IL PODESTÀ
DAL CUORE D'ORO

Profilo biografico di Edmondo De Giacomo
(Napoli 4.6.1891- Messina 10.11.1950)

di Franco Biviano

Quando Nicolò Avarna, duca di Gualtieri e barone di Sicaminò, dispose con proprio testamento che i beni di famiglia non fossero ereditati dal nipote Carlo, che aveva sposato una polacca non aristocratica, né dal piccolo Giuseppe nato da quell'unione, ma dal figlio di quest'ultimo, non poteva certo immaginare che la sua disposizione avrebbe avuto ripercussioni anche sulla vita amministrativa del futuro Comune di Pace del Mela.

Fu infatti per occuparsi dell'amministrazione del feudo degli Avarna, succedendo all'ing. Letterio Cucinotta ("Don Liu"), che nel 1927 Edmondo De Giacomo, che in seguito avrebbe ricevuto la nomina a podestà di Pace del Mela,  si recò in Sicilia dalla natia Napoli accettando l'incarico affidatogli dal curatore testamentario, l'avvocato Paolo Vescia. 

Nella primavera di quell'anno il trentaseienne agronomo napoletano, laureato nella prestigiosa Università di Portici, partì alla volta dello sperduto villaggio di Sicaminò con la moglie, Bianca Grassi, che aveva sposato 4 anni prima e con le due figlie, Paola di tre anni e Gabriella di due. L'arrivo a dorso di mulo, l'assenza di strade e di luce elettrica, l'isolamento più completo avrebbero lasciato in loro un ricordo indelebile. Inizialmente la famiglia risiedette al completo a Sicaminò, dove le figlie frequentarono la locale scuola rurale, sistemata in una baracca di legno, sotto la guida dell'insegnante Aurora De Luca. Ma nel 1935, essendo nata frattanto la terza figlia Giuliana e dovendo le prime due figlie frequentare la Scuola Media, il De Giacomo decise di sistemare la famiglia a Messina,  in Via Romagnosi, 8. Egli continuò a risiedere a Sicaminò, rientrando in famiglia ogni fine settimana con la sua auto color beige che intanto aveva acquistato.

Ben messo, alto, robusto, elegantissimo, il nuovo amministratore si fece subito apprezzare dai coloni per le sue capacità nella conduzione del feudo, a quel tempo molto esteso (circa 1300 ettari). Coadiuvato dai tre "campieri" (Vanni Ragusa, Santo Zullo e Pietro Ciraolo), fece ammodernare le stalle delle tre mandre e incrementò l'allevamento del bestiame (bovini, ovini e caprini). Fece tracciare una strada carrozzabile in alternativa alla ripida e scomoda mulattiera che portava a Sicaminò passando accanto all'icona delle "anime del Purgatorio". Il suo carattere gioviale e generoso, la simpatia tipica partenopea e la sua correttezza crearono subito attorno a lui un reticolo di amicizie altolocate. A Giammoro ritrovò il dott. Francesco Garipoli che era stato suo compagno di studi all'università. Fu molto amico del dott. Fortunato Calderone e del prof. Carmelo Bitto, rispettivamente medico condotto e  podestà del Comune di Gualtieri Sicaminò.

Anche il Prefetto di Messina ebbe modo di apprezzarne le qualità, per cui, quando il dott. Francesco Certo, nell'agosto del 1932, si dimise dalla carica di podestà di Pace del Mela, egli pensò di affidare a quel simpatico napoletano, colto, intelligente ed onesto, l'incarico di sostituire il dott. Certo, prima come Commissario Prefettizio e poi come Podestà.

Edmondo era nato, ultimo di quattro figli maschi, il 4 giugno 1891 da Francesco De Giacomo e da Giulia Nunziata. Il padre gli morì giovanissimo, a 40 anni, lasciandolo orfano ad appena tre anni. Per tutta la vita egli porterà impressa nella memoria l'immagine del genitore disteso sul letto di morte.

Ricevuto l'incarico dal Prefetto, prese subito a cuore le sorti del giovane Comune, che aveva conquistato la sua autonomia appena sei anni prima e che in quel momento contava 3.298 abitanti (di cui 2.317 dediti ad attività agricole). Appena nominato Commissario, visto che nessun  farmacista intendeva partecipare al concorso bandito dal suo predecessore, lasciando la popolazione priva di un servizio essenziale, pensò di istituire un sussidio di 3000 lire annue a favore della istituenda farmacia che così poté essere aperta due anni dopo, nel 1934. Mise ogni impegno, effettuando anche numerosi viaggi a Messina e a S. Lucia del Mela, per portare la luce elettrica nel paese. In tal modo nel 1933 poté appaltare alla S.G.E.S. (Società Generale Elettrica della Sicilia) l'impianto e l'esercizio della pubblica illuminazione nel centro urbano, facendo eliminare i vecchi fanali in ferro dell'illuminazione a petrolio.

