editoriale  
 di Michele Capuano

UN NUOVO INTERNAZIONALISMO

In un mutato presente, catturato dall'organizzazione mondiale delle disuguaglianze, DP da grande importanza ad una politica che sia di sostegno allo sviluppo, nell'indipendenza, dei Paesi e dei popoli di quello che impropriamente viene definito Terzo Mondo. La causa fondamentale del dramma di popoli interi, soprattutto dopo la "caduta del muro", della stessa situazione di sottosviluppo in cui vivono centinaia di milioni di esseri umani e che determina sfruttamento selvaggio, sfruttamento minorile incontrollato e milioni di morti per fame va ricercata in un impietoso imperialismo e, più precisamente, nell'attuale assetto delle relazioni economiche internazionali. I Paesi del "Terzo Mondo" non sono stati integrati nell'economia mondiale e stanno vivendo un consolidato legame di dipendenza al mercato globale, al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, che provoca forme distorte di crescita, iniquità negli scambi, sviluppo ineguale, continuo furto di  risorse (anche umane), processi migratori incontrollati, distruzione ambientale. Un nuovo ordine economico, nel pieno recupero della sovranità nazionale ed una cooperazione paritaria è indispensabile. L'annullamento organico a politiche autonome di sviluppo del debito estero per molti Paesi, la negoziazione nelle "zone calde", l'esportazione dei diritti soprattutto in tema di lavoro, contratti e stato sociale, lo sviluppo del commercio internazionale ristrutturando i sistemi di produzione, il blocco di nuove forme di protezionismo, la fine di ogni embargo economico contro chiunque, il concedere spazi adeguati nei Paesi industrializzati alle produzioni dei Paesi oggi depredati e "modernamente colonizzati", la stabilizzazione dei prezzi delle materie prime e l'ottenimento di una politica di "sconti" per ogni acquisto finalizzato allo sviluppo economico dei popoli oggi  ipersfruttati sono parte organica del programma dei demopopolari. Vanno trasferite risorse dai Paesi ricchi ai Paesi poveri dentro una programmazione economica che preveda la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, di ogni comunità e delle realtà rurali smantellando "un ruolo dittatoriale delle multinazionali" la cui attività va regolamentata in sede politica attraverso un  protagonismo nuovo delle Nazioni Unite. I principi della universalità e della partecipazione ai processi decisionali è essenziale quanto il diritto di ogni popolo alla propria autonomia favorendo la pace, il disarmo, lo scioglimento della Nato, contrastando il pericoloso nuovo modello di difesa. Vanno sanzionate quelle nazioni che negano l'autonomia etnica e il diritto per i popoli ad avere propri Stati (Kurdi, palestinesi.), che ledono i diritti umani attraverso la negazione della  partecipazione alla politica, alla vita in genere, tramite il barbaro permanere della pena di morte, le ingiuste detenzioni politiche, il razzismo e l'autoritarismo. Si tratta di attuare una svolta radicale per la tutela degli interessi materiali e morali dei lavoratori di qualsiasi razza. Lo stesso Esercito  italiano deve mantenere ed utilizzare il servizio di leva per un lavoro di cooperazione, retribuito, a difesa e tutela dei bisogni e delle esigenze dei popoli che hanno subìto, in virtù della loro ricchezza (umana e materiale), l'oppressione delle classi dominanti nazionali e multinazionali.  DP (SU) pone al centro della sua politica la questione della pace che non implica il non  riconoscimento di quelle lotte cruente per la libertà ed il progresso necessarie in Paesi quali il Perù, per i diritti delle comunità nel Chiapas ecc. come lo furono quelle dei partigiani contro il  nazifascismo e, più recentemente, dei vietnamiti contro l'arroganza dei potentati dell'America del Nord o la lotte eroiche dei cubani o dei sudafricani. La pace ed il disarmo sono nella nostra epoca la condizione stessa per la stessa sopravvivenza della civiltà e del genere umano ed implicano sedi negoziali adeguate che riconoscano la sovranità degli Stati e l'indipendenza dei Popoli. Va rifiutato, inoltre, ogni tentativo, già in corso, di militarizzazione dello Spazio ed avviato il dialogo, attraverso una cooperazione tra tutti gli Stati, per la ricerca di soluzioni adeguate nei conflitti "regionali". Per questo si rende utile la scomparsa di strutture quali la Nato ed un nuovo ruolo delle Nazioni Unite che allontani l'umanità dall'incubo di una guerra nucleare, da guerre intelligenti e falsamente "umanitarie". L'ONU deve, quindi, avere un'effettiva autorità nella composizione pacifica delle controversie internazionali prevedendo gravi sanzioni per chi si erge suo inventato paladino: l'ONU deve diventare una struttura dei popoli ugualitaria e rappresentativa.

