CHI ERA RUGGERO MUTO?

Fu un arabo convertito il primo signore del casale Drìsino

di Franco Biviano

La documentazione più antica che allo stato attuale della ricerca possediamo sul feudo Drìsino è un diploma inedito del 12 settembre 1218, indizione VII, rilasciato a Ulma (Germania), con il quale Federico II di Svevia concede "il casale di Drìcino" nella piana di Milazzo all’orafo messinese Perrono Malamorte e ai suoi eredi per ricompensa dei servigi  ricevuti.

Il documento, appartenente al Tabulario di S. Placido di Calonerò e conservato nell’Archivio di Stato di Palermo, precisa che il casale "un tempo era tenuto da Ruggero Muto". Su questo personaggio ha soffermato la sua attenzione nel secolo scorso il canonico Isidoro Carini, il quale ci informa che su di lui esistono almeno altre due fonti. In primo luogo Goffredo Malaterra, autore di una storia "ufficiale" sulla conquista normanna della Sicilia, il quale afferma che quando il conte Ruggero d’Altavilla nel 1087 conquistò prima Girgenti (oggi Agrigento) e poi Castrogiovanni (oggi Enna), signore delle due città e del territorio interposto era un certo Hammud ("Chamutus" nella trascrizione latina). Questo Hammud non solo si sottomise al conte Ruggero, ma abbracciò la religione cristiana insieme alla moglie ed ai figli, fu tenuto a battesimo dallo stesso conte e, in segno di riconoscenza, assunse il nome di Ruggero. Poi, per prudenza, si allontanò dalla Sicilia e andò a soggiornare in Calabria, dove il conte gli assegnò terre e poderi presso Mileto.

Un altro diploma di Federico II del mese di dicembre 1216, pubblicato dallo Huillard-Bréholles, accenna ad un "Rogerius Hamutus" che aveva tenuto delle terre "sia nel tenimento di Castrogiovanni che altrove".

Secondo il Carini le tre fonti parlano della stessa persona. Purtroppo non siamo in grado di documentare né l’epoca né l’occasione in cui Ruggero Muto o Hammud entrò in possesso del casale Drìsino. Sicuramente avrebbero potuto esserci di aiuto "gli antichi quaderni delle divise" (purtroppo perduti) che il Gran Conte Ruggero, come sostiene il Garufi, aveva fatto compilare giovandosi "dei libri censuari e catastali degli arabi" e ognuno dei quali conteneva "il prospetto delle varie proprietà immobiliari, terreni ed edifici, e dei vari proprietari di una data città o villaggio". Il diploma di Ulma, infatti, parla del possesso da parte di Ruggero Muto come di una circostanza ancora di pubblico dominio malgrado il tempo trascorso, al punto da essere inserito nel privilegio per una migliore comprensione dei limiti topografici e giuridici della concessione fatta al Malamorte ("sicut olim illud Rogerius Mutus dinoscitur tenuisse"). Tutto ci induce a supporre che la signoria di Hammud dovette durare parecchio se, come è probabile, è da lui che prese il nome il fiume "Muto" (in passato "di lo Muto") che separava i suoi possedimenti da quelli di Monforte e che anticamente, come apprendiamo dal Fazello, veniva chiamato "Frondone".

Notizie sulla famiglia degli Hammud ci vengono fornite da Michele Amari che la fa discendere da un nobile di nome Idris. Questo particolare mi induce ad avanzare una ipotesi sull’origine e sul significato del nome "Drìsino". È noto che il dialetto siciliano indica col suffisso atono "ini" tutti gli appartenenti ad un determinato ceppo familiare. Così il termine "Pantèini" indica tutti gli appartenenti alla famiglia "Pantè", il termine "Spàdini" tutti coloro che portano il cognome "Spada" e così via. Gli stessi termini possono assumere anche un valore locativo per indicare un insediamento o una proprietà fondiaria. "Pantèini", per tornare al nostro esempio, è il nome di una contrada di Pozzo di Gotto; "Spàdina" è una contrada del comune di Pace del Mela. Analogamente ritengo che si sia costruito il termine "Idrìsino" e poi, per aferesi, "Drìsino" per indicare il luogo di insediamento o di proprietà degli "Idrìsini", cioè degli appartenenti alla famiglia "Idris".


Bibliografia

ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO, Tabulario del Monastero di S. Maria Maddalena di Valle Giosafat poi di S. Placido di Calonerò di Messina, pergamena N. 82.

MICHELE AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia, a cura di C.A.Nallino, Catania 1935, vol.III, pp.172-176.

ISIDORO CARINI, Diplomi svevi inediti, in "Archivio Storico Siciliano", N.S., III (1878-79), pp.460-478.

SALVATORE CUSA, I diplomi greci ed arabi di Sicilia, Palermo 1868, vol. I, pp.16-19.

TOMMASO FAZELLO, Storia della Sicilia, Palermo 1990.

C.A.GARUFI, Censimento e catasto della popolazione servile, in "Archivio Storico Siciliano", N.S., XLIX (1928),pp. 1-100.

J.L.A. HUILLARD-BREHOLLES, Historia diplomatica Friderici secundi imperatoris, Parigi 1852-61, II, tomo I, pp.490-492.

GOFFREDO MALATERRA, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, ed. E. Pontieri, R.I.S., V, Bologna 1927.

VINCENZO MORTILLARO, Catalogo ragionato dei diplomi esistenti nel Tabulario della Cattedrale di Palermo, Palermo 1842, pp.15-21

Da "Il Nicodemo", n. 46 del 30 giugno 1996.