennaio e giugno dello scorso anno, circa 300 bambine sono state vittime di molestie sessuali ed omicidi. 

Più del 90% della popolazione femminile è vittima di qualche forma di violenza da parte dei familiari. Infine, circa tre donne vengono uccise ogni giorno per motivi legati all'onore: i dati contenuti nel rapporto 2000 della Commissione sui Diritti Umani del Pakistan parlano di 1000 omicidi d'onore denunciati nel 1999, il che fa supporre che il numero effettivo sia molto più alto, poiché moltissimi crimini non vengono denunciati. 
A questo punto è chiaro che il delitto d'onore è solo una, la più grave e sistematica, delle violenze subite dalle donne pakistane.
Questa pratica tradizionale continua a mietere vittime. Le modalità variano parzialmente da zona a zona (nel Sindh si procede a colpi d'ascia, altrove si preferisce uccidere a colpi d'arma da fuoco), ma, in ogni caso, la pratica è estremamente diffusa in tutto il Paese. 
Per condurre a questo tipo di delitto è sufficiente anche una semplice asserzione. Il comportamento femminile considerato come disonorevole comprende relazioni extraconiugali presunte o reali, la scelta di un marito contro il volere dei genitori, la richiesta di divorzio. 

Nell'aprile del 1999, Samia Sarwar, una ventinovenne che intendeva divorziare dopo molti anni di violenze domestiche, è stata uccisa, nell'ufficio della sua avvocata a Lahore, da un dipendente della famiglia. In seguito la legale è stata accusata e pubblicamente minacciata di morte per aver 'fuorviato' la sua assistita.
Ancora, il consenso della donna nell'azione considerata disonorevole è irrilevante, così alcune donne hanno gettato il disonore sulla loro comunità perché violentate. Così è accaduto a Jameela Mandokhel, una sedicenne mentalmente ritardata, che è stata ritenuta colpevole di aver disonorato la sua tribù perché stuprata. È stata condannata a morte dal Consiglio tribale ed uccisa senza che il Governo abbia intrapreso alcun provvedimento. 
Con il passare del tempo, purtroppo, la percezione di cosa danneggia l'onore è divenuta sempre più ampia; non conta l'età, né il livello di istruzione, né la classe sociale e non c'è nessuna differenza tra città e villaggi rurali. Non importa se il comportamento censurato è un reato per le Leggi dello stato, oppure un diritto acquisito, come il divorzio e la libera scelta del marito. 

Sebbene il Capo esecutivo, Mohammad Rafia Tarar abbia affermato, nell'aprile del 2000, che "Uccidere in nome dell'onore è comunque un crimine e va trattato come tale" e nonostante il fatto che, in agosto dello stesso anno, sia stata istituita una Unità Governativa di Assistenza Legislativa, si può affermare che non ci sia stata alcuna consapevolezza pubblica, né tanto meno alcun impatto nei comportamenti sociali. 
Anzi, le violenze contro le donne sono in continuo aumento. A ciò si deve aggiungere che, spesso, gli agenti di polizia si comportano come guardiani della tradizione e della moralità, piuttosto che come imparziali difensori della Legge. 
Di conseguenza, i delitti d'onore sono spesso perpetrati apertamente, poiché chi li compie non si deve preoccupare delle conseguenze del proprio gesto.
Nel novembre del 2000 un uomo di Karachi ha fatto a pezzi con un'accetta la figlia undicenne perché sospettava avesse una relazione illecita. Quando sua madre e sua sorella hanno cercato di proteggerla, ha ucciso anche loro. Dopodiché si è costituito spontaneamente alla polizia, asserendo di non essere affatto pentito del suo gesto, in quanto si era trattato "di una questione d'onore". 

Anche le Corti, nella maggioranza dei casi, considerano tutta una serie di attenuanti quando i reati si riconducono al delitto d'onore, mentre per gli omicidi comuni le pene sono molto più severe. Questo comporta dunque, un elevato numero di falsi delitti d'onore, dato il favorevole trattamento legale. 

 

Lisa Caputo

 

 


 

 

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