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Tematiche inerenti la salute e la prevenzione
a cura di Elena Vaccarino


3 giugno 2001

PILLOLA DELL'ABORTO: TRA POCO ANCHE IN ITALIA. 

La battaglia per l'aborto in Italia non si è chiusa con gli esiti positivi del referendum popolare dei lontani anni '70 e la conseguente legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, che ne sancisce la piena legittimità.

Periodicamente infatti, diverse forze politiche italiane risollevano il problema, cercando di ritoccare la legge, se non di stravolgerla del tutto. 
Diversi articoli pubblicati su alcuni giornali italiani, nelle ultime settimane, fanno di nuovo presagire battaglia.
Fino a prova contraria comunque, in Italia l'interruzione di gravidanza è ancora legale e, fortunatamente, si parla anche di un nuovo metodo abortivo, alternativo a quello chirurgico tradizionale. Si tratta infatti, di consentire alle donne di abortire in modo farmacologico, metodo quest'ultimo molto meno invasivo di un'operazione e quindi meno pericoloso.

Il farmaco RU486, detto anche "la pillola dell'aborto", è ormai entrato nella prassi madica-sanitaria da più di 10 anni in tutti i paesi dell'Unione Europea ad eccezione fatta dell'Italia, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo.
Oggi però, l'ospedale Ostetrico Ginecologico Sant' Anna di Torino, uno dei più importanti e grandi ospedali italiani al femminile, grazie ad un gruppo di ginecologi, sta avanzando una proposta di tipo organizzativo e sperimentale per poter offrire alle pazienti, anche la possibilità dell'aborto farmacologico.
Naturalmente in Italia il farmaco non è vendita, quindi è importante avere tutte le autorizzazioni necessarie perché l'ospedale possa acquistarlo all'estero, dove è regolarmente venduto ed utilizzato: in Francia dal 1988, in Gran Bretagna dal 1990, in Svezia dal 1991 e così via per tutti gli altri paesi dell'U.E.
Il prof. Mario Campogrande, primario al S. Anna e capo del dipartimento ospedaliero, è ottimista sul buon esito della richiesta, anche se non si sente di fare dichiarazioni definitive "L'assessore alla Sanità della Regione Piemonte ha risposto che dal punto di vista legale non vede motivi particolari che potrebbero impedire l'attuazione del programma sperimentale. La legge 194 infatti non impedisce l'aborto farmaceutico ed inoltre prevede corsi di aggiornamento del personale per migliorare le prestazioni date, risultanti da progressi scientifici."

Nell'opinione pubblica esiste una certa confusione, alimentata tra l'altro dai mezzi di comunicazione, tra la cosiddetta "pillola del giorno dopo" e quella "dell'aborto", ci può spiegare la differenza?
"La pillola detta del giorno dopo, si deve prendere entro due giorni del rapporto deputato a rischio; la sua azione è quella di bloccare l'ovulazione, impedirne la fecondazione e nell'ipotesi, rara, in cui sia già avvenuta, impedire l'annidamento dell'ovulo fecondato.
Discorso totalmente differente invece, va fatto per la pillola abortiva, che può essere assunta fino alla settima settimana di gravidanza, ma non oltre. Il Nefepristone è un farmaco antiprogestinico che induce al distacco dalle decidue dell'embrione in formazione, che si è già annidato. In pratica con il farmaco viene a mancare il progesterone, quindi il feto si distacca dalla parete interna dell'utero. E' importante però precisare che a questo farmaco bisogna associarne un altro, dopo tre giorni: una prostaglandina che provoca contrazioni ed espulsione dell'embrione, dopo circa 3-4 ore dall'assunzione. La donna, in questa fase dovrà fare un breve day hospital di tre o quattro ore per essere tenuta sotto controllo medico. 

Quali sono i vantaggi e i rischi dell'aborto farmacologico rispetto a quello chirurgico?
"La pillola abortiva è in uso da più di dieci anni in molti paesi. Rischi per la salute della donna non ce ne sono, fermo restando che tutto il trattamento deve essere scrupolosamente seguito da un'équipe sanitaria e l'età gestazionale deve essere scrupolosamente rispettata (non oltre le sette settimane di gravidanza) e che non sia una gravidanza extrauterina.
I vantaggi di questo metodo sono molti. Innanzitutto vengono eliminati tutti i rischi dell'anestesia e quelli derivanti da complicazioni post-operatorie, che possono incidere sulla fertilità futura, come infezioni e conseguente chiusura delle tube o lacerazioni del collo dell'utero. Inoltre la donna non deve subire il trauma psicologico dell'ospedalizzazione, delle attese e di stare eventualmente in camera con donne che hanno appena partorito.
L'aborto farmacologico produce una forte mestruazione, a volte accompagnata da dolore e crampi, la donna quindi deve essere preventivamente informata di tutto ciò che potrà succedere ed eventualmente somministrarle degli antidolorifici. L'unico svantaggio vero della scelta del farmaco è che in una piccolissima percentuale, che si aggira intorno all'1% dei casi, è necessario ricorrere comunque all'intervento chirurgico, perché nonostante la pillola abortiva, la gravidanza non si è interrotta."

La pillola abortiva sostituirebbe l'aborto chirurgico in tutti i casi?
"No assolutamente, intanto perché per usare il farmaco è necessario che esistano le condizioni di cui ho parlato prima e inoltre sarebbe solo una possibilità in più per la donna che si troverebbe a poter fare la scelta che più le è congeniale, in un momento difficile della sua vita.
In Scozia ad esempio le donne che hanno scelto il metodo farmacologico sono il 50%."

Cosa risponde ai contrari alla pillola abortiva?
"Se sono antiaboristi per scelta, il discorso dovrebbe essere più etico e filosofico che scientifico. Se invece non lo sono, direi che il farmaco è una possibilità in più per le donne, che elimina molti rischi e che non si sta discutendo su Aborto no o Aborto sì, ma Aborto come."

Elena Vaccarino



 

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