Gli anziani lo ricordano come "una persona magnifica": allegro, simpatico, aperto, intelligente. Si sforzava di non fare particolarità per nessuno e di non farsi condizionare dalle amicizie. Basti dire, per esempio, che nel periodo della molitura delle olive dava lavoro a tutti i frantoi di Gualtieri e lo stesso faceva coi palmenti.

Era religioso, anche se in maniera molto personale. Domenico Maio di Soccorso ricorda che fece togliere la Madonnina dall'icona nella prima curva sopra il cimitero di Gualtieri e la fece sostituire con un Crocifisso, perché voleva un "santo" maschio. Diede parere favorevole alla costruzione della chiesa nella contrada S. Nicolò, sopra S. Lucia, ricadente nella proprietà indivisa dei tre Comuni del Mela. Per tre anni, dal 1934 al 1937, dispose il pagamento delle lampadine elettriche per la festa della Patrona, la Madonna della Visitazione. Ricevette con i dovuti onori il Vescovo Mons. Antonio Mantiero in visita pastorale alla Chiesa di Pace Centro (1935) e a quella di Giammoro (1936). Il 2 luglio 1938 ricevette il nuovo vescovo, Mons. Luciano Geraci, che aveva preso possesso della diocesi un anno prima, il 27 giugno 1937. Dispose un congruo sussidio per la nuova parrocchia di Giammoro, istituita il 16 agosto 1939.

Aveva pensato di dotare il paese di un macello, di due edifici scolastici, di un palazzo municipale e di estendere l'acquedotto alla frazione di Giammoro, ma gli eventi bellici non gli consentirono di andare oltre la fase di progettazione. Curò l'arredo urbano facendo collocare a Rocco Capone diverse piante di acacia nelle piazze e nelle vie pubbliche. Fece costruire al "mastro" Carmelo Schepis un abbeveratoio nella via Gualtieri (oggi Via Marconi). Dispose l'esecuzione di diversi lavori pubblici per lenire la disoccupazione operaia (costruzione dei marciapiedi in Via Regina Margherita con innalzamento del fondo stradale, marciapiedi in Via Menaboi). Aderì alle proposte del prof. Nino Amalfi, pagando le spese per i pini forniti dalla Milizia Nazionale Forestale di Messina e collocati sul Serro Finata, nelle proprietà Vaccarino, Stroscio e Crimi (nel 1936 ne erano già attecchiti 75 e nel 1937 ne furono messi a dimora altri 150).

Difese strenuamente gli interessi del Comune nella divisione patrimoniale e territoriale con S. Lucia del Mela. Nel 1935 portò a termine la separazione del catasto dei due Comuni. Si fece rilasciare una copia del foglio di mappa dei terreni in comproprietà. Curò che il Segretario Comunale fosse sempre presente a S. Lucia del Mela quando si tenevano le aste (che si svolgevano con il metodo della candela vergine) per l'affitto quadriennale dei terreni comunali indivisi. Studiò persino la documentazione relativa alla fontana del Cavalluccio per vedere se il Comune poteva rivendicare dei diritti sul possesso dell'acqua.

Dotò gli uffici comunali di una macchina per scrivere (una Olivetti mod. 20, matricola 77224). Acquistò una bicicletta (Legnano Balloncina) per la guardia municipale. Dotò le scuole elementari di una radio rurale. Istituì la "Biblioteca del Fascio", con una dotazione iniziale di  tredici volumi. Nel 1935 fece eseguire a Rosario Ciraolo la prima numerazione civica. Diede impulso anche allo sport locale, sostenendo la prima squadra di calcio pacese, sorta nel 1938, dopo la seconda vittoria consecutiva dell'Italia ai campionati mondiali, per interessamento del prof. Francesco Aricò. Avrebbe voluto acquistare un nuovo orologio per la Chiesa Madre, ma il Prefetto non approvò la sua delibera. Negli anni del razionamento, fece in modo che alle 900 famiglie pacesi non mancasse la farina, dando incarico al Segretario Comunale di recarsi di volta in volta a Messina per intervenire di persona presso il Consiglio Provinciale delle Corporazioni.