Il divario tra Nord e Sud ha ormai caratteri laceranti e la stessa politica di "aiuti" (dagli Stati al terzo settore) è lontana dal rimuoverne le cause e promuovere un nuovo sviluppo. Permangono, quasi inalterate, vecchie e recenti forme di dominio economico, finanziario e commerciale: una spirale resa sempre più pericolosa dalla politica del Fondo Monetario Internazionale e dagli Stati Uniti. Gravi fenomeni di spopolamento delle campagne, inurbamento selvaggio, migrazione di milioni di uomini, carestie, fame e miseria obbligano non ad un'estensione del mercato capitalistico ma a lotte per un'emancipazione dei popoli e per uno sviluppo autonomo degli stessi ricercando, quindi, una globalizzazione dal basso che salvaguardi, anche, gli equilibri globali della biosfera, la natura, la vita. Si tratta di passare da uno sviluppo di pura crescita quantitativa ad uno sviluppo più qualificato in rapporto ai bisogni umani. Si tratta, riconoscendo l'inevitabilità dello sviluppo  tecnologico, di impiegare risorse rinnovabili, risparmiare energia e materie prime, combattere l'inquinamento e ridistribuire ricchezze per difendere e creare posti di lavoro. La lotta di emancipazione dei lavoratori, in un nuovo internazionalismo, cammina accanto a quella per un avanzamento della condizione delle donne e la costruzione di prospettive per le giovani generazioni. DP (SU) rifiuta la tesi secondo la quale lo sviluppo tecnologico implica maggiore disoccupazione, scomparsa della funzione storica della classe operaia, dequalificazione dei lavoratori e via  mentendo. Lavorare meno e lavorare tutti rimane una linea per l'azione. Le 35 ore a parità di salario un bisogno. Il divario tra sviluppo tecnologico e occupazione, lo squilibrio tra le classi, le nuove povertà, l'analfabetismo di ritorno, gli stessi incontrollati processi migratori sono semplicemente una delle contraddizioni del capitalismo che utilizza la rivoluzione tecnologica unicamente per il
profitto di pochi contro ogni interesse generale.   L'accumulazione dell'informazione, la sua distribuzione e controllo sono concentrate nelle mani di una èlite. Questa tendenza va ribaltata. Il Sud del mondo ne è tagliato completamente fuori. La libertà della stessa cultura e della creazione artistica è oggettivamente minacciata. Essenziale è una lotta per porre tutti come uguali dinanzi ai fatti di cultura allargando la possessione dei mezzi per viverla mentre la visibilità delle fonti e dei processi decisionali nell'informazione va conquistata al fine di garantire i fondamentali diritti individuali, favorire la diffusione delle conoscenze, l'elevamento culturale dei popoli, lo stesso pluralismo culturale e politico. Quella che stiamo vivendo, in ogni campo, è una vera e propria offensiva conservatrice anche se non si tratta di un ritorno al passato. Anzi: essa intende imporsi come moderna ed efficiente. In realtà il vero obiettivo del capitalismo è quello di accrescere il dominio sulle società, annientare ogni organizzazione avversaria, limitare gli interventi degli stessi Stati, ridurre le quote di reddito destinate ai lavoratori ed alle spese sociali, mortificare le idee di uguaglianza e di solidarietà, rilanciare un individualismo sfrenato, fondare un pianeta basato sulla competizione e sulla vittoria dei più potenti. Proprio questi squilibri, queste contraddizioni, ci  invitano a rilanciare con più vigore e su basi diverse una strategia di avanzamento verso il  socialismo. DP (SU) è contraria a questa Europa. DP (SU) ritiene fondamentale la costruzione di un'altra Europa. Il superamento del contrasto tra ricchi e poveri, tra Stati egemoni e Paesi  emarginati tecnologicamente, una lotta per un'Europa del lavoro contro il regresso sociale, nuova stagnazione, decadenza politica e guerre sono scelte obbligate per un'organizzazione
