Principi attivi

L'atropina e la scopolamina sono alcaloidi molto tossici utilizzati in medicina, si estraggono da piante appartenenti alla famiglia delle Solanacee, principalmente dalla Belladonna (Atropa Belladonna) e dallo Stramonio (Datura Stramonium L.).
Essi vennero isolati solo dopo il 1831 e tuttora godono di un vasto impiego terapeutico, poichè i molti sostituti sintetici, successivamente introdotti, non possiedono il vasto raggio d'azione proprio delle sostanze naturali.
Già gli antichi indiani impiegavano in terapia estratti di Belladonna, e se ne servivano anche per liberarsi delle persone importune provocando avvelenamenti a oscuro decorso e a esito mortale.
Questi alcaloidi oggi usati sia in medicina interna sia in chirurgia sono dei parasimpaticolitici cioè sostanze in grado di bloccare la stimolazione colinergica a livello degli organi effettori. Il meccanismo con il quale agiscono consiste nel fatto che essi competono con l'acetilcolina, una delle sostanze mediatrici dell'impulso nervoso tra fibra e organo; pertanto quei recettori che sono sensibili all'acetilcolina rimangono bloccati.
Le due sostanze la cui formula di struttura è molto simile, differiscono solo per la diversa azione a livello del sistema nervoso centrale: la scopolamina è infatti dotata di effetto narcotico, l'atropina invece no.
Se si innietta atropina e scopolamina, si osserva un effetto immediato sulla frequenza cardiaca, che in un primo tempo viene rallentata e, successivamente, accelerata. Può comparire vasodilatazione cutanea e inibizione alla secrezione di saliva di sudore e di succo gastrico. Si ha inoltre contrazione dello sfintere vescicale, mentre la muscolatura dell'uretra si rilascia. Se si attua una instillazione diretta nell'occhio, si provoca una notevole midriasi (dilatazione pupillare) e una ciclopegia (paralisi all'accomodazione).
Sul sistema nervoso centrale la scopolamina induce depressione e sonnolenza, l'atropina provoca eccitamento e allucinazioni.
Per ingestione erronea o per ipersensibilità individuale possono insorgere reazioni tossiche, con quadro più o meno grave di avvelenamento, specie nei bambini molto piccoli o nei neonati, particolarmente sensibili all'azione di questo tipo di sostanze.
I primi sintomi di avvelenamento sono costituiti da difficoltà notevole nel parlare e nell'inghiottire, sete elevata, vista annebbiata e innalzamento della temperatura corporea. Il paziente è inoltre eccitato, confuso, con vertigini e può avere nausea, vomito e allucinazioni.
Il trattamento immediato si basa sulla lavanda gastrica e sulla somministrazione di antidoti degli alcaloidi nella speranza di impedire gli effetti sul sistema nervoso centrale, che andranno combattuti sintomo per sintomo.

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