Fu insomma un tipo pragmatico, sia nella conduzione dell'azienda agricola che nell'amministrazione della cosa pubblica. La sua presenza al Comune, ubicato allora in Via Regina Margherita, nella casa di Natale Aricò, era limitata in genere alla giornata del sabato. Fu coadiuvato da validissimi Segretari Comunali: il rag. Antonino Cosentina fino al 30 ottobre 1935, il rag. Francesco Paolo Paratore fino al 30 novembre 1942 e poi il rag. Rosario Caltabiano, che resterà sino al 31 dicembre 1943. Gli impiegati lo ammiravano per la sua giovialità e per la linearità del suo comportamento. Nel 1936, oltre al Segretario Comunale, c'erano tredici dipendenti: il dott. Eugenio Cucinotta (Medico Condotto), Giovanni Vaccarino e Giuseppe Schepis (applicati), Giuseppe Aloi (messo), Carmelo Bonarrigo e Santi Di Maggio (cantonieri), Rosario Bonarrigo (guardia municipale), padre Salvatore Lampò (cappellano del cimitero), Santa Parisi e Flavia La Spada (bidelle), Caterina Trovato (levatrice condotta), Giuseppe Impellizzeri e Giuseppe Gullifa (spazzini).

Della grande generosità del podestà De Giacomo rimane traccia anche agli atti del Comune. Oltre a non prendere un  lira per la sua carica, che non era remunerata, rinunciò sempre alle somme spettantigli come rimborso delle spese sostenute, devolvendole ai poveri del paese o ad iniziative assistenziali (Patronato scolastico, Befana fascista, ecc.).

Nei confronti del regime non nutrì grande entusiasmo. Semplicemente si adeguò alla situazione del momento. L'incarico di podestà gli venne affidato per la sua cultura e competenza, non certo per la sua militanza. La figlia Gabriella ricorda, anzi, che in famiglia esprimeva spesso opinioni critiche sul fascismo, tanto che la moglie gli diceva: "Qualche volta con questi tuoi discorsi ci farai mandare al confino!". Il 9 maggio del 1937 dovette recarsi a Roma per partecipare alla solenne adunata disposta dal Duce in occasione del I anniversario della fondazione dell'Impero. L'anno prima, la sera del 5 e del 9 maggio, Pace del Mela aveva festeggiato la conquista italiana dell'Etiopia con sparo di giuochi artificiali (15 bombe e 50 fiaccole preparate dal pirotecnico Francesco Amorosia). In ossequio alle norme fasciste, nel 1935 istituì due premi annuali di nuzialità e cinque premi di natalità e fece iscrivere a Rosario Ciraolo cinquanta massime del Duce nel frontespizio dei fabbricati del territorio comunale.

Per tre anni, dal 1939 al 1941, venne coadiuvato da un vicepodestà, il prof. Giuseppe Parisi, fratello di P. Giovanni. L'arrivo degli alleati pose automaticamente fine al suo incarico di podestà. L'ultimo atto amministrativo che porta la sua firma è una delibera del 28 giugno 1943 con la quale viene nominato scrivano del Comune il giovane Antonino Pellegrino, allora diciottenne, che già prestava servizio "provvisorio" sin dall'ottobre del 1941. Il 15 agosto, di domenica, l'incaricato degli Alleati per i servizi civili, il colonnello americano Charles Poletti, prese possesso del municipio. Poi il 4 settembre giunse da Barcellona, dov'era la sede dell' AMGOT (il Governo Militare Alleato dei Territori Occupati), la nomina ufficiale a "sindaco" di don Gigi Lo Sciotto.

Intanto il 21 marzo del 1943 era nato Carlo Avarna, figlio primogenito di Giuseppe, che in qualità di tutore si affrettò a rientrare in possesso dei beni di famiglia. Egli volle occuparsi personalmente della gestione dell'azienda, ponendo fine all'amministrazione del dott. De Giacomo che si ritirò a Messina per dedicarsi alla libera professione di agronomo (nel frattempo aveva portato l'abitazione sul Corso Cavour, al n. 179).

L'apprezzamento dei pacesi nei confronti del "dutturi De Giacumu" ebbe modo di manifestarsi anche quando egli, per la mutata situazione politica, non era più alla guida del Comune.

Nel 1948, infatti, la Giunta Trifirò lo nominò perito di fiducia per la divisione dei beni patrimoniali promiscui con i Comuni di S. Lucia del Mela e di S. Filippo del Mela. La morte prematura, a soli 59 anni, per un attacco di angina pectoris, non gli consentì purtroppo di portare a termine l'incarico.

Il suo corpo riposa all'interno del "Recinto degli uomini illustri" nel cimitero di Poggioreale (quadratino occidentale, tomba Riegler, di fronte al monumento a Mariano Carelli), in quella Napoli alla quale fu sempre molto legato e nella quale ritornava ogni estate quasi a ritemprarsi dagli impegni dell'azienda agricola e dalla solitudine di Sicaminò.

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FONTI

ARCHIVIO STORICO DELLO STATO CIVILE DEL COMUNE DI MESSINA.

ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI PACE DEL MELA, Delibere dei Podestà.

Interviste a Giuseppe Avarna (duca di Gualtieri), Gabriella De Giacomo,  Domenico Maio, Pietro Minuti e Antonino Pellegrino.

Da "Il Nicodemo" n. 53 del 30 marzo 1997