rivoluzionaria che intende fare la sua parte per un'unificazione europea che intanto sappia essere autonoma e libera dai vincoli imposti (e accettati) dall'imperialismo di oltreoceano e nostrano (comunque grottesco). L'Europa dispone, in ogni campo, di grandi risorse eppure registra un alto tasso di ingiustizie e disoccupazione. Tra l'altro partecipa alla vita internazionale affidando il proprio destino a prepotenti poteri multinazionali, ammassando armi atomiche, valorizzando il ruolo della Nato. Grande è il lavoro che deve svolgere la sinistra antagonista in questo continente. La crisi del movimento operaio non ha consentito, in questa fase, penalizzata anche dalla confusione dei tradizionali partiti di sinistra, un grande lavoro per il superamento della crisi economica, sociale ed istituzionale per un'Europa dei popoli, capace di sostenere chi, in qualsiasi parte del mondo, lotta per affermare i propri diritti di libertà, autodeterminazione, indipendenza, progresso. Si tratta, a partire dalle contraddizioni delle società europee, di costruire un nuovo internazionalismo, un continente in movimento smascherando una modernizzazione che non risolve ma inventa nuovi problemi ed è priva di ogni programmazione allargando il divario tra Nord e Sud mentre l'occupazione di posizioni di potere nel comparto della finanza assume carattere strategico e accentua una nuova conflittualità tra interessi economico-finanziari e politici. Il capitalismo italiano in questo panorama è arretrato rispetto i Paesi più forti: un carciofo a cui gli altri mangiano sistematicamente le foglie. E' in crisi il nostro stesso sistema di accumulazione e nessun ritorno a Keynes è risolutivo. La nostra base produttiva si è, quindi, ridotta e molte produzioni si sono trasferite altrove. Le imprese ottengono profitto attaccando il salario, aumentando la produttività e occupando di meno. Lo stesso bilancio dello Stato è posto al servizio di finanziamento della rendita. Già da una breve analisi sulle questioni internazionali si evidenzia, per l'Italia, che una nuova guida non può venire unicamente dalla convergenza tra partiti ma sollecitando ed interpretando lo sviluppo di movimenti nella società e battaglie per un rinnovamento della politica, per una riforma intellettuale e morale oltre settarismi e visioni schematiche. E' indispensabile lavorare per una nuova unità dei lavoratori, un'alleanza t ra sapere e lavoro, un coinvolgimento delle donne e dei giovani e dei loro bisogni di concretezza ed idealità pur essendosi logorato un grande patrimonio di organizzazione e partecipazione che ha visto il proprio esplodere negli anni sessanta e settanta. Si evidenzia, ancora, l'attualità di un impegno per lo sviluppo di un nuovo associazionismo (cultura, sport, solidarietà internazionale, pacifismo, ecologia, diritti civili, consumo equo e solidale, alimentazione): andando oltre "proposte morali". Interessante (ma anche da analizzare dentro il sistema di potere religioso verso le classi subalterne) è il fatto che operino, in Chiapas o in Italia, in Nicaragua o in Brasile organizzazioni d'ispirazione religiosa che propongono una lotta alle ingiustizie e che sono schierate al fianco dei più deboli e degli sfruttati per conquistare una società inedita. Una convenzione programmatica delle forze rivoluzionarie e di progresso si rende, oggi, auspicabile. Il modello di sviluppo capitalistico sta mutando sulla spinta di un forte processo di finanziarizzazione. L'attuale globalizzazione imposta dal Capitale è totalmente immersa in una logica disumana di abbattimento dello stato sociale, incremento del tasso di disoccupazione, di forme di lavoro atipico, interinale, part-time ecc., per ottenere più profitti da destinare ai paradisi fiscali ed alle speculazioni finanziarie. Profitti realizzati grazie ad una elevata compressione del costo del lavoro, a maggiore
produttività senza corrispondervi aumenti salariali, a riforme tributarie che hanno favorito la grande impresa. I vantaggi di cui hanno usufruito il Capitale sono, dunque, rimasti nelle sue tasche e non hanno attivato nessun programma di "socializzazione", né il miglioramento delle condizioni di vita e della qualità del lavoro, né aumenti della spesa sociale e nuovo lavoro. Al contrario masse enormi sono state espulse dal processo produttivo. Per il Capitale diviene necessario promuovere ed imporre flessibilità e eliminare ogni forma di garanzia dell'epoca fordista. Ormai sono fenomeni strutturali le forme di contratto atipico per i lavoratori, il supersfruttamento, la scomparsa del lavoro regolamentato, la precarizzazione, l'aumento di lavoro subordinato, le disuguaglianze e la distruzione di forme di convivenza civile che il modello keynesiano prevedeva. Lo Stato diventa lo Stato-Impresa ed il capitalismo selvaggio il nuovo padrone di parte consistente del pianeta. In un sistema