LA NASCITA DEL COMUNE DI PACE DEL MELA

di Franco Biviano

Ricorre il prossimo anno (1996) il settantesimo anniversario della nostra autonomia amministrativa. Settant’anni non sono molti per un Comune: appena il volgere di una generazione. Ma questi ultimi settant’anni hanno la valenza di sette secoli, tanto sono diverse le condizioni attuali da quelle che videro nascere i nostri padri.

Niente acqua corrente  né elettrodomestici nelle case, niente illuminazione elettrica, niente radio e televisione, niente asfalto nelle strade  né macchine, niente scarpe ai piedi se non nei giorni di festa. Sarà difficile per i nostri giovani immaginare una realtà così, eppure questa era allora la situazione nel nostro territorio. E’ comprensibile quindi che i quasi tremila abitanti della "borgata" Pace del Mela si siano adoperati per ottenere l’autonomia da S. Lucia del Mela in maniera da porre fine ai notevoli disagi ai quali andavano incontro ogni volta che dovevano recarsi, a piedi, nel "capoluogo" comunale, distante circa otto chilometri,  per sbrigare le pratiche amministrative.

Essendo nato nel 1926, sotto il regime fascista, il nostro Comune non conobbe  inizialmente organi elettivi. Già all’inizio di quello stesso anno, infatti, il Duce aveva riformato gli enti locali mettendo a capo dei Comuni un "Podestà", organo monocratico di nomina regia che assorbiva tutte le funzioni del sindaco, della giunta e del consiglio comunale.

"La costituzione di fatto dei due nuovi Comuni Pace del Mela e S. Lucia del Mela deve dirsi avvenuta il 18 luglio 1926". Così si legge nella "Relazione-progetto di divisione del patrimonio del Comune di S. Lucia del Mela tra i due Comuni di S. Lucia del Mela e Pace del Mela" che porta la data del 14 settembre 1935 ed è sottoscritto da due funzionari della Prefettura di Messina, il 1° Ragioniere di Prefettura cav. rag. Ignazio Fragalà e il Consigliere di Prefettura cav. uff. Antonino Longo. Per stabilire con esattezza tale data essi tennero conto del fatto che l’insediamento del primo Podestà, avv. Francesco Lo Sciotto (1881-1930), che già ricopriva l’incarico di Delegato Municipale, ebbe luogo il 19 luglio 1926 (lunedì); il giuramento nelle mani del Prefetto era stato prestato il mercoledì precedente, giorno 14.

Era importante per i suddetti due funzionari stabilire con precisione la data della trasformazione della frazione Pace del Mela in Comune autonomo, dovendo essi provvedere, per incarico avuto dal Prefetto, a sistemare tutte le partite che, a distanza di quasi dieci anni, restavano ancora in sospeso dal punto di vista patrimoniale e finanziario.

Il nuovo Comune, in realtà, conquistò la sua autonomia a piccole tappe. Dalla legge istitutiva, la n. 498 del 24 aprile 1921, all’insediamento del primo podestà passarono più di cinque anni. E per quasi un anno e mezzo, fino a tutto il 1927, il Comune di S. Lucia del Mela continuò a riscuotere le entrate e a provvedere alle spese del Comune di Pace del Mela.

Dal 1° gennaio 1928, in base ad un accordo stipulato il 15.12.1927 fra il podestà di S. Lucia del Mela, avv. Francesco Sindona, e il Commissario Prefettizio di Pace del Mela, cap. Pietro Schepis (1891-1962), le entrate e le spese fra i due Comuni vennero suddivise in ragione del 29% a Pace e per il 71% a S. Lucia. In quello stesso anno venne compilato il primo bilancio del Comune di Pace del Mela con delibera del 4 febbraio 1928.

Ma non si poteva parlare ancora di completa autonomia economico-amministrativa, in quanto si continuarono a mantenere in comune sino a tutto il 1930 i ruoli delle imposte locali, e sino a tutto il 1934 il ruolo della sovrimposta comunale.

Le trattative relative alla delimitazione del territorio dei due Comuni furono lunghe e laboriose e costarono a Pace del Mela qualche rinunzia.

Le pratiche burocratiche si possono considerare concluse solo con l’emanazione del R.D. 11 dicembre 1933, n.2349, e con il verbale di sopralluogo in località "Case Monaci" redatto in data 15 settembre 1934 e sottoscritto per Pace del Mela dal dott. Francesco Certo nella veste di delegato del Podestà Edmondo de Giacomo.

Solo dal 1935, a seguito dell’avvenuta separazione del Catasto dei due Comuni, si può finalmente parlare di completa autonomia.

La popolazione legale del nuovo Comune era quella risultante dal censimento del 1921, costituita da 2.878 abitanti così distribuiti sul territorio: 1.937 a Pace Centro, 152 a Camastrà, 351 a Giammoro, 438 in case sparse.

Al momento della sua costituzione il Comune di Pace del Mela aveva 11 dipendenti, sette di ruolo e quattro avventizi, tutti già in forza al Comune di S. Lucia del Mela.

Essi erano così distribuiti tra le varie qualifiche: un applicato (Giovanni Lampò), una guardia municipale (Antonio Fortunato Zullo), un medico condotto (dott. Eugenio Cucinotta), una levatrice condotta (Caterina Schepis), un custode del cimitero (Giovanni Milone), un cappellano del cimitero (sac. Salvatore Lampò), un cantoniere stradale (Matteo Bonfiglio), uno spazzino (Giuseppe Impellizzeri), tre bidelle (Santa Parisi, Giuseppa Pagano, Natala La Scala).

Il primo Segretario Comunale provvisorio, nominato dal podestà Francesco Lo Sciotto con delibera n. 1 del 10.3.1927, fu il rag. Angelo Schepis.

Il primo messo comunale provvisorio, Giuseppe Schepis,  fu nominato soltanto il 28.3.1928 dal cap. Pietro Schepis, che inizialmente ricoprì la carica di Commissario Prefettizio.

Due furono le emergenze più gravi che il nuovo Comune dovette affrontare nei suoi primi anni di vita: lo stato di completo abbandono in cui si trovava la strada rotabile per lo scalo ferroviario (aggravato dalle piogge torrenziali dell’inverno del 1927/28) e l’assoluta mancanza di posti nel cimitero comunale.

In una delibera emessa dal Podestà il 24 novembre 1928 si dice che "per mancanza di spazi liberi per seppellire i cadaveri nel cimitero, si è cinta di tavole una zona di terreno fuori recinto".

Per questo uno dei primi lavori dati in appalto fu la costruzione di un "castello" di 42 nuove celle mortuarie affidata all’impresa Milone Giovanni fu Felice. Molto più gravosa e difficile risultò, invece, la sistemazione della strada per Giammoro le cui condizioni vengono definite in una delibera "superlativamente pessime... visto che il carreggio sta per diventare in essa strada del tutto impossibile, essendosi ridotto il piano stradale una vera incolta campagna, tutta affossata ed acquitrinosa in inverno, sommamente polverosa in estate".

Di fronte a una situazione così abnorme, i primi podestà fecero ricorso a provvedimenti straordinari, di netto sapore medievale. Essi imposero, infatti, a tutti i cittadini di sesso maschile dai 18 ai 60 anni una vera e propria corvée, cioè la prestazione gratuita di quattro giornate lavorative l’anno. I proprietari di carretti, di muli, cavalli o asini dovevano concorrere col mezzo di cui disponevano. Chi non prestava la propria opera in natura veniva assoggettato al pagamento di una somma equivalente. E siccome il maggior logorio della sede stradale veniva provocato dai carretti dei cittadini di Gualtieri Sicaminò (che portavano le loro arance e gli altri frutti delle loro campagne a Milazzo, Spadafora e Messina e che a quell’epoca non avevano altro modo di raggiungere la Statale), allo scopo di indurre quel Comune a partecipare alle spese per la riparazione della viabilità, con una delibera del 26 luglio 1928 venne addirittura istituita una tassa di pedaggio che tutti i veicoli provenienti da Gualtieri avrebbero dovuto pagare al punto di sbarramento, costituito da una catena collocata nella curva di S. Maria. Pare che all’ultimo momento, viste le più che serie intenzioni del cap. Pietro Schepis, il Comune di Gualtieri Sicaminò si sia piegato alla richiesta di contribuire alle spese e che la catena sia stata quindi rimossa.

Tutta la vita amministrativa e civile si svolgeva lungo la Via Regina Margherita e la Piazza S. Maria della Visitazione, nelle quali avevano la propria sede il Municipio, l’Ufficio del Giudice Conciliatore, l’Ufficio Postale, le Scuole Elementari (o "primarie", come si diceva allora), la Caserma dei Regi Carabinieri e il Fascio dei Combattenti.

Di parrocchie ce n’era ancora una sola, quella della Madonna della Visitazione, retta dal curato don Silvio Cucinotta (1873 - 1928), il quale sin dal 1923,  benché già in precarie condizioni di salute, curava personalmente la redazione del periodico parrocchiale "PAX", del quale "Il Nicodemo" costituisce la spirituale continuazione.

Da "Il Nicodemo", n. 37 del 27 agosto 1995