di alta competitività internazionale i costi dello stato sociale sono un ingombro mentre un nuovo consociativismo, includente le attuali socialdemocrazie e l'opportunismo di tanta parte delle sinistre europee e di atri continenti, si afferma e dilaga. L'Europa di Maastricht è, infatti, l'Europa voluta dai grandi capitali finanziari che ha delegato proprio, e non solo, ai governi di centro-sinistra, con la desistenza di fatto di  organizzazioni che pure si richiamano alla lotta di classe, lo smantellamento di ciò che rimane delle grandi conquiste operaie che avevano garantito migliori livelli di vita per tutti. Pensione, invalidità, servizi sono ormai in contraddizione con i processi di ristrutturazione del Capitale al pari di
diritti costituzionali, di sciopero, di rappresentanza sindacale . La privatizzazione del Welfare e delle imprese pubbliche non conosce ostacoli riconoscendo quasi unicamente quel volontariato o terzo settore a carattere assistenziale, sottopagato e di soccorso ai soli "poveri". Altrettanto violento è e sarà l'attacco alle "liquidazioni" (salario differito da spostare in busta paga con un forte appesantimento fiscale sulle tasche dei lavoratori o per processi di finanziarizzazione dell'economia capaci di creare grandi e facili profitti padronali). Vanno rilanciate la centralità del conflitto Capitale-Lavoro, la socializzazione degli utili di produttività e la tassazione dei capitali. Va intrapresa una battaglia per un Reddito Sociale Minimo in Europa, una diversa  politica fiscale redistributiva che colpisca il capitale valorizzando un nuovo modello di sviluppo e nuove forme per l'occupazione. Un nuovo internazionalismo va oltre le organizzazioni comuniste, va oltre le mode e lo spontaneismo ed impone un programma ampio contro privatizzazioni generalizzate, il semplice
assistenzialismo e un imperialismo violento ed incontrollato che mentre propone visioni apocalittiche le determina. Dovremmo, infine, ragionare approfonditamente sulla società multietnica, il ritorno dei nostri "migranti", il rapporto scuola-lavoro ecc..Sinteticamente va precisato: noi siamo per la soppressione totale delle armi atomiche, il blocco dell'installazione di armi a raggio intermedio in Europa ed il loro graduale ritiro, il disarmo generalizzato e controllato, l'eliminazione delle basi militari, il divieto di tutte le esplosioni sperimentali, il controllo immediato del commercio delle armi, la creazione di un pianeta denuclearizzato mentre deve essere finanziata la ricerca per l'atomo pulito a scopi pacifici, l' autonomia europea e la modifica dell'articolo 80 della Costituzione Italiana per favorire un controllo parlamentare sulle scelte di politica internazionale. L'Europa che proponiamo pretende giustizia sociale, efficienza economica e lavoro, sviluppo e ampliamento della democrazia, cooperazione tra i popoli, riequilibrio delle condizioni nazionali non solo attraverso interventi antinflazionistici, riforma della politica agricola, prevenzione e sicurezza sociale, statuto per i diritti dei migranti e tutela delle minoranze per la promozione  dell'uguaglianza fra diversi, fra uomo e donna, fra generazioni, nuove politiche per l'energia, risoluzione della "questione meridionale" ovvero nuovi rapporti tra Nord e Sud di una nazione, di un continente, del mondo ed iniziative per favorire i processi di restaurazione democratica e di sviluppo economico e sociale in particolare nei continenti latinoamericani, asiatici ed africani, lotta strenua al razzismo ed alle manifestazioni di xenofobia, alla fame, al sottosviluppo, al disordine finanziario mondiale. E' necessario avviare al controllo internazionale ugualitario le scelte del Fondo Monetario Internazionale che mettono attualmente in pericolo la stabilità politica stessa dei Paesi in cui interviene, non favoriscono la scomparsa del debito estero dei popoli che ne hanno bisogno né ridanno impulso alle economie nazionali o continentali. Il 21 gennaio 2001 metteremo queste idee a confronto con altre proposte per costruire una prima convenzione programmatica tra organizzazioni diverse, per rendere, attraverso le lotte, credibile la necessità del rinnovamento democratico e socialista delle società. Si tratta di un programma minimo, parziale ma efficace se sapremmo ripartire dal basso scompaginando i piani dell'imperialismo…